In tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (nella specie, in base alla Legge n. 1 del 1991, articolo 6) puo' dar luogo a responsabilita' precontrattuale o contrttuale

In tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (nella specie, in base alla Legge n. 1 del 1991, articolo 6) puo' dar luogo a responsabilita' precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (c.d. "contratto quadro", il quale, per taluni aspetti, puo' essere accostato alla figura del mandato); puo' dar luogo, invece, a responsabilita' contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del "contratto quadro"; in ogni caso, deve escludersi che, mancando una esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell'articolo 1418 c.c., comma 1, la nullita' del cosiddetto "contratto quadro" o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso (Sez. U, Sentenza n. 26724 del 19/12/2007).

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 10 aprile 2014, n. 8462



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME' Giuseppe - Presidente

Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere

Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere

Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere

Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 32055-2007 proposto da:

(OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), derivante dalla fusione per incorporazione di (OMISSIS) spa in (OMISSIS) spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale per Notaio (OMISSIS) di TORINO - Rep.n. (OMISSIS) del 21.1.2008;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 604/2007 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 03/08/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/02/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato (OMISSIS) che si riporta;

udito, per la controricorrente, l'Avvocato (OMISSIS), con delega, che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI Pasquale che ha concluso per l'accoglimento del ricorso (motivo 4).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Brescia ha rigettato l'appello proposto da (OMISSIS) contro la sentenza del Tribunale di Brescia che aveva respinto la sua domanda formulata nei confronti della s.p.a. (OMISSIS) avente ad oggetto la richiesta di dichiarazione di nullita' con restituzione della somma investita e il risarcimento del danno patrimoniale e non derivatogli dagli illeciti commessi dai funzionari della banca convenuta i quali con dolo - responsabili anche di truffa contrattuale - e, in ogni caso, ponendo in essere un'operazione in conflitto di interessi e con violazione dell'articolo 21 T.U.F. e del relativo Regolamento CONSOB, gli avevano venduto obbligazioni (OMISSIS) step down. L'attore assumeva di essere stato indotto a stipulare un contratto in grave contrasto con il proprio interesse e del tutto inadatto alle proprie necessita' in quanto, vendendo anticipatamente i titoli, egli si sarebbe esposto al rischio di gravi perdite mentre non vendendoli sarebbe rimasto privo dal 2009 di ogni rendimento e il titolo sarebbe stato rimborsato dopo ben 29 anni, circostanza che da sola, data l'eta' avanzata di esso investitore, rendeva evidente l'inadeguatezza dell'investimento.

Per quanto ancora interessa, la corte di merito ha ritenuto fondata la doglianza relativa all'incapacita' a testimoniare del funzionario che aveva sottoscritto il contratto ma ha rilevato che analoga incapacita' non concerneva anche altro funzionario, la cui deposizione rendeva condivisibile la decisione del tribunale. Le caratteristiche del titolo, poi, erano perfettamente descritte nel regolamento di emissione e i titoli non erano ad altissimo rischio. L'unico aspetto di inadeguatezza dell'operazione (lunga scadenza e eta' avanzata dell'investitore nonche' mancata remunerazione dopo i primi anni) era compensata dalla garanzia del capitale investito e dalla discreta remunerativita' dei titoli. Sebbene informato (OMISSIS) aveva voluto dar corso all'operazione. L'operazione non era in conflitto di interesse e, infine, era inammissibile, perche' tardivamente posta, la questione della nullita' del contratto per difetto di forma.

1.1.- Contro la sentenza di appello (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Resiste con controricorso la s.p.a. (OMISSIS). Nel termine di cui all'articolo 378 c.p.c. parte ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.1.- Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione degli articoli 1228 e 2049 c.c., articolo 110 c.p., articoli 105 e 246 c.p.c. nonche' vizio di motivazione. Lamenta che la corte di merito abbia ritenuto la responsabilita' solidale con l'istituto convenuto del teste (OMISSIS), dipendente della banca responsabile dell'operazione di investimento per cui e' causa dichiarandolo incapace di testimoniare - e non di (OMISSIS), anch'esso dipendente della banca corresponsabile con il (OMISSIS) dei medesimi illeciti contestati all'attore. Sulla testimonianza dello stesso (OMISSIS) ha poi fondato la propria decisione in relazione alla ritenuta insussistenza degli illeciti contestati dall'attore.

Deduce che anche in relazione ai dipendenti non indicati nominativamente nell'atto di citazione sussisteva la dedotta incapacita' a testimoniare.

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 21, comma 1, lettera b in relazione all'articolo 28, comma 2, Regolamento intermediari n. 11522/98 e formula, ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., il seguente quesito: se "In tema di investimenti finanziari, nel vigore dell'articolo 28 del regolamento Consob n. 11522/98, l'obbligo informativo specifico gravante sull'intermediario che venda ad un risparmiatore in eta' avanzata (il quale abbia precedentemente investito solo in BTP), una obbligazione strutturata di durata trentennale a rendimento predeterminato per i primi dieci anni e che, per i successivi 20 anni, divenga uno zero coupon; obbligazione che, in caso di anticipato disinvestimento, sia idonea a comportare perdite superiori al 40% del capitale investito, puo' ritenersi adempiuto mediante la consegna all'investitore del documento sui rischi generali degli investimenti e informandolo che l'investimento e' soggetto, in relazione alla variabile del rendimento, a sensibili oscillazione dei corsi senza che sia in alcun modo specificato in quale misura e per quali motivi tale oscillazione dei corsi puo' verificarsi".

2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 21, comma 1, lettera "a" in relazione all'articolo 29 Regolamento intermediari n. 11522/98 e formula, ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., il seguente quesito: se "in tema di investimenti finanziari e nel vigore dell'articolo 29 del Regolamento Consob n. 11522/98, in presenza di risparmiatore alieno da propensione al rischio e privo di esperienza in materia di obbligazioni strutturate, l'intermediario deve o meno ritenere inadeguata al profilo dello stesso risparmiatore l'operazione con la quale il medesimo risparmiatore intenda acquistare, per importo pari a un terzo della propria liquidita', un'obbligazione strutturata con elevata prima cedola al fine di rivenderla dopo lo stacco di tale cedola, esponendosi con cio' alla possibilita' di una perdita rilevante del capitale investito pur se il titolo e' idoneo a recuperare successivamente anche piu' dell'originaria quotazione e, in ogni caso, l'obbligo posto dal predetto articolo 29 puo' ritenersi assolto da parte dell'intermediario per effetto di una dichiarazione del cliente nella quale quest'ultimo dichiari, in relazione a standardizzati profili di rischio relativi a generiche tipologie di investimento, di ritenere l'investimento a se' adeguato in relazione ai suoi obiettivi di investimento e alle risorse finanziarie (senza alcuna menzione alla propensione al rischio e alla esperienza in materia finanziaria dell'investitore".

2.4.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 21, comma 1, lettera "c" in relazione all'articolo 29 Regolamento Consob n. 11522/98 e formula, ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., il seguente quesito: se "in tema di investimenti finanziari e nel vigore dell'articolo 27 Regolamento n. 11522/98 deve o meno ritenersi effettuata in conflitto di interessi l'operazione con la quale l'intermediario proponga e venda in contropartita diretta al cliente un titolo, non confacente al profilo del medesimo cliente, collocato da societa' del proprio gruppo, emesso lo stesso giorno della vendita al cliente, e la vendita allo stesso cliente sia effettuata a prezzo superiore a quello di collocamento".

3.- Il primo motivo e' infondato.

Invero, da tempo questa Corte ha precisato che non importa incapacita' a testimoniare (articolo 246 cod. proc. civ.) per i dipendenti di una banca la circostanza che questa, evocata in giudizio da un cliente, potrebbe convenirli in garanzia nello stesso giudizio per essere responsabili dell'operazione che ha dato origine alla controversia. Infatti, le due cause, anche se proposte nello stesso giudizio, si fondano su rapporti diversi ed i dipendenti hanno un interesse solo riflesso ad una determinata soluzione della causa principale, che non li legittima a partecipare al giudizio promosso dal cliente, in quanto l'esito di questo, di per se', non e' idoneo ad arrecare ad essi pregiudizio (Sez. 1, Sentenza n. 2641 del 04/03/1993). Principio correttamente applicato dalla Corte di merito al teste (OMISSIS), non indicato, in citazione, come "coautore" dell'attivita' truffaldina imputata ai dipendenti della convenuta. D'altra parte, questa Corte ha da tempo ritenuto sussistente la capacita' a testimoniare - in giudizi concernenti il licenziamento di un lavoratore - gli altri dipendenti dello stesso datore di lavoro ancorche' a carico degli stessi possano profilarsi, in relazione al fatto contestato al dipendente licenziato, omissioni loro imputabili come illeciti penali, atteso che la Corte costituzionale, con sentenza n. 85 del 1983, ha ritenuto infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 246 c.p.c., in relazione all'articolo 384 c.p., comma 2, nella parte in cui non prevede l'incapacita' a deporre nel giudizio civile di chi e' imputato di un fatto-reato su circostanze relative o connesse al fatto medesimo (cfr. Sez. lav., n. 1341/1993. V., anche, Sez. lav., n. 20731/2007).

3.1.- Il secondo e il terzo motivo - la' dove non sono inammissibili per le ragioni infra esposte - sono infondati.

Va premesso, invero, che la Corte di merito, nell'esaminare l'appello incidentale dell'odierno ricorrente, ha evidenziato l'inapplicabilita', nella concreta fattispecie, della norma di cui al Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, u.c., la quale dispone che "Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta". Cio' in quanto "com'e' agevole rilevare, questa speciale inversione dell'onere della prova opera nelle cause in cui si agisce per il risarcimento del danno e dunque non nelle cause che hanno oggetto la validita' dei contratti in tema di operazioni di investimento. In ogni caso, non si vede come la norma possa valere a superare la suddetta preclusione processuale operante per il solo fatto che, in primo grado, la nullita' (o annullabilita' o risoluzione) del contratto era stata denunciata siccome conseguente alla violazione di una serie di norme in tesi imperative tra le quali non era contemplata quella che impone, per il contratto di investimento, la forma scritta". Cio' premesso, la Corte di appello ha rigettato il motivo di gravame che tendeva "a una modificazione dell'originaria domanda", ritenuta inammissibile. Tale capo della sentenza non e' stato specificamente (ne' genericamente) impugnato.

Lo stesso ricorrente, nel ricorso (v. pag. 19-20), ha ribadito che la sua domanda tende alla declaratoria di nullita', all'annullamento o alla risoluzione del contratto di investimento.

Pertanto, va applicato il principio enunciato dalle Sezioni unite, secondo cui in relazione alla nullita' del contratto per contrarieta' a norme imperative in difetto di espressa previsione in tal senso (c.d. "nullita' virtuale"), deve trovare conferma la tradizionale impostazione secondo la quale, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validita' del contratto e' suscettibile di determinarne la nullita' e non gia' la violazione di norme, anch'esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale puo' essere fonte di responsabilita'. Ne consegue che, in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (nella specie, in base alla Legge n. 1 del 1991, articolo 6) puo' dar luogo a responsabilita' precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (c.d. "contratto quadro", il quale, per taluni aspetti, puo' essere accostato alla figura del mandato); puo' dar luogo, invece, a responsabilita' contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del "contratto quadro"; in ogni caso, deve escludersi che, mancando una esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell'articolo 1418 c.c., comma 1, la nullita' del cosiddetto "contratto quadro" o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso (Sez. U, Sentenza n. 26724 del 19/12/2007).

Cio' comporta, da un lato, l'irrilevanza delle denunciate violazioni della normativa T.U.F. e del Regolamento Consob - in quanto invocate ai fini dell'accoglimento delle domande di nullita', annullamento e risoluzione - e, dall'altro, a cagione anche dell'omessa impugnazione del capo relativo all'onere della prova nonche' dell'infondatezza del motivo relativo all'incapacita' a testimoniare del teste (OMISSIS), l'inammissibilita' del secondo e del terzo motivo nella parte in cui veicolano censure in fatto, dirette ad ottenere una diversa lettura del materiale probatorio. Nel mentre la Corte di merito ha fornito adeguata motivazione della decisione impugnata. In particolare ha escluso la natura rischiosa dell'investimento, stante la solidita' dell'emittente, inoltre ha evidenziato la completezza delle informazioni fornite all'investitore, evidenziando la natura delle obbligazioni aventi le seguenti caratteristiche: 1) il prestito obbligazionario ha la durata di 30 anni e alla scadenza le obbligazioni saranno rimborsate alla pari; 2) l'interesse per il primo anno e' pari al 10,50%; 3) l'interesse per gli anni dal secondo al nono e' pari al 5%; 4) fino alla scadenza, poi, non piu' dovuta alcuna cedola "essendo gli interessi per il periodo rappresentati dal premio di rimborso": 5) il premio di rimborso e' pari al 120%. Caratteristiche che rendevano evidente che, qualora l'investitore intendesse anticipatamente recedere dall'investimento - come avvenuto nella concreta fattispecie - subito dopo avere incassato la prima e piu' pingue cedola, egli non potesse non scontare un'immediata diminuzione del prezzo non foss'altro perche' l'obbligazione posta in vendita veniva ad avere un tasso residuo notevolmente diminuito in ragione di una durata solo di poco ridotta. Peraltro, come era emerso dalle dichiarazioni testimoniali di (OMISSIS), in sede di colloqui tra il cliente e il personale della banca era stato affrontato espressamente il problema della pronta negoziabilita' delle obbligazioni. Infatti, come aveva dichiarato il teste, " (OMISSIS) era intenzionato a sfruttare questo tipo di investimento, perche' gli offriva l'opportunita' di riscuotere un interesse elevato per il primo anno e gli consentiva di cedere subito dopo il titolo"; il funzionario, pero', lo aveva avvertito che "qualora avesse optato per la vendita dopo il primo anno - non c'era certezza in ordine alla parita' di prezzo, nel senso che non era detto che si sarebbe potuto ottenere quello stesso prezzo che era stato pagato per l'acquisto". Dalla testimonianza era altresi' emerso che: (OMISSIS) aveva sconsigliato l'investimento; (OMISSIS) aveva insistito comunque per darvi corso; vi era stata una vera e propria trattativa che venne poi conclusa da (OMISSIS) con la sottoscrizione dell'ordine di acquisto; a (OMISSIS) erano stati fatti visionare ed erano stati consegnati i documenti contenenti le caratteristiche dell'emissione obbligazionaria. Non privo di rilievo, infine, e' l'accertamento compiuto dalla Corte di merito secondo cui non era vero che il titolo non avrebbe potuto essere rinegoziato prima della sua scadenza. Esso, infatti, era quotato sul mercato borsistico (ammesso alla quotazione ufficiale con provvedimento Consob il giugno 1999 n. 4606) e il suo prezzo, contrariamente a quanto sostenuto dallo (OMISSIS), aveva garantito e garantiva "la possibilita' di rientrare del capitale investito, considerate le cedole nel frattempo staccate, non solo senza perdite ma anche con discreti guadagni (nel febbraio 2005... il valore si era assestato su 95,5 contro 100,35 di acquisto, tenuto pero' conto che erano stati gia' incassati interessi pari al 30,5% lordo)". Correttamente, poi, la Corte di merito ha rilevato che tale ultima constatazione valeva "a togliere rilievo all'enfatizzazione, da parte dell'appellante, del rapporto tra la lunga durata del prestito e la sua non piu' giovane eta': infatti, sarebbe stato ben possibile e senza riportare alcuna perdita anche un disinvestimento a pochi anni dall'acquisto".

3.2.- Il quarto motivo e' infondato.

Invero, la negoziazione in contropartita diretta costituisce uno dei servizi di investimento al cui esercizio l'intermediario e' autorizzato, al pari della negoziazione per conto terzi, come si evince dalle definizioni contenute nel Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, articolo 1, essendo essa una delle modalita' con le quali l'intermediario puo' dare corso ad un ordine di acquisto o di vendita di strumenti finanziari impartito dal cliente. Ne deriva che l'esecuzione dell'ordine in conto proprio non comporta, di per se' sola, l'annullabilita' dell'atto ai sensi degli articoli 1394 o 1395 cod. civ. (Sez. 1, Sentenza n. 28432 del 22/12/2011).

Con accertamento in fatto sorretto da congrua e logica motivazione la Corte di merito ha escluso, peraltro, che la banca avesse praticato un prezzo di vendita superiore a quello di quotazione del titolo, non rilevando il prezzo di collocamento per essere gia' scaduto il termine di quest'ultimo al momento della negoziazione.

Talche' il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimita' - liquidate in dispositivo - vanno poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita' liquidate in euro 15.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.
 

INDICE
DELLA GUIDA IN Bancario

OPINIONI DEI CLIENTI

Vedi tutte

ONLINE ADESSO 694 UTENTI