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La morte di una delle parti non da luogo alla risoluzione per impossibilita' sopravvenuta del contratto preliminare, se al defunto subentra l'erede

La risoluzione per impossibilita' sopravvenuta e' ipotizzabile anche per il contratto preliminare con riferimento all'unica prestazione cui le parti risultano obbligate, e cioe' la prestazione della futura attivita' necessaria per la formazione del contratto definitivo; tuttavia di norma, la morte di una delle parti non da luogo alla risoluzione per impossibilita' sopravvenuta del contratto preliminare, in quanto, come nella specie, nella posizione del defunto subentra l'erede, salve le poche eccezioni, legislativamente determinate, di posizioni giuridiche intrasmissibili mortis causa. Con riferimento alla asserita impossibilita' economica di corrispondere il prezzo (in tesi ridondante sull'impossibilita' di stipulare il definitivo), neppure puo' ritenersi sussistente una sopravvenuta impossibilita' della prestazione in quanto la giurisprudenza di questa Corte, che qui si condivide, e' costante nel ritenere che l'impossibilita' sopravvenuta che libera dall'obbligazione (se definitiva) o che esonera da responsabilita' per il ritardo (se temporanea), deve essere obiettiva, assoluta e riferibile al contratto e alla prestazione ivi contemplata e deve consistere non in una mera difficolta', ma in un impedimento, del pari obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 15073/09, 9645/04, 8294/90, 5653/90 e 252/53); l'estinzione dell'obbligazione per impossibilita' definitiva, alla stregua del principio secondo cui genus nunquam perit, puo' verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto un fatto o una cosa determinata o di genere limitato e non gia' una somma di denaro (cfr. Cass. 16/3/1987 n. 2691; Cass. 17/6/1980 n. 3844; Cass. 15/7/1968 n. 2555; nello stesso senso, in motivazione Cass. 30/4/2012 n. 6594 e, da ultimo, Cass. 15/11/2013 n. 25777).

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 11 giugno 2014, n. 13224



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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile 

Sentenza 11 giugno 2014, n. 13224
Integrale

Compravendita immobiliare - Preliminare - Sopraggiunto decesso di uno dei promissari acquirenti - Risoluzione per inadempimento dei promissari acquirenti - Impugnazione in ordine all'imputabilità dell'inadempimento - Trasferimento dell'obbligo di conclusione del contratto agli eredi - Configurabilità

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo - Presidente

Dott. MIGLIUCCI Emilio - Consigliere

Dott. PROTO Cesare Antonio - rel. Consigliere

Dott. PICARONI Elisa - Consigliere

Dott. SCALISI Antonino - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19835/2008 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall'avvocato (OMISSIS);

- ricorrenti -

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 2597/2007 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 07/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/03/2014 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l'Avvocato (OMISSIS) che si riporta alle difese depositate e chiede l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l'accoglimento del quarto e del quinto motivo, per quanto di ragione, e per il rigetto degli altri motivi del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il (OMISSIS) i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) stipulavano con i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) un contratto preliminare per l'acquisto di una abitazione al prezzo di lire 130.000.000, di cui lire 10.000.000 a titolo di caparra confirmatoria; successivamente erano versati acconti per lire 20.000.000.

(OMISSIS) il 24/9/1992 chiedeva la risoluzione del contratto in conseguenza del decesso del proprio marito verificatosi il (OMISSIS), facendo presente di essersi trovata nella materiale impossibilita' di adempiere il contratto non avendo fonti di reddito.

Con citazione dell'8/2/1999 la (OMISSIS) in proprio e quale esercente la potesta' sul figlio minore (OMISSIS), conveniva in giudizio i coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) perche' fosse dichiarato risolto il preliminare per impossibilita' sopravvenuta o per eccessiva onerosita' sopravvenuta con la conseguente condanna alla restituzione della caparra e degli acconti o in subordine dei soli acconti.

I convenuti si costituivano chiedevano il rigetto delle domande e in riconvenzionale la declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento oltre al risarcimento del danno.

Con sentenza del 7/6/2002 il Tribunale di Latina dichiarava la risoluzione del preliminare e condannava i coniugi (OMISSIS) - (OMISSIS) alla restituzione di tutte le somme percepite per caparra e acconti.

I predetti coniugi proponevano appello al quale resisteva la (OMISSIS) nella duplice qualita'.

La Corte di Appello di Roma con sentenza del 7/6/2007 in riforma della sentenza appellata rigettava la domanda della (OMISSIS) dichiarava risolto il preliminare per inadempimento dei promissari acquirenti e rigettava la domanda di restituzione della somma anticipata.

La Corte di Appello rilevava:

che il decesso del coniuge della (OMISSIS) non determinava l'impossibilita' della prestazione (stipulare il definitivo) dedotta nel preliminare, in quanto nell'obbligazione erano subentrati gli eredi e comunque la (OMISSIS) aveva assunto l'obbligazione anche in proprio;

- che l'impossibilita' di saldare il corrispettivo non incideva sull'oggetto della prestazione dovuta (la stipula del definitivo)incidendo semmai sull'onerosita' sopravvenuta della quale tuttavia mancavano i presupposti di straordinarieta' e imprevedibilita', posto che il decesso non costituisce, in se', un evento imprevedibile e straordinario;

- che il conclamato inadempimento della (OMISSIS) giustificava la risoluzione, mentre la ripetizione delle somme versate non poteva essere disposta in quanto richiesta solo sul presupposto dell'impossibilita' sopravvenuta e sussistendo comunque il diritto delle controparti di trattenere l'acconto anche per la parte eccedente la caparra peraltro ritenibile per effetto dell'inadempimento.

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso affidato a sei motivi e hanno depositato memoria.

I coniugi (OMISSIS) hanno resistito con controricorso eccependo preliminarmente l'inammissibilita' del ricorso per mancanza di procura speciale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'eccezione preliminare di inammissibilita' del ricorso per mancanza di procura speciale e' infondata in quanto la procura speciale e' stata conferita con atto in calce al ricorso.

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'articolo 1218 c.c., e il vizio di motivazione.

I ricorrenti sostengono che, a seguito della tempestiva comunicazione della morte del marito della (OMISSIS), il quale aveva sottoscritto il preliminare e delle conseguenze economiche della morte, doveva essere escluso l'inadempimento imputabile; aggiungono che la Corte di Appello ha omesso di motivare in ordine alla deduzioni difensive secondo le quali la morte dell'unico percettore di reddito della famiglia determinava l'impossibilita' di adempiere le obbligazioni assunte con il preliminare e in tal senso formulano i corrispondenti quesiti chiedendo:

- se la tempestiva comunicazione dell'evento morte del contraente, con tutte le conseguenze del caso, che ha determinato la richiesta di risoluzione del preliminare sia di efficacia liberatoria per i ricorrenti;

- se possa ritenersi omessa o del tutto insufficiente la motivazione della Corte territoriale che non abbia nemmeno considerato quali conseguenze economiche abbia determinato la morte del (OMISSIS) sul contesto economico e reddituale della sua famiglia.

1.1 Il motivo e' manifestamente infondato.

Come correttamente rilevato dalla Corte di Appello, l'obbligazione assunta da entrambi i coniugi era quella di stipulare il contratto e quest'obbligo, con la morte di uno dei due firmatari si era trasferito agli eredi; pertanto l'obbligazione non si era estinta e nessun impedimento poteva ravvisarsi rispetto all'obbligazione di concludere il contratto.

L'obbligazione di corrispondere il prezzo costituiva un posterius rispetto alla conclusione del contratto.

L'articolo 1218 c.c., che si assume violato non attiene all'estinzione dell'obbligazione di concludere il contratto preliminare (l'estinzione dell'obbligazione per impossibilita' sopravvenuta e' disciplinata dall'articolo 1256 c.c., richiamato nel secondo motivo e di cui v. infra), ma al diverso profilo della responsabilita' del debitore in relazione all'inadempimento di una obbligazione che, nella specie, non riguardava direttamente il pagamento del prezzo, ma la mancata conclusione del contratto (ancorche' come conseguenza dell'asserita impossibilita' di corrispondere il saldo prezzo) che la Corte di Appello ha motivatamente ritenuto invece sempre possibile in quanto il contratto definitivo poteva essere concluso dagli eredi e dalla stessa (OMISSIS) in proprio la quale, infatti, aveva assunto anche in proprio la relativa obbligazione.

Pertanto neppure con riferimento alla mera impossibilita' economica sopravvenuta il motivo potrebbe essere accolto sia perche' la (OMISSIS) aveva assunto anche in proprio l'obbligazione pur consapevole della propria impossidenza e non premurandosi di apprestare idonee coperture assicurative in relazione al sempre possibile venir meno dell'unica fonte di reddito, sia per le ragioni che qui di seguito si illustrano nel motivare il rigetto del secondo motivo e relative alla non configurabilita' di una impossibilita' di adempiere l'obbligazione di corrispondere una somma di denaro.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'articolo 1256 c.c., e il vizio di motivazione e sostengono che l'obbligazione di concludere il contratto definitivo sarebbe diventata impossibile per la morte del contraente che ha determinato l'impossibilita' di effettuare la prestazione finanziaria.

I ricorrenti formulando il quesito ex articolo 366 bis c.p.c., chiedono se l'impossibilita' della prestazione per la morte del contraente determini una causa non imputabile nemmeno ai suoi eredi che, per lo stato di casalinga e di minore di eta', non siano ne' possano diventare rapidamente percettori reddituali nel subingresso del contratto.

2.1 Il motivo e' manifestamente infondato e non attinge la ratio decidendi della sentenza impugnata per la quale la prestazione che doveva essere adempiuta non era il pagamento del prezzo, ma la conclusione del contratto definitivo che, peraltro, non era resa impossibile dalla morte di uno dei contraenti in quanto allo stesso subentravano gli eredi e il contratto poteva essere concluso anche dalla stessa (OMISSIS) in proprio in quanto cofirmataria del preliminare.

La pronuncia non contrasta con il principio, gia' affermato da questa Corte (Cass. 20/1/1976 n. 167), secondo il quale la risoluzione per impossibilita' sopravvenuta e' ipotizzabile anche per il contratto preliminare con riferimento all'unica prestazione cui le parti risultano obbligate, e cioe' la prestazione della futura attivita' necessaria per la formazione del contratto definitivo; tuttavia di norma, la morte di una delle parti non da luogo alla risoluzione per impossibilita' sopravvenuta del contratto preliminare, in quanto, come nella specie, nella posizione del defunto subentra l'erede, salve le poche eccezioni, legislativamente determinate, di posizioni giuridiche intrasmissibili mortis causa.

Con riferimento alla asserita impossibilita' economica di corrispondere il prezzo (in tesi ridondante sull'impossibilita' di stipulare il definitivo), neppure puo' ritenersi sussistente una sopravvenuta impossibilita' della prestazione in quanto la giurisprudenza di questa Corte, che qui si condivide, e' costante nel ritenere che l'impossibilita' sopravvenuta che libera dall'obbligazione (se definitiva) o che esonera da responsabilita' per il ritardo (se temporanea), deve essere obiettiva, assoluta e riferibile al contratto e alla prestazione ivi contemplata e deve consistere non in una mera difficolta', ma in un impedimento, del pari obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 15073/09, 9645/04, 8294/90, 5653/90 e 252/53); l'estinzione dell'obbligazione per impossibilita' definitiva, alla stregua del principio secondo cui genus nunquam perit, puo' verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto un fatto o una cosa determinata o di genere limitato e non gia' una somma di denaro (cfr. Cass. 16/3/1987 n. 2691; Cass. 17/6/1980 n. 3844; Cass. 15/7/1968 n. 2555; nello stesso senso, in motivazione Cass. 30/4/2012 n. 6594 e, da ultimo, Cass. 15/11/2013 n. 25777).

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'articolo 1455 c.c., e il vizio di motivazione.

I ricorrenti lamentano che sia stata dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento senza che fosse valutata la gravita' dell'inadempimento e formulando il quesito chiedono se la sussistenza della gravita' dell'inadempimento possa essere desunta senza specifica motivazione e se possa integrare la gravita' l'inadempimento derivante non dalla volonta' del soggetto, ma da un fatto estraneo straordinario e imprevedibili e data l'eta' del soggetto coinvolto e le circostanze di tempo e luogo.

3.1 Il motivo e' infondato in quanto la gravita' dell'inadempimento nel caso concreto era palese stante la dichiarata e definitiva indisponibilita' a stipulare il contratto definitivo.

E' pur vero che il giudizio concernente l'importanza dell'inadempimento deve essere fondato su un criterio relativo, idoneo a consentire di coordinare l'elemento obiettivo della mancata o inesatta prestazione nel quadro dell'economia generale del contratto con l'elemento soggettivo costituito dall'interesse concreto della controparte all'esatta e tempestiva prestazione (cfr. Cass. 5/11/1997 n. 10844; Cass. 28/3/1995, n. 3669; Cass. 7/6/1993, n. 6367) ma nel caso concreto e' stato accertato un totale e definitivo rifiuto di adempimento neppure in parte giustificato da inadempimenti o mere condotte riferibili alla controparte contrattuale.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'articolo 1385 c.c., e sostengono che la Corte di Appello avrebbe illegittimamente riconosciuto ai promittenti venditori sia il diritto a ritenere la caparra, sia il maggior danno cosi' cumulando i due meccanismi risarcitori che invece non avrebbero dovuto essere cumulati; aggiunge che i coniugi (OMISSIS) avevano richiesto il risarcimento del danno nelle forme ordinarie. I ricorrenti, formulando il quesito chiedono:

- se sia cumulabile la ritenzione della caparra confirmatoria con ulteriori somme risarcitorie;

- se possa ritenersi che vi sia richiesta di ritenzione della caparra quando nell'atto con specifica riconvenzionale era chiesto il ristoro dei danni indicando unicamente come somma richiesta gli importi versati a tale titolo e successivamente mediante acconti.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti deducono, ex articolo 360, nn. 3 e 5, la violazione degli articoli1223, 1385 e 2697 c.c., lamentando che la Corte di Appello ha accolto una domanda di risarcimento danni da inadempimento in mancanza di prova sull'entita' dei danni e senza una motivazione per esplicitare l'iter logico-giuridico seguito per la liquidazione.

Formulando il quesito chiedono se il giudice possa procedere alla liquidazione dei danni nel difetto assoluto della prova della loro quantificazione e senza addurre alcuna ragione sul criterio adottato.

6. Il quarto e il quinto motivo devono essere esaminati congiuntamente per la loro continuita' argomentativi e connessione con la domanda risarcitoria proposta nel giudizio di (OMISSIS) e (OMISSIS).

A quanto risulta dalle conclusioni trascritte nella sentenza appellata, i promittenti venditori avevano agito per la risoluzione del contratto per inadempimento e avevano chiesto in principalita' la condanna al risarcimento danni nella misura degli acconti corrisposti, comprensivi di quanto versato a titolo di caparra e in via subordinata la somma corrispondente alla caparra versata.

La Corte di Appello per la somma anticipata a titolo di acconto ha escluso il diritto degli appellati, odierni ricorrenti, alla restituzione ritenendo che non fosse stata formulata una domanda in tal senso sulla base del fatto che la restituzione era stata richiesta per effetto e in conseguenza dell'impossibilita' sopravvenuta dell'adempimento, che invece era stata esclusa; questa ratio decidendi non ha formato oggetto di ricorso.

Per la somma versata a titolo di caparra la Corte di Appello non ha autorizzato la ritenzione (e comunque non poteva autorizzare la ritenzione, essendo stata formulata domanda di risarcimento danni), ma ha accolto la domanda risarcitoria e ha individuato la misura del danno negli acconti versati, comprensivi della caparra.

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto nel quarto motivo, non e' stato cumulato il diritto a ritenere la caparra confirmatoria con il diritto a ulteriori somme risarcitorie, ma il giudice di appello si e' pronunciato sulla formulata domanda di risarcimento danni liquidando il danno in misura corrispondente agli acconti comprensivi della caparra.

Tuttavia, come fondatamente dedotto nel quinto motivo di ricorso, la Corte territoriale ha proceduto alla liquidazione dei danni senza addurre alcuna indicazione sul criterio adottato per la liquidazione, senza alcun riferimento ad elementi di prova dei danni che, comunque, ai sensi dell'articolo 2697 c.c., dovevano essere provati dagli attori in riconvenzionale.

In conclusione, il quarto e il quinto motivo sono, per quanto sopra rilevato, fondati.

7. Con il sesto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'articolo 1467 c.c. e il vizio di motivazione.

I ricorrenti sostengono:

- che la Corte di Appello avrebbe omesso di motivare in merito alla deduzione dell'eccessiva onerosita' sopravvenuta;

- che l'argomento della Corte di Appello secondo il quale la morte del congiunto non incide sull'oggetto della prestazione sarebbe stato utilizzato in via astratta senza un preciso riferimento alla domanda di risoluzione per eccessiva onerosita'.

In ogni caso, a dire dei ricorrenti, l'evento morte avrebbe dovuto essere valutato e non trascurato, trattandosi, nel caso concreto, di un evento che, per un uomo di 32 anni, non costituisce, come affermato dalla Corte territoriale una ineluttabile certezza.

Formulando il quesito chiedono se la morte in giovane eta' configuri la eccessiva onerosita' di una contrattuale prestazione monetaria correlata alla assoluta carenza di mezzi economici e reddituali da parte dei suoi eredi subentranti contrattualmente nella medesima posizione del de cuius.

6.1 Il motivo (con il quale non e' dedotto il vizio di omessa pronuncia ex articolo 112 c.p.c.) e' manifestamente infondato perche' l'eccessiva onerosita' nei contratti onerosi consiste nella sopravvenuta sproporzione tra i valori delle prestazioni, sicche' l'eccessiva onerosita' sopravvenuta della prestazione, in presenza di squilibrio tra le prestazioni che sia dovuto ad eventi straordinari ed imprevedibili, non rientranti nell'ambito della normale alea contrattuale, ai sensi dell'articolo 1467 c.c., determina la risoluzione del contratto.

L1 eccessiva onerosita' sopravvenuta della prestazione, per potere determinare, ai sensi dell'articolo 1467 c.c., la risoluzione del contratto richiede la sussistenza di due necessari requisiti: da un lato, un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni (ossia l'alterazione del sinallagma contrattuale), non previsto al momento della conclusione del contratto e, dall'altro, la riconducibilita' della eccessiva onerosita' sopravvenuta ad eventi straordinari ed imprevedibili, che non rientrano nell'ambito della normale alea contrattuale.

Nella specie, invece, le circostante affermate come imprevedibili hanno comportato, non gia' uno squilibrio del sinallagma contrattuale, ossia tra le prestazioni dell'una e dell'altra parte, ma l'asserita impossibilita' di pagare il prezzo del bene che doveva essere acquistato (del quale non e' dedotta l'inadeguatezza rispetto alla controprestazione pecuniaria); tuttavia tale situazione esula dall'ambito di applicazione dell'istituto della eccessiva onerosita', appartenendo al tema dell'adempimento delle prestazioni del contratto che doveva essere stipulato. In tal senso la motivazione puo' essere semplicemente integrata ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., u.c..

7. In conclusione devono essere accolti, nei limiti di cui in motivazione, il quarto e il quinto motivo di ricorso e la sentenza impugnata deve essere cassata limitatamente alla liquidazione del danno da inadempimento contrattuale con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per la liquidazione del danno (o per il diniego di liquidazione in mancanza di prova del danno) subito da (OMISSIS) e (OMISSIS) per l'inadempimento contrattuale, sulla base degli elementi istruttori gia' acquisiti agli atti e indicando l'iter logico giuridico seguito per tale liquidazione o per escludere il danno.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il quarto e il quinto motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.

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