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è illegittima la condotta del sanitario che prescrive medicinali ad atleti sani, solo per favorirne un recupero fisico o per consentirne un miglioramento delle performances sportive

E' illegittima la condotta del sanitario che prescrive medicinali ad atleti sani, solo per favorirne un recupero fisico o per consentirne un miglioramento delle performances sportive. La S.C. ha ritenuto corrette ed esaustive le ragioni addotte dalla Commissione dell'ordine dei medici, secondo cui, il mancato collegamento della condotta del medico con un evento agonistico ha fatto venir meno solo per l'addebito relativo al doping, persistendo la responsabilità del sanitario per aver prescritto una terapia medica al paziente solo per permettere a quest'ultimo di ottenere un posto in squadra, e ciò ha comportato l'addebito di violazione dell'art. 12 del Codice deontologico.

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 23 agosto 2011, n. 17496



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista - Presidente

Dott. FILADORO Camillo - Consigliere

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere

Dott. AMENDOLA Adelaide - rel. Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BI. VI. EM. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ELEONORA DUSE 35, presso lo studio dell'avvocato GOMMELLINI ALBERTO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato SIROTTI LUCA giusta delega in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

ORDINE PROVINCIALE DI RIMINI DEI MEDICI CHIRURGHI ODONTOIATRI in persona del suo legale rappresentante pro tempore Dott. AG. GE. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 71, presso lo studio dell'avvocato COSTA GIANCARLO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato TORRI LAURA giusta delega in calce al controricorso; MINISTERO DELLA SALUTE in persona del Ministro p.t., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l1AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui e' difeso per legge;

- controricorrenti -

e contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE RIMINI;

- intimato -

avverso la decisione n. 53/2005 della COMMISSIONE CENTRALE PER GLI ESERCENTI LE PROFESSIONI SANITARIE di ROMA, emessa il 19/12/2005. depositata il 30/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/06/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l'Avvocato ALBERTO GOMMELLINI;

udito l'Avvocato GIANCARLO COSTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l'inammissibilita' o rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L'iter del procedimento viene cosi' ricostruito nel provvedimento impugnato.

Con delibera del 14 dicembre 2004 la Commissione Medici Chirurghi dell'Ordine di Rimini, all'esito del procedimento disciplinare aperto nei confronti del dott. Bi.Vi. Em. per ritenuta violazione degli articoli 2, 3, 12 e 76 del Nuovo Codice Deontologico del medico, prosciolse l'incolpato dagli addebiti di cui ai nn. 2 e 76, mentre lo ritenne responsabile di quelli di cui ai nn. 3 e 12, per l'effetto irrogando la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per la durata di mesi quattro.

Contro tale provvedimento il Bi. adi' la Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie che, con provvedimento del 30 maggio 2006, ha rigettato l'impugnazione.

Avverso detta decisione ricorre per cassazione Bi. Vi. Em. formulando quattro motivi e notificando l'atto al Ministero della Salute, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini e all'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Rimini.

Resistono con due distinti controricorsi il Ministero della Salute e l'Ordine dei medici. Quest'ultimo ha anche depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilita' opposte dall'Ordine dei Medici.

Secondo il resistente il ricorso sarebbe inammissibile anzitutto per omessa indicazione delle parti nonche' per omessa e/o insufficiente esposizione dei fatti di causa. I rilievi non hanno pregio.

A norma dell'articolo 366 cod. proc. civ., il ricorso per cassazione e' inammissibile qualora manchi o sia assolutamente incerta l'identificazione delle parti contro cui esso e' diretto.

La giurisprudenza di questa Corte ha peraltro chiarito che, ai fini dell'osservanza della norma predetta, non e' necessario che le relative indicazioni siano premesse all'esposizione dei motivi di impugnazione o che siano altrove esplicitamente formulate, essendo sufficiente, analogamente a quanto previsto dall'articolo 164 cod. proc. civ., che esse risultino in modo chiaro e inequivoco, ancorche' implicito, dal contesto del ricorso, nonche' dal riferimento ad atti dei precedenti gradi di giudizio, da cui sia agevole identificare con certezza la parte intimata.

E parimenti, ai fini della sussistenza del requisito della "esposizione sommaria dei fatti di causa", prescritto, a pena di inammissibilita', per il ricorso per cassazione dall'articolo Cass. civ. 12 giugno 2008, n. 15808).

2 Nella fattispecie, contrariamente all'assunto del resistente, benche' manchi in ricorso una parte graficamente destinata alla individuazione delle parti contro le quali l'impugnazione e' diretta, e benche', ancora, i fatti che hanno dato origine all'azione disciplinare nonche' lo svolgimento di questa siano assai sinteticamente esposti, nondimeno le une e gli altri sono chiaramente enucleabili dall'intero contesto dell'atto. Di talche' le mancanze denunciate dal resistente hanno un carattere esclusivamente formale e, non intaccando la comprensibilita' della vicenda umana e processuale sottesa al ricorso, non possono dar luogo alla evocata sanzione dell'inammissibilita'.

3 Neppure sussistono le allegate insufficienze in punto di ricognizione delle norme di legge asseritamente violate o dei denunciati vizi motivazionali. Contrariamente a quanto sostiene il resistente, esse sono entrambe chiaramente enucleabili, e tanto a prescindere dall'esito dell'esame dei singoli motivi di ricorso.

4 Infine, per quanto attiene ai quesiti, alla cui formulazione il ricorso e' certamente soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio 2009), ritiene il collegio che essi siano correttamente articolati. Cio' vale anche per le censure volte a far valere vizi motivazionali, ex articolo Cass., sez. un., 12 maggio 2008, n. 11652).

5 Passando quindi all'esame dei motivi di ricorso, con il primo l'impugnante lamenta violazione degli articoli 24 e 111 Cost., in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 221 del 1950, articoli 38 e segg., ex articolo 360 cod. proc. civ., n. 3, nullita' della decisione, ex articolo 360, n. 4, cod. proc. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex articolo 360 cod. proc. civ., n. 5.

Secondo il ricorrente il mancato accoglimento della richiesta di proiettare una relazione scientifica in powerpoint avrebbe leso il suo diritto di difesa nonche' il principio del giusto processo, dei quali la giurisprudenza del Supremo Collegio ha in piu' occasioni riconosciuto la piena operativita' nell'ambito del procedimento disciplinare.

6 Le critiche non hanno pregio.

Mette conto evidenziare che le deduzioni svolte sul punto dal ricorrente nel giudizio a quo sono state ritenute dalla Commissione centrale a un tempo inveridiche sul piano dei fatti e irrilevanti su quello giuridico. Ha in proposito osservato il decidente che l'impossibilita' di proiettare le diapositive era stata determinata - secondo quanto emergeva dai lavori dell'organo disciplinare di prima istanza - da mancanza di tempestiva comunicazione, da parte dell'interessato alla segreteria, di volersi avvalere di tale mezzo istruttorio e che, in ogni caso, la proiezione non era essenziale, posto che essa aveva ad oggetto le origini e la fisiopatologia della fatica cronica, patologia la cui diagnosi il medico non aveva mai esplicitato al paziente, ma che aveva formulato solo a posteriori, al fine di giustificare il proprio comportamento, chiaramente diretto invece, a migliorare le prestazioni atletiche di un soggetto sano.

7 Osserva il collegio che il percorso motivazionale qui sinteticamente riportato connota in termini di astrattezza ed eccentricita' le censure svolte dal ricorrente. Questi lamenta invero genericamente di essere stato leso nei suoi diritti difensivi, senza confrontarsi con le argomentate ragioni poste dalla Commissione a fondamento della sua determinazione, ravvisabili, da un lato, nella negligenza procedurale del ricorrente, e, dall'altro, nella ininfluenza del mezzo istruttorio ai fini della decisione, lasciandone conseguentemente intatta l'idoneita' a giustificare la decisione impugnata.

8 Con il secondo mezzo il ricorrente denuncia mancanza e/o manifesta illogicita' della motivazione in ordine alla prova della sua responsabilita' per le contestate infrazioni al Codice Deontologico, ex articolo 360 cod. proc. civ., n. 5.

Assume che, ritenuta insussistente l'addebito principale, relativo alla somministrazione di sostanze dopanti, in ragione dell'assoluta mancanza di prova della destinazione dei farmaci all'alterazione della prestazione agonistica, e cioe' a finalita' diverse da quelle terapeutiche, la Commissione non poteva ritenerlo responsabile di quello di cui all'articolo 3 del Codice Deontologico, assumendo che la terapia farmacologica non era stata prescritta in vista della tutela della salute del paziente, ma per fare in modo che l'atleta recuperasse un posto in squadra. Non aveva il decidente considerato che il recupero del tono atletico era obiettivo in linea con la tutela della salute psico-fisica dello sportivo e che una delle funzioni della Medicina dello Sport e' il miglioramento delle performaces dello sportivo. Osserva anche che la comprovata diligenza con la quale l'incolpato aveva visitato il paziente, prima di prescrivere la terapia, escludeva in radice l'elemento soggettivo dell'illecito disciplinare.

9 Anche questo motivo non puo' essere accolto.

La Commissione ha confutato l'assunto del ricorrente, secondo cui il mancato collegamento della sua condotta con un evento di tipo agonistico faceva venir meno ogni profilo di illiceita' della stessa, rilevando che cio' poteva valere solo per l'addebito relativo al doping, laddove l'esclusiva finalizzazione della terapia prescritta al recupero di un posto in squadra lasciava inconfutabilmente in piedi l'addebito concernente la violazione dell'articolo 12 del Codice deontologico.

10 Contrariamente all'assunto dell'impugnante, le ragioni addotte dal decidente a sostegno del suo convincimento - la sostanziale estraneita' dell'atto medico all'obiettivo di salvaguardare la salute del paziente, con conseguente irrilevanza della esplicitazione della diagnosi - sono corrette sul piano logico e giuridico, complete ed esaustive. Esse evidenziano i profili obliqui della condotta del sanitario, coerentemente valutati meritevoli di un intervento sanzionatorio di carattere disciplinare. Ne deriva che i denunciati vizi motivazionali mirano solo a sollecitare il sindacato su un giudizio di stretto merito, precluso in sede di legittimita'.

11 Con il terzo motivo l'impugnante deduce mancanza di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio. Secondo l'esponente la Commissione Centrale avrebbe confermato la sanzione argomentando esclusivamente sulla ritenuta violazione dell'articolo 12, senza nulla dire in ordine a quella dell'articolo 3.

12 Il motivo e' inammissibile nella misura in cui introduce una questione non trattata nel provvedimento impugnato, e quindi nuova. Conseguentemente il ricorrente aveva l'onere, rimasto nella fattispecie del tutto inadempiuto, non solo di allegarne l'avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto, onde dar modo alla Corte di controllare de visu la veridicita' di tale asserzione (confr. Cass. civ. 1, 31 agosto 2007, n. 18440).

13 In definitiva il ricorso deve essere integralmente rigettato.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi euro 2.600 (di cui euro 200 per spese), per il Ministero della Salute e in complessivi euro 2.600 (di cui euro 200 per spese), per l'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Rimini, oltre IVA e CPA, come per legge.

 

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