Si ha concorrenza sleale ogni qualvolta in cui vi sia il pericolo di confusione sulla denominazione di una società

Ai fini della tutela della ditta o della denominazione sociale accordata dagli articoli 2564 e 2567 c.c., quando si deduca il pericolo di confusione per l'uso fattone da altro imprenditore, cosi' come ai fini della tutela ex articolo 2598 n. 1 c.c. quando tale uso integri altresi' concorrenza sleale, e' sufficiente che si verifichi una situazione potenzialmente pregiudizievole e cioe' la virtuale possibilita' di confusione tra le ditte e le denominazioni sociali di due imprenditori, ovvero la astratta idoneita' del comportamento tenuto dalla ditta o societa' concorrente ad incidere negativamente sul profitto che l'imprenditore si propone di ottenere attraverso l'esercizio dell'impresa" (Cass., sez. 1 , 15 dicembre 1994, n. 10728, m. 489210).

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 29 maggio 2015, n. 11224



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato - Presidente

Dott. NAPPI Aniello - Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) e (OMISSIS), domiciliati in (OMISSIS), presso l'avv. (OMISSIS), rappresentati e difesi dall'avv. (OMISSIS), come da mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

Curatela del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., domiciliata in (OMISSIS), presso l'avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avv. (OMISSIS), come da procura speciale per Notaio Dott.ssa (OMISSIS) di (OMISSIS) - Rep.n. 278 del 25 aprile 2015;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 41/2008 della Corte d'appello di Roma, depositata il 7 gennaio 2008 Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;

uditi i difensori, avv. (OMISSIS) per i ricorrenti e avv. (OMISSIS) per il resistente;

Udite le conclusioni del P.M., Dott. DEL CORE Sergio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Roma ha confermato la condanna della (OMISSIS) s.r.l. e dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento in favore della (OMISSIS) s.r.l., successivamente dichiarata fallita, della somma di euro 77.468,53 a titolo di risarcimento danni da concorrenza sleale.

Risulta dalla sentenza impugnata che (OMISSIS), amministratrice della (OMISSIS) s.r.l. fino all'ottobre del 1994, nel luglio dello stesso anno aveva costituito con il marito (OMISSIS) una s.r.l. denominata (OMISSIS), subentrando nel rapporto con l'importante cliente IAL Cisl Lazio e con alcuni dipendenti e collaboratori della (OMISSIS) s.r.l. Hanno dunque ritenuto i giudici del merito che sia la (OMISSIS) s.r.l. sia i suoi soci (OMISSIS) e (OMISSIS) dovessero rispondere di concorrenza sleale, attesa la confondibilita' delle denominazioni sociali; e hanno determinato la misura del danno in ragione di tre presumibili annualita' del rapporto con lo IAL Cisl, che assicurava un fatturato annuo di circa centocinquanta milioni di lire.

Contro la sentenza d'appello hanno proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.r.l. e i soci dichiarati corresponsabili, proponendo quattro motivi d'impugnazione, cui resiste con controricorso la Curatela del fallimento della (OMISSIS) s.r.l..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli articoli2598 e 2600 c.c..

Sostengono che erroneamente i giudici del merito hanno riconosciuto la responsabilita' concorrente dei terzi non imprenditori (OMISSIS) e (OMISSIS), senza accertarne il dolo o almeno la colpa e in mancanza di un rapporto di concorrenzialita', atteso il diverso oggetto delle due societa'.

Analoga censura viene mossa alla decisione impugnata con il terzo motivo del ricorso, lamentandone vizi di motivazione in ordine alla ritenuta identita' di oggetto e attivita' tra le due societa' Premesso che e' indiscussa nella giurisprudenza di questa corte la corresponsabilita' del terzo che "agisca per conto di un concorrente del danneggiato, o comunque in collegamento con lo stesso" (Cass., sez. 2 , 6 giugno 2012, n. 9117, m. 622656, Cass., sez. 1 , 8 settembre 2003, n. 13071, m. 566623, Cass., sez. 1 , 11 aprile 2001, n. 5375, m. 545827).

I due motivi sono entrambi manifestamente infondati.

Quanto alla dedotta carenza di accertamento dello stato soggettivo dei soci della (OMISSIS) s.r.l., i giudici del merito hanno plausibilmente ritenuto che " (OMISSIS) e (OMISSIS) abbiano specificamente voluto dare vita ad un diverso soggetto che venisse, di fatto, a sostituirsi alla societa' attrice nell'espletamento degli incarichi che potevano provenire dallo IAL-CISL, avvalendosi dei ruoli assunto nell'ambito dell'attrice e ritraendo un vantaggio diretto da tale operazione".

Quanto alla dedotta diversita' di oggetto e attivita' sociale tra (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l., risulta dallo stesso ricorso che il campo di attivita' delle due societa' era identico, benche' in uno statuto si parlasse di "formazione" e nell'altro di "addestramento" all'informatica, tanto che una societa' sostitui' l'altra nelle prestazioni formative per lo IAL Cisl. E cio' che rileva e' in definitiva l'attivita' effettivamente esercitata.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono vizi di motivazione della decisione impugnata in ordine alla capacita' individualizzante della denominazione (OMISSIS).

Sostengono che la denominazione " (OMISSIS)" trae origine da un acronimo, "informatica distribuita", diffusamente impiegato sia in Italia sia in Europa. Sicche' i giudici del merito avrebbero dovuto argomentare piu' approfonditamente la comparazione tra le due denominazioni sociali.

Il motivo e' manifestamente infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, "ai fini della tutela della ditta o della denominazione sociale accordata dagli articoli2564 e 2567 c.c., quando si deduca il pericolo di confusione per l'uso fattone da altro imprenditore, cosi' come ai fini della tutela ex articolo 2598 n. 1 c.c. quando tale uso integri altresi' concorrenza sleale, e' sufficiente che si verifichi una situazione potenzialmente pregiudizievole e cioe' la virtuale possibilita' di confusione tra le ditte e le denominazioni sociali di due imprenditori, ovvero la astratta idoneita' del comportamento tenuto dalla ditta o societa' concorrente ad incidere negativamente sul profitto che l'imprenditore si propone di ottenere attraverso l'esercizio dell'impresa" (Cass., sez. 1 , 15 dicembre 1994, n. 10728, m. 489210).

Nel caso in esame i giudici del merito hanno ritenuto che tale confondibilita' risulti accertata non solo per il comune uso della denominazione " (OMISSIS)", essendo irrilevante l'aggiunta della parola "Italia", ma anche per la concreta attivita' svolta dai ricorrenti appunto allo scopo "di ingenerare nella clientela l'idea di una sostanziale continuita' delle prestazioni offerte dall'attrice" (OMISSIS) s.r.l. Ed e' indiscusso nella giurisprudenza di questa corte che un tale accertamento, effettuato in concreto sulla base di una valutazione sia dei segni distintivi utilizzati sia del contesto dell'utilizzazione, e' espressione di un giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimita' (Cass., 7 sez. 1 , 28 febbraio 2006, n. 4405, m. 589976,Cass., sez. 1 , 28 gennaio 2010, n. 1906, m. 611399).

3. Con il quarto motivo i ricorrenti deducono vizi di motivazione della decisione impugnata in ordine alla quantificazione del danno, arbitrariamente determinata sulla base di tre annualita' del rapporto con lo IAL Cisl.

Ribadiscono che la (OMISSIS) s.r.l. ha cessato l'attivita' prima del decorso del triennio ipotizzato, sicche' la determinazione del danno non puo' essere riferita a epoca successiva, senza neppure la certezza circa il fatturato relativo al rapporto con lo IAL Cisl.

Il motivo e' manifestamente infondato. Secondo la giurisprudenza di questa corte, il danno cagionato dal compimento di atti di concorrenza sleale va liquidato secondo i principi generali che regolano il risarcimento da fatto illecito, anche per quanto attiene all'ammissibilita' e ai presupposti della liquidazione equitativa (Cass., sez. 1 , 26 marzo 2009, n. 7306, m. 607289, Cass., sez. 1 , 16 gennaio 2013, n. 1000, m. 625135). Nel caso in esame i giudici del merito hanno ritenuto che il danno possa essere liquidato in ragione della redditivita' presumibile in un triennio di attivita' per conto dello IAL Cisl, principale cliente della societa' poi fallita, cui assicurava un fatturato annuo di centocinquanta milioni di lire, nel presupposto che il comportamento degli attuali ricorrenti abbia concorso a cagionarne il fallimento. Questa valutazione, del tutto plausibile, e' incensurabile, perche' "la valutazione equitativa del danno, in quanto inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di approssimativita', e' suscettibile di rilievi in sede di legittimita', sotto il profilo del vizio della motivazione, solo se difetti totalmente la giustificazione che quella statuizione sorregge, o macroscopicamente si discosti dai dati di comune esperienza, o sia radicalmente contraddittoria" (Cass., sez. L, 19 maggio 2010, n. 12318, m. 613621). Sicche' "l'esercizio in concreto del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno in via equitativa, nonche' l'accertamento del relativo presupposto, costituito dall'impossibilita' o dalla rilevante difficolta' di precisare il danno nel suo esatto ammontare, sono il frutto un giudizio di fatto, non sindacabile in sede di legittimita' se correttamente motivato" (Cass., sez. 1 , 14 ottobre 2013, n. 23233, m. 628452).

Si deve pertanto concludere con il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al rimborso delle spese in favore della curatela resistente, liquidandole in complessivi euro 7.200,00 di cui euro 7.000,00, per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.
 

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