La disciplina Ici per le Onlus

Con la recente Circolare n. 2 del 26 gennaio 2009, il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'Economia ha fornito chiarimenti in merito all'applicazione dell'esenzione in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI), prevista dall'art. 7, comma 1, lettera i), del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504. In particolare, dopo aver ricostruito, preliminarmente, il quadro normativo di riferimento e' stato affrontato il tema dei requisiti di carattere soggettivo e oggettivo necessari per il riconoscimento dell'esenzione stessa.

 IL QUADRO NORMATIVO 

L'art. 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, riconosce l'esenzione dall'ICI a "gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'art. 16, lettera a), della l. 20 maggio 1985, n. 222".                                                                          ·         Occorre, inoltre, precisare che, a norma del comma 2 dell'art. 7 in questione l'esenzione "spetta per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte". ·         Il comma 2-bis dell'art. 7 del d.l. n. 203 del 2005, come riformulato dall'art. 39 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248,  stabilisce che "l'esenzione disposta dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale".                                             Si rende, pertanto, necessario precisare in modo puntuale quando le attività indicate dalla norma di esenzione siano svolte in maniera non esclusivamente commerciale e, conseguentemente, le ipotesi nelle quali gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali possano considerarsi esenti da ICI.       I REQUISITI RICHIESTI PER IL RICONOSCIMENTO DELL'ESENZIONE                 La suddetta esenzione deve essere riconosciuta quando ricorrono contemporaneamente:                                                           1.    un requisito di carattere soggettivo, rappresentato dal fatto che l'immobile deve essere utilizzato da un ente non commerciale di cui all'art. 73 (ex art. 87), comma 1, lettera c) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR);                      2.    un requisito di carattere oggettivo, in base al quale gli immobili utilizzati devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente elencate dalla norma e dette attività non devono avere esclusivamente natura commerciale.  IL REQUISITO SOGGETTIVO Per quanto riguarda il requisito soggettivo, occorre precisare che l'art. 73, comma 1, lettera c), del TUIR, fornisce la nozione di enti non commerciali, individuandoli negli "enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali".                             La norma in esame prevede, dunque, che nell'ambito degli enti non commerciali possono essere compresi:                                                       ·         gli enti pubblici, vale a dire gli organi e le amministrazioni dello Stato; gli enti territoriali (comuni, consorzi tra enti locali, comunità montane, province, regioni, associazioni e enti gestori del demanio collettivo, camere di commercio); le aziende sanitarie e gli enti pubblici istituiti esclusivamente per lo svolgimento di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie; gli enti pubblici non economici; gli istituti previdenziali e assistenziali; le Università ed enti di ricerca; le aziende pubbliche di servizi alla persona (ex IPAB);                                  ·         gli enti privati, cioè gli enti disciplinati dal codice civile (associazioni, fondazioni e comitati) e gli enti disciplinati da specifiche leggi di settore, come, ad esempio: le organizzazioni di volontariato (legge 11 agosto 1991, n. 266); le organizzazioni non governative (legge 26 febbraio 1987, n. 49, art. 5); le associazioni di' promozione sociale (legge 7 dicembre2000, n. 383); le associazioni sportive dilettantistiche (art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289); le fondazioni risultanti dalla trasformazione degli enti autonomi lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate (D.Lgs. 23 aprile 1998, n. 134); le ex IPAB privatizzate (a seguito, da ultimo, dal D.Lgs. 4 maggio 2001, n. 207); gli enti che acquisiscono la qualifica fiscale di Onlus (D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460).   Occorre precisare che nell'ambito degli enti privati non commerciali vanno ricompresi anche gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti secondo le previsioni dell'Accordo modificativo del Concordato Lateranense (legge 25 marzo 1985, n. 121 per la Chiesa cattolica) e delle intese tra lo Stato italiano e le altre confessioni religiose (ad esempio: legge 11 agosto 1984, n. 449, per la Tavola valdese; legge 22 novembre 1988, n. 516, per l'Unione   italiana delle chiese cristiane avventiste del 7 giorno; legge 22 novembre   1988, n. 517, per le Assemblee di Dio in Italia - ADI; legge 8 marzo 1989, n. 101, per le Comunità ebraiche italiane; legge 12 aprile 1995, n. 116, per l'Unione cristiana evangelica battista d'Italia - UCEBI; legge 29 novembre 1995, n. 52 per la Chiesa evangelica luterana d'Italia-CELI).   L'UTILIZZAZIONE DELL'IMMOBILE   L'art. 7, comma 1, lettera i), del D. Lgs. n. 504 del 1992,  riconosce l'esenzione agli immobili "utilizzati" dagli enti non commerciali. L'art. 59, comma 1, lett. c), del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, riconosce ai comuni la possibilità di stabilire con regolamento che l'esenzione in questione "si applica soltanto ai fabbricati ed a condizione che gli stessi, oltre che utilizzati, siano anche posseduti  dall'ente non commerciale utilizzatore". Al riguardo la Corte Costituzionale con le ordinanze n. 429 del 19 dicembre 2006 e n. 19 del 26 gennaio 2007, nel dichiarare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 59, comma 1, lettera c), del D. Lgs. n. 446 del 1997 per violazione degli artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione, ha affermato che detta norma non innova la disciplina dei  requisiti soggettivi richiesti dall'art. 7, comma 1, lettera i), del D. Lgs. n. 504 del 1992, in quanto l'esenzione deve essere riconosciuta solo all'ente non commerciale che, oltre a possedere l'immobile, lo utilizza direttamente per lo svolgimento delle attività ivi elencate. L'art. 59, comma 1, lettera c), pertanto, ha il solo scopo di attribuire ai comuni, in deroga a quanto previsto all'art. 7, comma 1, lettera i), del D. Lgs. n. 504 del 1992, la facoltà di stabilire unicamente che l'esenzione in questione si applichi soltanto ai fabbricati, escludendo dall'agevolazione le aree fabbricabili ed i terreni agricoli IL REQUISITO OGGETTIVO   Affinché venga rispettato il requisito oggettivo richiesto dall'art. 7, comma 1, lettera i) del D. Lgs. n. 504 del 1992, occorre che gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali devono essere in concreto destinati esclusivamente  allo svolgimento delle attività: "              assistenziali;                                                               "              previdenziali;                                                              "              sanitarie;                                                                  "              didattiche;                                                                 "              ricettive;                                                                  "              culturali;                                                                  "              ricreative;                                                                 "              sportive;                                                                    "              indicate dall'art. 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, vale a dire le attività di religione e di culto, che sono "quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi a scopi missionari alla catechesi, all'educazione cristiana".   Ai fini del riconoscimento dell'esenzione la Corte di Cassazione in varie sentenze (Cfr.: sentenze n. 10092 del 13 maggio 2005, n. 10646 del 20 maggio 2005) ha affermato che non rileva l'attivita' indicata nello statuto dell'ente, anche se rientrante tra quelle agevolate, ma l'attivita' effettivamente svolta negli immobili. Infatti, la lettera della norma implica che l'esenzione può essere riconosciuta solo se correlata all'esercizio, effettivo e concreto, nell'immobile di una delle attività indicate nella norma agevolativa. Peraltro, e' opportuno aggiungere che la Corte di Cassazione nella sentenza n.5485 del 29 febbraio 2008, ha sostenuto che "la sussistenza del requisito oggettivo non può essere desunta esclusivamente  sulla base di documenti che attestino a priori il tipo di attività cui l'immobile e' destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un'attivita' commerciale".   Occorre, inoltre, verificare che ogni immobile sia utilizzato totalmente per lo svolgimento delle particolari attività richiamate dalla norma di esenzione. Ciò comporta che l'esenzione non può essere riconosciuta nei casi in cui l'immobile sia destinato, oltre che ad una delle attività agevolate, anche ad altri usi (Cfr. Corte di Cassazione sent. nn. 5747 del 16 marzo 2005 e n. 10092 del 13 maggio 2005).   La norma di esenzione, infatti, e' di stretta interpretazione, per cui, secondo la Suprema Corte, non può essere applicata al di fuori delle ipotesi tipiche e tassative in essa indicate. Pertanto, laddove "sia risultato accertato in fatto che, benché la destinazione sociale dell'ente soggettivamente esente, rientri nel paradigma della norma agevolativa, ma in concreto si associ ad essa attività diversa, non contemplata, l'esenzione non può essere riconosciuta, stante il divieto non solo di applicazione analogica, ma anche d'interpretazione estensiva, posto in riferimento alla legge speciale dall'art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile" (Corte di Cassazione sent n. 10646 del 2005).   Occorre a questo punto soffermarsi sulla disposizione del comma 2-bis dell'art. 7 del d.l. n. 203 del 2005, in base alla quale l'esenzione "si intende applicabile alle attività... che non abbiano esclusivamente natura commerciale". E' necessario innanzitutto sottolineare che un'attivita' o e' commerciale, o non lo e', non essendo possibile individuare una terza categoria di attività.   Pertanto, se non e' possibile individuare attività qualificabili come "non esclusivamente di natura commerciale", si può sostenere che quest'ultimo inciso debba essere riferito solamente alle specifiche modalità di esercizio delle attività in argomento, che consentano di escludere la commercialità allorquando siano assenti gli elementi tipici dell'economia di mercato (quali il lucro soggettivo e la libera concorrenza), ma siano presenti le finalità di solidarietà sociale sottese alla norma di esenzione.   Infatti, la combinazione del requisito soggettivo e di quello oggettivo comporta che le attività svolte negli immobili ai quali deve essere riconosciuta l'esenzione dall'ICI non siano di fatto disponibili sul mercato o che siano svolte per rispondere a bisogni socialmente rilevanti che non sempre sono soddisfatti dalle strutture pubbliche e che sono estranee alla sfera di azione degli operatori privati commerciali. Ciò e' particolarmente evidente per le attività svolte in regime concessorio o in convenzionamento e/o accreditamento con l'ente pubblico, in quanto si tratta di attività inserite in maniera completa ed esclusiva nel servizio pubblico gestito direttamente da un'istituzione pubblica. L'esenzione in esame, infatti, trae la sua giustificazione, da un lato nella "meritevolezza" dei soggetti e delle finalità perseguite, e, dall'altro, nella rilevanza sociale delle attività svolte.

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