In caso di falsificazione di assegno la banca non è resposanbile se la stessa non è evidente

Nel caso di falsificazione o alterazione, trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 1176 c.c., comma 2, e articolo 1992 c.c., comma 2, in virtu' delle quali il pagamento eseguito in favore di un soggetto diverso dal beneficiario dell'assegno, ma apparentemente legittimato in base alle indicazioni risultanti dal titolo, non comporta automaticamente l'affermazione della responsabilita' della banca, a tal fine occorrendo invece una valutazione in concreto del comportamento della stessa, da condursi secondo il parametro della diligenza professionale, con la conseguenza che la banca puo' essere ritenuta responsabile soltanto nel caso in cui l'alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non e' tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, ne' e' tenuto a mostrare le qualita' di un esperto grafologo (cfr. Cass., Sez. 3, 4 ottobre 2011, n. 20292; Cass., Sez. 1, 15 luglio 2005, n. 15066). Tale principio e' riferibile non soltanto alla banca trattaria (o a quella emittente, in caso di assegno circolare), tenuta a rilevare l'eventuale alterazione o falsificazione dell'assegno quando lo stesso le viene rimesso in stanza di compensazione, ma anche alla banca alla quale il titolo sia stato girato per l'incasso da un proprio cliente e che ne abbia effettuato il pagamento in favore di quest'ultimo o l'accreditamento sul suo conto corrente, per poi inviarlo alla stanza di compensazione, incombendo alla banca negoziatrice l'obbligo di verificare la sussistenza dei presupposti per il pagamento, prima fra tutti la legittimazione del presentatore dell'assegno (cfr. Cass., Sez. 1, 4 ottobre 2010, n. 20573; 18 marzo 2010, n. 6624; 6 ottobre 2005, n. 19512). PUBBLICAZIONE

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 21 giugno 2016, n. 12806



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FORTE Fabrizio - Presidente

Dott. BERNABAI Renato - Consigliere

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido - rel. Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) S.R.L., in persona del presidente p.t. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l'avv. prof. (OMISSIS), dal quale, unitamente all'avv. (OMISSIS) del foro di Milano, e' rappresentata e difesa in virtu' di procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) S.P.A., rappresentata da (OMISSIS), in virtu' di procura per notaio (OMISSIS) del (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l'avv. (OMISSIS), dal quale e' rappresentata e difesa in virtu' di procura speciale a margine del controricorso;

- controricorrente -

e

(OMISSIS) S.P.A., rappresentata da (OMISSIS), in virtu' di procura speciale per notaio (OMISSIS) del (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso gli avv. (OMISSIS) ed (OMISSIS), unitamente agli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), dai quali e' rappresentata e difesa in virtu' di procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrente -

e

(OMISSIS);

- intimato -

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 1018/09, pubblicata il 6 aprile 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21 gennaio 2016 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito l'avv. (OMISSIS) per la ricorrente e l'avv. (OMISSIS) per delega del difensore della (OMISSIS) S.p.a.;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. - La (OMISSIS) S.p.a. convenne in giudizio la (OMISSIS) S.p.a. e la (OMISSIS) S.p.a., per sentirle condannare al risarcimento dei danni derivanti dalla negoziazione e dal pagamento di un assegno bancario contraffatto dell'importo di Lire 98.878.000.

Si costitui' la (OMISSIS), e contesto' la propria responsabilita', indicando come responsabili la stessa attrice e la (OMISSIS), nei confronti della quale propose domanda di manleva.

Si costitui' inoltre la (OMISSIS), e contesto' anch'essa la propria responsabilita', negando la riconoscibilita' della contraffazione ed indicando come responsabili la stessa attrice, in considerazione delle modalita' dalla stessa adottate per la trasmissione dell'assegno al beneficiario, (OMISSIS), che aveva presentato il titolo all'incasso, e la (OMISSIS), nei confronti della quale propose domanda di rivalsa.

Si costitui' infine lo (OMISSIS), e resistette alla domanda, chiedendone il rigetto.

1.1. - Con sentenza del 27 novembre 2004, il Tribunale di Milano rigetto' la domanda proposta nei confronti della (OMISSIS) S.p.a. (nel frattempo succeduta alla (OMISSIS)) e dell' (OMISSIS) S.p.a. (a sua volta succeduta alla (OMISSIS)), ed accolse quella proposta nei confronti dello (OMISSIS), condannandolo al pagamento della somma di Euro 51.066,22, oltre interessi legali.

2. - L'impugnazione proposta dall' (OMISSIS) S.p.a. (gia' (OMISSIS)) e' stata rigettata dalla Corte d'Appello di Milano, che con sentenza del 6 aprile 2009 ha dichiarato inammissibile il gravame incidentale proposto dall' (OMISSIS) S.p.a. (gia' (OMISSIS)) in ordine al regolamento delle spese processuali.

A fondamento della decisione, la Corte ha innanzitutto dichiarato inammissibile, in quanto tardivo, l'intervento spiegato in appello dall' (OMISSIS) S.r.l., succeduta all' (OMISSIS) S.a.s. (gia' (OMISSIS) S.p.a.) in qualita' di cessionaria del ramo d'azienda comprendente il rapporto controverso, rilevando che la predetta societa' si era costituita in giudizio soltanto dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni.

Nel merito, premesso che, come riferito dai testi escussi ed accertato dal c.t.u. nominato nel corso del giudizio, l'assegno, recante il timbro d'intrasferibilita' ma privo dell'indicazione della data e del luogo di emissione, era stato riempito in queste ultime parti direttamente dal falsificatore, il quale ne aveva alterato l'importo e l'indicazione del beneficiario, originariamente redatti a mano con penna ad inchiostro indelebile, compilandoli per trasferimento con macchina da scrivere impiegante nastro politecnico con strato di carbon black, la Corte ha ritenuto infondate le censure sollevate dall'appellante in ordine alle modalita' di scritturazione del titolo, osservando comunque che modalita' diverse non avrebbero consentito di affermare la responsabilita' delle Banche, avuto riguardo all'abilita' dimostrata dal falsario nella cancellazione delle scritte originarie, che aveva impedito di rilevarne l'alterazione con l'ordinaria diligenza dell'operatore bancario.

In ordine alla responsabilita' della (OMISSIS), premesso che l'appellante non aveva specificamente censurato la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva dichiarato tardiva l'allegazione del profilo di negligenza consistente nell'aver consentito al cliente d'incassare il rilevante importo dell'assegno ancor prima del relativo accredito, la Corte ha confermato che tale condotta non poteva essere ritenuta determinante ai fini dell'indebito pagamento del titolo, in considerazione del ritardo con cui l'attrice ne aveva denunciato lo smarrimento, anch'esso rimasto incontestato, e dell'impossibilita' per la Banca di rifiutare il pagamento fino alla data della denuncia. Ha ritenuto poi infondate le censure concernenti la rilevabilita' della contraffazione, osservando che il c.t.u. ne aveva confermato l'accuratezza, essendo pervenuto all'accertamento della stessa soltanto a seguito d'indagini specialistiche, ed escludendo la possibilita' di ravvisare un indizio dell'alterazione nella mera applicazione di un nastro protettivo sul titolo, corrispondente ad una prassi diffusa, anche se sconsigliata dall'Associazione Bancaria Italiana. Ha pertanto confermato anche l'esclusione della responsabilita' della (OMISSIS) per aver omesso d'informare l'attrice, ritenendo conseguentemente superfluo l'accertamento dell'insussistenza di un eventuale concorso di colpa di quest'ultima.

3. - Avverso la predetta sentenza l' (OMISSIS) S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi. Hanno resistito con controricorsi l' (OMISSIS) S.p.a. e l' (OMISSIS) S.p.a., gia' (OMISSIS) S.p.a., succeduta all' (OMISSIS) S.p.a. a seguito di conferimento di ramo d'azienda con atto per notaio (OMISSIS) del (OMISSIS). Lo (OMISSIS) non ha svolto attivita' difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Preliminarmente, va disattesa l'eccezione d'inammissibilita' dell'impugnazione sollevata dalla difesa dell' (OMISSIS) in relazione all'asserito difetto di specialita' della procura rilasciata al difensore della ricorrente, la cui apposizione a margine del ricorso, ad avviso della controricorrente, non puo' considerarsi di per se' sufficiente a garantirne l'anteriorita' rispetto alla pronuncia della sentenza impugnata e la riferibilita' all'impugnazione della stessa, in assenza dell'indicazione della data e di qualsiasi richiamo al giudizio di legittimita'.

La facolta' di apporre la procura in calce o a margine di specifici e tipici atti del processo, riconosciuta alla parte dall'articolo 83 c.p.c., comma 3, consente infatti di presumere che il mandato cosi' conferito abbia effettiva attinenza al grado o alla fase del giudizio cui inerisce l'atto che lo contiene: la procura per il giudizio di cassazione rilasciata in calce o a margine del ricorso, facendo corpo unico con tale atto, deve pertanto considerarsi idonea a soddisfare il requisito della specialita' prescritto dalla predetta disposizione, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, ne' la mancata indicazione della data, desumibile da quella del ricorso stesso, ne' la formulazione eventualmente generica ed omnicomprensiva dei poteri attribuiti al difensore, soprattutto laddove, come nella specie, il collegamento con il giudizio di legittimita' sia reso esplicito attraverso il richiamo della procura e della sentenza impugnata nell'intestazione dell'atto d'impugnazione (cfr. Cass., Sez. 2, 23 luglio 2015, n. 15538; Cass., Sez. 3, 5 dicembre 2014, n. 25725; Cass., Sez. 6, 1 settembre 2014, n. 18468).

2. - E' parimenti infondata l'eccezione d'invalidita' del ricorso sollevata dalla difesa della controricorrente in relazione alla mancata indicazione del codice fiscale dei difensori della ricorrente, trattandosi di un requisito, introdotto dal Decreto Legge 29 dicembre 2009, n. 193, articolo 4, comma 8, lettera a), convertito con modificazioni dalla L. 22 febbraio 2010, n. 24, per la cui mancanza l'articolo 125 c.p.c., comma 1, non commina espressamente la sanzione di nullita' dell'atto, e dovendosi peraltro escludere che tale omissione si traduca nel difetto di un requisito indispensabile per il raggiungimento del suo scopo (cfr. Cass., Sez. lav., 23 novembre 2011, n. 24717).

3. - Si osserva infine che, in quanto fondata non gia' sul difetto di legittimazione dell' (OMISSIS), ma sull'inosservanza del termine previsto dall'articolo 268 cod. proc. civ. per la costituzione in giudizio del terzo, la dichiarazione d'inammissibilita' dell'intervento spiegato dalla societa' ricorrente nella precedente fase processuale, non censurata in questa sede, non puo' ritenersi idonea a precludere l'impugnazione della sentenza di appello, in qualita' di avente causa a titolo particolare dalla societa' appellante.

Nel disporre che in caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso il processo prosegue tra le parti originarie, l'articolo 111 cod. proc. civ. permette infatti al successore di parteciparvi, contemplando due distinte modalita' d'ingresso nel giudizio, costituite rispettivamente dall'intervento spontaneo del terzo, cui e' assimilata la chiamata in causa ad opera di una delle parti originarie, e dall'impugnazione della sentenza emessa nei confronti del dante causa, la cui previsione trova fondamento nella circostanza che la decisione, ancorche' pronunciata in assenza del successore, e' destinata a spiegare efficacia anche nei suoi confronti. La mancata impugnazione della sentenza d'appello, nella parte in cui ha ritenuto tardivo l'intervento della societa' ricorrente, consente di prescindere, in questa sede, dall'esame della questione riguardante la riconducibilita' dell'intervento del successore a titolo particolare alla tipologia prevista dagli articoli 105 cod. proc. civ. e ss., e la conseguente assoggettabilita' dello stesso al termine di cui all'articolo 268 cit. La predetta decisione, pur avendo comportato l'estromissione della ricorrente dal giudizio, con la conseguente pronuncia della sentenza nei confronti delle parti originarie, non impedisce infatti alla sentenza di estendere i suoi effetti anche al successore a titolo particolare, al quale non puo' pertanto negarsi la legittimazione ad impugnarla, in via autonoma rispetto al dante causa, restando altrimenti definitivamente pregiudicata la sua posizione, senza che egli abbia avuto la possibilita' d'interloquire in ordine al merito della controversia.

4. - Con il primo motivo d'impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, articolo 43, osservando che, nell'escludere la responsabilita' delle Banche, la sentenza impugnata non ha considerato che, in quanto recante la clausola "non trasferibile", l'assegno non poteva essere pagato a persona diversa dal prenditore originariamente indicato dall'emittente. L'inosservanza di tale prescrizione comporta, secondo la ricorrente, l'affermazione della responsabilita' non solo della Banca negoziatrice, per aver pagato l'assegno a persona diversa dal prenditore, ma anche di quella trattaria, per aver ingiustamente addebitato sul conto del traente un importo diverso da quello originariamente indicato sul titolo. Se e' vero, infatti, che, in caso di apposizione della clausola d'intrasferibilita' da parte del girante, la banca risponde del pagamento dell'assegno ad una persona diversa dal giratario anche se la clausola sia stata cancellata o sia stato cancellato il nome del giratario, effetti identici devono essere attribuiti anche al pagamento dell'assegno alterato nel nome del primo prenditore, e cio' indipendentemente dalla diligenza impiegata dalla banca nel pagamento.

4.1. - Il motivo e' infondato.

In tema di assegno bancario o circolare non trasferibile, questa Corte ha da tempo affermato che il Regio Decreto n. 1736 del 1933, articolo 43, comma 2, nel disciplinare la responsabilita' della banca per il pagamento a persona diversa dal beneficiario, attribuendola a colui che paga a persona diversa dal prenditore o da un banchiere giratario per l'incasso, si riferisce non gia' alla persona fisica del prenditore, ma alla legittimazione cartolare, cioe' alla persona che non e' legittimata come prenditore, e non introduce una deroga ai principi generali in tema di identificazione del presentatore dei titoli a legittimazione nominale (cfr. Cass., Sez. 1, 11 ottobre 1997, n. 9888; 19 marzo 1996, n. 2320; 3 aprile 1992, n. 4087). Pertanto, nel caso di falsificazione o alterazione, trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 1176 c.c., comma 2, e articolo 1992 c.c., comma 2, in virtu' delle quali il pagamento eseguito in favore di un soggetto diverso dal beneficiario dell'assegno, ma apparentemente legittimato in base alle indicazioni risultanti dal titolo, non comporta automaticamente l'affermazione della responsabilita' della banca, a tal fine occorrendo invece una valutazione in concreto del comportamento della stessa, da condursi secondo il parametro della diligenza professionale, con la conseguenza che la banca puo' essere ritenuta responsabile soltanto nel caso in cui l'alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non e' tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, ne' e' tenuto a mostrare le qualita' di un esperto grafologo (cfr. Cass., Sez. 3, 4 ottobre 2011, n. 20292; Cass., Sez. 1, 15 luglio 2005, n. 15066). Tale principio, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, e' riferibile non soltanto alla banca trattaria (o a quella emittente, in caso di assegno circolare), tenuta a rilevare l'eventuale alterazione o falsificazione dell'assegno quando lo stesso le viene rimesso in stanza di compensazione, ma anche alla banca alla quale il titolo sia stato girato per l'incasso da un proprio cliente e che ne abbia effettuato il pagamento in favore di quest'ultimo o l'accreditamento sul suo conto corrente, per poi inviarlo alla stanza di compensazione, incombendo alla banca negoziatrice l'obbligo di verificare la sussistenza dei presupposti per il pagamento, prima fra tutti la legittimazione del presentatore dell'assegno (cfr. Cass., Sez. 1, 4 ottobre 2010, n. 20573; 18 marzo 2010, n. 6624; 6 ottobre 2005, n. 19512).

Non merita pertanto censura la sentenza impugnata, nella parte in cui, pur avendo accertato che l'assegno, emesso con clausola di non trasferibilita', era stato contraffatto, in particolare mediante la falsificazione dell'importo e dell'indicazione del beneficiario, ha ritenuto che il pagamento a persona diversa da quella originariamente indicata come prenditore non fosse sufficiente ai fini dell'affermazione della responsabilita' delle banche convenute, ed ha pertanto proceduto alla verifica della conformita' della condotta dalle stesse tenuta rispetto al parametro della diligenza professionale, pervenendo all'esclusione della loro responsabilita' in virtu' della considerazione che l'alterazione delle predette indicazioni non era rilevabile con l'ordinaria diligenza dell'operatore bancario, in quanto realizzata con abilita' tale da poter essere accertata soltanto attraverso le indagini tecniche effettuate dal c.t.u. con l'utilizzazione di sofisticate apparecchiature di laboratorio.

5. - Con il secondo motivo, la ricorrente deduce l'insufficienza e la contraddittorieta' della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nell'escludere la responsabilita' della (OMISSIS) in virtu' del ritardo con cui era stato denunciato lo smarrimento dell'assegno, la Corte di merito non ha tenuto conto della rapidita' con cui aveva avuto luogo il pagamento, tale da rendere comunque impossibile una tempestiva denuncia.

5.1. - Il motivo e' inammissibile.

L'esclusione della responsabilita' della (OMISSIS), in qualita' di negoziatrice dell'assegno contraffatto, e' stata giustificata dalla Corte di merito sulla base di una pluralita' di considerazioni, riflettenti, oltre all'impossibilita' di rilevare la falsificazione con la diligenza del bancario medio, che ha formato oggetto del primo motivo di ricorso, la mancata impugnazione della sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva ritenuto tardiva l'allegazione del profilo di negligenza rappresentato dall'anticipata corresponsione dell'importo del titolo rispetto all'accreditamento dello stesso da parte della banca trattaria, e l'impossibilita' per la banca negoziatrice di ritardare il pagamento stesso fino al momento della denuncia di smarrimento, presentata ad oltre un mese di distanza dall'evento. Il rigetto delle censure proposte con il primo motivo e la mancata impugnazione della sentenza d'appello, nella parte in cui ha ritenuto inammissibili le censure riguardanti il profilo di negligenza tardivamente allegato, determinando il passaggio in giudicato delle relative statuizioni, configurabili come distinte rationes decidendi, consentono di escludere l'interesse della ricorrente all'esame delle censure concernenti l'accertamento del predetto profilo di negligenza, in quanto l'accoglimento delle stesse non potrebbe in alcun caso condurre alla cassazione della sentenza impugnata, destinata a reggersi autonomamente sulla base delle statuizioni divenute ormai definitive (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 29 marzo 2013, n. 7931; Cass., Sez. 3, 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass., Sez. 6, 3 novembre 2011, n. 22753).

6. - Il ricorso va pertanto rigettato, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore delle controricorrenti, che si liquidano come dal dispositivo. Il mancato svolgimento di attivita' processuale da parte dello altro intimato esclude invece la necessita' di provvedere al regolamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna l' (OMISSIS) S.p.a. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 5.200,00, ivi compresi Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, in favore dell' (OMISSIS) S.p.a., ed in complessivi Euro 4.200,00, ivi compresi Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, in favore dell' (OMISSIS) S.p.a..

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