MUTUI: contestato l'ammortamento "alla francese"

Il sistema di ammortamento "alla francese", che è preferito dalle banche per frazionare il pagamento in quanto permette di programmare le rate, può penalizzare il mutuatario.

Il sistema abituale di ammortamento dei pretesti pluriennali detto “alla francese” è uno dei modi per rimborsare un debito. Si potrebbe infatti pagare tutto il debito alla scadenza concordata: ma questo è un sistema che nessuna banca accetta perché il mutuatario si gode i soldi ricevuti e solo dopo molto tempo deve riportare indietro quanto avuto, più il costo concordato. Si potrebbero viceversa pagare solo gli interessi anno per anno, rinviando il rimborso alla fine, ma anche questo sistema è ritenuto assai pericoloso dal Sistema bancario. Da qui la scelta dell’ammortamento, cioè del pagamento periodico (prima in genere semestrale, ma ora, di recente diffusamente anche mensile) di somme che comprendono sia una quota interessi (per compensare la banca del prestito) sia una quota capitale (che va gradualmente a ridurre il debito). Ma anche l’ammortamento del debito può seguire diversi meccanismi. C’è il sistema a quota capitale fissa e quota interessi variabile, mediante il quale via via gli interessi diminuiscono perché si calcolano su una cifra inferiore; le rate sono quindi decrescenti anno dopo anno. E c’è viceversa quello a rata fissa (in forza del quale ogni anno si paga sempre la stessa cifra), che comprende una quota capitale bassa al primo anno ma crescente nel tempo e una quota interessi sempre più bassa.

Quest’ultimo è il sistema più diffuso (ca. il 90% dei casi di mutuo) ed appunto quello “alla francese”, che ha il vantaggio di essere facilmente programmabile in quanto ogni rata è sempre uguale.
Con tale sistema quindi è sufficiente, per il mutuatario, di essere in grado di accantonare la cifra prevista per  restare tranquillo. Apparentemente va tutto bene, ma il meccanismo risulta pericoloso e può dare adito a contenzioso: trattasi infatti del meccanismo della trasformazione, mediante formule di matematica attuariale,  del tasso da capitalizzazione semplice a quello di capitalizzazione composta. Con l’ammortamento “alla francese” infatti il mutuatario paga nella sostanza gli interessi sugli interessi (il termine tecnico per definire tale fenomeno è”anatocismo”), situazione vietata dal codice civile. Per cui alla fine il tasso di interesse reale applicato risulta più elevato di quello stipulato. Inoltre la formula “alla francese” risulta sconveniente per il mutuatario che intende estinguere anticipatamente il mutuo: avendo pagato inizialmente solo gli interessi si troverà ad estinguere solo capitale, non potendo quindi risparmiare sugli interessi in forza appunto dell’estinzione anticipata. L’ammortamento “alla francese” consiste infatti in un sistema di pagamento che rovescia il principio in forza del quale gli interessi da pagare sono tanto maggiori quanto maggiore è il trascorrere del tempo, prevedendo invece che prima si paghino gli interessi e, successivamente, il capitale, per cui gli interessi diminuiscono e non aumentano nel tempo, mentre il capitale resta inizialmente invariato, per poi diminuire nel corso del tempo.
 
Il tutto determina un tasso d’interesse effettivo superiore a quello dichiarato nel contratto. E più si va avanti nel pagamento delle rate, più aumenta il costo del mutuo. Il tasso nominale annuo resta davvero quello indicato per iscritto nel contratto ma quello effettivo può essere desunto solo da un accurato esame tecnico del piano d’ammortamento. L’aspetto dannoso è poi amplificato dall’uso bancario di frazionare i pagamenti nel corso dell’anno (semestralmente o, come è più frequente, mensilmente). Infatti se il contratto prevede il pagamento di un tasso annuale, non è la stessa cosa pagare la rata annualmente (cioè con frequenza pari a quella del calcolo del tasso d’interesse, che è annuale) o, in ipotesi, semestralmente. Ad esempio un tasso del 10% applicato semestralmente con frazionamento semplice (5% semestrale) equivale in realtà ad un tasso pari al 10,25% in termini finanziari, pur se l’effetto rimane invariato in termini numerici.
Chi riceve gli interessi a metà anno può investirli subito, ottenendo un ricavo a suo beneficio, mentre chi paga gli interessi, all’opposto, non ricava nulla sui soldi pagati; dunque per mantenere l’equivalenza tra costo contrattuale e costo effettivo occorre tenere conto di formule di matematica finanziaria.

Va fatta quindi molta attenzione alle clausole contrattuali e soprattutto alla periodicità delle rate e al tasso applicato: se la periodicità è annuale il tasso deve essere annuale; se viceversa la periodicità è semestrale o mensile il tasso corretto da inserire in contratto è quello semestrale o mensile, rispettivamente. Purtroppo anche in questa vicenda il Sistema bancario italiano non è esente da pecche. Infatti nei contratti di mutuo per acquisto della casa o per i prestiti personali il tasso indicato a volte non corrisponde alla periodicità dei pagamenti, con effetti di aggravio del costo dell’operazione. Va anche peggio con le finanziarie, nei cui contratti si può riscontrare spesso un disallineamento tra tasso nominale ed effettivo, ricavabile dal sistema d’ammortamento a rate periodiche nel corso dell’anno. E’ dunque importante verificare il contratto da sottoscrivere (o già sottoscritto) ed il piano d’ammortamento, onde evitare di pagare un costo più elevato rispetto a quello previsto.

E se si riscontra che il tasso effettivo è superiore a quello contrattualmente pattuito va fatto ricorso ad un legale per la difesa dei propri diritti, mediante richiesta di annullamento parziale del contratto di mutuo, contestuale ricalcolo del tasso d’interesse, rimborso delle somme non dovute ed applicazione del tasso corretto in futuro.
Il problema dell’ammortamento “alla francese” è infatti già stato affrontato e risolto (in senso positivo nei confronti del mutuatario e sfavorevole per la banca convenuta) dal Tribunale di Bari (Sezione distaccata di Rutigliano) con la sentenza n.113/2008 (che ha avuto vasta eco).

Con il predetto provvedimento il Giudice adito ha riconosciuto che mentre nella parte letterale del contratto si stabiliva un tasso d’interesse rispettoso del sistema civilistico italiano della maturazione dei frutti civili (cioè degli interessi), nel piano d’ammortamento veniva applicato, in maniera del tutto inaspettata quanto illegittima, il c.d. “ammortamento alla francese”, ossia un metodo che comporta la restituzione degli interessi con una proporzione più elevata, in quanto l’interesse applicato è nella sostanza quello composto e non già quello semplice. Accogliendo la domanda proposta dal mutuatario la sentenza in parola ha quindi ritenuto applicabile l’art.1283 del codice civile (che regola e vieta l’anatocismo tout court) anche ai contratti di mutuo (così come riconosciuto dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.2593 del 20.02.2003), ribadendo anche in relazione ad essi il principio dell’ordinamento giuridico italiano in forza del quale (salve le previste eccezioni) gli interessi non possono produrre ulteriori interessi.

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