Competenza del giudice ordinario per il trattamento economico dei lavoratori socialmente utili
CORTE DI CASSAZIONE
Sezioni
Unite Civili
Sentenza
26 novembre 2004 n. 22276
Presidente
V. Carbone
Relatore
G. Vidiri
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con ricorso del 26 luglio 2000 *** riferiva
di essere stata, quale lavoratrice in cassa integrazione straordinaria,
impiegata in lavori socialmente utili negli anni 1996-1997 in base ad un progetto
della Regione Molise,affidato per la realizzazione all'ERSAM. Tale progetto
prevedeva il rapporto lavorativo a tempo pieno e la corresponsione di
retribuzione in termini di differenza tra il trattamento lordo di cigs ed il
trattamento retributivo lordo erogato ai dipendenti regionali appartenenti alla
medesima qualifica funzionale. Riferiva ancora la ricorrente che la Regione Molise le
aveva corrisposto il rateo della retribuzione relativo alla tredicesima
mensilità, quantificato al lordo delle trattenute previdenziali, con un
criterio di calcolo delle spettanze da ritenersi errato perché, invece che
basarsi sulle disposizioni dell'art. 14 del d.l. 299/1994, convertito nella
legge 451/1994 (ai sensi della quale il calcolo andava operato con riferimento
alla differenza computata sugli importi, al lordo delle ritenute previdenziali,
della retribuzione del dipendente regionale di pari livello), si era fondato
invece sul d.lgs. n. 468/1997 inapplicabile al caso di specie perché
intervenuto successivamente alla data di approvazione del progetto per i lavori
socialmente utili in virtù del quale essa ricorrente aveva prestato attività
lavorativa.
Tutto ciò premesso, chiedeva la condanna
della Regione Molise al pagamento della somma di lire 1.562.772 - o quella
maggiore o minore ritenuta di giustizia- per differenze retributive,
comprensive della tredicesima mensilità - da calcolare al lordo e non al netto
delle ritenute previdenziali - con rivalutazione monetaria e gli interessi
legali sugli importi rivalutati, il tutto con vittoria di spese ed onorari di
giudizio.
Dopo la costituzione del contraddittorio il
Tribunale di Campobasso con sentenza del 10 maggio 2001 rigettava la domanda
attrice.
A seguito di gravame, la Corte d'appello di
Campobasso con sentenza del 19 giugno 2002 confermava la decisione impugnata,
osservando che seppure alla fattispecie in oggetto non poteva applicarsi
ratione temporis il d.lgs. 458/1997, la richiesta dell'attrice risultava
ugualmente infondata sulla base dell'art. 1-bis del d.l. 244/1981, secondo il
quale il parametro di riferimento su cui andava computata la differenza
salariale dovuta alla ***, non poteva che
essere la retribuzione del dirigente regionale di pari livello, da calcolare
però al netto e non al lordo delle ritenute previdenziali ed assistenziali,
perchè in caso contrario il lavoratore socialmente utile avrebbe percepito uno
stipendio (o salario) superiore a quello percepito dal pubblico dipendente in
aperto contrasto con la normativa legale.
Avverso tale sentenza *** propone ricorso per
cassazione, affidato ad un duplice motivo.
Resiste con controricorso la Regione Molise, che
spiega anche ricorso incidentale con il quale eccepisce difetto di
giurisdizione del giudice ordinario.
Con ordinanza dell'8 ottobre 2003 della
Sezione lavoro di questa Corte di Cassazione la causa è stata rimessa alle
Sezioni Unite ai sensi dell'art. 374, 1° comma, C.P.C.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente principale
denunzia falsa applicazione di norme dl, diritto in relazione al contenuto
della disciplina del calcolo del trattamento retributivo per i lavoratori
socialmente utili in godimento del trattamento di cassa integrazione straordinaria.
In particolare sostiene che la
Corte territoriale ha dato una errata interpretazione
dell'art. 1 bis del d.l. 244/1981 perchè, in assenza di una espressa previsione
normativa in senso contrario, la retribuzione base sulla quale va effettuato il
calcolo della integrazione dovrebbe essere considerata al lordo delle
trattenute di legge sia perchè la retribuzione contrattata, in sede sindacale è
lorda, sia perché quando il legislatore parla di retribuzione si riferisce
all'importo lordo.
Con il secondo motivo il ricorrente denunzia
violazione a falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla
concorrenza di disposizioni su una medesima materia. In altri termini addebita
alla sentenza impugnata di avere erroneamente applicato le norme di diritto
contenute nel d.l. n. 31/1995 e nel d.l. successivi, che ne costituiscono
reiterazione, atteso che l'intervento della legge n. 608 del 1996, che aveva
fatti salvi i rapporti sorti sulla base di detti decreti, non poteva trovare
applicazione nel caso di
specie in quanto il d.l. 31/1995, è stato
emanato in data 8 febbraio 1995, ossia dopo l'approvazione del progetto
regionale per lavori socialmente utili.
Con il ricorso incidentale la Regione Molise
deduce difetto di giurisdizione del giudice ordinario evidenziando la natura di
ente pubblico economico, che deve riconoscersi all'ERSAM, rientrante tra gli
enti di riforma fondiaria, preordinati ad attuare, nella sfera territoriale
loro assegnata, finalità di interesse dello Stato.
Per evidenti motivi di antecedenza logica
deve esaminarsi, prima del ricorso principale, quello incidentale, che va
rigettato perché infondato, dovendosi dichiarare la giurisdizione del giudice
ordinario nella presente controversia.
Ai fini di un ordinato iter argomentativo
risulta opportuno delimitare, seppure a grandi linee, il quadro di riferimento
dell'assegnazione a lavori socialmente utili (l.s.u.).
Per la dottrina detto istituto, che presenta
peculiarità ben distinte dai tradizionali modelli di tutela sociale,
previdenziali ed assistenziali, della disoccupazione, va equiparato ad un
modello di matrice ordamericana definito di workfare, basato sull'idea che la
tutela sociale al disoccupato costituisce un diritto condizionato ad una
prestazione di lavoro "fuori mercato" in attività socialmente utili,
oltre che ad un
dovere di attivarsi personalmente per uscire
dall'assistenza. Per la giurisprudenza, inoltre, lo stesso istituto si colloca
a valle dei cal. ammortizzatori sociali (messa in mobilità dei lavoratori in
esubero, collocamento in cassa integrazione, trattamento di disoccupazione) e
rappresenta uno strumento innovativo per fronteggiare la disoccupazione
soprattutto (ma non esclusivamente) giovanile, si da nascere con una
connotazione marcatamente previdenziale-assistenziale, tendenzialmente volta
però
verso forme di tirocinio giovanile e di
praticantato, collocate a ridosso dell'apprendistato e del contratto di
formazione e lavoro che si collocano a loro volta a pieno titolo nell'ambito
del rapporto di lavoro (cfr. al riguardo: Cass. 7 luglio 2003 n. 10651). E una
tale complessa ed articolata finalità caratterizzante le attività socialmente
utili é attestata sotto altro versante dal trattamento economico, riconosciuto
ai lavoratori, cui viene corrisposto un emolumento, prima denominato sussidio
(che evoca la matrice assistenziale dell'istituto) e di poi "assegno"
(che mostra invece l'evoluzione verso una forma di tirocinio/praticantato).
Nell'ambito della ricca normazione sui lavori
socialmente utili, ed in una ottica volta ad esaminare solo le disposizioni
funzionali alla presente decisione, va ricordato come una prima tipologia di
lavori socialmente utili viene regolata dall'art. 1 bis del d.l. 28 maggio 1981
n. 244 (convertito con modificazione nella legge 390/1981) l'impiego temporaneo
in attività di utilità di lavoratori titolari di un che prevede pubblica
trattamento di integrazione salariale, stabilendo anche che ai lavoratori
"é dovuta a
carico della Amministrazioni pubbliche
interessate una somma pari alla differenza tra somma corrisposta dall'Inps a
titolo di integrazione salariale e il salario 0 stipendio che sarebbe stato
percepito in costanza del rapporto di lavoro e, comunque, non superiore a
quello dei lavoratori che nell'amministrazione pubblica interessata svolgono
pari mansioni.". Successivamente con l'art. 14 d.l. 16 maggio 1994 n. 299,
convertito in l. 19 luglio 1994 n. 451 si
tracciano poi in maniera più compiuta i connotati essenziali dell'istituto, che
trovano infine un definitivo assestamento con il d.lgs. 28 febbraio 2001 n. 81,
che integra, appunto, la disciplina previgente, mirando soprattutto ad
incentivare l'avvio dei soggetti "utilizzati" verso forme di impiego
stabile - anche attraverso una restrizione del campo di applicazione
dell'istituto ai soli soggetti già impegnati in progetti di l.s.u. (con
abrogazione dell'art. 4 del precedente decreto n. 468/1997) definendo gli enti
utilizzatori dei lavoratori con espresso rinvio ai soggetti promotori dei
progetti di l.s.u. individuati dall'art. 3, 1° comma, d.lgs. n. 468/1997. Tra
tali soggetti sono inclusi (oltre gli enti pubblici economici, le società a
totale o prevalente partecipazione pubblica, le cooperative sociali e loro
consorzi, le aziende speciali e i consorzi forestali) le amministrazioni pubbliche
e tutti gli enti pubblici non economici (nazionali, regionali e locali), tra i
quali deve includersi per le finalità perseguite anche l'ERSAM, quale ente di
sviluppo agricolo già ente di riforma fondiaria (cfr. per la natura di ente
pubblico degli enti di sviluppo agricolo: Cass., Sez. Un., 17 novembre 1999 n.
788;Cass., Sez. Un., 4 agosto 1998 n. 7642; Cass. Sez. Un., 2 dicembre 1996 n.
10730; Cass., Sez. Un., 2 novembre 1979 n. 5690).
Orbene, il ricorrente incidentale ha chiesto
la declaratoria della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sul
presupposto che l'ERSAM in quanto ente di riforma fondiaria abbia natura
pubblica e debba considerarsi "datore di lavoro" perchè
"beneficiario" delle prestazioni della lavoratrice Annamaria Amato,
evidenziando anche, a conforto della sua domanda, che la materia dei lavori
socialmente utili assuma rilevanza pubblicistica perchè la relativa disciplina
tutela non solo gli interessi particolari dei lavoratori direttamente
impegnati, ma anche e soprattutto gli interessi della collettività per
rappresentare una offerta di opportunità d'inserimento professionale per fasce
deboli di lavoratori.
Le considerazioni addotte dalla Regione
Molise non possono però essere condivise.
Sulla base della normativa dettata dal d.lgs.
n. 468/1997 - poi modificata come detto dal d.lgs. n. 81/2000 - le attività
socialmente utili possono essere svolte sulla base di progetti promossi da enti
pubblici (oltre che da soggetti privati e società miste); progetti affidabili
per la loro realizzazione ad altri enti attraverso il coinvolgimento di
soggetti inoccupati e disoccupati, cui vengono riconosciuti alcuni emolumenti
(condizionati alla prestazione di attività lavorative), espressamente regolati
dalla legge non in quanto oggetto di un contatto di lavoro subordinato ma come
obblighi dell'ente pubblico scaturenti da un rapporto giuridico di carattere
previdenziale che, come è stata evidenziato, trova fondamento nell'art. 38
Cost. perchè diretto alla soddisfazione di un interesse sociale, quale quello
della tutela contro la disoccupazione.
E che, contrariamente a quanto sostenuto
dalla Regione Molise, non possa nella fattispecie in esame configurarsi
l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato si evince con certezza dal
complesso della legislazione in materia. Ed invero l'utilizzazione dei
lavoratori socialmente utili non comporta la sospensione o la cancellazione
dalle liste di collocamento o di mobilità (art. 8 d.lgs. n. 469/1997); il
trattamento economico consiste in un emolumento che, non commisurato ex art. 36
Cost. alla quantità e qualità del lavoro svolto, é stato predeterminato in
maniera fissa, dapprima, in una indennità oraria (qualificata sussidio ex art.
1, comma 3, d.l. 14 giugno 1995 n. 232, pari a lire 7.500, con un massimale di
ottanta ore mensili per non più di dodici mesi; poi elevate a lire 8.000 orarie
per un massimo di cento ore mensili) e di poi in una prestazione mensile (non
superiore a lire 800.000 con la possibilità di un importo integrativo di questo
trattamento "per le giornate di effettiva esecuzione della
prestazione"); il finanziamento dei lavori, socialmente utili é stato
posto sin dall'inizio a carico del Fondo per l'occupazione (art. 14 d.l.
299/1994; art. 11 d.lgs. n. 469/1997; art. 8 d.lgs. n. 81/2000), la cui quota
viene ripartita tra le Regioni (secondo criteri variati nel tempo) e che in
caso di rinnovo di un rapporto, che é a termine (art. - 14 d.l. n. 299/1994;
art. 4 d.lgs. n. 81/2000) fa carico sullo stesso Fondo nella misura del 50%,
restando l'altra metà a carico dei soggetti utilizzatori (art. 4 d.lgs. n.
81/2000).
Correttamente, quindi, la dottrina
giuslavoristica ha parlato nel caso in esame di un rapporta giuridico
previdenziale, che viene disciplinato da una legislazione volta a garantire al
lavoratore diritti, che trovano il loro fondamento nel disposto dell'art. 38
Cost.; il che impedisce al suddetto lavoratore, impegnato in attività presso le
amministrazioni pubbliche, la rivendicazione nei confronti di dette
amministrazioni di
un rapporto di lavoro subordinato, e dei suoi
conseguenziali diritti. In altri termini il lavoratore socialmente utile,
svolgendo la sua attività per la realizzazione di un interesse di carattere
generale, ha diritto ad emolumenti, cui non può riconoscersi natura retributiva,
ma come si é già detto natura previdenziale.
Consegue da quanto sinora detto che la
giurisdizione del giudice ordinario o di quello amministrativo deve essere in
concreto identificata non già in base al criterio della soggettiva
prospettazione della domanda (ossia in base alla qualificazione compiutane
dall'interessato) ma alla stregua del "petitum sostanziale"
individuato dagli elementi oggettivi che caratterizzano la sostanza del
rapporto posto a fondamento delle pretese.
Pertanto va nel caso di specie dichiarata la
giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda con la quale il
lavoratore socialmente utile rivendica il trattamento economico,
riconosciutogli dall'art. 14 del d.l. 16 maggio 1994 n. 299, convertito nella
legge 451 del 1994, e, più specificamente la sua quantificazione al lordo e non
al netto delle ritenute previdenziali (con interessi e rivalutazione
monetaria), considerato che detta pretesa si configura come un diritto
soggettivo, per la mancanza nell'ente pubblico di qualsiasi discrezionalità
sull'an e sul quantum dell'ammontare di detto
trattamento (cfr. per il criterio del petitum
sostanziale ex plurimis: Cass., Sez. Un., 26 maggio 2004 n. 10180; Cass., Sez.
Un., 27 giugno 2003 n. 10243).
E' stato al riguardo puntualmente osservato
come nella materia previdenziale – ma anche in alcuni rapporti aventi ad
oggetto prestazioni di natura assistenziale (cfr. Corte Cost. 31 maggio 1995 n.
209) - l'atto di riconoscimento della prestazione non ha carattere
autoritativo, non costituisce cioè un provvedimento amministrativo in senso
tecnico, perchè non implica alcuna disponibilità del bene della vita che forma
oggetto della situazione giuridica soggettiva del privato e non può essere
definito, pertanto, che mero "atto amministrativo" dichiarativo della
situazione giuridica vantata dall'interessato perchè é diretto ad enunciare la
sussistenza di un diritto, la cui nascita é preesistente alla sua
dichiarazione.
Ai sensi dell'art. 142 disp. att. cod. proc.
civ. gli atti vanno rimessi alla Sezione lavoro di questa Corte di Cassazione
per l' ulteriore corso del giudizio e per l'esame del ricorso principale.
PER
QUESTI MOTIVI
la
Corte riunisce i
ricorsi, rigetta il ricorso incidentale e dichiara la giurisdizione del giudice
ordinario. Rimette gli atti alla Sezione lavoro di questa Corte per l'ulteriore
corso del giudizio.