Va riconosciuto il danno del coniuge se l'altro vende un appartamento in comunione, dichiarando che è un bene personale

Va riconosciuto il danno del coniuge se l'altro vende un appartamento in comunione, dichiarando che è un bene personale, anche se poi acquista un altro immobile, in ipotesi di valore superiore, che cade anch'esso in comunione; a tale fatto non va infatti dato rilievo dirimente, in quanto di per sé del tutto estraneo alla fattispecie sottoposta a giudizio. Un simile modo di ragionare comporterebbe invero una inammissibile sovrapposizione e prevalenza del giudizio economico sul bene giuridico, operando una sorta di compensatio lucri cum danno che non solo appare del tutto disancorata ai presupposti di legge, ma soprattutto è avulsa rispetto al giudizio di illiceità del comportamento del convenuto.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 17 dicembre 2012, n. 23199



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente

Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere

Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere

Dott. PARZIALE Ippolisto - Consigliere

Dott. BERTUZZI Mario - rel. est. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), residente in (OMISSIS), rappresentata e difesa per procura a margine del ricorso dall'Avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso il suo studio in (OMISSIS).

- ricorrente -

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso per procura a margine del controricorso dall'Avvocato (OMISSIS) di (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso il suo studio in (OMISSIS).

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 217 della Corte di appello di Roma, depositata il 17 gennaio 2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 novembre 2012 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. RUSSO Libertino Alberto, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 1999, (OMISSIS) convenne dinanzi al tribunale di Roma il marito (OMISSIS), chiedendone la condanna al pagamento della meta' del valore dei beni immobili relativi ad un appartamento sito in via (OMISSIS) da questi venduti senza il suo consenso, dichiarando falsamente di essere celibe e proprietario esclusivo nonostante il regime di comunione legale dei beni stessi.

Espletata istruttoria anche mediante consulenza tecnica d'ufficio, il giudice di primo grado accolse la domanda e condanno' il convenuto al pagamento della somma di euro 54.227,97 a titolo di restituzione del prezzo ricevuto dalle vendite e dell'ulteriore importo di euro 180.500,25 per il risarcimento dei danni, costituiti dal maggior valore dell'immobile rispetto al prezzo di vendita e dal danno morale.

Interposto gravame da parte del (OMISSIS), con sentenza n. 217 del 17 gennaio 2006 la Corte di appello di Roma riformo' integralmente la decisione impugnata, rigettando le domande proposte dall'attrice. La Corte romana motivo' la sua decisione affermando che, poiche' le parti erano ancora in regime di comunione legale dei beni, la domanda dell'attrice diretta ad ottenere la meta' del valore dell'appartamento di via (OMISSIS) era inammissibile, in quanto volta a sciogliere la comunione legale esistente, atteso che con il ricavato di tale vendita il (OMISSIS) aveva acquistato altro appartamento in (OMISSIS), che ricadeva, al pari del precedente, nella comunione legale, e che era di valore superiore a quello venduto, circostanza questa che porto' il giudicante a disattendere anche la domanda di risarcimento del danno.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 19 dicembre 2006, ricorre (OMISSIS), affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 2043, 2059, 1223, 1224 e 1226 cod. civ., dell'articolo 185 cod. pen., degli articoli 41 e 42 Cost., ed omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte di appello abbia dichiarato inammissibile la domanda della ricorrente in forza di un collegamento tra le vendite e l'acquisto successivo della casa di via (OMISSIS) in realta' inesistente, facendo riferimento, quanto alle cessioni, alla vendita del solo appartamento di via (OMISSIS), tralasciando l'esame degli altri tre atti con cui, nel 1992, il (OMISSIS) aveva venduto, sempre con riferimento allo stabile di via (OMISSIS), le proprie quote relative al locale ripostiglio ed al terrazzino del piano di copertura ed al terrazzino con ripostiglio. Errata, oltre che del tutto priva di motivazione, e' inoltre l'affermazione del giudice di merito secondo cui con il ricavato della vendita di tali porzioni immobiliari il convenuto avrebbe acquistato, nel 1997, l'altro appartamento di via (OMISSIS). In ogni caso si assume che la soluzione accolta dalla Corte distrettuale da un lato non ha tenuto conto del contenuto del diritto di comproprieta' della attrice, la quale si e' vista, contro la sua volonta', privata dell'appartamento di maggior pregio di via (OMISSIS), e dall'altro ha valorizzato il successivo acquisto da parte del (OMISSIS) di altro appartamento, che invece, rispetto all'illecito da questi perpetrato, costituiva un'operazione del tutto neutra, irrilevante ai fini del decidere; si aggiunge che comunque alla ricorrente andava riconosciuta la differenza tra il prezzo indicato nella vendita ed il maggior valore dell'immobile, come accertato dal consulente tecnico d'ufficio.

Sotto altro profilo, la sentenza viene censurata per avere disatteso la richiesta di risarcimento dei danni, avanzata sia a titolo contrattuale che extracontrattuale, e respinta con una motivazione del tutto laconica. In particolare, si assume che la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale avrebbe dovuto essere autonomamente valutata e quindi accolta, avendo la condotta del convenuto integrato il delitto di false attestazioni sullo stato civile.

Il motivo e' fondato.

La Corte romana ha motivato la propria statuizione di rigetto della domanda principale dell'attrice di condanna della controparte al pagamento di meta' del prezzo incassato per la vendita dei beni comuni relativi all'immobile di via (OMISSIS) ritenendo che essa si risolvesse in una richiesta di scioglimento della comunione legale, inammissibile in assenza di una causa legale di scioglimento, avendo il convenuto reinvestito la somma ricavata dalla cessione nell'acquisto di altro appartamento, ricadente al pari del primo nel regime di comunione legale dei coniugi, circostanza che ha portato il giudicante anche ad escludere la sussistenza di un danno patrimoniale.

Il ragionamento cosi' svolto non puo' essere condiviso, essendo inficiato dall'evidente errore del giudice distrettuale di avere dato rilievo dirimente ad un fatto (l'acquisto da parte del (OMISSIS) del diverso appartamento di via (OMISSIS)) di per se' del tutto estraneo alla fattispecie sottoposta a giudizio, nei cui confronti l'indagine non poteva che arrestarsi all'accertamento dell'illegittimita' della condotta posta in essere dal convenuto, fatto questo del tutto pacifico risultando dagli atti che questi aveva provveduto alla vendita di un bene comune all'altra parte senza il suo consenso ed anzi occultando con false dichiarazione lo stato di comunione del bene stesso. L'acquisto dell'appartamento di via (OMISSIS) da parte del (OMISSIS) costituiva, in particolare, un dato irrilevante ai fini del decidere perche' esso era intrinsecamente estraneo al fatto illecito ascritto al convenuto, che si era interamente consumato, anche nei suoi effetti pregiudizievoli, con la vendita dei beni di via (OMISSIS). Ne' tale dato poteva assumere rilevanza sotto il profilo che il nuovo appartamento sarebbe stato acquistato con il prezzo ricavato dalla vendita del bene comune, per avere, in sostanza, il convenuto compiuto non una sottrazione del bene, ma, attraverso il rivestimento del prezzo di vendita, una mera sostituzione dei beni cadenti in comunione. Al di la' della mancanza, che pure va rilevata, di qualsiasi motivazione a sostegno del fatto che il nuovo appartamento venne acquistato con la provvista ricavata dalla vendita del primo, questa conclusione comporta invero una inammissibile sovrapposizione e prevalenza del giudizio economico su quello giuridico, avendo il giudice operato una sorta di compensatio lucri cum danno che non solo appare del tutto disancorata dai presupposti di legge, ma soprattutto e' avulsa rispetto al giudizio di illiceita' del comportamento del convenuto che era chiamato a svolgere.

La sentenza impugnata e' inoltre incorsa nel vizio di omessa pronuncia, non avendo provveduto sulla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale avanzata dall'attrice

Il secondo motivo di ricorso, che denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 2028, 2030 e 2032, nonche' dei principi generali in materia di mandato e di riconoscimento di debito, ed omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, si dichiara assorbito.

Il ricorso va pertanto accolto in relazione al primo motivo e la sentenza cassata, con rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, che si adeguera', nel decidere, alle considerazioni di diritto sopra esposte ed a cui viene demandato anche il compito di liquidare le spese di giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, che provvedera' anche alla liquidazione delle spese di giudizio.

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