Il trasferimento del lavoratore legittima il rifiuto del dipendente che ha diritto alla tutela di cui alla L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5

Ai sensi della L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5 nel testo modificato dalla L. 24 novembre 2010, n. 183, articolo 24, comma 1, lettera b) il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuita' un familiare disabile convivente opera ogni volta che muti definitivamente il luogo geografico di esecuzione della prestazione anche se lo spostamento venga attuato nell'ambito della medesima unita' produttiva". Ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104, articolo 33, comma 5 come modificato dalla L. 24 novembre 2010, n. 183, articolo 24, comma 1, lettera b) il diritto del lavoratore a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso non puo' subire limitazioni risultando la inamovibilita' giustificata dal dovere di cura e di assistenza da parte del lavoratore al familiare disabile, sempre che non risultino provate da parte del datore di lavoro specifiche esigenze tecniche, organizzative e produttive che, in un equilibrato bilanciamento tra interessi, risultino effettive e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte". Il trasferimento del lavoratore legittima il rifiuto del dipendente che ha diritto alla tutela di cui alla L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5 di assumere servizio nella sede diversa cui sia stato destinato ove il trasferimento sia idoneo a pregiudicare gli interessi di assistenza familiare del dipendente e ove il datore di lavoro non provi che il trasferimento e' stato disposto per effettive ragioni tecniche, organizzative e produttive insuscettibili di essere diversamente soddisfatte".

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, Sentenza 12 ottobre 2017, n. 24015



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe - Presidente

Dott. TORRICE Amelia - Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela - rel. Consigliere

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa - Consigliere

Dott. TRICOMI Irene - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso 12608-2015 proposto da:

(OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) S.R.L. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 11/2015 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/01/2015 R.G.N. 1615/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/05/2017 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l'Avvocato (OMISSIS);

udito l'Avvocato (OMISSIS).

FATTO E MOTIVI

1. La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza n. 11 in data 8.1.2015, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Napoli aveva rigettato il ricorso proposto da (OMISSIS), volto all'accertamento della illegittimita' e/o inefficacia del licenziamento in data 28.10.2011, intimato dalla societa' (OMISSIS) srl per assenza ingiustificata dal servizio a decorrere dal 7.10.2011, e alla pronuncia dei provvedimenti reintegratori, economici e reali.

2. La Corte territoriale ha ritenuto che: la prova testimoniale aveva dimostrato che il provvedimento relativo al trasferimento dalla mensa del carcere (OMISSIS) a quella del carcere di (OMISSIS) era stato comunicato a mezzo di lettera raccomandata e, il 17.9.2011, oralmente; lo stesso (OMISSIS) nell'atto di querela aveva riferito che il trasferimento gli era stato comunicato telefonicamente prima del 17.9.2011; il telegramma contenente la comunicazione del trasferimento inviato il 28.9.2011 era stato regolarmente consegnato al lavoratore; il rifiuto del (OMISSIS) di svolgere la prestazione lavorativa presso la mensa di (OMISSIS) era ingiustificato perche' la nuova sede di lavoro si trovava a pochi chilometri di distanza dalla originaria sede di lavoro e dalla abitazione del lavoro del medesimo, le mansioni erano equivalenti a quelle gia' affidate presso il carcere di (OMISSIS), l'orario di lavoro assegnato non era incompatibile con le esigenze del lavoratore di assicurare l'assistenza la familiare disabile; la sanzione risolutiva era proporzionata alla condotta addebitata perche' costituiva violazione dei doveri fondamentali che incombono sul lavoratore, il quale avrebbe potuto contestare la legittimita' del trasferimento nelle more dell'adempimento della prestazione lavorativa presso la nuova sede di lavoro.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) affidato a tre motivi, al quale ha resistito con tempestivo controricorso la (OMISSIS) srl.

4. La controricorrente in data 20.4.2016 ha depositato comparsa di costituzione di nuovo difensore, all'esito del decesso dell'Avvocato (OMISSIS), originario difensore. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c.

Sintesi dei motivi.

5. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 13 e/o della L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5 e delle disposizioni della contrattazione collettiva, per avere la Corte territoriale ritenuto che il provvedimento di trasferimento fosse stato comunicato ad esso ricorrente attraverso la consegna del telegramma in data 28.9.2011. Asserisce che il telegramma non costituirebbe prova idonea a provare l'avvenuta comunicazione del provvedimento di trasferimento.

6. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione delle parti e violazione della L. n. 604 del 1966, degli articoli 2118, 2119, e 2087 c.c. e dei contratti e degli accordi nazionali di lavoro. In sostanza il ricorrente lamenta che la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante la questione relativa alla qualificazione del trasferimento ai sensi e per gli effetti della L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5 oggetto di esplicita censura formulata nei confronti della relativa statuizione contenuta nella sentenza di primo grado. Condizionando il motivo di ricorso alla eventualita' che siffatta questione sia ritenuta rilevante, deduce che la mensa presso il Carcere di (OMISSIS) e quella presso il carcere di (OMISSIS) costituiscono, ai sensi dell'articolo 2103 c.c. due autonome e distinte unita' produttive poste in Comuni diversi.

7. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966 e successive modifiche, degli articoli 2118, 2119, 2087 c.c. e articolo 1460 c.c., comma 2 e della L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5. Deduce che era incontestato che esso ricorrente: fruiva dei benefici di cui alla L. n. 104 del 1992 per assistere il padre convivente affetto da handicap grave, non aveva prestato il consenso al trasferimento presso la mensa di (OMISSIS). Sostiene che il licenziamento e' illegittimo in quanto il rifiuto di esso ricorrente di prestare servizio presso la sede di nuova destinazione conseguiva alla illegittimita' del trasferimento disposto in violazione della L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5.

Esame dei motivi.

8. Il primo motivo e' inammissibile.

9. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, al quale va data continuita' "qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralita' di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, e' inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione." (Cass. SS.UU 7931/2013; Cass. 19183/2016).

10. Ebbene, il ricorrente non ha formulato alcuna censura nei confronti della affermazione della Corte territoriale, affermazione idonea da se' sola a fondare la statuizione di rigetto dell'eccezione di mancata comunicazione del provvedimento di trasferimento, secondo cui dalla prova testimoniale era emerso che detto provvedimento era stato comunicato al (OMISSIS) sia con lettera raccomandata sia oralmente e che di siffatta comunicazione il ricorrente aveva dato atto in occasione della presentazione di una querela, rappresentando di esserne stato informato telefonicamente prima del 17.9.2011.

11. In ogni caso, va rilevato che l'affermazione della Corte territoriale sulla ritenuta idoneita' del telegramma a far sorgere nel lavoratore la conoscenza del provvedimento di trasferimento e' conforme ai principi ripetutamente affermati da questa Corte, secondo cui un telegramma (cosi' come una lettera raccomandata), anche in mancanza di avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione anzidetta e dell'ordinaria regolarita' del servizio postale e telegrafico, di arrivo al destinatario e di conoscenza dell'atto (Cass.12954/2007, 86492006, 758/2006, 22133/2004).

12. Va rilevato che la Corte territoriale con accertamento di fatto che non puo' essere oggetto di riesame in sede di legittimita' (Cass.SSU 24148/ 2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, 15208/2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007) ha rilevato che il telegramma in data 28.9.2011 era stato consegnato al lavoratore.

13. Il secondo ed il terzo motivo da esaminarsi congiuntamente, sono ammissibili diversamente da quanto opina la resistente, che nel controricorso ha invocato le disposizioni contenute nei novellati articoli 360, 360 bis, 366 c.p.c. e articolo 348 ter c.p.c., comma 5.

14. I motivi in esame risultano conformi alle prescrizioni contenute nell'articolo 366 c.p.c.: il ricorrente non si e' limitato alla mera indicazione delle norme di legge che assume violate, ma ha svolto specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, con le quali si confrontato in maniera critica e puntuale, debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza (Cass. SSUU. 17931/2011; Cass. 24298/2016, 5337/2007).

15. I motivi non sono inammissibili ai sensi dell'articolo 360 bis c.p.c., disposizione che, nella lettura datane nella recente sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 7155 del 2017, condivisa da questo Collegio, esonera la Suprema Corte dall'esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimita', cosi' consentendo una piu' rapida delibazione dei ricorsi "inconsistenti". Inconsistenza non sussistente nella fattispecie in esame per quanto si osserva di seguito.

16. I motivi sono ammissibili ai sensi dell'articolo 348 ter c.p.c., comma 5 in quanto le censure formulate denunciano vizio di violazione e di falsa applicazione di norme di diritto (terzo motivo) e non investono l'adesione del giudice di appello al giudizio di fatto contenuto nella sentenza di primo grado, che (secondo motivo) si assume mancato quanto alla qualificazione, giuridica, del trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 c.c. e della L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5.

17. Nel merito le censure sono fondate.

18. La L. 5 febbraio 1992, n. 104 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) ha introdotto, all'articolo 33, agevolazioni per i lavoratori che assistono soggetti portatori di handicap.

19. Va rilevato, pur omettendone per brevita' il testuale richiamo, che dalla lettura di tutte le agevolazioni disciplinate dal dettato originario dell'articolo 33, si evince che il legislatore del 1992 ha espressamente connotato della "gravita'" la situazione del familiare del lavoratore, minorenne o maggiorenne, necessitato dell'accudimento sotteso alle agevolazioni introdotte in tutti i commi del menzionato articolo 33, fatta eccezione proprio del comma 5 ove il legislatore ha piuttosto fatto riferimento alla correlazione, tra lavoratore e familiare, fondata sull'assistenza con continuita' e sulla convivenza.

20. L'articolo 33, comma 5, nel testo applicabile "ratione temporis" alla vicenda dedotta in giudizio dispone che "Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro piu' vicina al domicilio della persona da assistere e non puo' essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".

21. I requisiti indicati dal comma 3, pur contestualmente novellato dalla cit. L. n. 183, articolo 24, comma 1, lettera a), che accomunano ora la disciplina dei permessi retribuiti a quella del trasferimento, risultano i seguenti: "A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravita', coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravita' abbiano compiuto i sessantacinque anni di eta' oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa...".

La fruizione di tali agevolazioni presuppone che la condizione di disabilita' sia accertata mediante le Commissioni mediche previste dalla L. n. 104 del 1992, articolo 4 (cfr., ex plurimis, Cass. 8436/2003).

22. Sul piano sistematico, come gia' affermato da questa Corte (Cass. SSUU 16102/2009; Cass. 25379/2016, 22421/2015, 9201/2012), la configurazione giuridica delle posizioni soggettive riconosciute dalla norma, e i limiti del relativo esercizio all'interno del rapporto di lavoro, devono essere individuati alla luce dei numerosi interventi della Corte costituzionale che - collocando le agevolazioni in esame all'interno di un'ampia sfera di applicazione della L. n. 104 del 1992, diretta ad assicurare, in termini quanto piu' possibile soddisfacente, la tutela dei soggetti con disabilita' - destinata a incidere sul settore sanitario e assistenziale, sulla formazione professionale, sulle condizioni di lavoro, sull'integrazione scolastica - ha precisato la discrezionalita' del legislatore nell'individuare le diverse misure operative finalizzate a garantire la condizione del portatore di handicap mediante l'interrelazione e l'integrazione dei valori espressi dal disegno costituzionale (Corte Cost. n. 406 del 1992, 325 del 1996); ha piu' volte evidenziato la centralita' del ruolo della famiglia nell'assistenza del disabile (da ultimo, Corte Cost. 329/2011 e, in precedenza, Corte Cost. 233/2005) e, in particolare, nel soddisfacimento dell'esigenza di socializzazione quale fondamentale fattore di sviluppo della personalita' e idoneo strumento di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione piu' ampia (si vedano, fra le altre, sent. nn. 158 del 2007, n. 350 del 2003, e n. 19 del 2009).

23. Le misure previste dall'articolo 33, comma 5, devono, dunque, intendersi come razionalmente inserite in un ampio complesso normativo - riconducibile al principio sancito dall'articolo 3 Cost., comma 2 - che deve trovare attuazione mediante meccanismi di solidarieta' che, da un lato, non si identificano esclusivamente con l'assistenza familiare e, dall'altro, devono coesistere e bilanciarsi con altri valori costituzionali.

24. Va, inoltre, osservato che questa Corte (Cass. 9201/2012, 25379/2016, 22421/2015) ha affermato il principio secondo cui "la disposizione della L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5, laddove vieta di' trasferire, senza consenso, il lavoratore che assiste con continuita' un familiare disabile convivente, deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati - alla luce dell'articolo 3 Cost., comma 2, e della Carta di Nizza che, al capo 3 - rubricato Uguaglianza - riconosce e rispetta i diritti dei disabili di beneficiare di misure intese a garantire l'autonomia, l'inserimento sociale e la partecipazione alla vita della comunita' (articolo 26) e al capo 4 rubricato Solidarieta' - tratta della protezione della salute, per la quale si afferma che nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attivita' dell'Unione e' garantito un alto livello di protezione della salute umana.

25. Va anche osservato che la lettura della L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5 nei termini sopra ricostruiti e' conforme alla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 dei disabili, ratificata con L. n. 18 del 2009 dall'Italia (C. Cost. n. 275 del 2016) e dall'Unione Europea con decisione n. 2010/48/CE (Cass. 12911/2017, 25379/2016, 2210/2016).

26. L'efficacia della tutela della persona con disabilita' si realizza, per quanto rileva nella fattispecie in esame, anche mediante la regolamentazione del contratto di lavoro in cui e' parte il familiare della persona tutelata, in quanto il riconoscimento di diritti in capo al lavoratore e' in funzione del diritto del congiunto con disabilita' alle immutate condizioni di assistenza.

27. E', nondimeno, innegabile che l'applicazione dell'articolo 33, comma 5, cit., postula, di volta in volta, un bilanciamento di interessi, bilanciamento necessario, per vero, in via generale, per tutti i trasferimenti, atteso il disposto dell'articolo 2103 c.c., che, nel periodo finale del comma 1, statuisce che il lavoratore non puo' essere trasferito da una unita' produttiva ad un'altra "se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive".

28. L'onere probatorio rafforzato posto dall'articolo 2103 c.c. sul datore di lavoro con riferimento all'esigenza dell'impresa di variare la sede lavorativa (ex multis, Cass. 11984/2010) dimostra la preoccupazione del legislatore nei confronti dei provvedimenti destinati ad avere, nella generalita' dei casi, ricadute sovente pregiudizievoli per il lavoratore sotto diversi versanti, incidenti non di rado oltre che sul piano economico anche su quello familiare per interrompere, per tempi non limitati, quei rapporti di affetti e di solidarieta' quotidiana fondanti la comunita' familiare.

29. A questi ultimi particolare attenzione e' stata dedicata, come innanzi osservato, dal legislatore italiano che, con la L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5 nel contesto normativo sovranazionale sopra richiamato, ha inteso regolare piu' incisivamente i poteri del datore di lavoro nei casi nei quali il lavoratore sia parte di una comunita' familiare nella quale vi siano persone con disabilita' che richiedano un impegno piu' pregnante e gravoso da parte del familiare lavoratore, impegno che anche l'inamovibilita' di quest'ultimo puo' garantire.

30. La ricostruzione del quadro normativo nazionale e sovranazionale e dei principi giurisprudenziali sopra richiamati induce a ritenere che nel necessario bilanciamento di interessi e di diritti del lavoratore e del datore di lavoro, aventi ciascuno copertura costituzionale, dovranno essere valorizzate le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore, occorrendo salvaguardare condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui la persona con disabilita' si trova inserita ed evitando riflessi pregiudizievoli dal trasferimento del congiunto ogni volta che le esigenze tecniche, organizzative e produttive non risultino effettive e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte (Cass. 25379/2016, 9201/2012).

31. In questa prospettiva applicativa, deve ritenersi che il trasferimento del lavoratore di cui alla L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5 e' configurabile anche nell'ipotesi in cui lo spostamento venga attuato nell'ambito della medesima unita' produttiva, quando questa comprenda uffici dislocati in luoghi diversi. Il dato testuale contenuto nella norma, che fa riferimento alla sede di lavoro, non consente, infatti, di ritenere che questa corrisponda alla unita' produttiva alla quale fa, invece, riferimento l'articolo 2103 c.c. (Cass. 24775/2013).

32. Tanto precisato, e ritornando all'esame dei motivi di ricorso, deve ritenersi che la Corte territoriale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimita' del trasferimento dell'odierno ricorrente dalla sede di (OMISSIS) a quella di (OMISSIS), e sulla legittimita' del rifiuto di questi di rendere la prestazione nella nuova sede di lavoro ha disatteso i principi sopra richiamati.

33. Essa, infatti, ha ritenuto illegittimo tale rifiuto sul duplice rilievo che la nuova sede di lavoro si trovava a pochissimi chilometri di distanza da quella originaria sede e dalla abitazione del (OMISSIS) e che il trasferimento avrebbe potuto essere oggetto di contestazioni nella continuita' della prestazione di lavoro. Su tale premessa ha, poi, formulato il giudizio valoriale di gravita' dell'inadempimento e di proporzionalita' della sanzione espulsiva.

34. In tal modo la Corte territoriale ha omesso di svolgere qualsiasi accertamento in ordine alla compatibilita' della nuova sede di lavoro con gli obblighi di assistenza del familiare pacificamente affetto da handicap, di indagare se il mutamento della sede di lavoro del lavoratore alterasse le condizioni di vita del contesto familiare in cui la persona con disabilita' si trovava inserita e il livello di assistenza assicurabile dal (OMISSIS) all'esito del mutamento della sede di lavoro. Essa, soprattutto, non ha verificato se sussistessero effettive ragioni organizzative e produttive, insuscettibili di essere in altro modo soddisfatte, legittimanti il trasferimento e che, in una situazione di contrapposizione di interessi tutti a copertura costituzionale, potessero valere, alla stregua di un corretto bilanciamento di interessi, a legittimare il trasferimento disposto dalla societa' e rendere nel concreto piu' difficoltoso il sostegno del familiare disabile.

35. In altri termini, la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare se vi fossero e quale importanza rivestissero le esigenze produttive sottese al trasferimento, procedere alla valutazione della concreta possibilita' del (OMISSIS) di assicurare, mutato il luogo di lavoro, la dovuta assistenza al familiare portatore di handicap al fine di operare il bilanciamento tra gli opposti interessi, indispensabili per la formulazione del giudizio di proporzionalita', ai sensi dell'articolo 1460 c.c., comma 2 (Cass. 3469/2017, 3959/2016, 4474/2015, 11430/2006).

36. Si deve, conseguentemente, cassare la sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita', alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione che, sulla scorta delle allegazioni contenute nella memoria di costituzione nel giudizio di primo grado della societa' dovra' fare applicazione dei seguenti principio di diritto:

37. "Ai sensi della L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5 nel testo modificato dalla L. 24 novembre 2010, n. 183, articolo 24, comma 1, lettera b) il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuita' un familiare disabile convivente opera ogni volta che muti definitivamente il luogo geografico di esecuzione della prestazione anche se lo spostamento venga attuato nell'ambito della medesima unita' produttiva".

38. "Ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104, articolo 33, comma 5 come modificato dalla L. 24 novembre 2010, n. 183, articolo 24, comma 1, lettera b) il diritto del lavoratore a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso non puo' subire limitazioni risultando la inamovibilita' giustificata dal dovere di cura e di assistenza da parte del lavoratore al familiare disabile, sempre che non risultino provate da parte del datore di lavoro specifiche esigenze tecniche, organizzative e produttive che, in un equilibrato bilanciamento tra interessi, risultino effettive e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte".

39. "Il trasferimento del lavoratore legittima il rifiuto del dipendente che ha diritto alla tutela di cui alla L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 5 di assumere servizio nella sede diversa cui sia stato destinato ove il trasferimento sia idoneo a pregiudicare gli interessi di assistenza familiare del dipendente e ove il datore di lavoro non provi che il trasferimento e' stato disposto per effettive ragioni tecniche, organizzative e produttive insuscettibili di essere diversamente soddisfatte".

P.Q.M.

LA CORTE

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvedera' anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita'.

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