Per decretare la responsabilità e il correlativo obbligo al risarcimento del danno dei sindaci di una azienda giunta la fallimento è necessario individuare un nesso di causalità tra il loro comportamento e il dissesto della società.

L'accertamento del nesso causale e' "indispensabile per l'affermazione della responsabilita' dei sindaci in relazione ai danni subiti dalla societa' come effetto del loro illegittimo comportamento omissivo", a tal fine occorrendo accertare che "un diverso e piu' diligente comportamento dei sindaci nell'esercizio dei loro compiti (tra cui la mancata tempestiva segnalazione della situazione agli organi di vigilanza esterni) sarebbe stato idoneo ad evitare le disastrose conseguenze degli illeciti compiuti dagli amministratori".

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 29 ottobre 2013, n. 24362



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado - Presidente

Dott. DI AMATO Sergio - Consigliere

Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo - Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17889/2009 proposto da:

(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A., in persona del Curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

contro

(OMISSIS);

- intimato -

contro

(OMISSIS) S.P.A. (C.F./P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale per Notaio Dott. (OMISSIS) di FIRENZE - Rep.n. (OMISSIS) del 15.9.2009;

- resistente -

sul ricorso 17973/2009 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A., in persona del Curatore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;

- controricorrente al ricorso incidentale -

contro

(OMISSIS);

- intimato -

contro

(OMISSIS) S.P.A. (C.F./P.I. (OMISSIS)), anche nella qualita' di incorporante e successore a titolo universale della (OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale per Notaio Dott. (OMISSIS) di FIRENZE - Rep. n. (OMISSIS) del 15.9.2009;

- resistente -

avverso la sentenza n. 163/2009 della CORTE D'APPELLO di TRIESTE, depositata il 24/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/10/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente Fallimento (OMISSIS), l'Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l'inammissibilita', in subordine rigetto del ricorso;

udito, per la resistente (OMISSIS), l'Avvocato (OMISSIS), con delega, che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l'inammissibilita' dei ricorsi, comunque infondati.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- Con sentenza non definitiva del 31.7.2001 il Tribunale di Udine, pronunciando sulla domanda proposta dal curatore del fallimento della s.p.a. (OMISSIS), accerto' e dichiaro' la responsabilita' dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della societa' fallita in carica a partire dal 31.12.1988 per i danni cagionati alla societa' ed ai creditori sociali per effetto della mancata adozione dei provvedimenti previsti dall'articolo 2447 c.c., e della protrazione della attivita' sociale oltre la predetta data e, in esito all'istruttoria; con sentenza definitiva del 29.12.2005 (per quanto ancora interessa), condanno' - tra gli altri - (OMISSIS) e (OMISSIS) in solido tra loro a risarcire al fallimento (OMISSIS) s.p.a. i danni cagionati alla societa' in violazione dei doveri inerenti la loro qualita' di sindaci, complessivamente liquidati in euro 601.286,89, oltre interessi e rivalutazione, nonche' la (OMISSIS) s.p.a. - chiamata in garanzia - a rimborsare allo (OMISSIS) quanto lo stesso era tenuto a corrispondere al fallimento attore, esclusa la franchigia di euro 2.582,28 e fino alla concorrenza di euro 258.228,45 e al (OMISSIS) quanto lo stesso era tenuto a corrispondere al fallimento attore esclusa la franchigia di euro 2.582,28 e fino alla concorrenza di euro 258.228,45, provvedendo sulle spese.

In sintesi, il Tribunale ha ritenuto, con riferimento alla prosecuzione dell'attivita' dopo il 31.12.1988 - data alla quale la (OMISSIS) s.p.a. aveva perduto tutto il capitale sociale, circostanza dissimulata dall'annotazione in contabilita' della fattura, datata 29.12.1988; dell'importo di lire 2.500.000.000, emessa nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. ed attinente ad un'operazione inesistente - la responsabilita' di amministratori e sindaci in carica a partire dal 31.12.1988 (imputando ai sindaci soltanto il danno riferibile al periodo intercorrente tra il 7.2.1989 ed il 10.6.1989, e cioe' tra la data dell'ultima verifica della contabilita' sociale e la data del fallimento). Con la sentenza impugnata (depositata il 24.4.2009) la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza di primo grado, rigettando l'appello principale proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) e dichiarando inammissibile l'appello incidentale della s.p.a. (OMISSIS). In particolare, la corte di merito - rilevato che non appariva necessario procedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti, tra l'altro, del terzo sindaco (OMISSIS), che risultava "avere definito transattivamente la vertenza con la curatela, come emerso dagli atti concernenti il procedimento ex articoli 351 e 283 c.p.c." - ha disatteso le censure degli appellanti principali in punto di: a) sussistenza di ragioni di responsabilita' in capo ai sindaci; b) pretesa insussistenza di perdite risarcibili; c) pretesa natura di debito di valuta propria del credito risarcitorio; d) sproporzione tra il valore della causa e misura della condanna alle spese.

2.- Contro la sentenza di appello (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto distinti ricorsi per cassazione affidati a quattro motivi.

Resiste con distinti controricorsi la curatela fallimentare intimata.

La societa' assicuratrice intimata non ha notificato controricorso limitandosi a depositare procura speciale a nuovo difensore.

I ricorsi - proposti contro la medesima sentenza u' son stati riuniti ai sensi dell'articolo 335 c.p.c..

Nel termine di cui all'articolo 378 c.p.c., la difesa del ricorrente (OMISSIS) ha depositato memoria.

2.1.- I motivi di ricorso formulati dai due ricorrenti - conclusi da quesiti di diritto ex articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis - denunciano violazioni di norme di diritto e vizi di motivazione sostanzialmente sovrapponibili - come evidenziato anche dal P.G. in udienza - e possono, quindi, essere esaminati congiuntamente.

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione falsa applicazione di norme di diritto (articoli 2403, 2404, 2405, 2406 e 2407 c.c., - nella formulazione previgente, applicabile ratione temporis) nonche' vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita' e deducono - in estrema sintesi - che l'accertamento della responsabilita' di cui all'articolo 2407 c.c., comma 2, (nel testo previgente al Decreto Legislativo n. 6 del 2003) e lo stabilire se, nel caso di appropriata vigilanza dei sindaci, il danno si sarebbe ugualmente prodotto o meno, importa un giudizio ipotetico da condurre con valutazione ex ante dei fatti, ricostruendone il loro sviluppo normale secondo indici di comune esperienza (id quod plerumque accidit) e considerando quali sono, di regola, gli effetti di un controllo diligente in relazione alle circostanze del caso. Deducono, ancora, di avere fornito la prova (liberatoria) di aver vigilato con diligenza e cio' esclude che il fatto costitutivo dell'azione (i fatti o le omissioni degli amministratori) possa di per se' essere produttivo della responsabilita' di cui all'articolo 2407 c.c., comma 2. La circostanza, poi, che gli amministratori abbiano di fatto impedito la vigilanza dei sindaci, dolosamente occultando con artifici la stessa esistenza di operazioni attive rilevanti e decisive per l'equilibrio patrimoniale della societa', e per tale via in grado di occultare l'intervenuta perdita del capitale sociale, esclude che possa ritenersi sussistente la responsabilita' dei sindaci per la obiettiva impossibilita', dovuta a causa non imputabile ex articolo 1218 c.c., di assolvere ai ridetti obblighi di vigilanza. La corte di merito non avrebbe fatto un uso corretto della c.d. presunzione semplice di cui all'articolo 2729 c.c., e avrebbe negato che fosse stata fornita dimostrazione delle allegazioni degli appellanti, omettendo di considerare chiare, univoche e decisive risultanze documentali regolarmente acquisite agli atti di causa: a) la fattura (OMISSIS) - alla data del 7.2.1989 - non era stata registrata nel registro IVA mentre non era scaduto il termine di sessanta giorni per l'annotazione in contabilita'; b) la fattura non costituiva un fatto in se' anomalo se rapportata ai ricavi per oltre lire 17.000.000.000 risultanti dal bilancio depositato dal consulente tecnico d'ufficio; c) l'importo della fattura (OMISSIS) era compensato in parte da quello della fattura, di segno contrario, di lire 1.800.000.000, pure stornata, unitamente alla prima, soltanto a fine aprile 1989.

Deducono, poi, che la deliberazione, da parte della societa', di un aumento di capitale in grado di sanare lo squilibrio patrimoniale della stessa ed il contestuale versamento dei tre decimi da parte del nuovo socio a mani degli amministratori nel corso dell'assemblea straordinaria ed alla presenza dei sindaci, doveva essere ritenuta rilevante ai fini di escludere la responsabilita' dei sindaci stessi ex articolo 2407 c.c., comma 2, perche' essa avrebbe rafforzato la legittima e ragionevole convinzione dei medesimi che le condizioni patrimoniali della societa' fossero in sostanziale equilibrio, nonostante che l'aumento di capitale non fosse stato in seguito omologato e i tre decimi del capitale sottoscritto non fossero stati versati dagli amministratori nelle casse sociali.

2.2.- Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione e violazione di norme di diritto (articolo 2449 c.c. - nella formulazione vigente all'epoca dei fatti). Deducono che la motivazione adottata dal giudice di appello, laddove la stessa, per la sua laconicita' e per l'essere formulata in termini di mera adesione, anche con il ricorso alla pedissequa trascrizione della relativa parte motiva della sentenza di primo grado, non consente in alcun modo di ritenere che all'affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l'esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame. Deducono che ai sensi dell'articolo 2449 c.c. (nel testo previgente al Decreto Legislativo n. 6 del 2003), deve ritenersi lecito il completamento di attivita' in corso destinate al miglior esito della liquidazione e, cosi', in particolare, non possono considerarsi nuove operazioni le spese di manutenzione ordinaria e conservazione dei beni di terzi detenuti dalla societa', le spese di pulizia, quelle per le prestazioni professionali di elaborazione paghe e contributi del personale e quelle inerenti la raccolta di rifiuti, nonche' le spese pubblicitarie e ancora di imballaggio e trasporto dei beni oggetto di contratti conclusi in epoca antecedente la data di ritenuta perdita del capitale.

Deducono che la liquidazione equitativa del danno ai sensi dell'articolo 1226 c.c., presuppone la gia' accertata sussistenza dell'illecito, oltre ad una congrua ed adeguata motivazione vuoi in ordine alle ragioni che inducono il giudice a ritenere impossibile o grandemente difficile la prova in questione, vuoi circa il concreto processo logico e valutativo di quei dati attraverso i quali si e' giunti, e con quale sufficiente approssimazione, alla liquidazione stessa e, in presenza di operazioni che risultino avere data antecedente quella di ritenuta perdita del capitale ovvero non risultino avere data certa e/o concretamente individuata, una corretta applicazione ed interpretazione degli articoli 2449, comma 1, e 1226 cod. civ., esclude che gli effetti delle operazioni medesime siano presi in considerazione, sia pure in via equitativa, ai fini della determinazione del danno imputabile ad amministratori e sindaci, atteso che per tale via non appare possibile dimostrare la sussistenza del nesso di causalita' tra la condotta materiale (compimento di nuove operazioni) e l'evento di danno, che solo avrebbe permesso, anche in assenza di prove riguardanti l'esatta quantificazione del pregiudizio, la predetta liquidazione equitativa". In particolare, in presenza di sanzioni tributarie irrogate in epoca successiva alla data di accertata responsabilita' dei sindaci per la ritenuta perdita del capitale, ma relative ad obbligazioni tributarie insorte prima di tale stessa data, delle stesse non deve tenersi conto ai fini della determinazione del danno imputabile ai sindaci stessi, secondo una corretta applicazione ed interpretazione dell'articolo 2407 c.c., e articolo 2449 c.c., comma 1.

Lamentano, infine, che non si sia tenuto conto di tutti gli incassi comunque effettuati dalla societa' nel periodo rilevante ex articolo 2449 c.c., e dei risultati delle azioni revocatorie aventi ad oggetto la cessione di merci, nonche' dei crediti liquidi ed esigibili ingiustificatamente non azionati dalla curatela fallimentare.

2.3.- Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'articolo 1292 c.c. e ss., e relativo vizio di motivazione. Deducono che, qualora in corso di causa uno dei condebitori solidali stipuli con il creditore una transazione, anche laddove non ricorrano le condizioni affinche' gli altri condebitori profittino della transazione ex articolo 1304 c.c., si riduce l'intero debito dell'importo corrispondente alla quota transatta, con il conseguente scioglimento del vincolo solidale fra lo stipulante e gli altri condebitori, i quali pertanto rimangono obbligati nei limiti della loro quota. Deducono che il giudice, reso edotto in corso di causa della transazione stipulata da uno dei condebitori solidali, deve limitare la condanna e, in caso si tratti di Giudice d'appello, la conferma della sentenza di primo grado nei confronti dei soggetti rimasti in giudizio, al pagamento della sola parte dell'obbligazione che a questi ultimi avrebbe fatto carico nei rapporti interni con l'altro condebitore stipulante.

2.4.- Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'articolo 1224 c.c., nonche' vizio di motivazione e deducono che, qualora la liquidazione del danno da fatto illecito contrattuale sia effettuata per equivalente, con riferimento, cioe', al valore del bene perduto dal danneggiato all'epoca del fatto illecito, e tale valore venga poi espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione intervenuta fino alla data della decisione definitiva, il risarcimento anche del mancato guadagno spetta al danneggiato a condizione che risulti dimostrato che il ritardato pagamento della suddetta somma abbia in concreto provocato un pregiudizio al danneggiato, e cio' sulla base delle allegazioni probatorie del danneggiato stesso, ovvero mediante ricorso da parte del giudice a criteri presuntivi ed equitativi, quale l'attribuzione degli interessi a un tasso stabilito, valutando tutte le circostanze obiettive e soggettive del caso.

4.- Va preliminarmente rilevato, in ordine all'integrita' del contraddittorio, verificabile d'ufficio, che questa Corte ha di recente puntualizzato che "l'azione di responsabilita', promossa contro gli organi della societa' ai sensi dell'articolo 2393 c.c., instaura un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo, ravvisandosi un1obbligazione solidale passiva tra gli amministratori ed i sindaci (salvo allorche' l'accertamento della responsabilita' di uno di essi presupponga necessariamente quella degli altri, come nel caso di imputazione per omessa vigilanza), con la conseguenza che, in caso di azione originariamente rivolta contro una pluralita' di amministratori e sindaci di una societa', essi non devono necessariamente essere parti in ogni successivo grado del giudizio, neppure nel caso in cui, in presenza di una transazione raggiunta tra la societa' ed alcuni tra i convenuti, riguardante le quote di debito delle parti transigenti ed avente l'effetto di sciogliere anche il vincolo di solidarieta' passiva, si renda necessario graduare la responsabilita' propria e degli altri condebitori solidali nei rapporti interni, all'esito di un accertamento che dovra' necessariamente riferirsi, in via incidentale, anche alle condotte tenute dalle parti transigenti" (Sez. 1, Sentenza n. 7907 del 18/05/2012; cfr. Sez. U, Sentenza n. 30174 del 30/12/2011).

La Corte di merito - come sopra evidenziato - ha correttamente applicato il principio enunciato da questa Corte rilevando che non appariva necessario procedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti, tra l'altro, del terzo sindaco (OMISSIS), che risultava "avere definito transattivamente la vertenza con la curatela, come emerso dagli atti concernenti il procedimento ex articoli 351 e 283 c.p.c.", pur non avendo da tale rilievo tratto la conseguenza per la quale, ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l'ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all'importo pagato dal condebitore che ha transatto se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito mentre, se il pagamento e' stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l'accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto (Sez. U, Sentenza n. 30174 del 30/12/2011). Violazione giustamente dedotta con il terzo motivo dai ricorrenti.

5.- La sentenza impugnata (di cui appare opportuno riportarne le parti essenziali per consentire di cogliere i vizi di motivazione denunciati), per la parte relativa alla responsabilita' dei sindaci, ha evidenziato che il tribunale l'aveva ritenuta sussistente affermando "la sussistenza...di una violazione, quanto meno colposa dei loro doveri di controllo almeno a partire dal 7.2.1989, data dell'ultima verifica da loro effettuata sulla contabilita' sociale": "Tardivo e del tutto insufficiente ad escludere la loro responsabilita' e' il telegramma del 3.6.1989 con il quale e' stata intimata agli amministratori la esibizione della bozza di bilancio non ancora predisposta, non foss'altro perche' il bilancio dell'esercizio 1988 avrebbe dovuto essere approvato entro il 30 aprile o, in via alternativa, i sindaci avrebbero dovuto essere informati delle particolari esigenze che impedivano la convocazione dell'asssemblea entro il termine previsto dal secondo comma dell'articolo 2364 c.c.; rilevando, inoltre che ..a partire dalla fine del 1988 i sindaci hanno omesso le prescritte verifiche trimestrali e, pur avendo partecipato alle riunioni del consiglio di amministrazione fino al 31.5.1988 (recte: 1989?), nulla hanno osservato in merito alla contabilizzazione della fattura emessa nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. e soprattutto della successiva nota di accredito, che determinava lo storno dalle componenti attive dello stato patrimoniale di un importo sufficiente ad alterare grandemente l'equilibrio finanziario della societa' ed a far dubitare della permanenza delle condizioni per la sua operativita'".

In particolare, poi, quanto ai motivi di appello, la Corte di merito ha osservato che:

"a) le riunioni trimestrali di cui all'articolo 2404 c.c., rappresentano il dovere minimo gravante sui sindaci (ed, infatti, la disposizione utilizza il termine "almeno"), ma il rispetto formale di tale cadenza (garantito nella fattispecie dalle riunioni del 7 febbraio e del 3 giugno 1989) non esonera i sindaci da responsabilita', in presenza di condizioni di criticita' quali quelle sopra evidenziate;

b) quanto alla fattura (OMISSIS) (del rilevante importo di lire 2.500.000.000) emessa dalla (OMISSIS) in data 29.12.1988 (all'evidente scopo di far risultare un credito dal bilancio che si sarebbe dovuto chiudere al 31.12.1988, cosi' simulando un positivo andamento economico della societa'), gli appellanti sostengono di non essere stati in grado di rendersi conto dell'esistenza della fattura durante la visita di verifica e controllo del 7.2.1989 (a quanto consta, l'ultima effettuata), posto che le scritture contabili erano aggiornate al 30.11.1988; cosi' facendo, non considerano pero' che, come emerge dal relativo verbale, all'osservazione dei sindaci concernente il fatto che l'ultima registrazione annotata a giornale era oltre i 60 giorni previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1972, articolo 22, il responsabile amministrativo rag. (OMISSIS) faceva presente che ...le registrazioni del mese di dicembre risultano tutte caricate sull'elaboratore e sono disponibili per la stampa;

c) agli effetti dell'IVA, poi, gli stessi appellanti riconoscono che la registrazione della fattura (OMISSIS) avrebbe dovuto avvenire entro il 29 gennaio 1989, mentre il 7 febbraio la fattura non risultava ancora registrata, risultando aggiornato il registro IVA vendite al 30.12.1988, e portando l'ultima fattura registrata il n. (OMISSIS), mentre la fattura (OMISSIS) portava un numero successivo: tutto cio' considerato (e considerata, altresi', la presenza di altri rilievi contestualmente mossi dai sindaci nei confronti del (OMISSIS) per mancati versamenti d'imposta precedentemente occultati ed anomalie relative al credito IVA del mese di dicembre) la funzione di controllo - esplicabile in qualsiasi momento dai sindaci, anche individualmente, con atti d'ispezione (articolo 2403 c.c.) - in presenza di dubbi sulla regolarita' della gestione avrebbe dovuto (e potuto) essere esercitata in modo particolarmente analitico e penetrante, quantomeno con riferimento a tutte le operazioni effettuate sino al 31.12.1988;

d) quanto al fatto che, in ogni caso, i sindaci non avrebbero potuto rilevare la fittizieta' dell'operazione sulla sola base di un controllo che avrebbe potuto verificare solo l'intervenuta fatturazione, puo' osservarsi che la fattura in questione era stata emessa per un importo pari a due volte e mezzo il capitale sociale e che l'obbligo di vigilanza dei sindaci non e' limitato allo svolgimento di compiti di mero controllo contabile e formale, ma si estende anche al contenuto della gestione, atteso che la previsione della prima parte dell'articolo 2403 c.c., comma 1, va combinata con quelle del terzo e del comma 4, del medesimo articolo, che conferiscono al collegio sindacale il potere - che e' anche un dovere, da esercitare in relazione alle specifiche situazioni - di chiedere agli amministratori notizie sull'andamento delle operazioni sociali o sul determinati fatti (Cass. 5263/1993);

e) infine, la circostanza - che non pare essere stata allegata in primo grado - che l'effetto distorsivo della fattura (OMISSIS) sarebbe stato in gran parte compensato da una partita passiva, relativa ad altra coeva e parallela operazione inesistente, anch'essa poi stornata (concernente un contratto d'agenzia di data 27.12.1988 intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in base al quale (OMISSIS) aveva emesso a carico di (OMISSIS) la fattura n. (OMISSIS) del 31.12.1988, di lire 1.800.000.000 piu' IVA) non risulta adeguatamente provata, non avendo gli appellanti indicato specifiche prove a sostegno della loro tesi;

f) quanto alla deliberazione concernente l'aumento di capitale per lire 3.000.000.000, assunta dall'assemblea straordinaria del 17 maggio 1989, esattamente il Tribunale ha ritenuto che la stessa - non avendo avuto esecuzione - non potesse rivestire la medesima rilevanza della delibera di aumento di capitale assunta nel 1988, che invece aveva effettivamente coperto le perdite (cosi' evitando l'insorgenza di danni alla societa' o ai creditori sociali derivanti dalla prosecuzione dell'attivita', pur in presenza di un evidente mancato rispetto delle norme sulla redazione del bilancio e della mancata adozione delle iniziative previste dall'articolo 2447 c.c.);

g) infine, la sentenza penale di assoluzione (per il concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta commesso dagli amministratori) qui non rileva, per le ragioni diffusamente esposte dal Tribunale alle pagine da 44 a 48 della sentenza non definitiva e rivestendo, comunque, valore assorbente la circostanza che gli appellanti non hanno fornito la prova che il fallimento sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile nel processo penale (ed, in particolare, che allo stesso sia stato notificato, in qualita' di persona offesa, l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare) per gli effetti di cui all'articolo 652 c.p.p.".

6.- Alle questioni poste dalle censure di violazione di norme di diritto formulate dai ricorrenti sono applicabili i principi di recente enunciati da questa Corte secondo cui "sussiste la violazione del dovere di vigilanza, imposto ai sindaci dall'articolo 2407 c.c., comma 2, con riguardo allo svolgimento, da parte degli amministratori, di un'attivita' protratta nel tempo al di fuori dei limiti consentiti dalla legge, tale da coinvolgere un intero ramo dell'attivita' dell'impresa sociale: al fine dell'affermazione della responsabilita' dei sindaci, invero, non occorre l'individuazione di specifici comportamenti dei medesimi, ma e' sufficiente il non avere rilevato una cosi' macroscopica violazione, o comunque di non avere in alcun modo reagito ponendo in essere ogni atto necessario all'assolvimento dell'incarico con diligenza, correttezza e buona fede, anche segnalando all'assemblea le irregolarita' di gestione riscontrate o denunziando i fatti al P.M., ove ne fossero ricorsi gli estremi, per consentire all'ufficio di provvedere ai sensi dell'articolo 2409 c.c., in quanto puo' ragionevolmente presumersi che il ricorso a siffatti rimedi, o anche solo la minaccia di farlo per l'ipotesi di mancato ravvedimento operoso degli amministratori, avrebbe potuto essere idoneo ad evitare (o, quanto meno, a ridurre) le conseguenze dannose della condotta gestoria" (Sez. 1, Sentenza n. 22911 del 11/11/2010).

D'altra parte, non risulta smentito l'orientamento meno recente, espressamente richiamato dalla sentenza impugnata e risalente a Sez. 1, n. 2538/2005, secondo il quale l'accertamento del nesso causale e' "indispensabile per l'affermazione della responsabilita' dei sindaci in relazione ai danni subiti dalla societa' come effetto del loro illegittimo comportamento omissivo", a tal fine occorrendo accertare che "un diverso e piu' diligente comportamento dei sindaci nell'esercizio dei loro compiti (tra cui la mancata tempestiva segnalazione della situazione agli organi di vigilanza esterni) sarebbe stato idoneo ad evitare le disastrose conseguenze degli illeciti compiuti dagli amministratori".

Invero, i principi da cui e' retto il risarcimento del danno civile impongono "l'individuazione di un preciso nesso di causalita' tra il comportamento illegittimo di cui taluno e' chiamato a rispondere e le conseguenze che ne siano derivate nell'altrui sfera giuridica, e richiedono che di tale nesso sia fornita la prova da parte di chi il risarcimento invoca" (Sez. 1, n. 2538/2005) e tali principi assumono particolare importanza nella concreta fattispecie, nella quale si imputa ai ricorrenti una responsabilita' concorrente con quella degli amministratori per violazione dell'articolo 2449 c.c., (nel testo previgente al Decreto Legislativo n. 6 del 2003), per il compimento di nuove operazioni vietate (ossia atti gestori diretti non a fini liquidatori, e quindi alla trasformazione delle attivita' societarie in denaro destinato al soddisfacimento dei creditori e, nei limiti del residuo, dei soci, ma al conseguimento di fini diversi, pur essendo lecito il completamento di attivita' in corso destinate al miglior esito della liquidazione: cfr. Sez. 1, Sentenza n. 3694/2007) limitatamente al periodo successivo al 7.2,1989.

Cio' perche' dall'ispezione eseguita in quella data i sindaci avrebbero dovuto rilevare l'anomalia costituita dalla fatturazione dell'operazione inesistente nei riguardi della (OMISSIS) e "soprattutto" (cfr. motivazione del tribunale, fatta propria da quella di appello) dalla "successiva nota di accredito, che determinava lo storno dalle componenti attive dello stato patrimoniale di un importo sufficiente ad alterare grandemente l'equilibrio finanziario della societa' ed a far dubitare della permanenza delle condizioni per la sua operativita'". Ora, anche ai fini della determinazione del danno imputabile alla stregua dei criteri seguiti dalla stessa sentenza impugnata, un conto e' che l'anomalia potesse emergere sin dal 7 febbraio 1989 (ma su cio' v. oltre le osservazioni circa la registrazione in contabilita') e un altro e' che "soprattutto" dall'operazione di storno dovesse emergere l'anomalia, posto che i ricorrenti deducono (senza che la circostanza sia stata contestata) che lo storno e' avvenuto nel mese di aprile del 1989. Si' che non si puo' ritenere sussistente a far tempo dal 7 febbraio una responsabilita' "soprattutto" per non avere rilevato una determinata operazione posta in essere in aprile (operazione di cui, comunque, non e' controversa la natura fittizia).

Del pari poco chiara e' la sentenza impugnata la' dove (v. sopra p.5 sub b) implicitamente rimprovera ai sindaci di non avere richiesto la stampa dei dati contenuti nell'elaboratore, pure implicitamente supponendo che contenesse l'annotazione dell'operazione inesistente, fatturata, pero', con numero successivo all'ultima fattura inserita nel registro IVA (V. p.5 sub c). Cio' tenuto conto che la stessa sentenza considera il termine di 60 giorni previsti per l'annotazione dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1972, articolo 22, e che tale termine, in relazione alla fattura emessa il 29.12.1988, scadeva ben oltre la data del 7 febbraio. Ne' appare irrilevante l'anomalia riconosciuta dalla stessa Corte di appello, costituita da cio' che il registro IVA vendite risultava "aggiornato al 30.12.1988, e portando l'ultima fattura registrata il n. (OMISSIS), mentre la fattura (OMISSIS) (del 29.12.1988: n.d.r.) portava un numero successivo".

Circostanza che potrebbe denotare proprio l'intento degli amministratori di nascondere ai sindaci quella operazione anomala.

Del pari carente appare la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui afferma che "non risulta adeguatamente provata, non avendo gli appellanti indicato specifiche prove a sostegno della loro tesi" la circostanza "che l'effetto distorsivo della fattura (OMISSIS) sarebbe stato in gran parte compensato da una partita passiva, relativa ad altra coeva e parallela operazione inesistente, anch'essa poi stornata (concernente un contratto d'agenzia di data 27.12.1988 intercorso tra (OMISSIS) e (OMISSIS), in base al quale (OMISSIS) aveva emesso a carico di (OMISSIS) la fattura n. (OMISSIS) del 31.12.1988, di lire 1.800.000.000 piu' IVA)". Che sfugge il significato di adeguatezza della prova circa l'esistenza di un'operazione commerciale di cui, per converso, si menziona - senza dare atto trattarsi di indicazioni di fantasia o senza negarne espressamente l'esistenza nei libri contabili - la data, l'importo, l'indicazione dei contraenti e il numero della fattura. La sentenza impugnata ha attribuito rilievo preminente a quella operazione e dalla motivazione non emerge se le altre circostanze evidenziate (... "considerata, altresi', la presenza di altri rilievi contestualmente mossi dai sindaci nei confronti del (OMISSIS) per mancati versamenti d'imposta precedentemente occultati ed anomalie relative al credito IVA del mese di dicembre") fossero da sole sufficienti a far emergere, sin dal 7 febbraio 1989, la perdita del capitale sociale.

Infine, quanto alla delibera di aumento del capitale sociale (v. p. 5, sub f), va ricordato il principio per il quale "in tema di riduzione del capitale sociale per perdite, la mera deliberazione di aumento del capitale non e' idonea a modificare la situazione contabile della societa' - e dunque il verificarsi della causa di scioglimento di cui all'articolo 2448, n. 4, cod. civ. e la conseguente responsabilita' degli amministratori ai sensi dell'articolo 2449 - sin quando le nuove azioni non siano sottoscritte (e pagate almeno nella misura percentuale minima prescritta dalla legge)" (Sez. 1, Sentenza n. 13503/2007).

La sentenza impugnata, nel riportare la motivazione di quella del tribunale, afferma (a pag. 22) che "il 17.5.1989 l'assemblea straordinaria della (OMISSIS) s.p.a., informalmente convocata, aveva deliberato l'aumento del capitale sociale da uno a quattro miliardi, detta delibera non aveva mai avuto esecuzione e lo stesso versamento dei tre decimi da parte del nuovo socio (OMISSIS) s.r.l., asseritamente effettuato mediante assegno postale, non risultava essere mai stato accreditato sui conti delle societa' o altrimenti pervenuto nelle casse sociali".

Ora, se e' certo che la delibera - in quanto non eseguita - non poteva scriminare gli amministratori, tuttavia, ai fini della responsabilita' concorrente dei sindaci (e, nella concreta fattispecie, al fine di determinare i danni imputabili a far tempo dall'una o dall'altra data) non puo' non giovare, in ipotesi, ai predetti, la circostanza della convocazione dell'assemblea, della positiva adozione della delibera di aumento del capitale sociale, la sottoscrizione dell'aumento di capitale da parte di nuovo socio ( (OMISSIS) s.r.l.) e il versamento dei tre decimi, essendo il mancato versamento della somma nelle casse sociali imputabile agli amministratori.

Sono mancati tutti gli accertamenti innanzi evidenziati, talche' si impone un nuovo esame da parte del giudice del merito anche alla luce dei principi di diritto sopra richiamati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese del giudizio di legittimita', alla Corte di appello di Trieste in diversa composizione.
 

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