In tema di azione revocatoria, L'esistenza del pregiudizio del creditore va verifica nel momento in cui è ceduto il bene oggetto dell'azione revocatoria.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n. 8096/2006; Cass. n. 15257/2004; Cass., n. 3546/2004; Cass., n. 2792/2002), in tema di azione revocatoria ordinaria, a fondamento dell'azione, e' richiesto il compimento di un atto che renda piu' incerta o difficile la soddisfazione del credito e che puo' consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una variazione qualitativa di esso. Il pregiudizio alle ragioni del creditore, che la norma dell'articolo 2901 c.c., mira ad evitare e che in definitiva si concretizza nella sopravvenuta insufficienza dei beni del debitore ad offrire la necessaria garanzia patrimoniale, puo' essere quindi arrecato anche da un singolo atto di disposizione ove di per se' sia idoneo a determinare l'accennata variazione del patrimonio del debitore rendendo piu' difficile o comunque piu' incerta l'esazione del credito. Cio' premesso, non e' dubbio che il pericolo di danno, derivante dalla modifica della situazione patrimoniale del debitore, tale da compromettere la fruttuosita' dell'esecuzione coattiva del credito, debba derivare dall'atto di disposizione oggetto della richiesta di revocatoria, come sua conseguenza diretta. Ne deriva che, come ha gia' avuto modo di statuire questa Corte, deve aversi riguardo ai soli effetti di tale atto sulla posizione patrimoniale del debitore. Pertanto, una volta escluso che la situazione patrimoniale abbia subito deterioramento per effetto dell'atto di disposizione, le successive vicende patrimoniali del debitore, non collegate all'atto di disposizione, non hanno rilevanza. (Cass. n. 755/1969).

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 14 novembre 2011, n. 23743



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio - Presidente

Dott. CARLEO Giovanni - rel. Consigliere

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere

Dott. ARMANO Uliana - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22447/2009 proposto da:

GU. GI. (OMESSO), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOSCANA 10, presso lo studio dell'avvocato RIZZO ANTONIO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GARLASCHELLI MAURIZIO, AMBROSOLI MATTEO giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

GU. AN. (OMESSO), GU. MA. VA. (OMESSO), G. A. (OMESSO), elettivamente domiciliati in ROMA, V.LE CARSO 51, presso lo studio dell'avvocato RUFINI ALESSANDRO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato BONORA CLAUDIO giusta delega in atti;

- controricorrenti -

e contro

GR SRL;

- intimato -

avverso la sentenza n. 1171/2009 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 28/04/2009; R.G.N. 4177/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;

udito l'Avvocato ALESSANDRO RUFINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 24 febbraio 1998 Gu. An. , Gu.Ma. Va. ed G.A. esponevano di essersi resi fideiussori solidali, unitamente a Gu. Gi. , per somme pari a circa nove miliardi di lire, a favore della societa' Do. in. Ma. Gu. Spa, negli anni 1981/1991. Aggiungevano che sin dal 21 dicembre 1993, a seguito di ingenti perdite subite, la societa' era stata messa in liquidazione; che essi avevano messo a disposizione degli istituti di credito tutti i loro beni; che la sig.ra Gu.Gi. aveva invece sottratto buona parte dei propri beni personali vendendoli in data 2 marzo 1993 alla srl Il. Ma. di. Uz. , di cui era amministratore unico il marito di sua figlia. Cio' premesso, deducendo di vantare ragioni di credito, in via di regresso, verso la condebitrice solidale, Gu.An. , Gu.Ma. Va. ed G.A. convenivano in giudizio Gu.Gi. e la societa' Il. Ma. di. Uz. per sentir dichiarare l'inefficacia, nei loro confronti, della compravendita tra loro intercorsa, avente ad oggetto vari appartamenti, un ufficio e tre boxes in (OMESSO). In esito al giudizio il Tribunale di Milano rigettava la domanda. Avverso tale decisione proponevano appello principale gli attori in primo grado ed appello incidentale sulla statuizione di compensazione integrale delle spese Gu.Gi. . In esito al giudizio, in cui la societa' appellata non si costituiva, la Corte di Appello di Milano con sentenza depositata in data 28 aprile 2009, in accoglimento dell'appello principale, dichiarava l'inefficacia, nei confronti degli appellanti principali, del contratto di compravendita tra Gu.Gi. e srl Il. Ma. di. Uz. , compensava le spese dei due gradi di giudizio, rigettava l'appello incidentale. Avverso la detta sentenza Gu.Gi. ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi. Resistono con controricorso Gu.An. , Gu.Ma. Va. ed Gu. Al. .

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima doglianza, deducendo la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2901 c.c., la ricorrente, partendo dalla premessa che l'attore in revocatoria deve identificare il credito per cui agisce indicandone la fonte e le dimensioni economiche, lamenta che la Corte di Appello, nel non considerare quale presupposto necessario per l'accoglimento dell'azione revocatoria ordinaria, la determinatezza del credito stesso, avrebbe erroneamente interpretato l'articolo 2901 citato.

La doglianza e' infondata. Cio', alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, in base al quale, in tema di azione revocatoria, e' stata recepita una nozione di credito, assai lata, estesa anche alle sole aspettative del creditore, essendosi chiarito che non occorre che il credito sia certo e determinato nel suo ammontare ma e' invece sufficiente una ragione di credito, anche eventuale, come si desume dal dettato della legge, che contempla anche crediti soggetti a condizione. Tale interpretazione e' in linea altresi' con la ratio ispiratrice dell'azione revocatoria, la quale non persegue finalita' restitutorie mirando invece a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore a beneficio di tutti i creditori ed anche a tutela di una legittima aspettativa di credito (cosi' anche Cass. n. 5359/2009). Ed invero, "ai fini dell'esperibilita' dell'azione revocatoria ordinaria non e' necessario al creditore essere titolare di un credito certo, liquido ed esigibile, bastando una semplice aspettativa che non si riveli "prima facie" pretestuosa e che possa valutarsi come probabile, anche se non definitivamente accertata". (Cass. n. 20002/2008, n. 1813/08, n. 3981/03). Passando all'esame della successiva doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'articolo 2901 c.c., con specifico riguardo all'elemento del pregiudizio derivato dall'atto di disposizione, si deve premettere che la censura si fonda sulla considerazione che i giudici di seconde cure avrebbero errato per aver trascurato che il momento, a cui va riferito l'eventus damni e' quello in cui viene compiuto l'atto di disposizione, dal quale deve derivare direttamente la lesione della garanzia patrimoniale, essendo invece irrilevanti le successive vicende del patrimonio del debitore.

Tale censura merita accoglimento. Ed invero, occorre innanzitutto premettere che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n. 8096/2006; Cass. n. 15257/2004; Cass., n. 3546/2004; Cass., n. 2792/2002), in tema di azione revocatoria ordinaria, a fondamento dell'azione, e' richiesto il compimento di un atto che renda piu' incerta o difficile la soddisfazione del credito e che puo' consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una variazione qualitativa di esso. Il pregiudizio alle ragioni del creditore, che la norma dell'articolo 2901 c.c., mira ad evitare e che in definitiva si concretizza nella sopravvenuta insufficienza dei beni del debitore ad offrire la necessaria garanzia patrimoniale, puo' essere quindi arrecato anche da un singolo atto di disposizione ove di per se' sia idoneo a determinare l'accennata variazione del patrimonio del debitore rendendo piu' difficile o comunque piu' incerta l'esazione del credito. Cio' premesso, non e' dubbio che il pericolo di danno, derivante dalla modifica della situazione patrimoniale del debitore, tale da compromettere la fruttuosita' dell'esecuzione coattiva del credito, debba derivare dall'atto di disposizione oggetto della richiesta di revocatoria, come sua conseguenza diretta. Ne deriva che, come ha gia' avuto modo di statuire questa Corte, deve aversi riguardo ai soli effetti di tale atto sulla posizione patrimoniale del debitore. Pertanto, una volta escluso che la situazione patrimoniale abbia subito deterioramento per effetto dell'atto di disposizione, le successive vicende patrimoniali del debitore, non collegate all'atto di disposizione, non hanno rilevanza. (Cass. n. 755/1969). Cio' posto, mette conto di sottolineare che la Corte di Appello, ai fini della considerazione della capienza del patrimonio residuo della Gu. G. , ha ritenuto a priori di non prendere in considerazione l'appartamento ubicato a Courmayeur, pur essendo pacifico tra le parti che tale immobile fosse stato alienato successivamente all'atto di disposizione oggetto della richiesta di revocatoria. E cio', in contrasto con il principio di diritto secondo cui, "in tema di revocatoria ordinaria, il momento storico in cui deve essere verificata la sussistenza dell'eventus damni, inteso come pregiudizio alle ragioni del creditore, tale da determinare l'insufficienza dei beni del debitore ad offrire la necessaria garanzia patrimoniale, e' quello in cui viene compiuto l'atto di disposizione dedotto in giudizio e puo' apprezzarsi se il patrimonio residuo del debitore sia tale da soddisfare le ragioni del creditore, restando, invece, assolutamente irrilevanti al fine anzidetto le successive vicende patrimoniali del debitore, non collegate direttamente a quell'atto di disposizione".

Ne consegue che in applicazione di questo principio la censura formulata merita di essere accolta, ritenendosi in essa assorbiti tutti gli altri successivi motivi di impugnazione. Il ricorso per cassazione deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata nei limiti del motivo accolto. Con l'ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame da condursi nell'osservanza del principio richiamato, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che provvedera' anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimita'.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che provvedera' anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimita'.

 

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