Danno da ritardo e danno da disturbo

La giurisprudenza riconosce la risarcibilità del danno da ritardo e del danno da disturbo.

Danno da ritardo

La nozione di danno da ritardo va ricondotta alle fattispecie in cui l’amministrazione, a fronte dell’istanza del privato, non risponde nel termine previsto, dando così luogo ad un silenzio – rifiuto.

La giurisprudenza in questi casi ha ritenuto che sia risarcibile la lesione dell’interesse del privato all’emanazione del provvedimento nonché al rispetto del termine previsto per la conclusione del procedimento.
 

Nelle più recenti sentenze il Consiglio di Stato dapprima ribadisce il principio a tenore del quale "Il solo, mero ritardo nell’emanazione dell’atto, in linea di principio ben può costituire elemento sufficiente per configurare un danno ingiusto, con conseguente obbligo di risarcimento nel caso di procedimento amministrativo che sia da concludere con un provvedimento favorevole per il destinatario": Salvo poi precisare come la ragione di fondo sottesa alla risarcibilità del danno da ritardo risiede nel fatto che il risarcimento del danno ingiusto cagionato dalla pubblica amministrazione in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa dei tempi di definizione del procedimento presuppone che il tempo è un bene della vita per il cittadino e il ritardo nella conclusione d un procedimento ha un suo costo (Cons. Stato Sez. V 28 febbraio 2011 n.1271); il che, in presenza dei dovuti presupposti, è suscettibile di ristoro patrimoniale secondo lo schema della responsabilità c.d. aquiliana.

L’ultima novità sul tema è l’introduzione, con l’art. 28 del decreto del “fare” (n. 69/2013), di una forma di indennizzo automatico da ritardo nella conclusione del procedimento. Secondo le nuove norme, le pubbliche amministrazioni corrispondono all’interessato, a titolo di indennizzo per il mero ritardo, una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritardo, con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento a istanza di parte, per cui la legge prevede l’obbligo di pronunciarsi.

Ma sono diverse le limitazioni di questo strumento. Innanzitutto il risarcimento non è affatto automatico: in primo luogo occorre che l’interessato abbia richiesto al superiore gerarchico entro un termine perentorio di sette giorni un intervento sostitutivo, a quel punto l’indennizzo scatterà solo nel caso in cui anche il superiore gerarchico non rispetti il termine previsto per l’esercizio del potere sostitutivo.

La somma dovrà essere complessivamente non superiore a 2.000 euro, realizzando quindi un risarcimento parziale; per ogni risarcimento ulteriore occorrerà provare il dolo o la colpa.

Nel caso in cui il titolare del potere sostitutivo non emani il provvedimento nel termine o non liquidi l’indennizzo maturato a tale data, l’istante può proporre ricorso al TAR. Ma se il ricorso è dichiarato inammissibile o è respinto in relazione all’inammissibilità o alla manifesta infondatezza dell’istanza che ha dato avvio al procedimento, il giudice condannerà il ricorrente a pagare in favore dell’amministrazione una somma da due volte a quattro volte il contributo unificato.

In ogni caso il nuovo rimedio ha carattere provvisorio e sperimentale, dato che vige solo per i procedimenti riguardanti l’avvio e l’esercizio dell’attività di impresa iniziati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, e solamente trascorsi 18 mesi da questa data si stabilirà se confermarlo, rimodularlo o abbandonarlo.

Va segnalato che è nell’aria una modifica significativa della normativa in sede di conversione del decreto, allo scopo di aumentarne l’utilità. Probabile che l’indennizzo venga esteso a tutti i procedimenti a istanza di parte (quindi non solo alle imprese) e che la procedura per l’ottenimento venga semplificata.

Danno da disturbo

Il danno da disturbo consiste nella illegittima compromissione, da parte della P.A., dell’esercizio da parte del privato, delle facoltà inerenti l’esercizio di diritti di cui è titolare. Così la giurisprudenza ha ritenuto sussistere il danno da disturbo nel caso di illegittima compromissione del diritto di proprietà derivante da provvedimenti amministrativi illegittimi ( es. danno subito dal titolare di una concessione edilizia per effetto di provvedimenti amministrativi illegittimi che hanno determinato una sospensione dei lavori). 

La risarcibilità del danno da disturbo è stata di recente riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa. Tale giurisprudenza ha colto l’occasione per distinguere il danno da disturbo dal danno da ritardo. In proposito ha chiarito che mentre con quest’ultimo il privato lamenta di aver subito un danno a causa del ritardo con cui l’amministrazione si è pronunciata sulla sua istanza, nel secondo caso il privato si duole del “disturbo” arrecato all’esercizio delle facoltà connesse a suoi diritti. 

In ogni caso perché il risarcimento possa essere riconosciuto è necessario che la P.A. abbia agito in violazione di norme e principi dell’ordinamento nonché con dolo o colpa e che vi sia un nesso eziologico tra la condotta della P.A. e il danno prodottosi.

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