In tema di licenziamento illegittimo, ha diritto ad essere risarcito il lavoratore che subisca un danno dal ritardato pagamento dell'indennità sostitutiva

Nel caso di scelta, da parte del lavoratore illegittimamente licenziato, dell'indennita' sostitutiva della reintegrazione ai sensi dell'articolo 18, comma 5, cit., fino all'effettivo pagamento dell'indennita' il datore e' obbligato a pagare le retribuzioni globali di fatto (Cass. 6 marzo 2003 n. 3380, 28 luglio 2003 n. 11609, 16 marzo 2009 n. 6342). Il sistema dell'articolo 18 cit. si fonda sul principio di effettiva realizzazione dell'interesse del lavoratore a non subire, o a subire al minimo, i pregiudizi conseguenti al licenziamento illegittimo, ed impedisce al datore di lavoro di tardare nel pagamento dell'indennita' in questione assoggettandosi al solo pagamento di rivalutazione e interessi ex articolo 429 c.p.c.. Ne deriva che se il ritardo nell'adempimento produce un danno, questo deve l'ammontare essere pari alle retribuzioni perdute, fino a che il lavoratore non venga effettivamente soddisfatto.

Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 16 novembre 2009, n. 24199



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico - rel. Presidente

Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere

Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere

Dott. DI NUBILA Vincenzo - Consigliere

Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

RE. FE. IT. - SOCIETA' PER AZIONI S.P.A. (gia' FE. DE. ST. SO. DI. SE. E. TR. PE. AZ. ), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA CROCE ROSSA 1, presso l'avvocato SERICA GIUSEPPE, c/o Re. Fe. It. , Direzione Legale Lavoro, rappresentata e difesa dall'avvocato TOSI PAOLO, giusta mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

GR. LI. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 209, presso lo studio dell'avvocato BUZZI ALBERTO, che lo rappresenta e difende, giusta mandato in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 313/2007 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 07/08/2007 R.G.N. 533/06;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 28/10/2009 dal Consigliere Dott. ROSELLI Federico;

udito l'Avvocato TOSI PAOLO;

udito l'Avvocato BUZZI ALBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 22 maggio 2001 n. 307 la Corte d'appello di Milano confermava l'illegittimita' del licenziamento intimato dalla s.p.a. Fe. de. St. a Gr.Li. e condannava la societa' a pagare al lavoratore la retribuzione fino al giorno dell'opzione per l'indennita' sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro, della quale alla Legge 20 maggio 1970, n. 300, articolo 18, comma 1. La sentenza passava in giudicato.

Con ricorso del 23 dicembre 2004 il Gr. chiedeva che il Tribunale di Brescia condannasse la s.p.a. Re. fe. it. , succeduta alle Fe. de. St. , a pagargli una somma pari alle retribuzioni globali di fatto maturate fra il 17 dicembre 1999, giorno dell'opzione suddetta, ed il 22 marzo 2001, giorno di ricevimento dell'indennita' sostitutiva. Costituitasi la convenuta, il Tribunale rigettava la domanda ritenendo che il suddetto giudicato precludesse al Gr. di ottenere una somma equivalente alle retribuzioni, ma la decisione veniva riformata dalla Corte d'appello, la quale con sentenza del 7 agosto 2007 accoglieva la domanda del lavoratore, escludendo la preclusione da giudicato, il quale aveva per oggetto le conseguenze del licenziamento illegittimo ma non anche il risarcimento del danno da ritardo nel pagamento dell'indennita', chiesto dal Gr. nel processo attuale.

La Corte d'appello aggiungeva che l'esercizio della facolta' d'opzione di cui all'articolo 18 cit. non avesse estinto il rapporto di lavoro, ossia non equivalesse a dimissioni, con la conseguenza che fino al pagamento dell'indennita' la datrice di lavoro era tenuta a pagare le retribuzioni legali di fatto.

Contro questa sentenza ricorre per Cassazione la s.p.a. Re. fe. it. mentre il Gr. resiste con controricorso. Memorie utrinque.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 434 c.p.c., comma 1, e dell'articolo 414 c.p.c., n. 4, per non avere la Corte di merito dichiarato l'inammissibilita' dell'appello per mancata esposizione dei motivi di diritto.

La censura non e' fondata poiche' la Corte d'appello ha legittimamente ritenuto che, di fronte ad una sentenza di rigetto della domanda per preclusione da giudicato, rituale fosse l'impugnazione che negava il giudicato e di conseguenza chiedeva l'accoglimento della pretesa sostanziale originariamente formulata.

Col secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione dell'articolo 2909 c.c. e della Legge n. 300 del 1970, articolo 18 per erronea negazione della regiudicata. Infatti la sentenza definitiva emessa dalla Corte d'appello di Milano nel 2001 aveva espressamente limitato la condanna della datrice di lavoro al pagamento delle retribuzioni "sino al giorno dell'opzione" del lavoratore, per l'indennita' sostitutiva, onde erroneamente la Corte di Brescia nella sentenza qui impugnata ritenne il diritto del lavoratore alle retribuzioni anche per il periodo successivo ossia fino al pagamento effettivo della detta indennita'.

Il motivo non e' fondato.

La sentenza della Corte milanese, passata in giudicato, pronuncio' pacificamente su un petitum che aveva ad oggetto il risarcimento del danno sopportato dal lavoratore per effetto del licenziamento illegittimo e determino' questo danno nella misura delle retribuzioni non percepite fino al momento della scelta dell'indennita' sostitutiva della reintegrazione e nell'ammontare dell'indennita' stessa.

La sentenza della Corte bresciana, per contro, ha incensurabilmente ravvisato il petitum dell'attore, poi appellante, nel risarcimento del danno da ritardo nel pagamento dell'indennita' e, considerata la diversita' dei petita, ha escluso la preclusione da giudicato.

Col terzo motivo la ricorrente deduce la violazione della Legge n. 300 del 1970, articolo 18, comma 5 e dell'articolo 2118 c.c., sostenendo il carattere alternativo dell'obbligazione gravante ex articolo 18 cit. sul datore di lavoro, autore di un licenziamento dichiarato illegittimo dal giudice: una volta espressa dal lavoratore - creditore l'opzione per l'indennita' sostitutiva, la scelta diviene irrevocabile e piu' non sussiste l'obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro ne', correlativamente, il diritto del lavoratore alla retribuzione.

Sostanzialmente dello stesso contenuto e' il quarto motivo, con cui la ricorrente, invocando gli articoli 18 e 1218 citt., parla di inesigibilita' della prestazione aventi ad oggetto reintegrazione del lavoratore e retribuzione, dopo che il lavoratore stesso abbia scelto l'indennita' sostitutiva. I due motivi, da esaminare insieme perche' connessi, non sono fondati. La Legge n. 300 del 1970, articolo 18, comma 5 come modif. dalla Legge 11 maggio 1990, n. 108, stabilisce che, fermo restando il diritto al risarcimento del danno di cui al comma precedente, al prestatore di lavoro illegittimamente licenziato e' data la facolta' di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennita' pari a quindici mensilita' della retribuzione globale di fatto.

La questione che la ricorrente pone ora a questa Corte, sostanzialmente ed al di la' delle non sempre lineari formulazioni ex articolo 429 c.p.c., comma 3.

La sentenza impugnata si e' espressa nel primo senso, sul presupposto che l'esercizio della facolta' d'opzione non estingua il rapporto di lavoro e percio' che il diritto del lavoratore alla retribuzione persista fino all'effettivo percepimento dell'indennita' sostitutiva.

La giurisprudenza di questa Corte e' costante nell'affermare che, nel caso di scelta, da parte del lavoratore illegittimamente licenziato, dell'indennita' sostitutiva della reintegrazione ai sensi dell'articolo 18, comma 5, cit., fino all'effettivo pagamento dell'indennita' il datore e' obbligato a pagare le retribuzioni globali di fatto (Cass. 6 marzo 2003 n. 3380, 28 luglio 2003 n. 11609, 16 marzo 2009 n. 6342).

Il sistema dell'articolo 18 cit. si fonda sul principio di effettiva realizzazione dell'interesse del lavoratore a non subire, o a subire al minimo, i pregiudizi conseguenti al licenziamento illegittimo; principio che Cass. n. 6342 del 2009 chiama "di effettivita' dei rimedi" e che impedisce al datore di lavoro di tardare nel pagamento dell'indennita' in questione assoggettandosi al solo pagamento di rivalutazione e interessi ex articolo 24 Cost., significa per quanto qui interessa che il rimedio risarcitorio, ossia del risarcimento del danno sopportato dal lavoratore per ritardato percepimento dell'indennita' sostitutiva ex articolo 18 cit., deve ridurre il piu' possibile il pregiudizio subito dal lavoratore e, in corrispondenza, distogliere il datore di lavoro dall'inadempimento o dal ritardo nel l'adempiere l'obbligo indenitario. Cio' posto, sembra da precisare o modificare le rationes delle sentenze sopra citate, che comunque sono da condividere nel decisum: non e' dubbio che la scelta dell'indennita' sostitutiva da parte del lavoratore sia irrevocabile e' che il rapporto di lavoro non possa percio' essere ricostituito. In tal senso si condivide anche Cass. 17 febbraio 2009 n. 3775, citata dalla ricorrente e resa in fattispecie in cui il lavoratore, dopo aver scelto l'indennita' sostitutiva, pretendeva il ripristino del rapporto fino al sessantacinquesimo anno d'eta'. Tuttavia l'ammontare del risarcimento del danno da ritardo dev'essere pari alle retribuzioni perdute, fino a che il lavoratore non venga effettivamente soddisfatto.

Ne' sembra necessario stabilire se trattisi di obbligazione con facolta' alternativa, schema che la dottrina dubita poter ricorrere quando la scelta spetti al creditore e che la Corte costituzionale evoco' con l'ord. n. 291 del 1996 in specifica questione qui estranea, potendosi piuttosto ravvisare una dichiarazione di volonta' negoziale del lavoratore, i cui effetti limitatamente all'ammontare dell'indennita' sono sottoposti al termine dell'effettivo ricevimento di essa.

Rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in euro 31,00, oltre ad euro duemila/00 per onorario, piu' spese generali, IVA e CPA, con distrazione a favore dell'avv. Alberto Buzzi.


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