In caso di infortunio sul lavoro il giudice deve tenere conto della sussistenza di fattori patologici preesistenti non aventi origine professionale

In caso di infortunio sul lavoro, se si accerta la sussistenza di fattori patologici preesistenti non aventi origine professionale, il giudice deve, anche di ufficio, fare applicazione delDecreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 79 secondo cui il grado di riduzione permanente dell'attitudine al lavoro causata da infortunio, quando risulti aggravata da inabilita' preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro, deve essere rapportata non alla normale attitudine al lavoro ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilita', e deve essere calcolata secondo la cosiddetta formula Gabrielli - espressa da una frazione avente come denominatore la ridotta attitudine preesistente e come numeratore la differenza tra quest'ultima (minuendo) ed il grado di attitudine al lavoro residuato dopo l'infortunio (sottraendo) - senza che abbia rilievo la circostanza che l'inabilita' preesistente e quella da infortunio incidano sullo stesso apparato anatomo-funzionale (vedi, per tutte: Cass. 15 gennaio 2014, n. 689; Cass. 30 luglio 2003, n. 11703; Cass. 11 maggio 2001, n. 6573;Cass. 2 dicembre 1999, n. 13453; Cass. 21 gennaio 1999, n. 534; Cass. 24 febbraio 2010, n. 4512; Cass. 2 febbraio 2012, n. 1890 Cass. 21 agosto 1982, n. 4696). L'applicazione della suddetta disposizione - effettuabile anche d'ufficio, ove il CTU non ne abbia tenuto conto - e' finalizzata - previa verifica della reale sussistenza dei suddetti fattori patologici preesistenti - ad ottenere un calcolo del grado di riduzione dell'attitudine al lavoro che sia il piu' possibile corrispondente al danno effettivamente subito dal lavoratore.

Corte di Cassazione, Sezione L civile, Sentenza 18 giugno 2015, n. 12629



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio - Presidente

Dott. TRIA Lucia - rel. Consigliere

Dott. DORONZO Adriana - Consigliere

Dott. LORITO Matilde - Consigliere

Dott. GHINOY Paola - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12978-2008 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che lo rappresentano e difendono giusta procura speciale notarile in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 437/2007 della CORTE D'APPELLO di CAGLIARI, depositata il 15/10/2007 r.g.n. 274/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/02/2015 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l'Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto che ha concluso per l'inammissibilita' o in subordine rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La sentenza attualmente impugnata: 1) accoglie, per quanto di ragione, l'appello proposto da (OMISSIS) nei confronti dell'INAIL avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari in data 31 marzo 2006 e, in riforma di tale sentenza, dichiara il diritto dell'appellante alla rendita del 23% per inabilita' da infortunio, con la decorrenza di legge; 2) condanna l'INAIL al pagamento delle differenze sui ratei maturati con gli interessi legali.

La Corte d'appello di Cagliari, per quel che qui interessa, precisa che:

a) la appellata chiede il riconoscimento del diritto alla maggior rendita per infortunio nella misura del 25%;

b) l'appello e' parzialmente fondato;

c) il CTU nominato da questa Corte ha precisato che non vi e' dubbio che, nella valutazione del danno, debba tenersi conto pure delle lesioni derivate dall'infortunio extralavorativo dell'aprile 2004, che ha trovato la sua causa efficiente, e non solo occasionale, negli esiti dell'infortunio lavorativo del (OMISSIS);

d) il quadro complessivo di riduzione delle attitudini lavorative dell'assicurata e' valutabile nella misura del 23%, sin dall'epoca della fase amministrativa, come si desume dalla relazione del CTU, le cui puntuali e attente conclusioni vanno condivise;

e) ne consegue che si deve considerare priva di fondamento la domanda con la quale l'appellante - nelle note depositate il 13 luglio 2007 - ha chiesto il riconoscimento della maggiore misura di inabilita' complessiva pari a 33%, in base al duplice erroneo presupposto della possibilita' di contestare, per la prima volta, il danno originario (calcolato al 20%, applicando la formula Gabrielli) e di applicare nuovamente la formula Gabrielli al danno del 23%, senza considerare che tale percentuale e' stata individuata dal CTU come complessiva per tutti gli infortuni lavorativi ed extralavorativi subiti dalla assicurata.

2.- Il ricorso di (OMISSIS) domanda la cassazione della sentenza per un unico motivo; resiste, con controricorso, l'INAIL.

3.- La causa, chiamata a seguito di relazione ex articolo 380 bis c.p.c. per l'udienza in camera di consiglio della Sezione Sesta del 28 aprile 2009, veniva ivi rimessa alla pubblica udienza innanzi questa Sezione Lavoro.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 - Sintesi dei motivi di ricorso.

1.- Con l'unico motivo si denuncia, in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione del Testo Unico 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 79 omessa e insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in riferimento agli articoli 113, 115 e 116 cod. proc. civ.

Si rileva che sia il CTU sia la Corte d'appello hanno riconosciuto un aggravamento del danno infortunistico dal 14% al 23% a causa dell'evento traumatico extralavorativo del 4 aprile 2004, etiologicamente collegato all'infortunio sul lavoro del (OMISSIS).

Una volta riscontrato il suddetto aggravamento avrebbe dovuto continuare ad applicarsi, anche nel procedimento di revisione, la formula Gabrielli (di cui all'indicato articolo 79), in considerazione del preesistente danno extralavorativo del 30%, quindi l'accertato danno infortunistico del 23% avrebbe dovuto essere determinato nella misura di 23/70, pari a 32,857%, che si arrotonda a 33%.

Il CTU non ha proceduto a tale valutazione finale, perche' non gli e' stato chiesto di farlo, ma la sussistenza del danno preesistente e aggravante e' pacifica, come risulta anche dal verbale INAIL allegato al ricorso introduttivo (e riprodotto nel presente ricorso).

2 - Esame delle censure.

2.- Il motivo di ricorso non e' da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.

3.- Come risulta dalla sentenza impugnata, il CTU nominato dalla Corte d'appello - le cui conclusioni sono state condivise dalla Corte stessa, perche' considerate puntuali e attente - e' pervenuto alla conclusione della determinazione nella misura del 23% (sin dall'epoca della fase amministrativa) della inabilita' della (OMISSIS) muovendo dalla premessa secondo cui, per definire il "quadro complessivo" di riduzione delle attitudini lavorative dell'assicurata, si dovesse tenere conto, nella valutazione del danno, delle lesioni derivate dall'infortunio extralavorativo dell'aprile 2004, che ha trovato la sua causa efficiente, e non solo occasionale, negli esiti dell'infortunio lavorativo del (OMISSIS).

In questa situazione, le presenti censure si risolvono nella contestazione della suddetta valutazione del CTU, prospettata:

a) non soltanto con modalita' non conformi al principio di specificita' dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui la ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto essenziale della relazione del CTU contestata, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l'individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo cosi' ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall'articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. 12 febbraio 2014, n. 3224; Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726);

b) ma, soprattutto muovendo dal presupposto - gia' reputato erroneo dalla Corte territoriale - della possibilita' di applicare nuovamente la formula Gabrielli al danno definito nella misura del 23%, senza considerare che tale percentuale e' stata individuata dal CTU come complessiva per tutti gli infortuni lavorativi ed extralavorativi subiti dalla assicurata e, quindi, facendo applicazione della suddetta formula.

4.- A tale ultimo riguardo va ricordato che, come evidenziato piu' volte da questa Corte, in caso di infortunio sul lavoro, se si accerta la sussistenza di fattori patologici preesistenti non aventi origine professionale, il giudice deve, anche di ufficio, fare applicazione delDecreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 79 secondo cui il grado di riduzione permanente dell'attitudine al lavoro causata da infortunio, quando risulti aggravata da inabilita' preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro, deve essere rapportata non alla normale attitudine al lavoro ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilita', e deve essere calcolata secondo la cosiddetta formula Gabrielli - espressa da una frazione avente come denominatore la ridotta attitudine preesistente e come numeratore la differenza tra quest'ultima (minuendo) ed il grado di attitudine al lavoro residuato dopo l'infortunio (sottraendo) - senza che abbia rilievo la circostanza che l'inabilita' preesistente e quella da infortunio incidano sullo stesso apparato anatomo-funzionale (vedi, per tutte: Cass. 15 gennaio 2014, n. 689; Cass. 30 luglio 2003, n. 11703; Cass. 11 maggio 2001, n. 6573;Cass. 2 dicembre 1999, n. 13453; Cass. 21 gennaio 1999, n. 534; Cass. 24 febbraio 2010, n. 4512; Cass. 2 febbraio 2012, n. 1890 Cass. 21 agosto 1982, n. 4696).

L'applicazione della suddetta disposizione - effettuabile anche d'ufficio, ove il CTU non ne abbia tenuto conto - e' finalizzata - previa verifica della reale sussistenza dei suddetti fattori patologici preesistenti - ad ottenere un calcolo del grado di riduzione dell'attitudine al lavoro che sia il piu' possibile corrispondente al danno effettivamente subito dal lavoratore.

E', peraltro, evidente che tale meccanismo non puo' essere applicato all'infinito - come ipotizzato dalla attuale ricorrente - nel senso che, sulla base di una interpretazione letterale e logico-finalistica del citato articolo 79, si desume che esso e' destinato ad operare al solo fine di tenere conto di aggravamenti della inabilita' preesistenti (rispetto all'infortunio) e derivanti da fatti estranei al lavoro che non siano gia' stati presi in considerazione in precedenza (come, invece, e' avvenuto nella presente fattispecie).

Del resto, diversamente, verrebbe a determinarsi un quadro complessivo di riduzione delle attitudini lavorative divergente - per eccesso - dalla realta'.

5.- Cio' e' anche confermato dal successivo del Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, articolo 13, comma 6, che ha esteso l'ambito di applicazione del suddetto articolo 79, senza mutarne la logica.

E' noto che i due sistemi, previsti rispettivamente dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965 e dalDecreto Legislativo n. 38 del 2000 sono tra loro "assolutamente impermeabili, e coesistono fino ad esaurimento dei casi ricadenti nel precedente sistema, e cioe' fino allo scadere dei termini revisionali delle rendite costituite per eventi verificatisi o denunciati prima del 25 luglio 2000, data dell'entrata in vigore del Decreto Ministeriale approvativo delle tabelle, ai sensi del cit. Decreto Legislativo n. 38, articolo 13, comma 2" (vedi, per tutte: Cass. 12 ottobre 2007, n. 12452).

Tuttavia, nell'esercizio della funzione di nomofilachia assegnata a questa Corte - e in considerazione anche della costante affermazione della applicabilita' della regola ermeneutica che impone al giudice di fare ricorso, ove rilevante per la fattispecie sub judice, alla cd. interpretazione evolutiva e sistematica della legge (vedi, tra le tante: Cass. SU 14 aprile 2011, n. 8486; Cass. SU 16 marzo 2009, n. 6316; Cass. 18 aprile 2014, n. 9082) - appare opportuno sottolineare che l'interpretazione della norma in esame proposta dalla ricorrente risulta erronea anche con riguardo alla disciplina introdotta nel 2000. E, per quel che si e' detto, non potrebbe essere diversamente, da un punto vista logico-giuridico.

3 - Conclusioni.

6.- In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione -liquidate nella misura indicata in dispositivo - seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi, euro 3000,00 (tremila/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge.

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