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Integra la violenza privata, disporre l’osservazione psicologica degli allievi senza il consenso dei genitori

Nel delitto di violenza privata e' tutelata la liberta' psichica dell'individuo e la fattispecie criminosa ha carattere generico e sussidiario rispetto ad altre figure criminose in cui la violenza alle persone sia elemento costitutivo del reato, sicche' reprime genericamente fatti di coercizione non espressamente considerati da altre norme di legge. Il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a comprimere la liberta' di determinazione e di azione la parte offesa (fra le tante pronunce, si veda Sez. 5, n. 11522 del 03/03/2009 Rv. 244199, che ha definito la nozione di liberta' morale nel senso che debba intendersi come liberta' di determinarsi spontaneamente secondo motivi propri, sicche' alla liberta' morale va ricondotta sia la facolta' di formare liberamente la propria volonta', sia quella di orientare i propri comportamenti in conformita' delle determinazioni liberamente prese). Pertanto, commettono il reato di violenza privata ai danni di minore, i dirigenti scolastici e gli insegnanti che dispongono l’osservazione psicologica degli allievi durante le lezioni senza il preventivo consenso dei genitori.

Corte di Cassazione, Sezione 5 penale, Sentenza 5 settembre 2017, n. 40291



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMO Maurizio - Presidente

Dott. MORELLI Francesc - rel. Consigliere

Dott. MICCOLI Grazia - Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio - Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

dalla parte civile (OMISSIS), nato il (OMISSIS);

dalla parte civile (OMISSIS), nato il (OMISSIS);

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 28/04/2016 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di AREZZO;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FRANCESCA MORELLI;

lette/sentite le conclusioni del PG Dott. FRANCESCO SALZANO;

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto;

A questo punto il Presidente chiede al difensore di P.C. di produrre la procura speciale, non avendola rinvenuta in atti. Il difensore rappresenta di non esserne al momento in possesso. L'avv. (OMISSIS) ne fornisce una copia. La Corte ne dispone l'acquisizione.

Udito il difensore:

L'avv. (OMISSIS) si riporta integralmente ai motivi di ricorso.

L'avv. (OMISSIS) per la posizione (OMISSIS) si riporta alla memoria depositata; per la posizione (OMISSIS) si associa alle osservazioni del Proc.Gen.;

L'avv. (OMISSIS) si riporta alla memoria inviata.

L'avv. (OMISSIS) insiste per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, il Giudice dell'Udienza Preliminare del Tribunale di Arezzo ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), imputati, il primo, di falso ideologico in atto pubblico e di omessa denuncia, gli altri, di violenza privata in concorso tra loro e, la sola (OMISSIS), anche di falso per soppressione.

1.1. I fatti contestati si riferiscono allo svolgimento, presso l'Istituto scolastico (OMISSIS), di un periodo di osservazione clinica degli alunni della classe 2 elementare da parte della psicologa dell'Istituto, dott.ssa (OMISSIS), venendo la stessa incaricata di esaminare, durante le lezioni, per un periodo complessivo di circa due mesi e con cadenza di due ore settimanali, il comportamento dei minori.

Tale attivita' era stata richiesta da due insegnanti della classe, (OMISSIS) e (OMISSIS), ed autorizzata dal Dirigente scolastico di allora, (OMISSIS), senza dare alcuna comunicazione alle famiglie e senza il preventivo consenso dei genitori degli alunni. All'esito dell'osservazione, la dr.ssa (OMISSIS) aveva stilato, in data 27.04.2011, una relazione clinica, dedicando una parte specifica a (OMISSIS), in quanto alunno con problematiche comportamentali, ed esprimendo peraltro la necessita' di segnalare la situazione ai genitori del bambino. La relazione era stata consegnata agli insegnanti (OMISSIS) e (OMISSIS) e alla DS (OMISSIS), la quale aveva omesso di protocollarla e, all'insediamento del nuovo Dirigente, (OMISSIS), in data 31.08.2011, gliela aveva consegnata.

I genitori del minore, (OMISSIS) e (OMISSIS), erano venuti a conoscenza della relazione solo a fine anno scolastico, durante un colloquio con la (OMISSIS) e, a seguito di molteplici richieste di accesso a tutta la documentazione scolastica relativa al figlio mai evase, avevano ricevuto il 9.11.2011 una lettera di risposta in cui il nuovo DS (OMISSIS) comunicava di aver inviato tutti i documenti e che altri atti, eventualmente esistenti, in quanto non protocollati erano da ritenersi nulli o irrilevanti. La relazione era stata infine consegnata dal (OMISSIS) solo a seguito di decreto di esibizione della Procura della Repubblica il 20.01.2012.

1.2. Venivano, quindi, contestati ai soggetti interessati i seguenti capi d'imputazione: al (OMISSIS), in qualita' di Dirigente scolastico, il reato ex articolo 479 c.p. per aver attestato il falso nella lettera datata 9.11.2011 (capo a), nonche' l'articolo 361 c.p., per aver omesso di denunciare il reato di occultamento compiuto dall'ex DS (capo b); alla (OMISSIS), anch'essa quale DS, il delitto ex articolo 490 c.p. per aver occultato la relazione senza protocollarla (capo c); a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) l'articolo 610 c.p. per aver sottoposto i minori ad osservazione psicologica senza il consenso dei genitori (capo d).

1.3. A carico del (OMISSIS) e' tuttora pendente in fase di appello un procedimento penale (n. 1645/12 RGNR) per lo stesso fatto, conclusosi in primo grado con sentenza di condanna a due mesi di reclusione da parte del Tribunale di Arezzo in ordine al diverso reato di cui all'articolo 328 c.p., comma 2, per rifiuto di compiere un atto d'ufficio in riferimento alla richiesta di accesso ai documenti.

2. La sentenza di proscioglimento del GUP prende le mosse dai fatti ricostruiti nei termini sopra indicati per concludere che:

- non e' configurabile il delitto di violenza privata, da un lato, in quanto l'attivita' svolta dalla dr.ssa (OMISSIS), ossia l'osservazione dei minori durante le ore di lezione, non si sarebbe sostanziata in atti impositivi riconducibili alla fattispecie tipica della violenza privata, dall'altro, in quanto il mancato consenso dei genitori non puo' essere equiparato al dissenso richiesto dalla norma incriminatrice;

- l'imputazione di falso per soppressione e' generica, in quanto non e' specificato se riguardi un atto pubblico o una scrittura privata, ed in ogni caso infondata, poiche' l'imputata (OMISSIS) non distrusse od occulto' la relazione redatta dalla dr.ssa (OMISSIS) ma si limito' a non protocollarla;

- venuto meno il reato di falso per soppressione, cade l'addebito di cui all'articolo 361 c.p. collegato alla omessa denuncia, da parte del nuovo DS, dell'occultamento della relazione;

- la missiva in cui il Dirigente scolastico (OMISSIS) ha risposto ai genitori del minore (OMISSIS) che tutta la documentazione era stata consegnata, non e' oggettivamente falsa, in quanto il tenore complessivo di essa non esclude radicalmente la presenza di altra documentazione ed, in ogni caso, e' dubbio che detta missiva rientri nel novero degli atti pubblici.

3. Propongono ricorso, per il tramite del difensore di fiducia, le parti offese costituite parti civili, (OMISSIS) e (OMISSIS), sia in proprio sia quali esercenti la patria potesta' sul figlio minore (OMISSIS).

3.1. Con il primo motivo di ricorso deducono inosservanza dell'articolo 610 c.p. e vizi motivazionali con riferimento all'esclusione, da parte del GUP, dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato di violenza privata, affermando che, nel caso in esame, e' stato realizzato un trattamento sanitario senza consenso, per di piu' su un minore, in danno anche e soprattutto dei genitori.

3.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta I' inosservanza degli articoli 490 e 361 c.p. nonche' vizi motivazionali in relazione all'esclusione degli elementi costitutivi dei due delitti.

Sotto il primo aspetto, l'occultamento della relazione sarebbe stato realizzato, da parte della DS (OMISSIS), tramite l'omessa registrazione nel protocollo e l'accantonamento in una cartellina non pertinente, al fine di recare a se' un vantaggio.

Sotto il secondo aspetto, il DS (OMISSIS) avrebbe consapevolmente omesso di denunciare un reato di occultamento di cui sarebbe stato a conoscenza.

3.3. Con il terzo motivo di ricorso, si denuncia violazione dell'articolo 479 c.p. nonche' vizi motivazionali con riferimento alla ritenuta esclusione degli elementi costitutivi del delitto di falso.

Si deduce, infine, l'insussistenza dei presupposti per la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere ex articolo 425 c.p.p., in quanto il quadro istruttorio non poteva condurre ad una prognosi di inutilita' del dibattimento.

4. Il difensore di (OMISSIS) ha presentato una memoria difensiva, in data 1.6.17, in cui evidenzia l'inammissibilita' dell'impugnazione, quantomeno in ordine ai reati di falso, per carenza di legittimazione della parte civile, soggetto danneggiato ma non parte offesa.

Si contesta, poi, la fondatezza del ricorso richiamando le argomentazioni della sentenza impugnata secondo cui il difetto di consenso non equivale al dissenso e l'attivita' posta in essere dalla psicologa non comportava in alcun modo una intrusione nella sfera psichica o fisica dei minori.

Quanto al reato di cui all'articolo 490 c.p. sarebbe non configurabile, considerato che l'imputata non protocollo' la relazione ritenendola atto interno e senza mai averla materialmente occultata.

4.1. Il difensore di (OMISSIS) ha presentato una memoria, in data 26.5.17, in cui evidenzia l'inammissibilita' del ricorso della parte civile per difetto di legittimazione, in relazione ai delitti di falso, e, sotto un ulteriore profilo, perche' aspecifico, tendente ad ottenere una diversa ricostruzione in fatto senza confrontarsi con gli argomenti addotti nella sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Le parti civili ricorrenti sono legittimate ad impugnare la sentenza di proscioglimento del GUP in ordine al reato di cui all'articolo 610 c.p. (facolta' non contestata neppure dalle difese) ma anche in relazione ai reati di falso.

Le Sezioni Unite, con sentenza n. 46982 del 25/10/2007 Rv. 237855, hanno affermato il principio per cui "I delitti contro la fede pubblica tutelano direttamente non solo l'interesse pubblico alla genuinita' materiale e alla veridicita' ideologica di determinati atti, ma anche quello del soggetto privato sulla cui sfera giuridica l'atto sia destinato a incidere concretamente, con la conseguenza che egli, in tal caso, riveste la qualita' di persona offesa dal reato e, in quanto tale, e' legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione".

Si tratta di un principio ripreso da Sez. 5, n. 21574 del 27/03/2009, Rv. 24388401; Sez. 5, n. 39839 del 14/10/2008 - dep. 23/10/2008, P.O. in proc. Ciaravola e altri, Rv. 24172501; Sez. 5, n. 2076 del 05/12/2008 - dep. 20/01/2009, Serafini e altri, Rv. 24236101; Sez. 5, n. 7187 del 09/12/2008 - dep. 19/02/2009, P.O. in proc. Cucciniello e altri, Rv. 24315401; Sez. 5, n. 5589 del 18/11/2014 - dep. 05/02/2015, Grassi, Rv. 26281201; Sez. 3, n. 3067 del 08/09/2016 - dep. 23/01/2017, P.G. in proc. Conti e altri, Rv. 26902401.

Il minore ed i suoi genitori potevano vantare un interesse giuridicamente tutelato rispetto alla relazione redatta dalla dr.ssa (OMISSIS), che concerneva, nello specifico, (OMISSIS), sicche' sono parte offesa dei delitti di falso configurabili, nei termini che saranno piu' oltre esaminati, con riferimento alle condotte contestate con riguardo a tale atto.

2. Quanto al primo motivo di ricorso, la pronuncia del GUP di Arezzo ed il ricorso delle parti civili si basano su un'opposta configurazione dell'elemento oggettivo del delitto di violenza privata: se per il primo esso verrebbe integrato soltanto da un'"attivita' che si sostanzia in azione di forza sulle persone", al contrario per i ricorrenti la violenza ex articolo 610 "puo' essere posta in essere con qualsiasi mezzo idoneo a privare il soggetto passivo della possibilita' di determinarsi ed agire secondo la propria volonta'", anche sotto forma di violenza "impropria": nel caso specifico sarebbe stato disposto un trattamento sanitario su minori (osservazione medico-clinica) senza il consenso dei genitori, in assenza sia di ragioni di urgenza sia di finalita' terapeutiche, con lesione, da un lato,dell'integrita' psichica dei minori e, dall'altro, con ingiusta compressione al libero esercizio della potesta' genitoriale.

Sotto altro profilo, secondo il GUP, il mancato consenso dei genitori, per il principio di tassativita', non equivarrebbe necessariamente a dissenso, mentre per i ricorrenti l'assenza di consenso (e piu' in generale l'assoluta ignoranza del fatto) da parte dei genitori rappresenterebbe un dato cruciale.

2.1. Nel delitto di violenza privata e' tutelata la liberta' psichica dell'individuo e la fattispecie criminosa ha carattere generico e sussidiario rispetto ad altre figure criminose in cui la violenza alle persone sia elemento costitutivo del reato, sicche' reprime genericamente fatti di coercizione non espressamente considerati da altre norme di legge.

Il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a comprimere la liberta' di determinazione e di azione la parte offesa (fra le tante pronunce, si veda Sez. 5, n. 11522 del 03/03/2009 Rv. 244199, che ha definito la nozione di liberta' morale nel senso che debba intendersi come liberta' di determinarsi spontaneamente secondo motivi propri, sicche' alla liberta' morale va ricondotta sia la facolta' di formare liberamente la propria volonta', sia quella di orientare i propri comportamenti in conformita' delle determinazioni liberamente prese).

Tale principio trova rispondenza in altre pronunce di questa Corte, secondo cui l'elemento della violenza nel reato di cui all'articolo 610 cod. pen. si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della liberta' di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volonta' altrui, impedendone la libera determinazione. (Sez. 5, n. 4284 del 29/09/2015,dep. 02/02/2016, Rv. 266020 e Sez. 5, n. 28174 del 14/05/2015, Rv. 26531001; Rv. 222349; Rv 234458; Rv 232459).

Nella sentenza impugnata si fa riferimento alla pronuncia di questa Corte Sez. 5, n. 13538 del 10/02/2015 Rv. 263274 che ha affermato "Integra il reato di violenza privata la condotta di chi, abusando della sua qualita' di insegnante di sostegno ed approfittando dello stato di soggezione e di incapacita' di un minore portatore di handicap, costringa questi, senza autorizzazione del genitore, a subire un taglio di capelli".

Si e' sostenuto, in tale pronuncia, che la violenza e' consistita nell'approfittamento dello stato di soggezione e di incapacita' e nell'aver voluto ignorare l'implicito dissenso della madre del bambino, la quale si era riservata di attuare o far effettuare tale operazione nel momento piu' propizio e con gli accorgimenti piu' opportuni, per non turbare il delicato equilibrio psichico del minore.

Si puo' quindi affermare che l'assenza di un esplicito consenso da parte di chi sia legittimato a prestarlo, vale a dire i genitori del minore nel nostro caso, integri certamente una compressione della liberta' di autodeterminazione del soggetto passivo.

Va, altresi', ricordata la pronuncia Sez. 5, n. 28174 del 14/05/2015, Rv. 26531001 che, sulla scia di quella precedentemente ricordata n.11522/09, ha ritenuto la configurabilita' del reato di cui all'articolo 610 c.p. in un caso in cui era stata introdotta una telecamera sotto la porta di un bagno, situato in una piscina pubblica, in posizione tale da poter riprendere le persone che ivi si recavano, rilevando che "la condotta dell'agente e' stata consapevolmente e deliberatamente posta in essere contro il dissenso ragionevolmente prevedibile e solo successivamente manifestato dalla persona offesa".

Diversamente, quindi, da quanto sostiene il GUP nella sentenza impugnata, il mancato consenso espresso dai genitori dei minori sottoposti ad osservazione, mai informati dell'attivita' che sarebbe stata posta in essere riguardo ai loro figli, avrebbe potuto essere interpretato come dissenso.

Per quanto si e' detto in ordine all'estensiva interpretazione giurisprudenziale circa la tipologia di mezzi atti a impedire la libera determinazione del soggetto passivo, non e' violato il principio di tassativita'.

2.2. Sotto altro profilo v'e' da chiedersi se l'attivita' di osservazione psicologica effettuata dalla dr.ssa (OMISSIS) nei confronti dei minori abbia avuto carattere impositivo o, in qualche modo, incisivo della sfera materiale e psichica dei bambini. Sul punto, la lettura della sentenza impugnata, rapportata a quanto viene riferito nei motivi di ricorso, non chiarisce i fatti.

Il GUP afferma che l'attivita' della psicologa consisteva in una osservazione dei comportamenti tenuti dai bambini durante le ore di lezione al fine di suggerire un indirizzo pedagogico ai docenti, mentre, al contrario, la difesa sostiene che oggetto dell'osservazione erano le condotte di alcuni bambini, che presentavano particolari problematicita', al fine di suggerire interventi mirati.

Se nella prima ipotesi, in cui la psicologa avrebbe avuto il ruolo di "consulente" della maestra per suggerirle indirizzi didattici, non involgendo, quindi, in alcun modo i comportamenti degli alunni, si potrebbe escludere che l'attivita' di osservazione potesse interferire nella sfera personale degli alunni e quindi necessitare del preventivo consenso dei genitori, non altrettanto puo' dirsi se oggetto dell'osservazione erano proprio i comportamenti degli alunni e ancor di piu', di alcuni degli alunni ritenuti portatori di problematiche.

In questo secondo caso, a prescindere dal fatto che siano stati o meno somministrati test o che le lezioni siano state specificamente modulate, non vi e' dubbio che l'osservazione delle condotte in classe, al fine di trarne elementi per formare una valutazione degli alunni sotto il profilo comportamentale e prendere ulteriori provvedimenti, rappresentava una invasione delle sfere personali degli alunni che, come tale, necessitava il preventivo consenso.

Al giudice dell'udienza preliminare e' inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte o, comunque, ad essere diversamente rivalutate (Sez. 2, n. 48831 del 14/11/2013 Rv. 257645) sicche' appare eccessivamente sbrigativa la decisione impugnata laddove non ha considerato che la celebrazione del dibattimento avrebbe potuto chiarire la natura, i confini e le finalita' dell'osservazione commissionata alla dr.ssa (OMISSIS).

2.3. Evidentemente, una volta affermata l'astratta configurabilita' del reato di violenza privata, dovranno essere esaminate specificamente le singole posizioni degli imputati, con riferimento al rispettivo apporto decisionale ed alla consapevolezza del mancato consenso dei genitori.

3. E' fondato anche il secondo motivo di ricorso.

Va, in primo luogo, affermato che la relazione della dr.ssa (OMISSIS) e' atto pubblico diversamente il suo occultamento non costituirebbe piu' reato a seguito della riforma introdotta con Decreto Legislativo n. 7 del 2016), in quanto documenta l'attivita' di osservazione degli alunni compiuta dalla psicologa dell'istituto, che, in tale veste, ha funzioni di pubblico ufficiale.

Tale qualifica e' costantemente riconosciuta agli insegnanti dalla giurisprudenza di legittimita' (v. Sez. 5, n. 15367 del 12/02/2014 - dep. 03/04/2014, P.G. in proc. C, Rv. 26276501; Sez. 6, n. 4033 del 15/12/1993 - dep. 07/04/1994, Proc. Rep. in proc. Tulina, Rv. 19796601; Sez. 5, n. 6685 del 14/04/1992 - dep. 04/06/1992, P.M. in proc. Martinelli ed altri, Rv. 19051301; Sez. 6, n. 6587 del 05/02/1991 - dep. 13/06/1991, Dilavanzo, Rv. 18743601) e per identita' di ragioni, vale a dire in quanto si tratta di un soggetto che svolge una funzione disciplinata da norme di diritto pubblico e caratterizzata dalla manifestazione della volonta' della Pubblica Amministrazione e dal suo svolgersi attraverso atti autoritativi e certificativi, deve essere estesa alla psicologa dell'istituto, qualora abbia compiti di non esclusivo supporto tecnico ai docenti ma di diretta osservazione e valutazione degli alunni.

Si veda, sul punto, in particolare: Sez. 5, Sentenza n. 9368 del 19/11/2013, dep. 26/02/2014, Rv. 258952 "Il reato di falso ideologico in atto pubblico e' configurabile in relazione a qualsiasi documento che, benche' non imposto dalla legge, e' compilato da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni per documentare, sia pure nell'ambito interno dell'amministrazione di appartenenza, la regolarita' degli adempimenti ai quali e' obbligato ovvero circostanze di fatto cadute sotto la sua percezione diretta o, comunque, ricollegabili a tali adempimenti e si inserisce nell'"iter" procedimentale prodromico all'adozione di un atto finale. (Fattispecie relativa alla falsificazione di una scheda valutativa interna compilata dall'imputato nell'ambito di un procedimento di valutazione di un dirigente medico)" e precedenti conformi: N. 14486 del 2011 Rv. 249858, N. 4322 del 2012 Rv. 254388, N. 11425 del 2013 Rv. 254866.

3.1. Diversamente da quanto ritenuto dal GUP, al fine di integrare l'elemento oggettivo del reato ex articolo 490 c.p. e' sufficiente che un atto giuridicamente rilevante sia reso anche solo temporaneamente irreperibile (Cass. 38356/09, 9611/06, in casi in cui l'atto era stato anche protocollato; Cass. 8989/00 in un caso in cui non era stato protocollato; Sez. 5, Sentenza n. 8989 del 24/05/2000 Rv. 217723 "Integra l'elemento materiale del reato di occultamento di atto vero la condotta del pubblico ufficiale che ometta di protocollare un documento, dal momento che l'agente, in tal modo, ha reso fisicamente inesistente l'atto stesso sottraendolo alla conoscenza del destinatario, ne' l'eventuale reperimento del documento quando le indagini di polizia giudiziaria siano state avviate vale ad escludere o neutralizzare l'avvenuto occultamento, rappresentando un post factum irrilevante"; Sez. 5, n. 9611 del 09/02/2006 Rv. 234230 "Integra gli estremi del delitto di cui all'articolo 490 cod. pen. (soppressione, distruzione e occultamento di atti veri) la condotta del pubblico ufficiale che custodisca un atto giuridicamente rilevante in modo tale da renderlo, sia pure temporaneamente, irreperibile").

4. Evidentemente, l'astratta configurabilita' del reato di cui all'articolo 490 c.p. addebitato alla (OMISSIS), impone la rivalutazione della posizione di (OMISSIS), quanto al reato di omessa denuncia ex articolo 361 c.p.contestatagli al capo b), posto che la sua responsabilita' in ordine a tale reato era stata esclusa sulla base della semplice constatazione della mancanza di un reato da denunciare.

5. Quanto infine al terzo motivo di ricorso, in ossequio ai principi gia' illustrati in merito alla nozione di pubblico ufficiale e di atto pubblico, va evidenziato che la risposta fornita dal Dirigente Scolastico, la cui qualifica di pubblico ufficiale non e' in discussione, ad una richiesta di accesso agli atti da parte del privato, va definita quale certificazione amministrativa e non gia' come atto pubblico.

"Al fine di qualificare come certificato amministrativo un atto proveniente da un pubblico ufficiale devono concorrere due condizioni: che l'atto non attesti i risultati di un accertamento compiuto dal pubblico ufficiale redigente, ma riproduca attestazioni gia' documentate; che l'atto, pur quando riproduca informazioni desunte da altri atti gia' documentati, non abbia una propria distinta e autonoma efficacia giuridica, ma si limiti a riprodurre anche gli effetti dell'atto preesistente" (Sez. 5, n. 6912 del 27/04/1999 Rv. 213609.

Il criterio che caratterizza l'atto pubblico e lo distingue dal certificato amministrativo non e' tanto da ricercare nel carattere costitutivo dell'atto, quanto nella appartenenza o meno del fatto attestato alla sfera di attivita' del pubblico ufficiale. Sono, pertanto, da considerarsi certificazioni amministrative solo le attestazioni di verita' o di scienza del pubblico ufficiale che non rientrano nella documentazione di attivita' da lui spiegate o di fatti avvenuti alla sua presenza. (Sez. 5, n. 3310 del 11/02/1983 Rv. 15848001, Conf mass n. 156038; n. 152805; n. 151762; n. 146276).

Evidentemente, quindi, la risposta data dal funzionario ad una richiesta di accesso agli atti della Pubblica Amministrazione, in merito alla presenza o meno di un determinato atto pubblico, va qualificata come certificazione amministrativa.

L'eventuale falsita' ideologica e' punita ai sensi dell'articolo 480 c.p..

5.1. La missiva redatta dal DS (OMISSIS) attesta che tutta la documentazione e' stata consegnata ai richiedenti, ed e' una circostanza contraria al vero in quanto la relazione della dr.ssa (OMISSIS) non era stata consegnata, ed aggiunge che eventuali atti non protocollati saranno ritenuti nulli o irrilevanti, che rappresenta una valutazione prognostica o una anticipazione di giudizio del tutto irrilevante a scalfire il valore certificativo della prima parte dello scritto.

Sotto tale profilo, quindi, la sentenza va annullata e le eventuali responsabilita' dell'imputato, anche con riferimento alla consapevolezza dell'esistenza della relazione (OMISSIS) alla data in cui redasse quella missiva, debbono essere investigate in relazione alla corretta ipotesi criminosa prospettabile, che e' quella dell'articolo 480 c.p..

6. Quanto alla richiesta del difensore della parte civile, oggi presente, di procedere alla condanna dell'imputato alla rifusione delle spese di difesa della parte civile per questo grado di giudizio, va evidenziato che "La parte civile non puo' ottenere la rifusione delle spese processuali all'esito del giudizio di legittimita' che si e' concluso con l'annullamento con rinvio, ma puo' far valere le proprie pretese nel corso ulteriore del processo, in cui il giudice di merito dovra' accertare la sussistenza, a carico dell'imputato, dell'obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base al principio della soccombenza, con riferimento all'esito del gravame." Sez. 5, n. 25469 del 23/04/2014 Rv. 262561.

6.1. La la minore eta' della persona offesa impone particolari cautele nella diffusione del presente provvedimento, per il cui caso si dispone che siano omesse le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Arezzo, Sezione GUP.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalita' e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.

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