La semplice illegittimità del protesto non è di per sé sufficiente per la liquidazione del danno medesimo dovendo essere accertata la gravità della lesione

La semplice illegittimità del protesto, pur costituendo un indizio in ordine all'esistenza di un danno alla reputazione, da valutare nelle sue diverse articolazioni, non è di per sé sufficiente per la liquidazione del danno medesimo, essendo necessarie la gravità della lesione e la non futilità del pregiudizio conseguente; elementi questi che possono essere provati anche mediante presunzioni semplici, fermo restando però l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l'esistenza e l'entità del pregiudizio.

Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 23 giugno 2010, n. 15224



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado - Presidente

Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere

Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere

Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere

Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 69-2005 proposto da:

DE. BA. S.P.A. (c.f. e P.I. (OMESSO)), gia' Ba. d'. e. d'. in persona del Vice Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO DEL TEATRO VALLE 6, presso l'avvocato D'ERCOLE STEFANO, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

LA. VA. ;

- intimata -

sul ricorso 2492-2005 proposto da:

LA. VA. (C.F. (OMESSO)), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso l'avvocato GROSSI DANTE, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

DE. BA. S.P.A. (c.f. e P.I. (OMESSO)), gia' Ba. d'. e. d'. , in persona del Vice Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO DEL TEATRO VALLE 6, presso l'avvocato D'ERCOLE STEFANO, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso al ricorso incidentale;

- controricorrente al ricorso incidentale -
  avverso la sentenza n. 4689/2003 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 06/11/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/06/2010 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;

udito, per la Banca ricorrente, l'Avvocato NICOLA PALOMBI, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale; rigetto dell'incidentale;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l'Avvocato DANTE GROSSI che ha chiesto il rigetto del ricorso principale; l'accoglimento dell'incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. IMMACOLATA Zeno che ha concluso per l'inammissibilita' o rigetto del ricorso principale; rigetto dell'incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 6 novembre 2003 la Corte d'appello di Roma, rigettando il gravame proposto dalla De. Ba. s.p.a. contro una pronuncia precedentemente emessa dal Tribunale di Roma, confermo' la condanna di detta banca a corrispondere alla sig.ra La.Va. la somma di lire 10.000.000 quale risarcimento dei danni per l'illegittimo protesto di assegni bancari.

Ritenne infatti la corte romana che il rifiuto opposto dalla banca al pagamento degli assegni emessi su un conto corrente intestato alla predetta sig.ra La. , benche' su tale conto esistesse disponibilita' adeguata di fondi, non fosse giustificato dall'esistenza di un decreto di sequestro emesso dal Procuratore della Repubblica, giacche' siffatto decreto si riferiva alla documentazione inerente al conto e non anche ai fondi su di esso depositati. Quando pure dubbi fossero emersi, osservo' ancora la corte, la banca avrebbe dovuto chiedere delucidazioni all'autorita' giudiziaria, ed avrebbe comunque dovuto informare la correntista prima di bloccare la disponibilita' del conto.

Non fu invece accolta l'ulteriore domanda proposta dalla sig.ra La. per ottenere il risarcimento anche del danno alla propria immagine e reputazione nulla essendo stato dedotto a dimostrazione dell'esistenza di un danno siffatto.

Per la cassazione di tale sentenza la De. Ba. ha proposto ricorso, articolato in due motivi.

La sig.ra La. si e' difesa con controricorso, proponendo altresi' ricorso incidentale, al quale la De. Ba. ha replicato a propria volta con un controricorso.

Ambo le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi proposti avvero la medesima decisione debbono essere riuniti, come prescrive l'articolo 335 c.p.c..

2. I due motivi di cui consta il ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente, perche' ruotano intorno alla medesima questione.

Nel lamentare vizi di motivazione dell'impugnata sentenza e nel denunciare la violazione degli articoli 1218 e 2043 c.c. nonche' articoli 115 e 116 c.p.c., la banca ricorrente sostiene che la valutazione operata dalla corte d'appello, secondo la quale il tenore del decreto penale di sequestro della documentazione bancaria inequivocabilmente escludeva che tale sequestro potesse esser riferito ai fondi esistenti sul conto corrente intestato alla sig.ra La. , sarebbe errata in quanto non avrebbe tenuto conto della diversa formulazione della copia del medesimo decreto notificata all'istituto di credito.

Dalla formulazione di quella copia - a parere della banca ricorrente - era del tutto ragionevole dedurre che il sequestro si riferisse alle disponibilita' esistenti sul conto della cliente, di talche' il protesto degli assegni da quest'ultima emessi, anche se era poi risultato ingiustificato, non avrebbe potuto essere imputato a colpa dell'istituto di credito, del quale si sarebbe dovuto percio' escludere la responsabilita'.

3. Le riferite censure non appaiono meritevoli di accoglimento.

Per il modo stesso in cui le doglianze di parte ricorrente sono formulate, e' anzitutto evidente che nessuna violazione di legge (sostanziale o processuale) e' da esse neppure astrattamente desumibile.

L'argomento sul quale la difesa della banca si fonda e', infatti, totalmente legato ad un presupposto di fatto, consistente nel diverso tenore della copia del decreto di sequestro penale notificato alla medesima banca, rispetto all'originale preso in esame dalla corte d'appello. In assenza di tale presupposto, non sarebbe neppure in discussione la responsabilita' dell'istituto di credito per aver provocato il protesto di assegni forniti di copertura senza che i fondi in deposito sul conto della cliente fossero colpiti da alcun vincolo d'indisponibilita', cosi' come l'impugnata sentenza ha statuito.

Cio' che viene denunciato, e che costituisce il fulcro . essenziale della doglianza contenuta nel ricorso, e' dunque unicamente la mancata considerazione, da parte della corte territoriale, della suaccennata discrepanza tra la formulazione dell'originale e della copia del decreto di sequestro in base al quale il pagamento degli assegni emessi dalla cliente fu rifiutato.

Non si tratta certo di un errore di diritto, ma, tutt'al piu' un difetto di motivazione: difetto ipotizzabile, pero', solo a condizione che la questione fosse stata sottoposta all'attenzione del giudice di merito dalla difesa della banca, la quale aveva evidentemente l'onere di farlo, essendo a suo carico la prova della non imputabilita' dell'inadempimento degli obblighi contrattuali nascenti dal rapporto di conto corrente (articolo 1218 c.c.). Soltanto se la questione fosse stata sollevata potrebbe imputarsi alla corte d'appello di non aver spiegato per quale ragione ha ritenuto non sussistente, o non rilevante, la prospettata discrepanza tra il testo dell'originale e quello della copia notificata del decreto.

Ma del fatto che di tale pretesa discrepanza tra originale e copia del decreto si sia mai discusso, nel corso del giudizio di merito, non v'e' traccia ne' nella motivazione della sentenza impugnata, ne' nell'esposizione dello stesso ricorso (e la controricorrente espressamente lo nega).

Deve percio' ritenersi che si tratti di un profilo - di fatto - sollevato per la prima volta in cassazione; e tanto basta per rendere il ricorso inammissibile.

4. La ricorrente incidentale lamenta anch'essa vizi di motivazione del provvedimento impugnato, oltre che la violazione dell'articolo 115 e 116 c.p.c..

La censura investe il mancato riconoscimento del danno all'onore, alla reputazione ed all'immagine che la sig.ra La. assume di aver subito in conseguenza del protesto degli assegni di cui s'e' detto. Secondo la ricorrente, tale danno, una volta accertata l'illegittimita' del protesto, dovrebbe presumersi e potrebbe essere senz'altro liquidato in via equitativa, onde avrebbe errato la corte d'appello nel rigettare la domanda per difetto di prova dell'esistenza del danno stesso.

5. Nemmeno tale doglianza e' meritevole di accoglimento. Reputa infatti il collegio di dover dare senz'altro continuita' al piu' recente orientamento di questa corte secondo cui la semplice illegittimita' del protesto, pur costituendo un indizio in ordine all'esistenza di un danno alla reputazione, da valutare nelle sue diverse articolazioni, non e' di per se' sufficiente per la liquidazione del danno medesimo, essendo necessarie la gravita' della lesione e la non futilita' del pregiudizio conseguente; elementi, questi, che possono esser provati anche mediante presunzioni semplici, fermo pero' restando l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l'esistenza e l'entita' del pregiudizio (cosi' Cass. 25 marzo 2009, n. 7211).

6. La reiezione tanto del ricorso principale quanto di quello incidentale giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimita'.

P.Q.M.

La corte riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa le spese del giudizio di legittimita'.

 

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