Il lastrico solare non si può definire di proprietà esclusiva solo perchè taluno ne preclude l’accesso agli altri condòmini

In tema di condominio negli edifici, per tutelare la proprietà di un bene appartenente a quelli indicati dall’articolo 1117 del Cc non è necessario che il condominio dimostri con il rigore richiesto per la rivendicazione la comproprietà del medesimo, essendo sufficiente, per presumere la natura condominiale, che esso abbia l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e cioè sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condomino che ne afferma la proprietà esclusiva darne la prova. Al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all’articolo 1117 del Cc, occorre fare riferimento all’atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto. Pertanto, se in occasione della prima vendita la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell’ambito dei beni comuni risulti riservata a uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni. (Fonte: Il Sole 24 Ore, Quotidiano del Diritto, 2016)

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 5 maggio 2016, n. 9035



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno - Presidente

Dott. D'ASCOLA Pasquale - Consigliere

Dott. ORILIA Lorenzo - rel. Consigliere

Dott. SCALISI Antonino - Consigliere

Dott. ABETE Luigi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso 2l499/2011 proposto da:

(OMISSIS) SRL, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS);

- ricorrente -

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS);

- controricorrenti -

e contro

CONDOMINIO (OMISSIS);

- intimato -

avverso la sentenza n. 818/2010 della CORTE D'APPELLO di PALERMO depositata il 47/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/02/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l'Avvocato (OMISSIS), difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 Con citazione del 13.3.1993, i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche' (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero innanzi al Tribunale di Palermo la s.r.l. (OMISSIS), esponendo:

- che con atti del 17.10.1988, 21.10.1988 e 10.10.1988 avevano acquistato dalla societa' convenuta alcuni appartamenti al terzo, quarto e quinto piano dell'edificio sito in (OMISSIS);

- che l'edificio era composto da sei elevazioni fuori terra e sul lastrico solare, al quale i condomini accedevano liberamente attraverso la scala, erano stati originariamente realizzati solo dei corpi tecnici, costituiti dal torrino scala, dal torrino ascensore e da uno stenditoio aperto;

- che la societa' convenuta, pur non essendosi riservata la proprieta' esclusiva del lastrico solare e dello stenditoio, aveva chiuso ed ampliato tale ultimo manufatto, aggregandovi un piccolo vano da adibire a WC, ed aveva sopraelevato il torrino dell'ascensore, precludendo ogni via d'accesso dei condomini a tali beni.

Chiesero, pertanto, al Tribunale di accertare che il lastrico solare e lo stenditoio appartenevano ex articolo 1117 c.c., agli istanti in proporzione alle loro quote di proprieta' condominiale e che la convenuta fosse condannata alla riduzione in pristino e al risarcimento del danno.

In subordine, chiesero dichiararsi che le opere realizzate dalla societa' sul lastrico solare e sullo stenditoio appartenevano per accessione ai condomini, con diritto degli stessi di ritenerle previo pagamento della minor somma tra il valore delle opere e il costo di materiali e mano d'opera.

La societa' convenuta si costitui' nel giudizio chiedendo l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, il rigetto delle domande degli attori e, in via riconvenzionale, l'accertamento del suo diritto di proprieta' esclusiva sull'appartamento sito al settimo piano, avendolo realizzato e posseduto fin dall'anno 1988.

Nel giudizio intervenne volontariamente il Condominio dell'edificio aderendo alle domande degli attori.

Dopo l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio, il Tribunale adito, con sentenza n. 5406/01 del 22.3.2001, dichiaro' che il lastrico solare ed i corpi ivi insistenti appartenevano in comune agli attori in proporzione alla loro quota di proprieta' condominiale e ordino' alla convenuta di consentire agli attori il libero accesso a tali immobili, lasciandoli liberi da persone e cose; rigetto' la domanda di risarcimento del danno nonche' la domanda riconvenzionale spiegata dalla convenuta.

La societa' soccombente impugno' la sentenza davanti alla Corte d'Appello di Palermo che, all'esito di nuova consulenza tecnica, con sentenza n. 818/2010 del 17.6.2010, rigetto' l'impugnazione rilevando, per quanto ancora interessa:

- che la domanda riconvenzionale non era stata riproposta con l'atto di appello e pertanto doveva intendersi rinunciata;

- che sulla questione riguardante il contraddittorio si era formato il giudicalo interno;

che la documentazione prodotta dall'appellante dopo la rimessione della causa al collegio era inammissibile per tardivita' stante l'opposizione degli. appellati;

- che dalla domanda di concessione in sanatoria presentata dall'appellante l'1.4.1986 risultava l'edificazione di sei piani fuori terra e di cinque abitazioni realizzate dal primo al quinto piano;

- che, come accertato dal CTU, la settima elevazione era stata dichiarata al N.C.E.U. solo con denuncia di variazione del 17.4.1990 e solo in data 6.12.1991, a corredo dell'istanza di condono, era stato depositato un progetto da cui risultava alla settima elevazione un ambiente avente una superficie utile di mq. 30,15, oltre al WC di mq. 2,70;

- che pertanto, al momento delle vendite degli appartamenti da parte della societa', al di sopra della sesta elevazione vi erano soltanto il lastrico solare, i corpi tecnici e lo stenditoio aperto;

- che, come pure accertato dal CTU l'accesso alla settima elevazione avveniva in precedenza dalla sesta, a mezzo scala, di cui, al momento del sopralluogo, era rimasto solo il controtelaio in ferro;

- che l'appellante societa' non aveva provato di avere eseguito le predette modifiche prima delle vendite degli appartamenti sottostanti, per cui non poteva ritenersi superata la presunzione di comproprieta' dei beni di cui all'articolo 1117 c.c..

Per la cassazione della sentenza ricorre la (OMISSIS) s.r.l., in persona dell'amministratore giudiziario, sulla base di tre motivi.

Hanno depositato controricorso i coniugi (OMISSIS) - (OMISSIS) e (OMISSIS) - (OMISSIS) nonche' (OMISSIS) in proprio e, unitamente ai figli (OMISSIS) e (OMISSIS), in qualita' di erede di (OMISSIS), frattanto deceduto.

Il Condominio dell'edificio non ha svolto attivita' difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la societa' ricorrente denuncia violazione, falsa ed errata applicazione della L. n. 575 del 1965, articoli 2 ter e 2 quater, nonche' omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo (in relazione all'articolo 360, nn. 3 e 5), per avere la Corte d'Appello omesso di valutare, considerandolo tardivamente depositato, i3 decreto di confisca emesso nei suoi confronti dalla sezione misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo e riguardante anche l'appartamento al sesto ed ultimo piano del fabbricato per cui e' causa; richiama la descrizione fatta nel precedente provvedimento di sequestro e ritiene che, essendo il bene vincolato al perseguimento delle finalita' indicate dalla normativa in materia, occorre che gli interessati facciano valere i propri diritti nelle forme dell'incidente di esecuzione davanti al giudice penale (provando in quella sede, tra l'altro, la loro buona fede).

Il motivo e' in parte inammissibile e in parte infondato.

E' senz'altro inammissibile per difetto di specificita' (articolo 366 c.p.c., n. 6) perche' la ricorrente non riporta il contenuto del decreto di confisca (e neppure lo allega al ricorso); ne' soccorre il contenuto del decreto di sequestro, emesso il 2.4.2001 sempre nel procedimento di prevenzione e che - stando a quanto riporta lo stesso ricorso a pag. 11 - si riferirebbe ad un locale ad uso ufficio o studio di due vani ubicato al piano sesto mentre invece oggetto di giudizio e' un lastrico solare e uno stenditoio.

Inoltre, non e' dato neppure sapere se la confisca sia divenuta definitiva.

Si rivela pertanto superfluo stabilire oggi se il deposito del decreto di confisca dopo la rimessione della causa al Collegio nel giudizio di appello fosse ammissibile o meno nel presente giudizio (disciplinato dal vecchio rito).

In ogni caso - ed il rilievo e' dirimente - le conseguenze derivanti dalla produzione del documento in giudizio non sarebbero quelle invocate dalla parte ricorrente perche' la questione della natura condominiale dei beni di cui oggi si discute non avrebbe potuto essere affrontata che in questa sede. Ed infatti, come gia' affermato in giurisprudenza in ipotesi di diritti reali di garanzia costituiti sui beni oggetto del provvedimento ablativo nei confronti di un indiziato di appartenenza a consorteria mafiosa, camorristica o similare, in epoca anteriore all'instaurazione del procedimento di prevenzione, in favore di terzi estranei ai fatti che abbiano dato luogo al procedimento medesimo)tra i soggetti terzi che possono intervenire in sede di incidente di esecuzione davanti al giudice penale non possono essere annoverati i titolari di diritti che sono sorti sulla cosa senza alcun collegamento con l'attivita' dell'indiziato o collusione con esso (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 16227 del 29/10/2003 Rv. 567758, in motivazione).

Sulla base di tale principio - applicabile logicamente anche nel caso di specie, in cui si tratta di stabilire la natura condominiale di un bene - e' chiaro che i preesistenti diritti vantati dai condomini non avevano alcun collegamento con l'attivita' dell'indiziato o collusione con esso e per rendersi conto di cio' e' sufficiente considerare non solo la data di proposizione della domanda giudiziale (ben otto anni prima che intervenisse il sequestro) ma, soprattutto, l'assoluto silenzio del ricorso su tale dirimente circostanza Sotto quest'ultimo profilo la censura si rivela pertanto infondata (v. anche Sez. 2, Sentenza n. 8834 del 30/04/2015 Rv. 635186; Sez. 2, Sentenza n. 6661 del 30/03/2005 Rv. 580252).

2. Con il secondo motivo ci si duole della violazione dell'articolo 1117 c.c., nonche' del vizio di motivazione (in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5): la Corte d'Appello non avrebbe considerato che dagli accertamenti e dalle indagini propedeutiche al sequestro penale, dalla richiesta di condono edilizio presentata in data 1.4.1986 e dal rilievo aerofotogrammetrico del 27.3.1987 era emerso che l'immobile al settimo piano del fabbricato, destinato ad ufficio, esisteva gia' prima del 1988 (e, quindi, delle vendite agli attori) ed era destinato a ufficio.

La ricorrente procede quindi ad una ricostruzione della vicenda edificatoria sulla scorta della documentazione tecnica che richiama e ritiene che la presunzione di condominialita' nel caso di specie doveva ritenersi superata.

Anche tale motivo e' infondato.

La natura condominiale del lastrico solare, affermata dall'articolo 1117 c.c., puo' essere esclusa soltanto da uno specifico titolo in forma scritta, essendo irrilevante che il singolo condomino non abbia accesso diretto al lastrico, se questo riveste, anche a beneficio dell'unita' immobiliare di quel condomino, la naturale funzione di copertura del fabbricato comune (tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 4501 del 05/03/2015).

E' vero che l'articolo 1117 c.c., contiene un'elencazione solo esemplificativa e non tassativa dei beni che si presumono comuni poiche' sono tali anche quelli aventi un'oggettiva e concreta destinazione al servizio comune, salvo che risulti diversamente dal titolo, mentre, al contrario, tale presunzione non opera con riguardo a beni che, per le proprie caratteristiche strutturali, devono ritenersi destinati oggettivamente al servizio esclusivo di una o piu' unita' immobiliari (Sez. 2, Sentenza n. 1680 del 29/01/2015). Ed e' altrettanto vero che il diritto di condominio sulle parti comuni dell'edificio ha il suo fondamento nel fatto che tali parti siano necessarie per l'esistenza dell'edificio stesso, ovvero che siano permanentemente destinate all'uso o al godimento comune, sicche' la presunzione di comproprieta' posta dall'articolo 1117 c.c., che contiene un'elencazione non tassativa ma meramente esemplificativa dei beni da considerare oggetto di comunione, puo' essere superata se la cosa, per obbiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile, venendo meno, in questi casi, presupposto per il riconoscimento di una contitolarita' necessaria, giacche' la destinazione particolare del bene prevale sull'attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario (Sez. 2, Sentenza n. 17993 del 02/08/2010).

La giurisprudenza di questa Corte ha altresi' affermato che in tema di condominio negli edifici, per tutelare la proprieta' di un bene appartenente a quelli indicati dall'articolo 1117 c.c., non e' necessario che il condominio dimostri con il rigore richiesto per la rivendicazione la comproprieta' del medesimo, essendo sufficiente, per presumerne la natura condominiale, che esso abbia l'attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e cioe' sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unita' immobiliari di proprieta' esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condomino che ne afferma la proprieta' esclusiva darne la prova (Sez. 2, Sentenza n. 11195 del 07/05/2010). Inoltre, al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all'articolo 1117 c.c., occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di un'unita' immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto. Pertanto, se in occasione della prima vendita la proprieta' di un bene potenzialmente rientrante nell'ambito dei beni comuni (nella specie, portico e cortile) risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni (Sez. 2, Sentenza n, 11812 del 27/05/2011).

Nel caso di specie, la Corte d'Appello ha osservato che negli atti di compravendita e' del tutto assente una riserva di proprieta' esclusiva da parte della venditrice; di contro, l'espressa indicazione contrattuale del trasferimento della comproprieta' di quanto per legge e' comune tra i condomini di uno stesso stabile ai sensi dell'articolo 1117, dimostra che la ricorrente riteneva il lastrico e lo stenditoio parti condominiali, tanto da non distinguere la loro condizione giuridica da quella delle restanti parti comuni.

Sempre secondo l'apprezzamento della Corte territoriale, la ricorrente non ha idoneamente dimostrato, come invece sarebbe stato suo preciso onere, che i cespiti per cui e' disputa siano di sua proprieta' esclusiva per espressa previsione in un titolo, cosi' come non ha dimostrato di aver apportato sul lastrico solare le modifiche imputatele prima degli atti di compravendita del 1988.

Il ragionamento della Corte d'Appello si basa su tipici accertamenti in fatto ed e' immune di vizi logici mentre invece la ricorrente in violazione del principio di autosufficienza, non ha neppure trascritto il decreto di sequestro per la parte (pag. 38) da cui a suo dire emergerebbe (ma non e' dato sapere a partire da quale periodo) l'esistenza dell'immobile in questione e la sua destinazione ad uso ufficio; inoltre le valutazioni riportate a pag. 23 del ricorso ed ascrivibili al tecnico nominato dall'amministrazione giudiziaria (ing. (OMISSIS)), oltre a non essere state riprodotte, sono meramente ipotetiche e soggettive.

Infine, sempre in violazione del principio di autosufficienza, la ricorrente non riproduce neppure le pagg. 5-6 della perizia di parte a firma del geom. (OMISSIS) dalla quale si desumerebbe che nel 1988 essa aveva gia' realizzato sul lastrico solare un edificio di circa 25 mq ed un piccolo locale di mq. 5 circa adibito presumibilmente a WC.

Contrariamente a quanto pure si legge in ricorso la Corte d'Appello non ha affatto omesso di valutare le risultanze del rilievo aerofotogrammetrico del 27.3 1987, ma ha rilevato (pagg. 10-11 della sentenza) che dallo stesso non emergeva se il torrino dell'ascensore si trovasse gia' all'epoca alla quota attuale e se il piccolo vano WC fosse gia' finito o in fase di costruzione, ne' se gia' allora lo stenditoio fosse stato chiuso; d'altra parte, la stessa ricorrente nuovamente ammette (cfr. pag. 22 del ricorso) che nel marzo del 2007 comunque mancava ancora la veranda.

La critica della ricorrente si risolve in definitiva una alternativa ricostruzione delle risultanze processuali che il giudizio di legittimita' non consente.

3. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., (in relazione agli articoli 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per averla la Corte erroneamente condannata al pagamento delle spese relative al doppio grado di giudizio.

Il motivo e' infondato: nessuna critica riscontrabile, atteso che i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del principio di soccombenza.

In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente, soccombente anche in questo grado, va condannata al rimborso delle spese di giudizio.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

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