Il D.P.R. n. 448 del 1988 e le particolarità del c.d. rito minorile.

La struttura del processo penale nei confronti di imputati minorenni.

Il criterio ispiratore del procedimento penale minorile percepisce e attua il principio del 2° comma dell’art. 31 Cost. secondo il quale la Repubblica “Protegge…l'infanzia e la gioventù favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.

La struttura dell’intero processo penale nei confronti di imputati minorenni muove dall’art. 1 del DPR n. 448/88 che, applicando il principio di sussidiarietà, rinvia, per quanto non espressamente previsto dal predetto decreto presidenziale, alle disposizioni del codice di procedura penale, con le correzioni rese opportune dalla personalità e dalle esigenze educative del minorenne.

L’attenzione rivolta dal legislatore del 1988 alla personalità e alle esigenze del minore trova la sua massima espressione nell’art. 9 che costituisce la norma cardine del processo minorile (“Art. 9 - Accertamenti sulla personalità del minorenne 1. Il pubblico ministero e il giudice acquisiscono elementi circa le condizioni e le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne al fine di accertarne l'imputabilità e il grado di responsabilità, valutare la rilevanza sociale del fatto nonché disporre le adeguate misure penali e adottare gli eventuali provvedimenti civili. 2. Agli stessi fini il pubblico ministero e il giudice possono sempre assumere informazioni da persone che abbiano avuto rapporti con il minorenne e sentire il parere di esperti, anche senza alcuna formalità.”)

Difatti, l’accertamento della personalità richiesto non è funzionale solo all’accertamento della sussistenza della capacità di intendere e volere in capo all’imputato minorenne, ma è principalmente indirizzato ad individuare la risposta più adeguata alle difficoltà personali e sociali che il minore ha evidenziato attraverso la commissione di un fatto penalmente rivelante.

Il giudice e il Pubblico Ministero dovranno, quindi, acquisire gli elementi necessari a comprendere i bisogni e le risorse del ragazzo, oltre alle sue condizioni sociali e ambientali, al fine di individuare la risposta più adeguata al recupero e alle esigenze educative, senza interrompere il processo di maturazione già in atto.

Da ciò derivano una serie di divieti imposti affinché l’imputato minorenne non venga etichettato a vita per mancanze commesse da piccolo: per esempio, il divieto di pubblicazione e la divulgazione, con qualsiasi mezzo, di notizie idonee a consentire l’identificazione del minore, comunque coinvolto nel procedimento ovvero, ancora, il divieto di rilascio, oltre che al soggetto cui si riferiscono e alla autorità giudiziaria, delle certificazioni delle iscrizioni nel casellario giudiziale.

Per quanto riguarda gli aspetti puramente procedurali, anche nel procedimento innanzi al Tribunale per i Minorenni, come si è anticipato, valgono le regole sancite dal codice di procedura penale vigente per gli adulti, poiché sussiste la distinzione tra potere di richiesta e potere di decidere ripartiti rispettivamente tra p.m. e giudice nelle diverse vesti – a seconda delle fasi del processo – di GIP (giudice per le indagini preliminari), GUP (giudice per l’udienza preliminare) e Tribunale (giudice del dibattimento).

Il procedimento per l’applicazione delle misure cautelari prevede che, durante le indagini preliminari, su richiesta del p.m. per i minorenni, sia il GIP a provvedere, senza procedura in camera di consiglio, considerati sia gli accertamenti sulla personalità del minore, sia il fatto che il giudice, prima di impartire le prescrizioni correlate alla misura cautelare, deve sentire l’esercente la potestà genitoriale.

Inoltre, la disciplina della libertà personale del minore assume un ruolo centrale nelle disposizioni del processo penale minorile.

La considerazione che il provvedimento restrittivo della libertà personale possa costituire per il minore un fatto traumatico, ha indotto il legislatore a prevedere una serie di attenzioni nell’esecuzione dell’arresto, del fermo, dell’accompagnamento e della traduzione, che dovranno avvenire adottando le opportune cautele per proteggere i minori dalla curiosità del pubblico e ridurre i disagi e le sofferenze morali e materiali.

Al minore viene, inoltre, garantita assistenza sia sotto il profilo processuale attraverso la predisposizione di un elenco (tenuto dai Consigli dell'Ordine degli Avvocati rientranti nel distretto del Tribunale per i Minorenni e aggiornato trimestralmente) di difensori di ufficio specializzati in diritto minorile, sia dal punto di vista psicologico ed affettivo attraverso la presenza dei genitori o di altra persona idonea in ogni stato e grado del procedimento.

È comunque sempre assicurata la presenza dei servizi minorili, le cui funzioni principali consistono nella assistenza al minorenne, nello svolgimento dell’inchiesta sulla sua personalità, nel sostegno, trattamento e controllo di alcuni casi particolari.

Il DPR n. 448/88 si distingue, inoltre, dal codice di rito propriamente detto per la tipologia degli sbocchi processuali a cui l’iter giudiziale del minore può condurre.

L’inserimento degli istituti dell’irrilevanza del fatto, della messa alla prova, con contestuale dichiarazione di estinzione del reato in caso di esito positivo, e del perdono giudiziale, forniscono al minore deviante la opportunità di comprendere la gravità del reato commesso e le conseguenze ad esso connesse.

Altre particolarità del rito minorile sono quelle che riguardano la composizione dell’organo giudicante (sempre in veste collegiale anche per l’udienza preliminare e per i fatti di competenza del Tribunale in composizione monocratica).

Il Collegio del dibattimento, infatti, deve essere formato da 4 soggetti, il Presidente, magistrato di Corte di Appello, il giudice a latere (magistrato di Tribunale) e due esperti (un uomo e una donna), giudici onorari benemeriti dell’assistenza e scelti tra i cultori di biologia, psichiatria, antropologia criminale, pedagogia e psicologia.

Il GUP è composto da tre membri: il giudice togato e due giudici onorari, sempre un uomo e una donna.

In Appello, invece, la Sezione per i Minorenni del giudice di seconde cure, esamina i casi che vengono portati alla sua attenzione sempre con la presenza di tre giudici professionali e due onorari.

Non si può dimenticare poi che la competenza del giudice minorile è esclusiva e funzionale e che, pertanto, questo organo giudiziario è l’unico chiamato a valutare del fatto criminoso commesso dal minore anche quando la condotta in questione, in base alle regole generali sulla competenza previste dal codice di procedura penale e dalla legislazione speciale, dovrebbe essere giudicata da organo diverso dal Tribunale (es. reati di competenza della Corte di Assise, del giudice di pace).

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