E' illegittimo il licenziamento del lavoratore che, in malattia, svolge, nell'abitazione, attività simile a quella eseguita come lavoratore dipendente

Il comportamento del dipendente che presti attività' lavorativa durante il periodo di assenza per malattia può' costituire giustificato motivo di recesso da parte del datore di lavoro ove esso integri una violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà', configurabile allorché' il comportamento medesimo sia di per se' sufficiente a far presumere l'inesistenza dell'infermità' addotta a giustificazione dell'assenza, dimostrando una sua fraudolenta simulazione o quando, valutato in relazione alla natura ed alle caratteristiche dell'infermità' denunciata ed alle mansioni svolte nell'ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione ed il rientro in servizio del lavoratore, con violazione dell'obbligazione preparatoria e strumentale rispetto alla corretta esecuzione del contratto.

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, Sentenza 17 novembre 2017, n. 27333



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio - Presidente

Dott. DE GREGORIO Federico - Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia - Consigliere

Dott. DE MARINIS Nicola - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso 20202-2015 proposto da:

(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

- ricorrente -

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS);

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 92/2015 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 10/02/2015 R.G.N. 298/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/06/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l'Avvocato (OMISSIS);

udito l'Avvocato (OMISSIS) per delega verbale Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 10 febbraio 2015, la Corte d'Appello di Firenze, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Lucca, accoglieva la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimita' del licenziamento intimatogli per aver svolto, durante un periodo di assenza per malattia, attivita' lavorativa corrispondente a quella eseguita quale lavoratore dipendente (lavori di meccanica) in un proprio locale attiguo alla propria abitazione, ordinando la reintegrazione del lavoratore e disponendo in suo favore la condanna a titolo di risarcimento danni delle retribuzioni maturate e maturande dal licenziamento alla reintegra.

La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto il limitato impegno lavorativo del dipendente insuscettibile di influire in senso pregiudizievole sul decorso della malattia sofferta e sulle necessita' terapeutiche.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la Societa', affidando l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la Societa' ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli articoli 1175, 1375, 2104 e 2119 c.c. imputa alla Corte territoriale l'omessa valutazione del comportamento del lavoratore sotto il profilo dell'osservanza degli obblighi di correttezza e buona fede, in relazione all'asserita inosservanza delle prescrizioni mediche.

Nel secondo motivo il vizio di omesso esame di un fatto controverso decisivo per il giudizio e' prospettato in relazione all'asserita identita' dell'attivita' lavorativa svolta durante la malattia con quella oggetto della prestazione resa alla Societa' tale da indurre a dubitare della sussistenza e, comunque, dell'effetto invalidante della malattia lamentata.

I due motivi, che in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si appalesano del tutto infondati, atteso che la Corte territoriale, muovendo dal principio accolto da questa Corte (cfr. da ultimo Cass. 29.11.2012, n. 21253 richiamata in motivazione) per cui il comportamento del dipendente che presti attivita' lavorativa durante il periodo di assenza per malattia puo' costituire giustificato motivo di recesso da parte del datore di lavoro ove esso integri una violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedelta', configurabile allorche' il comportamento medesimo sia di per se' sufficiente a far presumere l'inesistenza dell'infermita' addotta a giustificazione dell'assenza, dimostrando una sua fraudolenta simulazione o quando, valutato in relazione alla natura ed alle caratteristiche dell'infermita' denunciata ed alle mansioni svolte nell'ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione ed il rientro in servizio del lavoratore, con violazione dell'obbligazione preparatoria e strumentale rispetto alla corretta esecuzione del contratto, ha disatteso la tesi della Societa' ricorrente circa la ravvisabilita' nella specie di simili evenienze sulla base di un iter valutativo da ritenersi immune da vizi logici e giuridici, per essere l'esclusione, tanto della fraudolenta simulazione, quanto del pregiudizio alla tempestiva ripresa del servizio, fondata sul dato, ammesso dalla stessa Societa' ricorrente, della marginalita' dell'impegno lavorativo, indubbiamente, da un lato, inidoneo a fondare la presunzione dell'inesistenza dell'infermita', del resto accertata in sede di CTU e, dall'altro, tale da rendere il comportamento stesso compatibile con la prescrizione medica del riposo.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita', che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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