Se all'esito dell'esame esterno della firma di traenza è evidente la non corrispondenza della conformità documentale di essa allo specimen della firma depositato presso la banca dal correntista, l'istituto di credito ha l'obbligo di precisare chiaramente al pubblico ufficiale che il titolare del conto corrente è un soggetto diverso da quello il cui nome figura nella sottoscrizione dell'assegno

Se all'esito dell'esame esterno della firma di traenza e' evidente la non corrispondenza della conformita' documentale di essa allo specimen della firma depositato presso la banca dal correntista, l'istituto di credito non puo' limitarsi a dichiarare che rifiuta il pagamento dell'assegno (Legge n. 349 del 1973, articolo 63, comma 1, n. 4 e articolo 1) perche' e' stato denunciato come rubato, ma ha l'obbligo di precisare chiaramente al pubblico ufficiale incaricato del protesto che il titolare del conto corrente e' un soggetto diverso da quello il cui nome figura nella sottoscrizione dell'assegno (ovvero che a nome di quest'ultimo nessun conto di traenza esiste presso di essa: Cass. 6006/2003), e che tra il titolare del conto ed il traente non vi e' nessun rapporto negoziale o legale, opponibile alla banca, che legittimi quest' ultimo ad obbligarsi in nome e per conto di quegli (Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, articoli 6 e 15: Cass. 18910/2004). Diversamente il comportamento dell'istituto costituisce causa del fatto ingiusto della pubblicazione del nome del correntista sul bollettino dei protesti (Legge n. 77 del 1955, articolo 2), con l'ulteriore conseguenza di aver fatto conoscere a chiunque le esatte generalita' del cliente con cui intrattiene il conto, non essendo sufficiente a tutelarlo dal discredito sociale ed economico la collocazione in apposita categoria, con conseguente responsabilita', anche contrattuale, di tutti i danni che ne derivano (Cass. 2936/1974, 18316/2 007). Quanto poi al pubblico ufficiale, sussiste la sua corresponsabilita' per concorso nel causare il protesto illegittimo se ha omesso di vigilare, anche per colpa lieve (Cass. 2821/1971), sulla corrispondenza tra la firma di traenza e il nome del titolare del conto corrente, poiche' nell'adempimento dei suoi obblighi di status a lui personalmente incombe dirigere la compilazione dell'atto - Legge n. 89 del 1913, articolo 47 - con perizia e diligenza professionale per non danneggiare un soggetto apparentemente estraneo all'emissione dell'assegno" (Cass. 16617/10).

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 31 maggio 2012, n. 8787



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria - Presidente

Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere

Dott. RORDORF Renato - Consigliere

Dott. RAGONESI Vittorio - rel. Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 71/2011 proposto da:

(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

(OMISSIS) S.P.A.;

- intimata -

avverso la sentenza n. 730/2010 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 18/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/04/2012 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

uditi, per i ricorrenti, gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 10 marzo 2000, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Viterbo la (OMISSIS) s.p.a. per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito del protesto di quattro assegni tratti sul conto corrente n. (OMISSIS), ad essi cointestato presso la filiale di (OMISSIS) della predetta banca, facenti parte di un libretto di cui era stato denunciato lo smarrimento in data (OMISSIS), e dunque illecitamente utilizzati da ignoti. Gli attori deducevano la erroneita' dei protesti, elevati nei loro confronti nel periodo tra il (OMISSIS), nei quali si dichiarava che l'assegno era stato smarrito e la firma di traenza era apocrifa, sostenendo che i protesti avrebbero dovuto essere elevati nei confronti dei soggetti che avevano firmato i titoli risultando la loro firma leggibile; lamentavano, quindi, di avere subito gravissimi danni a seguito dei detti protesti, e, in particolare: che la (OMISSIS). S.p.a. aveva revocato il fido a (OMISSIS) che per rientrare aveva dovuto subito versare lire 100.000.000; l'interruzione della trattativa avviata per l'instaurazione di un rapporto con la (OMISSIS) finalizzato ad un affidamento di lire 200.000.000 presso il (OMISSIS); il mancato finanziamento per l'acquisto di una autobetoniera da (OMISSIS); la mancata partecipazione ad una associazione temporanea di impresa con la ottenere dilazioni di pagamento.

Si costituiva la banca convenuta assumendo la correttezza del protesti dei titoli smarriti e ricordando che i correntisti non avevano custodito i moduli con la dovuta diligenza, come prescritto dall'articolo 3 delle condizioni generali di conto corrente, e chiedendo pertanto il rigetto della domanda.

Acquisita la documentazione prodotta, disposta l'esibizione dei titoli protestati e respinte le altre istanze istruttorie, con sentenza del 13 ottobre 2003, il Tribunale di Viterbo rigettava la domanda degli attori e compensava le spese processuali.

Avverso detta sentenza proponevano appello i (OMISSIS) con atto notificato alla (OMISSIS) il 30 gennaio 2004.

Si costituiva la banca appellata chiedendo il rigetto dell'appello. La Corte d'appello di Roma, con sentenza 730/10, rigettava l'appello. Avverso la detta sentenza ricorrono per cassazione i (OMISSIS) sulla base di tre motivi illustrati con memoria.

Il (OMISSIS) non ha svolto attivita' difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti, deducendo una erronea interpretazione della giurisprudenza di questa Corte da parte del giudice di seconde cure, assumono che la responsabilita' della banca trattaria non poteva essere esclusa per addebitare la stessa esclusivamente al pubblico ufficiale che aveva elevato il protesto.

Con il secondo motivo lamentano la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del notaio che aveva elevato il protesto in quanto litisconsorte necessario.

Con il terzo motivo lamentano la mancata ammissione della prova testimoniale.

Il primo motivo e' fondato.

La Corte d'appello ha invero correttamente riconosciuto in conformita' ai principi affermati da questa Corte (Cass. 16617/10) che il protesto dei titoli doveva essere elevato nei confronti dei firmatari degli stessi che avevano illecitamente acquisito il carnet d'assegni, posto che le firme degli stessi risultavano leggibili, e non gia' nei confronti dei ricorrenti, titolari del conto.

Ha peraltro escluso la responsabilita' della banca ritenendo che l'unico responsabile dovesse ritenersi il notaio che aveva elevato il protesto.

Tale assunto e' erroneo. Nel caso di specie in cui le firme apposte sugli assegni non risultano apocrife, ma indicano nomi diversi da quelli dei titolari del conto, questa Corte ha gia' avuto modo di affermare che "se all'esito dell'esame esterno della firma di traenza e' evidente la non corrispondenza della conformita' documentale di essa allo specimen della firma depositato presso la banca dal correntista, l'istituto di credito non puo' limitarsi a dichiarare che rifiuta il pagamento dell'assegno (Legge n. 349 del 1973, articolo 63, comma 1, n. 4 e articolo 1) perche' e' stato denunciato come rubato, ma ha l'obbligo di precisare chiaramente al pubblico ufficiale incaricato del protesto che il titolare del conto corrente e' un soggetto diverso da quello il cui nome figura nella sottoscrizione dell'assegno (ovvero che a nome di quest'ultimo nessun conto di traenza esiste presso di essa: Cass. 6006/2003), e che tra il titolare del conto ed il traente non vi e' nessun rapporto negoziale o legale, opponibile alla banca, che legittimi quest' ultimo ad obbligarsi in nome e per conto di quegli (Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, articoli 6 e 15: Cass. 18910/2004). Diversamente il comportamento dell'istituto costituisce causa del fatto ingiusto della pubblicazione del nome del correntista sul bollettino dei protesti (Legge n. 77 del 1955, articolo 2), con l'ulteriore conseguenza di aver fatto conoscere a chiunque le esatte generalita' del cliente con cui intrattiene il conto, non essendo sufficiente a tutelarlo dal discredito sociale ed economico la collocazione in apposita categoria, con conseguente responsabilita', anche contrattuale, di tutti i danni che ne derivano (Cass. 2936/1974, 18316/2 007). Quanto poi al pubblico ufficiale, sussiste la sua corresponsabilita' per concorso nel causare il protesto illegittimo se ha omesso di vigilare, anche per colpa lieve (Cass. 2821/1971), sulla corrispondenza tra la firma di traenza e il nome del titolare del conto corrente, poiche' nell'adempimento dei suoi obblighi di status a lui personalmente incombe dirigere la compilazione dell'atto - Legge n. 89 del 1913, articolo 47 - con perizia e diligenza professionale per non danneggiare un soggetto apparentemente estraneo all'emissione dell'assegno" (Cass. 16617/10).

Pertanto sia l'azienda di credito, sia il notaio, sono responsabili, in solido tra loro (Cass. 11103/1998); dei danni che possono essere derivati dall'erronea elevazione del protesto.

Il motivo va quindi accolto.

Il secondo motivo e' invece infondato.

Invero nel caso di specie di verte in tema di responsabilita' solidale per concorso nel fatto illecito e la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che in tema di obbligazione solidale passiva, poiche' fra i debitori non sorge un rapporto unico ed inscindibile, non ricorre l'ipotesi del litisconsorzio necessario per cui non e' necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti di quelli non chiamati in giudizio (ex plurimis Cass.; 14700/10; Cass. 24425/06; Cass. 379/05; Cass. 2590/62).

Nel caso di specie nessuna integrazione del contraddittorio nei confronti del notaio doveva essere disposta.

Quanto al terzo motivo,va premesso che la sentenza impugnata contiene una duplice ratio decidendi. Dopo avere,infatti, escluso la responsabilita' della banca trattarla (questione esaminata con il primo motivo di ricorso) ha poi affermato che in ogni caso,i ricorrenti non avevano fornito la prova di aver subito danno dagli erronei protesti.

In relazione a tale affermazione i ricorrenti si dolgono della mancata ammissione delle prove richieste.

La doglianza risulta fondata.

Invero i capitoli di prova (il cui testo e' integralmente riportato nel ricorso) appaiono rilevanti in quanto volti a dimostrare l'esistenza del pregiudizio subito per effetto dell'erronea elevazione dei protesti. Gli stessi (collegati con missive gia' prodotte in atti di cui si chiede sostanzialmente la conferma) vertono infatti su mancate concessioni di linee di credito da parte di banche, mancati finanziamenti,mancato accordo sulla costituzione di un ATI, rifiuto da parte di operatori commerciali di effettuare vendite di materiali etc..

In tal senso la motivazione fornita dalla Corte d'appello per definire le prove testimoniali scarsamente concludenti ai fini del decidere non appare adeguata.

Si sostiene,in particolare, da parte della sentenza che non risultava rilevante che nei capitoli venisse specificato che gli odierni ricorrenti avevano rappresentato ai potenziali contraenti che si trattava di assegni rubati riempiti e sottoscritti da terzi poiche' non risultava che alle missive dei terzi, in relazione alle quali si chiedeva la prova per testi, gli odierni ricorrenti avessero risposto per iscritto e poiche' non risultava che essi avessero sollecitato la banca affinche' si attivasse presso i terzi in questione per chiarire le ragioni dei protesti.

Tali circostanze invero si riferiscono ad attivita' dei ricorrenti che sarebbero state volte ad eliminare o ridurre gli effetti negativi dei protesti ma non rilevano in alcun modo ai fini della dimostrazione o della esclusione della esistenza di danni derivanti dai protesti che si sarebbero comunque gia' in precedenza prodotti.

Va inoltre soggiunto che, in relazione alla richiesta di danni non patrimoniali, questa Corte ha gia' avuto modo di affermare in altre occasioni, che il protesto ove illegittimamente sollevato, deve ritenersi del tutto idoneo a provocare un danno anche sotto il profilo della lesione dell'onore e della reputazione al protestato come persona, al di la' ed a prescindere dai suoi interessi commerciali. Ne consegue che, qualora l'illegittimo protesto venga riconosciuto lesivo di diritti della persona, come quello alla reputazione, il danno, da ritenersi "in re ipsa", andra' senz1 altro risarcito senza che incomba, sul danneggiato, l'onere di fornire la prova della sua esistenza. (Cass. 18316/07).

Ovviamente nella diversa ipotesi ricorrente anche nel caso di specie in cui sia dedotta specificamente una lesione della reputazione commerciale per effetto dell'illegittimita' del protesto, quest'ultima costituira' semplice indizio dell'esistenza di un danno alla reputazione, da valutare nel contesto di tutti gli altri elementi della situazione cui inerisce (Cass. 5 novembre 1998, n. 11103; Cass. 18316/07).

Il ricorso va, pertanto, accolto nei termini di cui in motivazione.

La sentenza impugnata va di conseguenza cassata con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione che si atterra' nel decidere ai principi di diritto dianzi enunciati e che provvedera' anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il terzo motivo, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.

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