L'appaltatore è responsabile per i vizi dell'opera dovuti ad errori del progetto

L'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 28 gennaio 2015, n. 1585



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo - Presidente

Dott. MIGLIUCCI Emilio - Consigliere

Dott. MATERA Lina - Consigliere

Dott. PROTO Cesare Antonio - Consigliere

Dott. ABETE Luigi - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17337/2009 R.G. proposto da:

(OMISSIS) s.r.l. - p.i.v.a. (OMISSIS) - in persona del legale rappresentate pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) che congiuntamente e disgiuntamente all'avvocato (OMISSIS), la rappresenta e difende in virtu' di procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) s.r.l. (OMISSIS) (gia' " (OMISSIS)" s.p.a.), in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa in virtu' di procura speciale in calce al controricorso dall'avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS);

- controricorrente - ricorrente incidentale -

Avverso la sentenza n. 780 dei 19.5/11.6.2009 della corte d'appello di Firenze;

Udita la relazione della causa svolta all'udienza pubblica dell'8 ottobre 2014 dal consigliere Dott. Luigi Abete;

Udito l'avvocato (OMISSIS) per la ricorrente " (OMISSIS)" s.r.l.;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto n. 167/1998 il presidente del tribunale di Pistoia ingiungeva alla " (OMISSIS)" s.r.l. di pagare alla ricorrente " (OMISSIS)" s.p.a. la somma di lire 183.640.356 oltre interessi, quale saldo - al netto degli acconti, per complessive lire 90.000.000, versati - dell'importo delle fatture n. (OMISSIS) (di lire 218.895.084, i.v.a. compresa), n. (OMISSIS) (di lire 29.912.344, i.v.a. compresa) e n. (OMISSIS) (di lire 24.832.928, i.v.a. compresa), costituente il corrispettivo dei lavori alla ricorrente dall'ingiunta affidati in appalto.

Con atto di citazione notificato in data 1.10.1998 la " (OMISSIS)" s.r.l. proponeva opposizione.

Chiedeva revocarsi l'opposta ingiunzione ed - in dipendenza dell'effettivo quantum dei lavori eseguiti e dell'ammontare dei danni ascrivibili all'appaltatrice - acclararsi l'ammontare della propria esposizione debitoria nella minor misura di lire 52.774.894 - poi indicata pari, con memoria ex articolo 183 c.p.c., alla maggior somma di lire 57.937.642 - di cui formulava formale offerta.

Costituitasi, la " (OMISSIS)" instava per il rigetto dell'opposizione; deduceva che "le opere erano state tempestivamente ultimate, accettate dalla committente e mai contestate" (cosi' controricorso, pag. 2).

Ammesse ed assunte le prove all'uopo invocate, disposta ed espletata c.t.u., disposto supplemento di consulenza, pronunciata su istanza dell'opposta ordinanza ingiunzione ex articolo 186 bis c.p.c., in danno dell'opponente per l'importo non contestato di lire 57.937.642 oltre interessi, con sentenza n. 419/2005 il tribunale di Pistoia dichiarava l'appaltatrice " (OMISSIS)" inadempiente all'impegno contrattuale assunto, revocava l'ingiunzione e rigettava la domanda - volta a conseguire il pagamento della minor somma al netto dell'importo di cui all'ordinanza ex articolo 186 bis c.p.c. - dalla medesima opposta spiegata, condannandola alla rifusione delle spese di lite ed a farsi carico delle spese di c.t.u..

Interponeva appello " (OMISSIS)" s.p.a..

Resisteva " (OMISSIS)" s.r.l..

Con sentenza n. 780 del 19.5/11.6.2009 la corte d'appello di Firenze, in parziale riforma della gravata statuizione, condannava l'appellata " (OMISSIS)" a pagare all'appellante " (OMISSIS)" la somma di euro 37.613,58, con interessi dal 3.8.1998 al saldo; compensava fino a concorrenza di 1/2 le spese di ambedue i gradi e condannava l'appellata a rimborsare il residuo mezzo al difensore anticipatario dell'appellante; poneva a carico di ciascuna parte la meta' delle spese di c.t.u..

Esplicitava la corte distrettuale che il consulente d'ufficio aveva quantificato i lavori eseguiti dalla " (OMISSIS)" in lire 192.196.932, da cui andava detratto l'importo di lire 8.224.000, pari al costo necessario per l'eliminazione dei vizi riscontrati; che il c.t.u. aveva altresi' computato in lire 41.633.000 il costo da sostenere "per la realizzazione di una ulteriore scala metallica esterna, a suo dire, necessaria, per essere quella realizzata non conforme alle norme di prevenzione incendi" (cosi' sentenza d'appello, pag. 4); che l'appellante aveva rilevato che tale preteso "vizio" era stato dedotto per la prima volta dal committente all'udienza dell'8.10.2002 e, quindi, tardivamente; che il rilievo era del tutto corretto, "in quanto le doglianze della (OMISSIS) circa il vano scale con funzione di via di esodo compaiono per la prima volta in un foglio di deduzioni allegato al verbale di udienza 8/10/2002 e quindi sono tardive" (cosi' sentenza d'appello, pag. 4); che, dunque, l'appaltatrice aveva maturato un credito pari a lire 183.972.932 (risultante dalla detrazione di lire 8.224.000 da lire 192.196.932), oltre i.v.a., cioe' pari a lire 220.767.518, corrispondenti ad euro 114.016,91; che da tal ultimo ammontare doveva esser detratto, inoltre, l'importo di lire 57.937.462 - di cui all'ordinanza ex articolo186 bis c.p.c. - senza computare gli interessi e le spese di registrazione dell'ordinanza, sicche' il residuo credito della " (OMISSIS)" era pari a lire 72.830.056 (lire 220.767.518 - lire 90.000.000 u' lire 57.937.462), corrispondenti ad euro 37.613,58.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la s.r.l. (OMISSIS)"; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.

La s.r.l. " (OMISSIS)" (gia' " (OMISSIS)" s.p.a.) ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale fondato su due motivi; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l'avverso ricorso ed accogliersi il ricorso incidentale con ogni susseguente pronuncia in ordine alle spese di lite.

" (OMISSIS)" s.r.l. ha depositato controricorso onde resistere all'avverso ricorso incidentale. Ha depositato altresi' memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente principale deduce, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), insufficienza ed erroneita' della motivazione.

Adduce, in ordine alla mancata detrazione dal credito dell'appaltatrice dell'importo di lire 41.633.000, pari al costo da sostenere per la realizzazione di un'ulteriore scala metallica esterna, che "molto prima del collaudo dell'opera con lettera racc. del 22.10.1997 (...) l'Ing. (OMISSIS), quale Decreto Legge, ha contestato alla ditta appaltatrice la esistenza di difetti, conseguenti a sostanziali modifiche del progetto originario, nella realizzazione del vano montacarichi, del vano scale, nel dislivello dei pianerottoli di sbarco ecc." (cosi' ricorso principale, pag. 12); che dipoi con l'opposizione all'ingiunzione di pagamento "ha richiesto il risarcimento dei danni per equivalente a seguito dell'inadempienza contrattuale della (OMISSIS)" (cosi' ricorso principale, pag. 13); che il consulente nella prima relazione del 18.9.2002 non si era espresso in modo compiuto sui difetti del vano scala, sicche' - essa ricorrente - aveva in proposito sollecitato chiarimenti nel verbale dell'udienza dell'8.10.2002; che, dunque, "la denuncia dei difetti relativi al vano scale e' avvenuta tempestivamente ante causam prima del collaudo dei lavori come puntualmente rilevato nella sentenza di 1 grado" (cosi' ricorso principale, pag. 15), divenuta al riguardo definitiva in difetto di impugnazione sul punto; che "ha mosso tali contestazioni giudizialmente fin dall'atto di citazione in opposizione a d.i. e quindi prima del termine dell'articolo 183 c.p.c." (cosi' ricorso principale, pag. 16); che "ovviamente, la descrizione dei vizi, dedotta nella premessa dell'atto introduttivo e' sintetica, ed e' stata ulteriormente precisata nel corso del giudizio di primo grado, nel foglio allegato al verbale d'udienza dell'8.10.2002" (cosi' ricorso principale, pag. 16).

Con il secondo motivo la ricorrente principale deduce, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell'articolo 1667 c.p.c., comma 2.

Adduce che, pur a supporre un'ipotesi di decadenza ex articolo 1667 c.c., il giudice di primo grado, con statuizione sul punto dalla " (OMISSIS)" non gravata d'appello e, dunque, passata in giudicato, aveva escluso che la contestazione dei vizi fosse stata tardiva; che, del resto, alla stregua dell'elaborazione giurisprudenziale di legittimita', non e' necessario che la denuncia delle difformita' e dei vizi dell'opera sia specifica ed analitica; che, inoltre, non era stata acquista prova alcuna dell'accettazione dell'opera da parte sua, sicche', del pari alla stregua dell'elaborazione giurisprudenziale di legittimita', non vi era antecedentemente all'accettazione alcun onere di denuncia ne', prima della consegna, decorrenza dei termini di prescrizione.

Con il terzo motivo la ricorrente principale deduce "violazione dell'articolo 163 c.p.c., in combinato disposto con l'articolo 183 c.p.c." (cosi' ricorso principale, pag. 21).

Adduce, "in materia di appalto, (...) deve ritenersi assolvere ai requisiti ex articolo 163 c.p.c., nn. 3 e 4, quando viene dedotto come presupposto di fatto la esistenza di difetti indicati in modo indirizzato all'opera appaltata anche se formulati sinteticamente, essendo, ai fini del contraddittorio, sufficiente ad individuare il petitum il riferimento ai difetti di una parte stabilita dell'opera, senza scendere nel particolare, salvo a precisare in un secondo momento l'entita' e la natura dei vizi riscontrati" (cosi' ricorso principale, pag. 20); che, "conseguentemente le variazioni puramente quantitative del petitum, che non alterino i termini sostanziali della controversia e non introducano nuovi temi di indagine, non sono vietate, perche' non comportano alcuna violazione del principio del contraddittorio, ne' menomazione del diritto di difesa dell'altra parte" (cosi' ricorso principale, pag. 20); che dunque la quantificazione del danno, correlata alla necessita' di realizzazione di un'ulteriore scala metallica esterna conforme alla normativa antincendio, in lire 41.633.000 ovvero nell'importo determinato dal c.t.u., "non ha comportato la modifica della causa petendi ne' ha costituito un aumento del quantum originariamente richiesto in termini generici da determinarsi tramite C.T.U." (cosi' ricorso principale, pag. 21).

Con il quarto motivo la ricorrente principale deduce "violazione dell'articolo 112 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3)" (cosi' ricorso principale, pag. 23).

Adduce che il giudice di secondo grado, "statuendo che (...) il "vizio" della scala non dovrebbe essere (...) addebitato alla (OMISSIS), trattandosi di errore progettuale del Direttore dei Lavori, ha violato il principio (...) fissato dall'articolo 112 c.p.c." (cosi' ricorso principale, pag. 24); che "infatti la adombrata, eventuale responsabilita' del Decreto Legge (...) circa le modifiche del progetto iniziale, oggetto dell'appalto, non e' mai stata eccepita da parte della Impresa appaltatrice ne' in 1 ne' in 2 grado" (cosi' ricorso principale, pag. 24); che "con l'atto introduttivo dell'appello la (OMISSIS) non ha mosso una censura di merito in tal senso avverso la sentenza del Tribunale di Pistoia" (cosi' ricorso principale, pag. 24).

Con il quinto motivo la ricorrente principale deduce "ulteriore insufficienza ed erroneita' di motivazione (articolo 360 c.p.c., n. 5)" (cosi' ricorso principale, pag. 25).

Adduce che il giudice di secondo grado ha travisato i fatti; che "invero la scala interna del fabbricato industriale, se costruita secondo il progetto assentito nel rispetto del contratto di appalto, avrebbe assolto anche alla funzione di scala di sicurezza e/o di esodo di emergenza" (cosi' ricorso principale, pag. 26); che "cio' non e' potuto avvenire in quanto il vano scala/montacarichi e' stato pesantemente modificato nelle sue dimensioni progettuali iniziali dalla (OMISSIS) in fase di esecuzione dell'opera in contrasto con la normativa generale di riferimento in materia di sicurezza antincendio" (cosi' ricorso principale, pag. 26); che, viceversa, il convincimento della corte distrettuale si e' "formato sull'errato presupposto che una ulteriore scala di esodo in emergenza fosse gia' prevista nel progetto appaltato per cui la relativa questione avrebbe dovuto essere sollevata fin dall'inizio del giudizio" (cosi' ricorso principale, pagg. 26 - 27); che, "al contrario soltanto dopo che il C.T.U. ha accertato che l'unica scala interna del fabbricato, prevista nel progetto appaltato, non era conforme alla normativa sulla sicurezza ne' poteva essere modificata (...), si e' venuta a porre la necessita' della scala esterna per rendere sicuro il fabbricato (...) e quindi (OMISSIS) ha sollevato la relativa questione in modo specifico" (cosi' ricorso principale, pag. 27).

Con il primo motivo la ricorrente incidentale deduce in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), vizio di motivazione nella determinazione del compenso maturato.

Adduce che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di secondo grado, il consulente d'ufficio ha computato il costo dei lavori eseguiti dalla " (OMISSIS)" in lire 197.196.932 e non gia' in lire 192.196.932; che tal ultimo importo corrisponde, esattamente, al costo dei lavori detratte le voci di danno di cui ai punti 19, 20 e 6 dell'allegato "A" alla relazione di c.t.u.; che "ben piu' correttamente e logicamente la Corte avrebbe dovuto, in primis, calcolare l'importo dovuto a (OMISSIS) per le opere eseguite, aggiungere l'importo a titolo di I.V.A. e, solo successivamente, sottrarre gli importi relativi ai danni e agli acconti versati" (cosi' ricorso incidentale, pag. 10); che conseguentemente il credito residuo di essa controricorrente e' pari ad euro 41.920,70 e non gia' ad euro 37.613,58.

Con il secondo motivo la ricorrente incidentale deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 15, "per aver considerato come base imponibile dell'I.V.A. le somme dovute a titolo di risarcimento del danno" (cosi' ricorso incidentale, pag. 17).

Adduce che "solo dopo aver determinato il totale dovuto (capitale + I.V.A.) la Corte doveva detrarre l'importo da portare in compensazione per il ristoro dei danni (lire 8.224.000)" (cosi' ricorso incidentale, pag. 17); che, dunque, "l'ammontare degli importi dovuti a titolo di ristoro dei danni non poteva ne' doveva essere detratto dalla base imponibile ma, ben diversamente, dal totale dovuto dalla (OMISSIS) al lordo dell'I.V.A." (cosi' ricorso incidentale, pag. 18); che, "emendando la sentenza impugnata dall'errore di diritto in cui e' incorso il Giudice di merito, l'importo dovuto da (OMISSIS) s.r.l. a (OMISSIS) (...) e' pari a lire 74.474.856 (euro 38.463,10)" (cosi' ricorso incidentale, pag. 18).

I primi tre motivi del ricorso principale sono strettamente connessi.

Si giustifica pertanto la loro contestuale disamina.

I motivi de quibus sono in ogni caso fondati e meritevoli di accoglimento.

Non puo' non darsi atto previamente che la controricorrente non ha specificamente contestato, recte nulla ha controdedotto in ordine all'avversa prospettazione secondo cui il riscontro della tempestivita' della denuncia dei vizi occulti operato dal primo giudice e' oramai definitivo in difetto di gravame sul punto (cfr. controricorso, pagg. 4 - 8).

Si osserva comunque che unicamente sulla scorta della relazione di consulenza tecnica depositata - nel corso del giudizio di prime cure - in data 8.3.2003 si ebbe ad acclarare che "la scala non risulta conforme alle norme di prevenzione incendi per i locali ad uso pubblico di grande affluenza" (cosi' ricorso principale, pag. 13, ove e' riprodotto testualmente il riferito passaggio della relazione supplementare di c.t.u. depositata in data 8.3.2003).

E, d'altro canto, alla stregua degli esiti della prova per testimoni si e' acquisito riscontro che " (OMISSIS)" aveva tramite il proprio direttore dei lavori provveduto a contestare l'inidoneita' dell'accesso al vano scale.

Su tale scorta questo Giudice del diritto non puo' che reiterare i propri insegnamenti.

Ovvero, per un verso, l'insegnamento secondo cui, qualora, nel giudizio promosso dal committente nei confronti dell'appaltatore, con azione di garanzia ai sensi degli articoli 1667 e 1668 c.c., venga disposta consulenza tecnica, su istanza anche del convenuto, o comunque con la sua adesione o partecipazione, al fine di accertare difformita' o vizi occulti dell'opera, si deve escludere che l'attore, in relazione ai difetti riscontrati da tale consulenza, sia tenuto, a pena di decadenza, alla denuncia contemplata dal comma 2, del citato articolo 1667, dato che la controparte gia' conosce od e' in grado di conoscere l'esito dell'indagine peritale (cfr. Cass. 27.2.1991, n. 2110).

Ovvero, per altro verso, l'insegnamento secondo cui, ai fini di cui all'articolo 1667 c.c., non e' necessaria una denuncia specifica ed analitica delle difformita' e dei vizi dell'opera, tale da consentire l'individuazione di ogni anomalia di quest'ultima, essendo, per converso, sufficiente ad impedire la decadenza del committente dalla garanzia cui e' tenuto l'appaltatore, una pur sintetica indicazione delle difformita' suscettibile di conservare l'azione di garanzia anche con riferimento a quei difetti accertabili, nella loro reale sussistenza, solo in un momento successivo (cfr. Cass. 25.5.2011, n. 11520; Cass. 7.12.1981, n. 6479).

Si osserva, inoltre, su di un piano rigorosamente processuale (invero, parte ricorrente denuncia l'insufficienza della motivazione del dictum di seconde cure, giacche' "non si comprende con chiarezza se i Giudici fiorentini abbiano ritenuto la domanda tardiva sul piano processuale e quindi inammissibile perche' proposta dopo il termine dell'articolo 183 c.p.c., oppure decaduta (...) relativamente a questo "vizio" per mancanza di denuncia tempestiva ai sensi dell'articolo1667 c.c.": cosi' ricorso principale, pag. 12), in relazione all'azione ex articolo 1668 c.c., comma 1, di riduzione del prezzo dell'appalto (azione che pur avendo natura diversa da quella di risarcimento dei danni prevista dalla medesima norma, e' anch'essa un rimedio che tende a riparare le conseguenze di un inadempimento contrattuale: cfr. Cass. 4.8.1988, n. 4839) che parte ricorrente ha esperito in prime cure (in via riconvenzionale con l'atto di citazione in opposizione, invocando, propriamente, la detrazione del quantum del risarcimento del danno dal pattuito importo del corrispettivo dell'appalto), che sussiste mutatio libelli, quando la parte immuti l'oggetto della pretesa ovvero introduca nel processo, attraverso la immutazione dei fatti giuridici posti a fondamento dell'azione, un tema di indagine e, quindi, di decisione, completamente nuovo perche' fondato su presupposti totalmente diversi da quelli prospettati nell'atto introduttivo del giudizio e tali da disorientare la difesa predisposta dalla controparte e da alterare, pertanto, il regolare svolgimento del contraddittorio (cfr. Cass. 22.2.1980, n. 1286).

In questi termini la circostanza che " (OMISSIS)" (in relazione - si badi - ad una fattispecie contrattuale contemplante un'unitaria e non plurima prestazione) abbia dapprima giustificato la domanda di riduzione del prezzo in considerazione - tra l'altro - dell'inidoneita' dell'accesso al "vano scale" e, dipoi, all'esito della c.t.u., l'abbia ancorata, in guisa puntuale, alla non conformita' della scala alle norme di prevenzione degli incendi per i locali ad uso pubblico di grande affluenza, di certo non e' valsa ad introdurre in giudizio un tema di indagine del tutto nuovo ovvero fondato su presupposti totalmente diversi da quelli prefigurati nell'atto introduttivo (significativo e' il riferimento a Cass. (ord.) 26.7.2012, n. 13269, secondo cui, nel giudizio di risarcimento del danno derivato da colpa medica non costituisce inammissibile mutamento della domanda la circostanza che l'attore, dopo avere allegato nell'atto introduttivo che l'errore del sanitario sia consistito nell'imperita esecuzione di un intervento chirurgico, nel concludere alleghi, invece, che l'errore sia consistito nell'inadeguata assistenza postoperatoria; dovendosi considerare il fatto costitutivo, idoneo a delimitare l'ambito dell'indagine, nella sua essenzialita' materiale, senza che le specificazioni della condotta, inizialmente allegate dall'attore, possano avere portata preclusiva, attesa la normale mancanza di conoscenze scientifiche da parte del danneggiato).

Fondato e meritevole di accoglimento e' il quarto motivo del ricorso principale.

Si rileva invero, da un canto, che la controricorrente nulla specificamente ha controdedotto (cfr. controricorso, pagg. 7 - 8) all'avversa prospettazione ("la adombrata, eventuale responsabilita' del Decreto Legge (...) circa le modifiche del progetto iniziale, oggetto dell'appalto, non e' mai stata eccepita da parte della Impresa appaltatrice ne' in I ne' in II grado": cosi' ricorso principale, pag. 24); dall'altro, che il complesso delle deduzioni dalla " (OMISSIS)" formulate in seconde cure, siccome riprodotte nel corpo della medesima statuizione d'appello (cfr. sentenza d'appello, pag. 2), fornisce riscontro del buon fondamento dalla ragione di censura de qua agitur.

In ogni caso l'affermazione della corte fiorentina - secondo cui l'appaltatrice aveva "dato esecuzione ad un progetto redatto per la committente dall'ing. (OMISSIS) che e' stato anche direttore dei lavori, e che di un eventuale errore di progettazione non puo' certo farsi carico all'appaltatrice" (cosi' sentenza d'appello, pag. 4) - non risulta aderente all'insegnamento di questa Corte, alla cui stregua l'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, e' obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bonta' del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, puo' andare esente da responsabilita' soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo; pertanto, in mancanza di tale prova, l'appaltatore e' tenuto, a titolo di responsabilita' contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, ne' l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori (cfr.Cass. 21.5.2012, n. 8016).

Il buon esito dei primi quattro motivi supportanti il ricorso principale assorbe e rende sterile la delibazione del quinto.

Immeritevole di seguito e' il primo motivo del ricorso incidentale.

Si rileva innanzitutto che, in ossequio al canone di cosiddetta autosufficienza del ricorso per cassazione, quale positivamente sancito all'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), (al riguardo cfr. Cass. 20.1.2006, n. 1113), ben avrebbe dovuto la ricorrente incidentale, onde consentire a questa Corte il puntuale riscontro dei proprio assunti, riprodurre in modo compiuto gli esiti complessivi dell'indagine esperita dal consulente d'ufficio e non limitarsi ad "accorpare" - per giunta - al proprio atto difensivo unicamente l'allegato "A" alla relazione di consulenza.

In ogni caso dall'allegato "A" alla relazione di c.t.u. si evince che il valore complessivo dell'opera eseguita dalla " (OMISSIS)" risulta indiscutibilmente pari a lire 192.196.932 e che gli importi di lire 1.615.000, di lire 2.500.000 e di lire 1.464.000 appaiono specificarsi e qualificarsi, piuttosto, come correlati a "lavori" insuscettibili di esser ascritti all'opera dell'appaltatrice (e' il caso in via esemplificativa del "ripristino stuccature e successiva verniciatura (una mano) sulla superficie interna vano scale/montacarichi e rifilatura vani aperture").

In questi termini l'importo di lire 197.775.932 di certo non era da assumere quale base di computo dell'i.v.a..

Immeritevole di seguito e' del pari il secondo motivo del ricorso incidentale.

Si evidenzia che la corte di merito non ha computato l'i.v.a. sull'importo di lire 192.196.932, bensi' sull'importo di lire 183.972.932, risultante dalla detrazione di lire 8.224.000 (corrispondente al costo occorrente per l'eliminazione dei vizi) dal quantum di lire 192.196.932.

Difatti lire 183.972.932 piu' il 20% (cioe' lire 36.794.586) e' pari a lire 220.767.518.

In tal guisa il dictum di seconde cure risulta senz'altro conforme all'indicazione di questa Corte di legittimita', secondo cui, per il disposto del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 15, non concorrono a formare la base imponibile dell'I.V.A. - che consegue alla cessione dei beni e alla prestazione dei servizi - le somme dovute a titolo di risarcimento del danno nonche' a titolo di interessi moratori, penalita' per ritardi o altre irregolarita' nell'adempimento degli obblighi contrattuali, tra le quali rientra l'indennita' dovuta Legge n. 392 del 1978, ex articolo 34, che costituisce un indennizzo per la cessazione del rapporto di locazione (cfr.Cass. 7.6.2006, n. 13345).

In accoglimento dei primi quattro motivi del ricorso principale la sentenza n. 780 del 19.5/11.6.2009 della corte d'appello di Firenze va cassata con rinvio ad altra sezione della medesima corte.

Segnatamente in relazione al secondo motivo del ricorso principale il principio di diritto - al quale ci si dovra' uniformare in sede di rinvio - puo' essere formulato negli stessi termini di cui alle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte di legittimita' n. 2110 del 27.2.1991 e n. 11520 del 25.5.2011 dapprima menzionati.

In sede di rinvio si provvedera' alla regolamentazione delle spese del presente grado di legittimita'.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale, assorbito il quinto; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza n. 780 del 19.5/11.6.2009 la corte d'appello di Firenze in relazione ai motivi del ricorso principale accolti; rinvia ad altra sezione della corte d'appello di Firenze anche per la regolamentazione delle spese del presente grado di legittimita'.

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