E' legittima la clausola, inserita nel contratto di conto corrente, che attribuisca alla banca la facoltà di richiedere ad nutum il rientro dello scoperto con un solo giorno di preavviso

E' legittima la clausola, inserita nel contratto di conto corrente, che attribuisca alla banca la facoltà, in deroga a quanto previsto dall'art. 1845 c.c., di richiedere ad nutum il rientro dello scoperto con un solo giorno di preavviso, peraltro la mancanza, nella lettera di recesso inviata al cliente, della indicazione del termine di rientro di un giorno previsto nella suddetta clausola, non comporta l'inefficacia del recesso, ma solo il differimento dell'esigibilità del credito alla scadenza di tale termine.

Corte d'Appello Firenze, Sezione 2 civile, Sentenza 18 gennaio 2010, n. 62



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D'APPELLO DI FIRENZE

SECONDA SEZIONE CIVILE

La Corte di Appello di Firenze, sezione seconda civile, composta dai magistrati:

Dr. Alberto Cappelli - Presidente -

Dr. Elisabetta Materi - Consigliere -

Dr. Nicola A. Dinisi - Consigliere rel. -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 197/03 ruolo generale A degli affari contenziosi civili, vertente tra:

Br.Gi., rappresentato e difeso dagli avv. R.Sa. e G.Ca., come da procura in atti ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Firenze, via (omissis)

Appellante

Contro

Sa. S.p.A. (giò Is.Sa. S.p.A.), rappresentato e difeso dall'avv. C.De. come da procura in atti ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Firenze, viale (omissis)

Appellato

La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 6 maggio 2009 sulle conclusioni precisate dalle parti come a verbale di udienza in pari data.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L'Istituto Bancario Sa. S.p.A., assumendo di essere creditore nei confronti di Br.Gi. e Sa.Ma. della somma di Lire 2.024.506 per scoperto del conto corrente n. (omissis) oltre interessi trimestralmente capitalizzati al tasso del 18,25% a decorrere dal 1/10/1995 e della somma di Lire 26.011.006 oltre interessi del 15%, quale saldo debitore al 19/10/1995 di un finanziamento "credito a privati", chiedeva al Pretore di Firenze l'emissione di un decreto ingiuntivo per l'importo di Lire 28.035.512, oltre accessori, con clausola di provvisoria esecutività.

Concesso il decreto, gli ingiunti proponevano congiuntamente opposizione deducendo: 1) l'inefficacia dell'ordine di rientro immediato comunicato dalla banca con raccomandata del 18/10/1995 per mancata indicazione dell'importo richiesto e del termine di rientro, per mancato rispetto del termine minimo di 15 giorni di cui all'art. 1845, secondo comma, c.c. e per mancanza di giusta causa ai sensi dell'art. 1845, primo comma, c.c.; 2) il difetto di legittimazione della Sa. in ordine alla richiesta di restituzione della somma erogata a titolo di finanziamento, non avendo essa sottoscritto alcun accordo con la banca, e l'illegittimità del recesso anticipato da tale rapporto nei confronti del Br., essendo prevista la restituzione nel termine di 48 mesi mediante trattenute mensili e non ricorrendo i presupposti per ritenerlo decaduto dal beneficio del termine ai sensi dell'art. 1186 c.c.; 3) il difetto di prova scritta idonea ad ottenere la concessione del decreto, avendo la ricorrente prodotto in causa un mero certificato di saldaconto e non un estratto conto. Chiedevano la revoca del decreto e il rigetto della domanda; in ipotesi, che, previa revoca del decreto, fosse dichiarata l'inefficacia del recesso della banca dal contratto di finanziamento e la vigenza di tale contratto, consentendo agli opponenti il pagamento della rata contrattuale fino alla naturale estinzione; che fosse inoltre dichiarata l'inefficacia del recesso operato dalla banca dal conto corrente n. (omissis) consentendo il pagamento dello scoperto nella misura dovuta alla data del 18/10/1995; in ipotesi subordinata, che in relazione a entrambi i rapporti fosse dichiarata l'inefficacia del recesso della banca assegnando agli opponenti un termine non inferiore a 12 mesi per il pagamento delle somme dovute.

La banca opposta si costituiva contestando in toto i motivi di opposizione e chiedendone il rigetto.

Disposta la sospensione dell'efficacia esecutiva del decreto ed espletata istruttoria orale, la causa veniva decisa dal Tribunale (succeduto alla competenza del Pretore a seguito della soppressione di tale ufficio) con sentenza del 27/8/2002. Il giudice riteneva fondata l'eccezione di inidoneità della prova scritta ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo non essendo i documenti prodotti con il ricorso per ingiunzione qualificabili come "estratto conto" nei sensi di cui all'art. 50 D.Lgs 385/93.

In merito alle domande proposte dalla banca in via monitora, quanto all'ammontare debitorio di Lire 2.204.506 per scoperto del c/c n. (omissis) sosteneva che esso risultava dagli estratti conto prodotti nel corso del giudizio di opposizione e, in mancanza di specifiche contestazioni da parte degli opponenti, poteva ritenersi provato. Riteneva l'infondatezza dei rilievi mossi sulla inefficacia della lettera del 18/10/1995 in quanto l'oggetto della richiesta di rientro era perfettamente identificabile nell'intera esposizione debitoria e ai sensi dell'art. 6 c) del contratto di conto corrente, avente efficacia derogatoria dell'art. 1845 c.c., la banca aveva la facoltà di richiedere ad nutum il rientro dello scoperto e il correntista aveva diritto ad un solo giorno di preavviso, termine ampiamente scaduto al momento della notifica del d.i. - Relativamente a tale credito escludeva tuttavia la capitalizzazione trimestrale richiesta dalla banca a decorrere dal 1/10/1995, ritenendo nulla la relativa pattuizione ai sensi dell'art. 1283 c.c.

Quanto al credito restitutorio derivante dal finanziamento, accoglieva l'opposizione proposta dalla Sa., non avendo questa sottoscritto la scheda negoziale, mentre rigettava quella del Br. ritenendo nei suoi confronti pienamente efficace ai sensi dell'art. 2 del contratto il recesso ad nutum operato dalla banca.

Il Tribunale revocava pertanto il decreto e condannava entrambi gli opponenti al pagamento della somma di Euro 1.045,57 oltre interessi convenzionali al tasso del 18,25% annuo a decorrere dal 1/10/1995 e il solo Br.Gi. a pagare la somma di Euro 13.433,56 oltre interessi convenzionali del 15% annuo a decorrere dal 20/10/1995. Dichiarava irripetibili le spese della fase monitoria; compensava quelle del giudizio di opposizione fra la banca e la Sa. e condannava il Br. a rifondere alla banca le spese da questa sostenute per tale giudizio.

Proponeva appello il solo Br.Gi. che, con un primo motivo, deduceva l'indeterminatezza del credito per incertezza del tasso effettivamente applicato. Sosteneva che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto provato, ex art. 1832 c.c., l'ammontare del debito in mancanza di specifiche contestazioni dell'estratto conto da parte degli opponenti, atteso che nel caso di specie non venivano in considerazione le operazioni di accredito ed addebito sotto il profilo contabile, bensì la validità ed efficacia dei rapporti obbligatoli da cui scaturivano le partite inserite nel conto in relazione al computo degli interessi anatocistici con capitalizzazione trimestrale operato dalla banca nella vigenza deiD.Lgs 385/93. Al riguardo evidenziava che il primo giudice aveva ritento non. dovuti gli interessi anatocistici solo dal 1/10/1995 omettendo di considerare che già il credito capitale richiesto in via monitoria era il frutto di indebite capitalizzazioni trimestrali. Per tale motivo sosteneva che l'importo portato nel d.i. doveva essere ricalcolato con espletamento di una CTU contabile per determinare l'importo dovuto sin dall'inizio dei due rapporti.

Sosteneva inoltre che, nella suddetta situazione di incertezza e illiquidità del credito, la banca non poteva limitarsi a richiedere il rientro della esposizione debitoria senza indicare l'importo richiesto e il termine di rientro e pertanto il recesso dalla medesima manifestato doveva ritenersi illegittimo e inefficace.

Chiedeva che, in parziale riforma della sentenza e previa ammissione di CTU contabile, in tesi, fosse accertato l'effettivo credito dovuto in favore dell'Istituto di credito; in ipotesi, in riferimento al credito per finanziamento, fosse dichiarato inefficace il recesso operato dalla banca ed ancora vigente il rapporto, consentendo all'appellante il pagamento rateale previsto; in ulteriore subordinata ipotesi, fosse assegnato un termine non inferiore a 12 mesi per eseguire il pagamento dei crediti ingiunti.

Si costituiva tempestivamente la S.p.A. Sa. (già Is.Sa. S.p.A.) che resisteva all'appello principale e, con appello incidentale, chiedeva la riforma della sentenza nella parte in cui, con riferimento al credito per scoperto di c/c, aveva sancito l'inapplicabilità della capitalizzazione trimestrale degli interessi per nullità della relativa pattuizione ex art. 1283 c.c., dovendosi, in contrario, ritenere la validità della clausola, in quanto espressione di un uso normativo, e la sua conformità alla disciplina normativa vigente.

La Corte, con ordinanza del 30/6/2006, la Corte disponeva la notifica dell'appello incidentale proposto da Sa. S.p.A. a Sa.Ma. rimasta contumace in appello.

Quest'ultima non si costituiva.

All'udienza del 6/5/2009 il difensore di Sa. S.p.A. dichiarava di rinunciare all'appello incidentale e concludeva per la integrale conferma della sentenza impugnata. Il difensore dell'appellante principale concludeva riportandosi all'atto di appello.

A tale udienza la causa veniva quindi trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

All'udienza di conclusioni del 6 maggio 2009 il difensore della S.p.A. Sa. ha dichiarato espressamente di rinunciare all'appello incidentale sulla dichiarazione di nullità della pattuizione relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi relativi al rapporto di conto corrente. Su tale questione pertanto la Corte non si deve pronunciare. La rinuncia è stata formulata con la precisazione di voler mantenere comunque "ferma ... la capitalizzazione annuale". Tale precisazione è ultronea e, ove diretta ad ottenere una pronuncia in tal senso da parte di questo giudice di gravame, inammissibile, non avendo la capitalizzazione annuale degli interessi costituito oggetto di domanda ritualmente introdotta nel giudizio in primo grado.

Quanto all'appello principale, l'appellante si duole che il Tribunale, nel dichiarare la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi ai sensi dell'art. 1283 c.c. abbia limitato l'applicazione del principio ai soli interessi sullo scoperto di c/c decorrenti dal 1/10/1995 e non anche a quelli già precedentemente capitalizzati dalla banca prima di tale data e confluiti nella somma capitale da essa richiesta con il ricorso per ingiunzione.

L'obiezione è fondata in linea di principio, ma non giustifica, se non in minima in parte, l'accoglimento del gravame.

La questione della capitalizzazione trimestrale degli interessi assume nella controversia un rilievo del tutto marginale.

Essa viene in considerazione solo con riferimento al credito per lo scoperto di c/c (pari a Lire 2.024.506) e non anche con riguardo al credito restitutorio per il finanziamento (Lire 26.011.006). L'importo di tale ultimo credito è costituito infatti dall'ammontare delle rate non pagate (comprensive degli interessi convenzionali pattuiti), maggiorato degli interessi di mora ai sensi dell'art. 6 del contratto e non comprende alcuna capitalizzazione trimestrale degli interessi.

Il problema della rideterminazione del credito per effetto della nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi si pone solo con riferimento al contratto di conto corrente contenente una tale clausola (art. 7 delle condizioni ivi previste).

L'incidenza della capitalizzazione trimestrale sull'ammontare del saldo debitore finale di tale conto è tuttavia minimale ove si abbia riguardo al già modesto ammontare del saldo, alla limitata durata di operatività del conto (dal 29/1/1994 al 12/12/1995) e alla misura del tasso degli interessi debitori pattuiti (19%).

Considerato, in base alla lettura degli estratti conto in atti, che il conto è stato sempre in attivo sino al 1/9/1994 e che per il periodo successivo fino alla chiusura gli interessi debitori esposti ammontano a meno di Lire 200.000 complessive, l'incidenza della capitalizzazione trimestrale è di valore irrisorio.

Evidenti ragioni di costi e di economia processuale sconsigliano di far ricorso a una consulenza tecnica contabile (richiesta dall'appellante) per il preciso calcolo di tale valore. Esso viene pertanto determinato con valutazione equitativa dal giudice nell'importo di Euro 25,00, stimato congruo ad adeguato alla luce degli elementi sopra indicati.

Tale somma deve essere quindi detratta dall'ammontare del credito per scoperto di conto corrente riconosciuto in primo grado, credito che deve essere di conseguenza ridotto a Euro 1.020,57. Con riferimento a tale posta creditoria la sentenza di primo grado deve essere, nei confronti del solo appellante Br.Gi., in tal senso riformata.

Nell'ultima parte del gravame l'appellante ripropone, genericamente, le cesure in punto di illegittimità ed inefficacia del recesso operato dalla banca appellata. Al riguardo la Corte non può che richiamare le puntuali argomentazioni svolte dal Tribunale a sostegno del rigetto di tale motivo di opposizione: il recesso ad nutum da parte della banca, in deroga alle previsioni di cui all'art. 1845 c.c. è legittimo, trovando riscontro in una specifica clausola contrattuale e la mancanza, nella lettera raccomandata del 18/10/1995, della indicazione del termine di rientro di un giorno previsto nella suddetta clausola non comporta l'inefficacia del recesso, ma solo il differimento dell'esigibilità del credito alla scadenza di tale termine, scadenza ampiamente verificatasi alla data di notifica della domanda monitoria.

La parziale riforma della sentenza non muta significativamente l'entità della soccombenza del Br. verso l'Is.Sa. rispetto al giudizio di primo grado: la regolamentazione delle spese fra tali parti contenuta nella sentenza impugnata va pertanto confermata.

Le spese del giudizio di gravame, considerata la proposizione dell'appello incidentale, poi rinunciato da Sa. S.p.A.; si compensano per un terzo e i residui due terzi, liquidati come in dispositivo, vengono posti a carico del Br.Gi.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando, in parziale riforma della sentenza impugnata, condanna Br.Gi. a pagare a Sa. S.p.A. (già Istituto Bancario Sa. S.p.A.) per il credito relativo al saldo negativo del conto corrente n. (omissis) la somma di Euro 1.020,57 - in luogo di quella di quella di Euro 1.045,57 stabilita per tale credito nella sentenza impugnata - oltre agli interessi al tasso convenzionale del 18,25% annuo a decorrere dal 1/10/1995 fino al saldo. Conferma nel resto la sentenza impugnata, anche per quanto concerne la regolamentazione delle spese giudizio di opposizione tra il Br. la banca opposta.

Dichiara le spese del presente grado di giudizio compensate per un terzo e condanna Br.Gi. a rifondere a Sa. S.p.A. i residui due terzi, liquidando tale quota in complessivi Euro 1.900,00 (di cui Euro 800,00 per diritti e Euro 1.100,00 per onorari) oltre al rimborso delle spese generali, IVA e CAP.

Così deciso in Firenze il 7 ottobre 2009.

Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2010.

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