Il valore della quota si riferisce a tutti i beni, anche se non specificati nella domanda

Se l'articolo 2254 c.c. prevede anche per la societa' semplice (e per i tipi sociali retti dalle norme della societa' semplice) il conferimento di beni in proprieta'; se quindi la societa', a seguito del conferimento di quel tipo, si qualifica come soggetto di diritto in quanto titolare dei diritti reali sui beni conferiti, in una forma di trasferimento del diritto reale non integrante vendita, ma richiedente pur sempre la forma dell'alienazione, quando oggetto di conferimento sia un immobile, secondo le sentenze di questa Corte citate; se infine l'intestazione dei beni immobili conferiti alla societa' trova la disciplina correlata, sul piano della pubblicita' immobiliare, nell'articolo 2659 c.c., come riformulato con la Legge 27 febbraio 1985, n. 52; se tutto cio' e' vero e trova nella disciplina normativa specifica previsione, deve altresi' dedursi che in mancanza di atto formale (come nella specie e' indicato dalla sentenza della Corte del merito e non contestato dalle parti), non vi e' conferimento in proprieta' di beni immobili, per i quali puo' parlarsi solo del conferimento del valore d'uso. I beni immobili, quindi, non formalmente conferiti, o comunque non formalmente acquisiti, non fanno parte in quanto tali del patrimonio della impresa collettiva e ad essi, in fase di liquidazione ex articolo 2289 c.c., non puo' ragguagliarsi il valore della quota, che e' quota del patrimonio sociale in base "alla situazione patrimoniale della societa' nel giorno in cui si verifica lo scioglimento" (articolo 2289 c.c., comma 2). La liquidazione della quota, pertanto, se vi sia valido conferimento del valore d'uso, dovra' essere ragguagliata a quest'ultima entita', mentre l'acquisizione di quota del patrimonio immobiliare, non attinendo alla liquidazione di quota, potra' essere oggetto di un'ordinaria azione di divisione, salva restando la questione, in questo giudizio non affiorata, se la divisione comporti, o no, l'indisponibilita' del bene finche' duri il vincolo di destinazione derivante dal conferimento del valore d'uso nella societa'" (Cass. 027/93).

Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 4 dicembre 2012, n. 21754



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME' Giuseppe - Presidente

Dott. DI PALMA Salvatore - Consigliere

Dott. RAGONESI Vittorio - rel. Consigliere

Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere

Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9463-2011 proposto da:

(OMISSIS) ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avv. (OMISSIS), rappresentati e difesi dall'avv. (OMISSIS), giusta mandato a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrenti e ricorrenti incidentali -

- ricorrenti incidentali -

avverso la sentenza n. 196/2010 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA del 2.12.09, depositata il 03/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2012 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito per il ricorrente l'Avvocato (OMISSIS) (per delega avv. (OMISSIS)) che si riporta agli scritti.

E' presente l'Avvocato Generale in persona del Dott. (OMISSIS) che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

FATTO E DIRITTO

La Corte rilevato che sul ricorso n. 9463/11 proposto da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) il consigliere relatore ha depositato la relazione che segue:

il relatore Cons. Ragonesi, letti gli atti depositati.

osserva:

Con sentenza n. 1738/02, il Tribunale di Teramo, in parziale accoglimento della domanda proposta di (OMISSIS), condanno' (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido tra loro, a corrispondere all'attore,a titolo di liquidazione della quota a quest'ultimo spettante (1/3) nella societa' di fatto costituita tra le parti, la complessiva somma di euro 270.918,82 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma via via rivalutata a decorrere dal mese di aprile 1986, rigettando ogni ulteriore domanda e compensando per meta' del spese di lite.

Avverso la suindicata sentenza proponevano appello (OMISSIS) e (OMISSIS) lamentando la erronea valutazione da parte del primo giudice delle risultanze istruttorie sia con riferimento alla pretesa sussistenza di una societa' di fatto tra i tre fratelli, circostanza peraltro sempre contestata dai convenuti, sia con riferimento all'esatta quantificazione del valore della quota sociale liquidata in favore dell'appellato, chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, il rigetto della domanda, e, in subordine, anche previa prova per testi e rinnovo della CTU, rideterminazione del valore della quota spettante a (OMISSIS). Espletata una consulenza tecnico-contabile, la Corte d'appello de L'Aquila, con sentenza depositata il 3.3.10, in parziale accoglimento del gravame, rideterminava il valore della quota spettante all'appellato in euro 76.475,00 gia' rivalutato e maggiorato degli interessi fino al gennaio 2007, salvo ulteriori interessi da tale ultima data al soddisfo.

Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione (OMISSIS) sulla base di tre articolati motivi cui resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno proposto altresi' ricorso incidentale.

Con il primo motivo il ricorrente si duole del fatto che la Corte d'appello, nel determinare il valore della quota sociale, non abbia tenuto conto del valore dei terreni agricoli dati in uso alla societa' contestando, in particolare, che la Corte d'appello abbia ritenuto che sul punto non vi fosse stata domanda essendo questa limitata nell'atto di citazione alle sole attrezzature e mezzi agricoli nonche' alle autovetture.

Il motivo appare fondato.

Va rammentato in linea di principio che questa Corte ha gia' affermato che "se l'articolo 2254 c.c. prevede anche per la societa' semplice (e per i tipi sociali retti dalle norme della societa' semplice) il conferimento di beni in proprieta'; se quindi la societa', a seguito del conferimento di quel tipo, si qualifica come soggetto di diritto in quanto titolare dei diritti reali sui beni conferiti, in una forma di trasferimento del diritto reale non integrante vendita, ma richiedente pur sempre la forma dell'alienazione, quando oggetto di conferimento sia un immobile, secondo le sentenze di questa Corte citate; se infine l'intestazione dei beni immobili conferiti alla societa' trova la disciplina correlata, sul piano della pubblicita' immobiliare, nell'articolo 2659 c.c., come riformulato con la Legge 27 febbraio 1985, n. 52; se tutto cio' e' vero e trova nella disciplina normativa specifica previsione, deve altresi' dedursi che in mancanza di atto formale (come nella specie e' indicato dalla sentenza della Corte del merito e non contestato dalle parti), non vi e' conferimento in proprieta' di beni immobili, per i quali puo' parlarsi solo del conferimento del valore d'uso. I beni immobili, quindi, non formalmente conferiti, o comunque non formalmente acquisiti, non fanno parte in quanto tali del patrimonio della impresa collettiva e ad essi, in fase di liquidazione ex articolo 2289 c.c., non puo' ragguagliarsi il valore della quota, che e' quota del patrimonio sociale in base "alla situazione patrimoniale della societa' nel giorno in cui si verifica lo scioglimento" (articolo 2289 c.c., comma 2). La liquidazione della quota, pertanto, se vi sia valido conferimento del valore d'uso, dovra' essere ragguagliata a quest'ultima entita', mentre l'acquisizione di quota del patrimonio immobiliare, non attinendo alla liquidazione di quota, potra' essere oggetto di un'ordinaria azione di divisione, salva restando la questione, in questo giudizio non affiorata, se la divisione comporti, o no, l'indisponibilita' del bene finche' duri il vincolo di destinazione derivante dal conferimento del valore d'uso nella societa'" (Cass. 027/93).

Nel caso di specie e' pacifico che non vi fu conferimento in proprieta' degli immobili, quindi nella liquidazione della quota sociale si sarebbe dovuto tenere conto del valore d'uso.

Chiarito quanto sopra si osserva che, come evidenziato, la Corte d'appello ha ritenuto che il valore del conferimento in uso dei terreni agricoli non sarebbe stato compreso nella domanda in quanto nella citazione si faceva riferimento solo al valore delle attrezzature e delle macchine. Tale decisione non sembra condivisibile.

Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio che il giudice di merito, nell'indagine diretta all'individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non e' tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali le domande medesime risultino contenute, dovendo, per converso, aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, siccome desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante (Cass. 19331/07, 23794/11).

Nel caso di specie, nelle conclusioni dell'atto di citazione era espressamente richiesto di "condannare i convenuti in solido ... al pagamento in favore dell'attore della somma corrispondente alla sua quota (pari ad 1/3); condannare solidalmente i convenuti, previo accertamento della sua quota di partecipazione alla societa' a pagare la somma corrispondente al valore della quota".

La Corte di merito avrebbe dovuto dunque tenere conto che le conclusioni si riferivano alla condanna dell'intera quota senza esclusione alcuna.

Si osserva ulteriormente che, come risulta dallo stesso controricorso, sulla determinazione del valore degli immobili si era instaurata attivita' istruttoria, essendo lo stesso stato oggetto di CTU, nonche' ampio contraddittorio processuale avendo i resistenti, oltre a contestare l'esistenza di domanda sul punto, sostenuto che, in ogni caso, il valore degli immobili doveva essere rapportato al valore d'uso.

Non sembra di conseguenza potersi escludere che la domanda sia stata proposta e che su di essa si sia instaurato adeguato contraddittorio e che la stessa abbia costituito oggetto del giudizio.

La fondatezza del primo motivo comportando una rivalutazione ed una rideterminazione del valore dell'intera quota del ricorrente determina l'assorbimento dei restanti due motivi del ricorso principale nonche' del ricorso incidentale.

Il ricorso puo' pertanto essere trattato in camera di consiglio ricorrendo i requisiti di cui all'articolo 375 c.p.c..

P.Q.M.

Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di Consiglio.

Roma, 28.8.12.

Il Cons. rel..

Vista la memoria dei resistenti;

Considerato:

che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra;

che pertanto il ricorso va accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per le spese alla Corte d'appello de L'Aquila in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello de L'Aquila in diversa composizione.

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