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In tema di responsabilità professionale medica, sussiste a carico del ginecologo l'obbligo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti

In tema di responsabilità professionale medica, sussiste a carico del medico - ginecologo l'obbligo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti che a lui si affidano, avendo egli il dovere di assicurare, attraverso i concordati controlli periodici, nonchè interpretando e valorizzando le sintomatologie riferite, o comunque apprese, che la gravidanza possa giungere a compimento senza danni per la madre e per il nascituro. Nella fattispecie, in tema di omicidio colposo, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna di un ginecologo che, in presenza di una riferita infezione da varicella con gravi difficoltà respiratorie, aveva omesso di visitare la paziente e di disporne l' immediato ricovero in ospedale.

Corte di Cassazione, Sezione 4 penale, Sentenza 29 settembre 2016, n. 40703



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHI Luisa - Presidente

Dott. SAVINO Mariapia Gaeta - Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe - rel. Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale - Consigliere

Dott. DELL'UTRI Marco - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 949/2014 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 19/12/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/06/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRASSO GIUSEPPE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ORSI Luigi, il quale ha concluso per l'inammissibilita' dei ricorsi.

Per l'imputato (OMISSIS) e' presente l'Avv. (OMISSIS) da Brescia e per l'imputata (OMISSIS), l'Avv. (OMISSIS) da Brescia. Entrambi i difensori han chiesto annullarsi la sentenza.

RITENUTO IN FATTO

1. In data (OMISSIS) decedeva, presso l'ospedale di (OMISSIS), (OMISSIS), gravida oltre la 25 settimana, ivi giunta in stato di arresto cardiorespiratorio; a causa della morte della madre la gravidanza s'interrompeva prematuramente, con la consequenziale perdita del feto. Effettuata autopsia veniva accertato che la giovane donna era venuta a morte a causa "delle complicanze della varicella ed in particolare della estesa polmonite necrotico emorragica con conseguente insufficienza respiratoria".

Venivano tratti a giudizio (OMISSIS), medico di fiducia, specialista in ginecologia ed ostetricia, e (OMISSIS), medico di base della vittima, per rispondere del reati di cui agli articoli 81, 589 c.p. e L. n. 194 del 1978, articolo 17.

Queste, in sintesi, le incolpazioni loro rispettivamente mosse. Alla (OMISSIS) si rimproverava: a) di non aver prescritto alla paziente, alla 25 settimana di gravidanza, dopo aver saputo, il (OMISSIS), che la nipote, che viveva all'interno dello stesso nucleo familiare, era stata contagiata da infezione da virus herpes-varicella-Zoster, la somministrazione di antivirale nelle 24 ore dalla prima comparsa delle manifestazioni cutanee; b) non aver consigliato uno stretto monitoraggio clinico-strumentale, con assunzione endovenosa d'immunoglobuline e, comunque, d'indirizzare la donna all'osservazione di un infettivologo; c) constatato, qualche giorno dopo, il contagio, per non avere disposto l'immediata ospedalizzazione, o, comunque, un controllo clinico urgente, omettendo anche di visitare la paziente, limitandosi ad avallare la prescrizione dell'antivirale per bocca, prescritto dal medico di famiglia, con posologia inadeguata a fronteggiare la grave infezione, invece che prescrivere farmaco antivirale per endovena, in condizione di ricovero e in dose ben piu' massiccia.

Al (OMISSIS) si rimproverava di aver omesso di visitare la paziente, venuto a conoscenza, il (OMISSIS), della fase acuta della malattia, limitandosi a prescrive l'antivirale, con dosaggio inadeguato alla gravita' del caso ed omettendo il ricovero ospedaliero, che avrebbe consentito trattamento intensivo e polispecialistico.

1.1. La Corte d'appello di Brescia, con sentenza del 19/12/2014, confermo' la sentenza del Tribunale della stessa citta', del 4/12/2013, che aveva giudicato entrambi gli imputati colpevoli dei reati loro ascritti, salvo parziale riforma esclusivamente in ordine al trattamento sanzionatorio. Inoltre, la Corte bresciana dichiarava inammissibili gli appelli delle parti civili, essendo intervenuta revoca della costituzione in corso di causa, e, di conseguenza, revocava le statuizioni civili.

2. Occorre, al fine di rendere agevole la disamina dei ricorsi di cui appresso, delineare, in estrema sintesi e nel rispetto del perimetro del vaglio di legittimita' al quale e' chiamata questa Corte, i termini della vicenda siccome ricostruita dalle due sentenze di merito conformi.

La (OMISSIS) e il di lei marito avevano scelto di affidarsi per far seguire l'andamento della gravidanza alle cure della dott.ssa (OMISSIS), in regime privatistico (questa, infatti, medico ospedaliero, era autorizzata a svolgere anche attivita' professionale per conto proprio); pertanto la paziente, una volta al mese si recava in visita dal predetto medico, il quale, sempre procedendo a consulti molto veloci, constatava, per ecografica, lo sviluppo del feto e prescriveva le analisi che riteneva opportune. Da queste aveva rilevato un anomalo implemento dei globuli bianchi, che aveva attribuito ad una bronchite cronica della quale la donna era portatrice, anche perche' fumatrice. Il (OMISSIS), il medico, saputo della presenza nella stesa casa abitata dalla (OMISSIS) della piccola nipote affetta da varicella, aveva rassicurato i coniugi, escludendo pericoli per il nascituro, poiche' la gravidanza si trovava ben oltre il terzo mese, limitandosi a consigliare alla (OMISSIS) di non tenere contatti fisici con la bambina. Il successivo giorno (OMISSIS) la (OMISSIS) aveva constatato la presenza di una pustola e il giorno dopo, al risveglio s'era accorta che l'intero corpo era punteggiato da lesioni cutanee. Nei giorni seguenti la situazione peggioro' rapidamente, tanto che la donna appariva spossata, febbricitante, e, alla fine, non in grado d'ingoiare cibi solidi e con crescenti difficolta' respiratorie, che erano culminate, la mattina del giorno (OMISSIS) in uno stato d'incoscienza.

Inutilmente in quei giorni la (OMISSIS) e i suoi congiunti avevano tentato di contattare per telefono la ginecologa; cosi', giorno (OMISSIS) la madre della (OMISSIS) interloqui' per telefono con il dott. (OMISSIS) per sapere se la figlia, ammalatasi di varicella, la quale presentava difficolta' di deglutire e respirare, potesse far uso della pomata antivirale prescritta alla bambina. Il medico, che non aveva ben capito chi fosse l'ammalata di varicella, telefono' immediatamente dopo aver chiuso la conversazione e saputo che si trattava non della madre della bambina, bensi' della sorella di costei, che trovavasi in gravidanza, consiglio' di assumere per bocca il farmaco antivirale Zovirax da 400 milligrammi, a condizione che la ginecologa fosse d'accordo. Verso le dieci del mattino di quel giorno stesso la (OMISSIS) rispose al telefono e, dopo che le fu detto che la paziente era affetta da varicella e faticava a respirare, rispose che avrebbe richiamato, in quanto prima voleva verificare dal prontuario se il farmaco fosse compatibile con lo stato di gravidanza; nel pomeriggio telefono' per confermare la prescrizione. Richiamato il medico di famiglia, questi indico' la posologia. Dopo cena la (OMISSIS) assunse una pillola del medicinale. Alle 5 e mezza del giorno successivo venne chiamato il 118 e, come si e' anticipato, la donna giunse in stato di arresto cardiocircolatorio al pronto soccorso.

Le due conformi sentenze affermavano l'evidenza della particolare vulnerabilita' della (OMISSIS), immunodepressa, perche' incinta nell'ultimo trimestre e perche' soggetto fumatore, affetto da bronchite cronica e l'indipendente rilevante condotta colposa dei due professionisti, i quali, ove avessero tenuto il comportamento doveroso omesso, con elevata apprezzabilita' logica, tenuto conto delle emergenze probatorie, avrebbero assicurato il mantenimento in vita della paziente, mediante i trattamenti ospedalieri di sostegno del caso (ventilazione assistita, gestione dei parametri vitali), cosi' da permettere alla fase virulenta dell'infezione di scaricare il proprio effetto, anticipandone la consumazione con l'uso massiccio di antivirali e immunostimolanti, lasciandola in vita.

3. Avverso la sentenza d'appello entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.

4. (OMISSIS), denunziando violazione di legge e vizio motivazionale, espone plurime censure, enucleate all'interno di due distinti motivi di ricorso.

4.1. Con il primo motivo, diretto ad evidenziare l'inosservanza dell'articolo 40 c.p., in relazione alla condotta del giorno (OMISSIS) contestata all'imputata, si evidenzia: non corrispondeva al vero che la medesima avesse avuto notizia quel giorno dell'affezione da varicella della nipote della paziente e la Corte di merito aveva errato nel dare credibilita' alle dichiarazioni del marito, (OMISSIS), il quale, non solo era persona interessata, in quanto costituito parte civile, ma aveva concretamente dimostrato di non essere portatore di verita' (nella prima denunzia presentata l'11/2/2009 costui aveva accusato la ginecologa solo di essere rimasta irraggiungibile per telefono per alcuni giorni; aveva attribuito al dott. (OMISSIS), primario di anatomopatologia, che aveva effettuato l'autopsia, affermazioni mai rese a riguardo della responsabilita' medica per la morte della moglie; si era dimostrata non veritiera la circostanza che il (OMISSIS) avesse piu' volte, ed inutilmente, telefonato presso il poliambulatorio ove era in servizio la ginecologa; aveva dichiarato che la moglie presentava difficolta' respiratorie il (OMISSIS), mentre la madre e la sorella della vittima, sentite il (OMISSIS), avevano riferito solo di un forte prurito); la circostanza allegata dalle parti civili non risultava trascritta sulla cartella della gravidanza, che la dott.ssa (OMISSIS) aggiornava dopo ogni controllo, consegnandola, indi, all'interessata; sulla base dell'evoluzione della malattia, pur ove l'imputata avesse prescritto immunoprofilassi, la somministrazione sarebbe risultata vana, in quanto la presenza delle papule sin dal giorno (OMISSIS) dimostrava che la donna era stata contagiata prima del giorno 2; in ogni caso, alla comparsa delle eruzioni cutanee la (OMISSIS) e i di lei congiunti ben avrebbero potuto rivolgersi ad un presidio ospedaliero. Alle osservazioni sopra riprese, secondo la ricorrente, la Corte di merito aveva dato risposte logicamente incongrue: non poteva ritenersi che la cartella della gravidanza fosse destinata a riportare solo gli eventi riguardanti la donna in gravidanza, essendovi una intera sezione dedicata all'anamnesi familiare; non era congruente liquidare la circostanza che il (OMISSIS), nella denunzia dell'11 febbraio, nonostante fosse quella la sede per riferire tutte le manchevolezze attribuite alla ginecologa, non avesse fatto cenno all'asserita comunicazione del giorno 2 gennaio; il dott. (OMISSIS), al contrario di quanto affermato dal (OMISSIS), aveva espressamente dichiarato al dibattimento: "(...) io gli dissi chiaramente che secondo me non esistevano assolutamente motivi di responsabilita' professionale proprio per(che') in quel periodo non era stata visita da alcuno"; non era logico affermare l'irrilevanza della mancata conferma della circostanza secondo la quale gia' giorno (OMISSIS) la (OMISSIS) e i di lei familiari avevano vanamente telefonato alla (OMISSIS), asserendo che le telefonate potevano essere partite da utenze di cellulari, prospettazione, questa, mai acquisita; parimenti illogico aver affermato la non significativita' del fatto che nella telefonata di giorno (OMISSIS) il (OMISSIS) non si fosse lamentato con la ginecologa per averli erroneamente tranquillizzati il precedente giorno 2; infine, era inconferente collegare causalmente l'evento morte all'addebitata condotta omissiva, poiche' gli interessati avrebbero tranquillamente potuto rivolgersi a presidi sanitari alternativi, che avevano dimostrato di conoscere (il giorno (OMISSIS) avevano parlato con l'ospedale ove prestava servizio l'imputata e il giorno (OMISSIS), con il medico di famiglia).

4.2. Il secondo motivo e' diretto ad evidenziare la violazione degli articoli 40 e 43 c.p., in relazione alla condotta del giorno (OMISSIS) contestata all'imputata.

Alle osservazioni difensive, concernenti piu' profili decisivi, la Corte di merito aveva risposto illogicamente. a) Dalle dichiarazioni rese in fase istruttoria dai congiunti della (OMISSIS), nonche' nella denunzia sporta dal (OMISSIS), non si traeva che nella telefonata intercorsa con il medico di famiglia si era detto a costui di difficolta' respiratorie della (OMISSIS), essendosi esclusivamente evidenziata la presenza dell'insopportabile prurito, tanto da domandare se fosse possibile utilizzare la stessa pomata prescritta alla nipote; a maggior ragione, quindi, non si era fatto cenno di tali difficolta' respiratorie alla ginecologa. La spiegazione fornita dalla Corte di merito, con la quale si chiariva l'omissione col fatto che in quel momento l'accesso pruriginoso appariva agli occhi degli interessati il problema di maggior rilievo, era illogica, oltre a non rendere giustizia delle gia' evidenziate incongruenze dichiarative. b) La Corte di merito aveva illogicamente tratto dalla durata della telefonata con l'imputata (100 secondi) il convincimento irragionevole che a costei fossero state comunicate le difficolta' respiratorie della (OMISSIS); al contrario, la ginecologa era convinta che la situazione fosse sotto controllo, in quanto la paziente era stata visitata dal medico di famiglia, il quale aveva prescritto l'antivirale per bocca; non si era considerato che il mutamento di versione da parte del marito era incompatibile con quanto dal medesimo e dagli altri congiunti dichiarato in epoca prossima al tragico evento. Inoltre, al dibattimento, il consulente del P.M. (dott. (OMISSIS)) non aveva fatto mistero dell'impossibilita di comprendere se alla data del (OMISSIS) la (OMISSIS) presentasse sintomi. c) Si era fatto rilevare nell'atto d'appello che la dott.ssa (OMISSIS), medico ospedaliero, non aveva alcun obbligo giuridico di assistere in ogni momento la (OMISSIS), ne' di essere alla stesa sempre reperibile, ne' di essere tenuta alla cura di malattie non attinenti allo stato di gravidanza. Il giudice d'appello aveva risposto incongruamente evocando gli obblighi nascenti dal rapporto libero-professionale. d) In sede di appello si era osservato che non poteva configurarsi il nesso causale, in quanto la rapidissima evoluzione della polmonite da varicella, che consiste in una forma fulminante, in quel caso sviluppatasi dalle prime ore della sera a quelle della prima mattina, avrebbe avuto comunque esito letale e, pertanto, il giudizio controfattuale riportato in motivazione era privo di fondamento. e) Infine, l'imputata, saputo del farmaco prescritto dal medico di famiglia, aveva fatto affidamento sulla circostanza che la (OMISSIS) fosse assistita e seguita dal medesimo.

5. (OMISSIS) affida a due motivi di censura il suo ricorso.

5.1. Con il primo motivo, denunziante manifesta illogicita' e travisamento della prova testimoniale, si duole del vaglio probatorio concernente la consapevolezza che il dott. (OMISSIS) ebbe la mattina del (OMISSIS), sulla base della telefonata che gli giunse dalla madre della (OMISSIS) ed in particolare, non essendo stato posto in grado di percepire la gravita' dello stato patologico. Non solo sussisteva contrasto fra le varie dichiarazioni, assume il ricorrente, ma, addirittura andava registrato un vero e proprio travisamento in ordine alla deposizione di (OMISSIS) (madre della (OMISSIS)), la quale, alla domanda se la figlia nella serata di domenica 11 presentasse difficolta' di deglutizione, ricordava che cio' era avvenuto dalla sera del giorno successivo. Di conseguenza, al dott. (OMISSIS) non poteva che essere stato riferito solo del fastidioso stato pruriginoso. Proprio per questo, nel convincimento che si trattasse di una sintomatologia ben piu' lieve, si era posto il problema di verificare previamente la compatibilita' dell'antivirale con lo stato di gravidanza.

5.2. Con il secondo motivo, vengono, sotto piu' profili, denunziati violazione di legge e vizio motivazionale.

Nel rispetto dell'accordo collettivo nazionale che regola i rapporti con i medici di famiglia la visita domiciliare, richiesta entro le 10 della mattina, viene effettuata entro le 20 dello stesso giorno, salvo la rappresentazione di situazioni d'urgenza. Nel caso di specie nessuna urgenza venne allegata, neppure nella telefonata delle 17, con la quale il marito era stato informato della posologia, dopo aver riferito al dott. (OMISSIS) del nulla osta da parte della ginecologa. Per la stesa ragione non era ipotizzabile che il medico prescrivesse il ricovero, che sarebbe stato del tutto ingiustificato a fronte del solo fastidio derivante dal prurito. In ogni caso, anche ove si fosse recato sollecitamente al domicilio della (OMISSIS) non sarebbe stato in grado di diagnosticare, con la mera oscultazione, la polmonite. Un tale constatazione si traeva dalle affermazioni degli stessi consulenti del P.M., per i quali "l'esame obiettivo del torace puo' mostrare segni aspecifici quali ronchi e soffi ma talvolta, e' del tutto negativo", con la conseguenza che "la diagnosi di polmonite da varicella e' generalmente posta in presenza di un quadro radiologico suggestivo"; dovendosi, altresi', precisare che la polmonite interstiziale e' di difficile diagnosi. Da cio' derivava che, comunque, dalla condotta contestata come omessa non sarebbe derivato effetto salvifico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

6. I ricorsi vanno disattesi in quanto entrambi infondati. La dinamica dei fatti e la natura delle mosse critiche consiglia esame unitario e complessivo delle doglianze sopra sintetizzate.

Nonostante la diversita' di approccio i due ricorsi, anche attraverso la contestazione della ricostruzione probatoria, pongono in contestazione il rapporto di causalita' e l'addebito colposo.

Pare necessario al Collegio, quindi, ricordare, sia pure per grandi linee, il perimetro dell'intervento di legittimita' avuto riguardo delle censure dirette a criticare la ricostruzione fattuale operata dal giudice del merito e, di necessita', il vaglio probatorio dal medesimo effettuato.

Con la formula, introdotta con la L. n. 46 del 2006, articolo 5, ad integrazione dell'articolo 533 c.p.p., dopo essersi chiarito che cosi' non si era varato un diverso e piu' rigoroso criterio di valutazione della prova, quanto piuttosto proceduto a dare valore normativo alla consolidata affermazione giurisprudenziale secondo la quale la condanna e' possibile solo in presenza di certezza processuale della penale responsabilita' dell'imputato (Cass., Sez. 1, n. 20371 dell'11/5/2006, Rv. 234111), si e' con maggiore puntualita', precisato che il dato probatorio acquisito deve essere tale da lasciar fuori soltanto eventualita' remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura, ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del ben che minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalita' umana (Cass., 1, n. 31456 del 21/5/2008, Rv. 240763). Sicche', in caso di prospettazione di un'alternativa ricostruzione dei fatti, occorre che siano individuati gli elementi di conferma dell'ipotesi ricostruttiva accolta, in modo da far risultare la non razionalita' del dubbio derivante dalla stessa ipotesi alternativa, non potendo detto dubbio fondarsi su un'ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (Cass., 4, n. 30862 del 17/6/2011, Rv. 250903). Con la conseguenza dell'apparire del tutto conseguente l'ulteriore approdo di legittimita' (Cass., 1, n. 41110 del 24/10/2011, Rv. 251507) che ha sintetizzato il principio nella cogenza di un metodo dialettico di verifica dell'ipotesi accusatoria secondo il criterio del "dubbio", con la conseguenza che il giudicante deve effettuare detta verifica in maniera da scongiurare la sussistenza di dubbi interni (l'autocontraddittorieta' o l'incapacita' esplicativa) o esterni (l'esistenza di una ipotesi alternativa dotata di razionalita' e plausibilita' pratica).

In ordine, poi, al percorso motivazionale in questa sede non sarebbe consentito sostituire la motivazione del giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento alternativo apparisse di una qualche plausibilita'.

Sull'argomento puo' richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta dalla sentenza n. 15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimita' sulla motivazione: Il nuovo testo dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilita' per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimita' e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non e' tuttora consentito alla Corte di cassazione di procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il "novum" normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilita' di dedurre in sede di legittimita' il cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioe', quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere a un'inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, puo' prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all'interno della decisione.

Nel caso al vaglio, invero, la Corte di merito non ha omesso di saggiare l'attendibilita' del marito e degli altri congiunti della vittima (pagg. 18 e ss.) con argomenti che non possono in alcun modo giudicarsi illogici o contraddittori, i quali hanno attinto anche a risultanze oggettive (esame traffico telefonico).

7. In ogni caso, anche a voler assecondare la prospettazione difensiva di entrambi i ricorrenti (e, cioe', che la (OMISSIS) non avesse avuto notizia dell'infezione da varicella della nipote della gravida il (OMISSIS) e che al (OMISSIS), la mattina del (OMISSIS), non fosse stato descritto un quadro clinico inquietante) non verrebbe meno la penale responsabilita' dei medesimi.

Invero, la ginecologa quel giorno (OMISSIS), pur negando di aver percepito la severita' dell'affezione, a dispetto della circostanza che il medico di famiglia avesse ritenuto necessario prescrivere farmaco antivirale, non puo' non ammettere di aver saputo che la sua paziente, gravida alla 25 settimana, era affetta da varicella. Patologia questa che, seppure non piu' direttamente pericolosa per il feto, costituiva grave pericolo per la vita stessa della donna. La svolta istruttoria, che ha visto l'apporto di vari professionisti, esperti di settore, ha permesso di appurare che una tale condizione di grave rischio costituisce bagaglio di comune conoscenza medica. Ove si consideri la specializzazione della (OMISSIS) non puo' non giudicarsi grossolanamente negligente la condotta della ginecologa, la quale, accontentasi della prescrizione del medico generico di famiglia, era venuta meno a plurimi doveri. Al contrario di quel che viene assunto in ricorso la (OMISSIS) aveva l'obbligo giuridico di assistere la (OMISSIS) in esecuzione del mandato professionale ricevuto. La circostanza che la medesima svolgesse anche la funzione di medico ospedaliero non poteva considerarsi esimente dell'obbligo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti che a lei si erano affidate stipulando mandato professionale privatistico. Ovviamente, non trattasi, come ipotizza per paradosso la ricorrente, di un dovere di diuturna, ininterrotta assistenza, bensi' del dovere di assicurare, non solo attraverso i concordati controlli periodici, ma interpretando e valorizzando le sintomatologie riferite, o, comunque, apprese, che l'esperienza della gravidanza possa giungere a fisiologico compimento, senza danni per la madre e per il nascituro.

Cio' premesso in punto di diritto non par dubbio alla Corte che l'imputata, ammettendo in tesi di essere venuta a conoscenza solo il giorno (OMISSIS) dell'affezione, non avrebbe dovuto sottovalutare la situazione: la polmonite interstiziale, come il processo ha consentito di acclarare, costituisce per la donna gravida affetta da varicella un evento raro, ma non remoto e tantomeno imprevedibile, specie in considerazione dello stato polmonare della (OMISSIS), noto alla professionista, e la difficolta' di diagnosticare l'intervenuto interessamento polmonare costituisce anch'essa evenienza nota alla scienza medica. Doveroso sarebbe stato, dopo una immediata visita della paziente, indirizzare costei al ricovero ospedaliero. Non costituisce, di certo, ragione di esonero dalla penale responsabilita' la circostanza che il medico di famiglia (il coimputato (OMISSIS)) avesse prescritto una qualche terapia farmacologica (peraltro, come risultato accertato, del tutto inadeguata). Anche ad ancora ammettere, che la (OMISSIS) possa aver erroneamente capito che la (OMISSIS) fosse stata visitata dal medico di famiglia, in nessun caso la medesima poteva considerarsi esonerata dai propri doveri. Nessun affidamento avrebbe dovuto fare, ove si fosse comportata con prudenza e diligenza, ad una tale circostanza, ricadendo proprio su di lei il maggior carico di competenze, trattandosi di specialista. Ne' assume rilievo in senso contrario che la causa ultima della morte derivo' dall'arresto cardiocircolatorio, conseguito al severo interessamento polmonare, trattandosi di un'evenienza connessa allo stato di gravidanza e costituendo ovvio dovere dello specializzato in ostetricia e ginecologia salvaguardare, in primo luogo, la vita della madre, facendo si' che restino assicurati gli interventi in tensivi e plurispecialistici del caso.

E' appena il caso di soggiungere che l'affermazione secondo la quale la paziente ed i di lei congiunti avrebbero potuto rendersi autonomamente conto della urgente necessita' di un simile intervento non e' giuridicamente apprezzabile: l'asserto, infatti, ipotizza assurdamente che il soggetto garantito debba, in caso di omessa prestazione della garanzia da parte dei garanti, garantirsi da solo.

8. Non meno grave risulta la colpa del (OMISSIS).

Anche per lui e' sufficiente sconfessarne le conclusioni partendo dalla ricostruzione fattuale dal medesimo ammessa.

Saputo della patologia della (OMISSIS), della quale conosceva lo stato gravidico e le complessive condizioni polmonari, quali che fossero stati i sintomi riferiti, non avrebbe dovuto sottrarsi all'obbligo d'immediatamente visitare la paziente e, comunque, di prescriverne il ricovero. Proprio il subdolo e rapido aggravamento del quadro clinico avrebbe dovuto imporre l'urgente ricovero ospedaliero, piuttosto che la prescrizione di un farmaco, peraltro in dose blanda, disposta per telefono.

9. Sussiste per entrambi il nesso di causalita', anche in senso psichico.

Ove, infatti, gli imputati, ognuno indipendentemente dalla condotta tenuta dall'altro, avessero dato luogo al comportamento alternativo lecito che da loro ci si attendeva ragionevolmente, e che, tenuto conto della loro qualita' professionale, costoro avrebbero dovuto prevedere come salvifico, l'evento morte, con alto grado di probabilita' logica, sulla base dell'evidenza probatoria, esclusa l'interferenza di fattori processualmente accertati, non si sarebbe verificato. La paziente avrebbe goduto dell'immediato sostegno artificiale alla respirazione, nonche' dei presidi sanitari diretti ad assicurare la cardiocircolazione, d'un imponente trattamento antivirale e di tutti i trattamenti sanitari che il pronto ricovero ospedaliero assicura.

Sul punto la Corte di merito, richiamando testualmente le affermazioni degli specialisti esaminati, ha reso ampia ed esaustiva motivazione. Si legge significativamente a pag. 13. "La donna e' morta in assenza di un intervento intensivistico, altro sarebbe stato se la donna fosse stata ricoverata, intubata e poi fosse morta il (OMISSIS), sicche' si potrebbe ricondurre il decesso al procedere inesorabile di una malattia in stadio ormai troppo avanzato, ma la signora e' morta per la complicanza di una insufficienza respiratoria acuta che era emendabile da questo punto di vista"; ed ancora alla pagina successiva: "(...) la morte non e' avvenuta per la progressione della malattia infettiva, ma per una insufficienza respiratoria acuta che, un grado dignitoso di terapia intensiva, avrebbe potuto ostacolare efficacemente. Con elevatissimo grado di certezza la morte della paziente, in presenza di intubazione, sostegno cardiocircolatorio ecc., stabilizzazione emodinamica e vi dicendo, non sarebbe avvenuta in quel momento".

La contraria opinione espressa dai ricorrenti, sia pure ricorrendo ad argomenti non sovrapponibili, non ha fondamento processuale, ma trae la sua forza congetturale da una mera ipotesi priva di riscontri: che la broncopolmonite interstiziale non fosse diagnosticabile e avesse sviluppo inarrestabilmente repentino e fatale. Il dibattimento aveva, per contro, consentito di accertare che l'esito nefasto si sarebbe potuto scongiurare anche provvedendo, come si e' visto, nella peggiore delle ipotesi, ad un ricovero nella giornata del (OMISSIS), quando ancora le condizioni vitali della paziente erano assicurate. La tempestiva diagnosi dell'interessamento polmonare non assume il rilievo che gli assegnano i ricorsi: ove i due medici si fossero attenuti alla regola prudenziale il cui rispetto era lecito attendersi da loro, non sarebbe occorso accertare la conclamata presenza dell'aggressione virale all'apparato polmonare, in quanto sulla sola base del rischio concreto, tenuto conto della condizione di gravidanza avanzata e pregressa situazione polmonare, la paziente avrebbe dovuta essere curata in ambiente ospedaliero.

Quanto allo specifico territorio del nesso causale nella colpa medica questa Corte ha gia' condivisamente chiarito che in tema di reato colposo omissivo improprio, la prova del nesso di causalita' tra la condotta omissiva e l'evento deve fondarsi sul criterio della probabilita' logica e non di quella statistica, sicche' e' da escludere che il suo riconoscimento postuli, in ogni caso, l'accertata operativita' di leggi scientifiche universali o di leggi statistiche che esprimano un coefficiente prossimo alla certezza, dovendosi piuttosto fare riferimento al ragionamento inferenziale evocato in tema di prova indiziaria dall'articolo 192 c.p.p., comma 2, oltre che alla regola generale in tema di valutazione della prova di cui al comma 1 del cit. articolo ed alla ulteriore regola della ponderazione delle ipotesi antagoniste, prevista dall'articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e): cio' in vista dell'individuazione, con elevato grado di credibilita' razionale e previa esclusione dell'efficienza causale di alternativi meccanismi eziologici, della condizione necessaria dell'evento e non di quella meramente sufficiente alla sua produzione (Cass., Sez. 4, n. 17523 del 26/3/2008). In sede di Sezioni Unite (n. 38334 del 24/4/2014, dep. 18/9/2014, Rv. 261103) si e', poi, piu' di recente, ulteriormente spiegato che nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalita' tra omissione ed evento non puo' ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilita' statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilita' logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarita' del caso concreto. Portandosi, cosi', ad ulteriore affinazione il principio espresso, sempre a s.u., con la nota sentenza n. 30328 del 10/7/2002, dep. 11/9/2002, Rv. 222138, che ebbe a mettere a fuoco il cd. giudizio di controfattualita'.

10. in ragione dell'epilogo entrambi i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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