Il diritto di superficie
Il diritto di superficie è il primo diritto reale di godimento su cosa
altrui regolato dal nostro Codice Civile e definito dal combinato disposto
degli artt. 952 e 954 c. c. come il diritto di fare e di mantenere una
costruzione al di sopra o al di sotto del suolo di proprietà altrui.
Tale nozione di diritto di superficie, peraltro, non deve essere confusa con
quella di proprietà superficiaria, la cui titolarità deriva
dall'acquisto di una costruzione già ultimata e sorta su un terreno
rimasto di proprietà altrui.
Le due situazioni, dunque, possono coesistere in capo al medesimo soggetto, il
quale, in quanto acquirente di un edificio già costruito, diviene
titolare sia del diritto di superficie, volto a consentirgli di riedificare in
caso di perimento dell'immobile, sia della proprietà superficiaria della
costruzione, di cui può pertanto disporre in modo pieno ed esclusivo.
Il diritto di superficie può sorgere in via convenzionale o per
usucapione.
Nella maggior parte dei casi, infatti, il diritto di superficie viene ad
esistenza a seguito della stipula di un contratto ad effetti reali, che
cioè produce in modo immediato e diretto la costituzione del diritto
sulla cosa, avente forma scritta a pena di nullità, oppure
successivamente alla pubblicazione di un testamento che contenga una
disposizione in tal senso.
Si diventa altresì titolari di un diritto di superficie allorché
per almeno venti anni si sia esercitato sul suolo altrui un possesso conforme
al contenuto del diritto in oggetto. Frequente nella prassi è il ricorso
allo schema del diritto di superficie qualora si voglia concedere a privati il
diritto di edificare su un suolo pubblico; in tal caso, peraltro, la Pubblica
Amministrazione impone ai superficiari ulteriori vincoli e limitazioni nel
superiore interesse della collettività, cosicché il mancato
rispetto di detti limiti comporta la decadenza dal diritto di superficie.
Il titolare di un diritto di superficie può altresì costituire
un'ipoteca sul bene oggetto del suo diritto; al proprietario superficiario, di
contro, è consentito anche costituire sul bene un diritto di
servitù o di abitazione.
A tal punto è necessario soffermarsi sulla sorte del diritto d'ipoteca e
degli altri diritti reali costituiti dal superficiario. Qualora il diritto di
superficie si estingua per scadenza del termine originariamente previsto,
ciò comporta anche l'estinzione dell'ipoteca; allorché, invece,
il diritto di superficie venga meno per una causa diversa, l'ipoteca continua a
gravare separatamente sulla costruzione. Analoghi principi si applicano con
riferimento alla sorte dei diritti reali di godimento.
Prendiamo ora in esame le cause di possibile estinzione del diritto di
superficie. Esse possono distinguersi a seconda che presentino natura
convenzionale, producano la conseguenza della consolidazione in capo allo
stesso soggetto della proprietà del suolo e del diritto di superficie
ovvero consistano nella prescrizione per non uso ventennale. Un'ipotesi
particolare, peraltro, si configura a seguito della mancata osservanza da parte
dei privati delle norme dettate dalla pubblica autorità per l'esercizio
dello ius ad aedificandum ( c. d. decadenza).
Il Codice civile, inoltre, non prevede il residuare di alcun effetto
obbligatorio successivamente all'estinzione del diritto di superficie.
Il diritto di enfiteusi
Il diritto di enfiteusi, retaggio dell'epoca del feudalesimo, ha trovato
regolamentazione nel codice civile del 1942 agli articoli 957-977 al fine di
incentivare la produttività delle terre grazie all'attività degli
agricoltori.
La posizione dell'enfiteuta è sostanzialmente equiparata a quella del
proprietario, di cui vengono mutuate le facoltà, fatta eccezione per due
obblighi specifici che connotano la figura dell'enfiteuta: l'obbligo di
miglioramento del fondo ottenuto in concessione e l'obbligo di pagamento di un
canone periodico al dominus. Il legislatore ha dunque previsto una scissione
tra la titolarità giuridica del diritto e l'esercizio delle
facoltà connesse al godimento.
Ciò detto, il diritto di enfiteusi può sorgere attraverso la
stipula di atti di autonomia privata, che, avendo ad oggetto beni immobili, per
lo più di destinazione agricola, richiedono la forma scritta a pena di
nullità; in forza di provvedimenti amministrativi; per usucapione.
Per quel che riguarda la posizione del proprietario-concedente, essa può
essere sintetizzata in un quadro di diritti e di obblighi essenziali: a) il
diritto al miglioramento del fondo, che, nel silenzio del patto intercorso tra
privati, può consistere anche in un mutamento della destinazione
economica dell'immobile e deve comunque essere considerato anche alla luce
delle capacità lavorative dell'enfiteuta; b) il diritto di credito al
canone periodico; c) il diritto di chiedere la ricognizione dell'enfiteusi,
mediante una dichiarazione resa dall'enfiteuta e volta ad interrompere il
periodo di possesso del bene valido ai fini dell'usucapione; d) il diritto di
devoluzione, in caso di inadempimento degli obblighi previsti dalla legge da
parte dell'enfiteuta, il quale, pertanto, non migliora o deteriora il fondo
oppure non versa almeno due annualità di canone; e) il diritto di
ritenzione delle addizioni poste in essere dall'enfiteuta.
L'obbligo principale del dominus deve invece essere individuato nell'obbligo di
rimborsare all'enfiteuta il valore dei miglioramenti apportati sul
fondo.
I diritti dell'enfiteuta, d'altro canto, vanno ricercati nel diritto di
affrancazione, cosicché il concessionario possa acquistare la piena
proprietà del fondo versando al concedente una somma attualmente pari a
quindici volte l'ammontare del canone, nel diritto di credito al rimborso del
maggior valore dato al fondo grazie alla propria opera, nonché nel
diritto di ritenzione delle addizioni unite al terreno qualora il loro valore
non gli venga rimborsato dal proprietario.Degli obblighi dell'enfiteuta
già si è detto.
Da ultimo, l'estinzione del diritto di enfiteusi può avvenire per una
serie di motivi: per scadenza del termine finale eventualmente apposto, termine
che comunque non può essere inferiore a venti anni (la giurisprudenza di
legittimità fin dal 1945 ha affermato che, nel silenzio del titolo, si
presume la perpetuità dell'enfiteusi); per la devoluzione esercitata dal
concedente, che pertanto riunisce in sé la titolarità del diritto
e l'esercizio delle facoltà ad esso connesse; in virtù del
diritto di affrancazione esercitato dall'enfiteuta; per il perimento integrale
del fondo, che fa venir meno l'oggetto stesso del diritto, nonché per il
non uso del diritto di enfiteusi protratto per venti anni.
La giurisprudenza della Suprema Corte, peraltro, ha avuto modo di esaminare
un'ampia casistica di ipotesi che possono condurre all'estinzione del diritto
di enfiteusi: in un'occasione ha dunque chiarito che non si ha perimento totale
del fondo nel caso in cui sia possibile un'altra destinazione, ancorché
meno produttiva; successivamente ha inoltre precisato che non è
equiparabile al perimento totale neppure l'acquisto del carattere edificatorio
di un terreno in precedenza rustico.