L'iscrizione nel ruolo dei mediatori deve essere provata da colui agisce in giudizio per il pagamento della provvigione

Ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione la sua iscrizione nel relativo ruolo quale condizione dell'azione deve essere provata da chi agisce in giudizio per il pagamento della provvigione laddove l'eccezione di nullità del contratto a causa del difetto di detta iscrizione costituisce un'eccezione in senso lato rilevabile d'ufficio dal giudice. (Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile, Sentenza del 8 febbraio 2008, n. 3127)



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SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ZA. AL., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FLAMINIA 79, presso lo studio dell'avvocato LUBRANO FILIPPO, che lo difende unitamente all'avvocato CARLO CANAL, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

DE. PI., elettivamente domiciliato in ROMA PZZA RANDACCIO 1, presso lo studio dell'avvocato ALDO BUONGIORNO, difeso dall'avvocato CAPUZZO FRANCO, giusta delega in atti;

- controricorrente -

e sul 2 ricorso n. 24018/03 proposto da:

FI. AN., Z. G., Z. L., elettivamente domiciliate in ROMA VIA ATTILIO REGOLO 12/D, presso lo studio dell'avvocato ITALO CASTALDI, che le difende, giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro

ZA. AL., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FLAMINIA 79, presso lo studio dell'avvocato LUBRANO FILIPPO, che lo difende unitamente all'avvocato CARLO CANAL giusta delega in atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -

e contro

DE. PI.;

- intimato -

avverso la sentenza n. 340/03 della Corte d'Appello di VENEZIA, terza sezione civile, emessa il 20/01/03, depositata il 10/03/03, R.G. 2385/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/11/07 dal Consigliere Dott. Luigi Alessandro SCARANO;

udito l'Avvocato Italo CASTALDI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PIVETTI Marco, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale e il rigetto di quello incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 1/12/1993 il sig. Za.Al. conveniva il sig. De.Pi. avanti al Tribunale di Padova, per ivi sentirlo condannare al pagamento della provvigione spettantegli per l'attivita' di mediazione spiegata in relazione a compravendita di azienda agricola intercorsa tra quest'ultimo e l'acquirente sig. Z.G..

Nella resistenza del De. e dello Z., all'esito della riassunzione del giudizio nei confronti delle eredi di quest'ultimo, deceduto in corso di giudizio, in accoglimento della domanda con sentenza del 1/8/2001 il giudice condannava i convenuti al pagamento di lire 29.150.000 ciascuno, oltre ad interessi, disponendo altresi' in ordine alle spese del giudizio.

Il gravame interposto dal De. veniva successivamente accolto dalla Corte d'Appello di Venezia, che con sentenza del 10/3/2003 riteneva fondata la sollevata eccezione di difetto di legittimazione dello Za., per non avere questi dato prova di essere iscritto nell'albo dei mediatori di cui alla Legge n. 39 del 1989 e per l'effetto in riforma della sentenza del giudice di prime cure rigettava la domanda dal medesimo originariamente spiegata.

Avverso la suindicata sentenza della corte di merito lo Za. propone ora ricorso per Cassazione, affidato a 2 motivi.

Resistono con controricorso il De. e le eredi dello Z., sigg.re Fi.An., Gi. e Z.L., che spiegano altresi' ricorso incidentale condizionato, sulla base di 3 motivi, cui resiste con controricorso lo Za., che spiega a sua volta ricorso incidentale condizionato affidato ad unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente principale denunzia violazione e falsa applicazione della Legge n. 39 del 1989.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto fondata l'eccezione di carenza di legittimazione, dalla controparte sollevata invero tardivamente (solo "al termine del processo di secondo grado ... in sede di conclusionale", e non anche "prima dell'istruttoria") ed infondatamente, risultando egli iscritto sin dal 1965 al vecchio albo, e pertanto automaticamente iscritto "nel nuovo ruolo", come del resto emergente dal "tesserino d'iscrizione all'albo dei mediatori", unitamente alla visura attestante la sua iscrizione alla Camera di Commercio prodotto in atti ex articolo 372 c.p.c..

Con il 2 motivo denunzia omessa ed insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia.

Si duole della tardivita' dell'eccezione, e lamenta che se la Legge n. 39 del 1989 articolo 9 "fosse stato considerato nella motivazione avrebbe comportato il rigetto dell'appello essendo palese la sussistenza delle condizioni in capo al ricorrente".

Con il 1 motivo del ricorso incidentale condizionato la Fi. e le Z. denunziano violazione e falsa applicazione dell'articolo 307 c.p.c..

Si dolgono che il Tribunale di Padova abbia rigettato l'eccezione di estinzione del giudizio sollevata per essere stato nei loro confronti dallo Za. riassunto mediante notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza effettuata presso il domicilio eletto, anziche' quello "reale", venendo quindi al medesimo concesso, nessuno essendo a tale udienza per esse comparso, nuovo termine per la rinnovazione della notificazione per altra udienza, sul presupposto che "la tempestiva riassunzione nei confronti di alcuni soggetti necessari del giudizio, impediva ogni decadenza e preclusione, per cui gli effetti conservativi della riassunzione si estendono agli altri soggetti del processo nei cui confronti deve essere disposta l'integrazione del contraddittorio".

Lamentano essere "illogica" la deduzione che "la disposta "prosecuzione del giudizio", non essendo compatibile con l'estinzione del medesimo, altro significato non poteva assumere se non quello autorizzativo della rinnovazione", sostenendo che essendo stato "validamente riassunto contro il De. Pi. " solamente nei confronti del medesimo il processo sarebbe dovuto continuare, non versandosi in un'ipotesi di litisconsorzio necessario, "nulla" tale giudice avendo disposto "in ordine alla richiesta dell'attore", ne' d'altro canto potendo dedursi "quello che non e' scritto, ossia che il Giudice abbia anche autorizzato la proroga del termine per ripetere la notifica del ricorso e del decreto alle eredi", dovendo al riguardo per converso ritenersi che "se il giudice non ha scritto l'autorizzazione, vuoi dire che non ha voluto scriverla".

Si dolgono altresi' dell'erroneita' dell'operato riferimento, in mancanza di diversa espressa indicazione in proposito, ai "termini di legge"; nonche' dell'essere state esse erroneamente ritenute "soggetti necessari del processo".

Con il 2 motivo le ricorrenti incidentali denunziano omessa motivazione su punto decisivo della controversia.

Si dolgono che nell'erroneamente prorogare il termine inizialmente concesso per la notifica del ricorso in riassunzione del processo il giudice di prime cure non abbia tenuto conto dell'ulteriore questione al riguardo dedotta a sostegno dell'eccepita estinzione del giudizio, consistente nel rilievo che "nell'ambito della sequenza temporale prevista dalla legge, necessariamente da ricondursi alle disposizioni dell'articolo 305 c.p.c., con cui deve coordinarsi l'articolo 303 c.p.c., comma 1, le istanze della parte dovranno sempre rapportarsi al decorso del semestre, altrimenti non di istanza di proroga si tratta bensi' di nuovo ricorso in riassunzione.

Lamentano che il termine per la notificazione e' invero prorogabile, purche' nell'ambito del semestre, trattandosi di termine "ordinatorio (articolo 152 c.p.c., comma 2), deducendo che "oltre il semestre non e' il mancato rispetto del termine medesimo, in se' considerato, che produce l'effetto estintivo, bensi' l'incidenza della disciplina dettata dall'articolo 305 c.p.c., in simile complessa fattispecie". Sicche' non poteva "il Giudice ... sottrarsi alla relativa declaratoria, attesa la tempestivita' dell'eccezione".

Il 1 ed il 2 motivo del ricorso incidentale, che vanno prioritariamente esaminati ponendo questioni pregiudiziali e preliminari, e che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.

Essi contengono invero censure dirette esclusivamente nei confronti della sentenza di primo grado, non contemplando alcun riferimento alla pronunzia emessa dal giudice del gravame di merito.

Risulta a tale stregua dal ricorrente non osservato il consolidato principio di questa Corte secondo cui, rimanendo la sentenza del giudice di prime cure sostituita da quella di appello, al di fuori dei casi eccezionali previsti dalla legge (non ricorrenti invero nella specie) quest'ultima (anche laddove, diversamente dal caso in esame, confermativa di quella di primo grado: v. Cass., 10/10/2003, n. 15185) costituisce invero l'unico oggetto del giudizio di legittimita' (v. Cass. 24/06/2003, n. 9993), non essendo pertanto consentito formulare doglianze avverso la sentenza di prima istanza (cfr. Cass., 9/5/2007, n. 10626; Cass., 15/3/2006, n. 5637; Cass., 20/6/1996, n. 5714. V. anche Cass., 17/7/2007, n. 15952).

Quanto al ricorso principale, i motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati nei termini di seguito indicati.

Va invero rilevata l'inammissibilita' della produzione del tesserino d'iscrizione all'albo dei mediatori, dal ricorrente nel caso effettuata ex articolo 372 c.p.c..

Nel giudizio di legittimita' ai sensi della suindicata norma e' infatti ammessa solamente la produzione di documenti concernenti la nullita' della sentenza impugnata o l'ammissibilita' del ricorso o del controricorso, e non anche di quelli come nella specie diretti a corroborare le censure prospettate nel ricorso (v. Cass., 18/3/2005, n. 5953; Cass., 24/1/2002, n. 847; Cass., 17/9/1983, n. 5620. V. anche Cass., 28/5/2003, n. 8527).

Ne consegue che l'accertamento fattuale in ordine all'esistenza o meno dell'iscrizione nel nuovo albo dei mediatori di cui alla Legge n. 39 del 1989 rimane necessariamente fissato nell'ambito dei soli elementi di prova acquisiti nel giudizio di merito (v. Cass., 18/3/2005, n. 5953, e gia' Cass., 23/9/1964, n. 2408).

Quanto sopra premesso, va osservato che la disciplina nel caso applicabile e' posta dalla Legge n. 39 del 1989 (nonche' dal Decreto Ministeriale 21 dicembre 1990, n. 452), la quale con riferimento in particolare al diritto alla provvigione dispone (in termini invero piu' rigorosi della previgente Legge n. 253 del 1958; Decreto del Presidente della Repubblica n. 1926 del 1960) che "Hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli" (articolo 6, comma 1).

Risulta sotto altro profilo stabilito che le commissioni provinciali iscrivano "nel nuovo ruolo tutti gli agenti gia' iscritti nei ruoli costituiti in base alla Legge n. 253 del 1958" (articolo 9, comma 2).

A tale stregua, il soggetto abilitato all'esercizio dell'attivita' di mediazione in quanto iscritto nei ruoli di cui all'articolo 2 della previgente Legge n. 253 del 1958 da un canto, deve essere iscritto nel nuovo ruolo previsto dalla Legge n. 39 del 1989 (v. Cass., 30/10/2007, n. 22859; Cass., 28/5/2003, n. 8527. Nel senso che ai fini della iscrizione nel nuovo ruolo degli agenti di affari in mediazione non e' sufficiente l'esistenza dell'iscrizione del mediatore nei precedenti ruoli previsti dalla Legge n. 253 del 1958 essendo necessario il controllo da parte delle Commissioni provinciali in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla Legge n. 39 del 1989 per la permanenza in ruolo, v. peraltro Cass., 18/3/2005, n. 5953; Cass., 26/10/2004, n. 20749); da altro canto, il medesimo puo' continuare anche dopo l'entrata in vigore di quest'ultima a svolgere l'attivita' di mediatore, ove richieda l'iscrizione nei nuovi ruoli e sino all'eventuale relativo rifiuto per una legittima ragione (v. Cass., 30/10/2007, n. 22859. V. anche Cass., 18/3/2005, n. 5953).

Costituendo l'iscrizione all'albo un elemento costitutivo della domanda, il mediatore che agisce per il pagamento della provvigione e' allora tenuto, in ossequio alla regola generale sull'onere della prova di cui all'articolo 2697 c.c., a darne la prova (v. Cass., 18/3/2005, n. 5953).

A tale stregua, sia che comporti - come ritenuto dalla corte di merito nell'impugnata sentenza - la nullita' del contratto di mediazione per contrarieta' a norma imperativa (v. Cass. 18/7/2003, n. 11247; Cass. 1/10/2002, n. 14076; Cass., 15/12/2000, n. 15849), sia che comporti solo la mancanza del diritto alla provvigione (v. Cass. 2/4/2002, n. 4635; Cass. 27/6/2002, n. 9380), quale condizione dell'azione la prova dell'iscrizione nel relativo ruolo deve essere fornita da chi agisce in giudizio per il pagamento della provvigione, laddove l'eccezione di nullita' del contratto in ragione del difetto della detta iscrizione costituisce un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio dal giudice (v. Cass., 5/6/2007, n. 13184; Cass., 26/10/2004, n. 20749; Cass., 18/3/2005, n. 5953; Cass., 1/10/2002, n. 14076. E gia' Cass., 9/12/1992, n. 12990; Cass., 21/1/1984, n. 526).

La contestazione ad opera della parte assume allora la funzione di mera sollecitazione dell'esercizio del potere officioso del giudice, e come tale ben puo' essere come nella specie effettuata financo nella comparsa conclusionale d'appello (cfr., con riferimento alla legitimatio ad causam, Cass., 11/1/2005, n. 379).

Trattandosi nel caso di giudizio iniziato in primo grado anteriormente all'entrata in vigore della Legge n. 353 del 1990 trova invero applicazione la previgente disciplina (v., da ultimo Cass., 16/5/2007, n. 11301), con conseguente inapplicabilita' del cd. principio di non contestazione (v. Cass., 30/10/2007, n. 22859).

Ai fini del convincimento probatorio, che il giudice dell'impugnazione deve d'ufficio formarsi sulla sussistenza di tale requisito, il comportamento tenuto dalle parti, e in particolare il fatto che la controparte espressamente consideri la circostanza come veri-ficata ovvero imposti una linea difensiva incompatibile con la relativa insussistenza, puo' essere dal giudice peraltro utilizzato come argomento di prova ex articolo 116 c.p.c., comma 2, (cfr., con riferimento alla legitimatio ad causam derivante dalla qualita' di erede, Cass., 13/6/2006, n. 13685; Cass., 11/1/2005, n. 379).

Ne consegue che, anziche' respingere la domanda dello Za. per non avere dato la prova dell'iscrizione al nuovo albo mediante la "produzione" della "relativa certificazione", a fortiori essendo pacifica in causa la circostanza che il De. si e' rivolto allo Za. quale "titolare da anni di un'agenzia di intermediazioni", ed avendo a dimostrazione della "regolarita'" della propria "posizione" quest'ultimo (Tia) nel giudizio di merito prodotto la "certificazione della Questura di Padova in data 30/5/'83" (dal giudice dell'appello invero considerata "irrilevante" ai fini in esame, in quanto attestante solamente l'essere egli "in possesso della licenza di intermediazione secondo le disposizioni vigenti a quell'epoca") ne' sussistendo al riguardo preclusione ai sensi del previgente testo -nel caso applicabile - dell'articolo 345 c.p.c. (v. Cass., 26/10/2004, n. 20749; Cass., 1/10/2002, n. 14076), la corte di merito era. invero tenuta, nel rispetto dei principi di difesa e del contraddittorio ex articoli 24 e 111 Cost., comma 1 e 2 a porre il medesimo nella condizione di fornire tale prova.

Nella specie essa ha viceversa disatteso la tutela di tali fondamentali diritti, laddove ha esercitato i propri poteri officiosi in una fase processuale in cui la parte non poteva produrre la prova del fatto costitutivo del diritto azionato (v. Cass., 30/10/2007, n. 22859. V. anche Cass., 28/10/2005, n. 21080) omettendo di rimettere la causa sul ruolo al fine di garantirne il rispetto.

Con il 3 motivo del ricorso incidentale la Fi. e le Z. denunziano violazione o falsa applicazione di norme di legge.

Si dolgono che il Tribunale abbia rigettato la sollevata eccezione di inconfigurabilita' nel caso della mediazione, stante l'insussistenza di nesso di causalita' tra l'attivita' svolta dallo Za. e l'affare concluso due anni piu' tardi.

Il motivo, inammissibile come i precedenti due essendo anch'esso rivolto esclusivamente avverso la sentenza di primo grado, prospetta questioni comunque assorbite, alla stregua di quanto sopra esposto.

Inammissibile sotto plurimi profili, oltreche' comunque assorbito, e' infine il ricorso incidentale condizionato dello Za., fondato su motivo del seguente tenore: "a) ove non venga accolto il ricorso principale, cassare la sentenza della Corte d'Appello enunciando il principio di diritto al quale il Giudice di 2 grado dovra' uniformarsi e sentir dichiarare la riforma della sentenza del Tribunale di Padova limitatamente ai punti impugnati: "Accertato il diverso valore economico e di mercato dell'azienda agricola, procedersi alla condanna dei convenuti al pagamento di una somma pari al 2% del reale valore di mercato al sig. Za. ovvero sul prezzo effettivo per l'epoca dei fatti oltre interessi e rivalutazione ISTAT".

Oltre a risultare proposto in violazione del principio in base al quale la consumazione del diritto di impugnazione conseguente alla proposizione di ricorso principale per cassazione esclude che la stessa parte, ricevuta la notificazione del ricorso di altro contendente, possa introdurre nuovi e diversi motivi di censura rispetto a quelli avanzati con il ricorso originario mediante la proposizione di un successivo ricorso incidentale - che laddove avanzato va dichiarato inammissibile - (v. Cass., 29/1/2007, n. 1825; Cass., 28/7/2005, n. 15813; Cass., 2/12/2000, n. 15407), il motivo, altresi' formulato in violazione del principio di autosufficienza, si palesa sostanziarsi in una mera apodittica enunciazione priva dell'esposizione delle ragioni poste a relativo sostegno, ai sensi dell'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, invero indefettibilmente necessaria in quanto volta ad assicurare l'immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere (cfr. Cass., 14/7/2004, n. 13071; Cass., 29/1/2004, n. 1666; Cass., 10/5/2000, n. 5924).

L'accoglimento del ricorso principale comporta la cassazione in relazione dell'impugnata sentenza, con rinvio, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte d'Appello di Venezia, che in diversa composizione procedera' a relativo nuovo esame, e dei suindicati principi fara' applicazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso incidentale. Accoglie il ricorso principale. Cassa in relazione e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte d'Appello di Venezia.

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