LIBRO SECONDO - Dei delitti in particolare Titoli VII e XIII

Codice penale

Libro secondo
Dei delitti in particolare

Titoli VIII e XIII

Titolo VIII: DEI DELITTI CONTRO L'ECONOMIA PUBBLICA,

L'INDUSTRIA E IL COMMERCIO

Capo I: DEI DELITTI CONTRO L'ECONOMIA PUBBLICA

Art. 499

- Distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione -

Chiunque, distruggendo materie prime o prodotti agricoli o industriali, ovvero mezzi di produzione, cagiona un grave nocumento alla produzione nazionale o far venir meno in misura notevole merci di comune o largo consumo, è punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa non inferiore a lire quattro milioni.

 

Art. 500

- Diffusione di una malattia delle piante o degli animali -

Chiunque cagiona la diffusione di una malattia alle piante o agli animali, pericolosa all'economia rurale o forestale, ovvero al patrimonio zootecnico della nazione, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Se la diffusione avviene per colpa, la pena è della multa da lire duecentomila a quattro milioni.

 

Art. 501

- Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio -

Chiunque, al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifici atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da uno a cinquanta milioni di lire.

Se l'aumento o la diminuzione del prezzo delle merci o dei valori si verifica, le pene sono aumentate.

Le pene sono raddoppiate:

1) se il fatto è commesso dal cittadino per favorire interessi stranieri;

2) se dal fatto deriva un deprezzamento della valuta nazionale o dei titoli dello Stato, ovvero il rincaro di merci di comune o largo consumo.

Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche se il fatto è commesso all'estero, in danno della valuta nazionale o di titoli pubblici italiani.

La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici (1).

(1) Articolo così sostituito dalla L. 27 novembre 1976, n. 787.

 

Art. 501 bis

- Manovre speculative su merci -

Fuori dei casi previsti dall'articolo precedente, chiunque, nell'esercizio di qualsiasi attività produttiva o commerciale, compie manovre speculative ovvero occulta, accaparra od incetta materie prime, generi alimentari di largo consumo o prodotti di prima necessità, in modo atto a determinare la rarefazione o il rincaro sul mercato interno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da uno a cinquanta milioni di lire.

Alla stessa pena soggiace chiunque, in presenza di fenomeni di rarefazione o rincaro sul mercato interno delle merci indicate nella prima parte del presente articolo e nell'esercizio delle medesime attività, ne sottrae alla utilizzazione o al consumo rilevanti quantità.

L'autorità giudiziaria competente e, in caso di flagranza, anche gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, procedono al sequestro delle merci, osservando le norme sull'istruzione formale. L'autorità giudiziaria competente dispone la vendita coattiva immediata delle merci stesse nelle forme di cui all'articolo 625 del codice di procedura penale.

La condanna importa l'interdizione dall'esercizio di attività commerciali o industriali per le quali sia richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza da parte dell'autorità e la pubblicazione della sentenza (1) .

(1)Articolo aggiunto dalla L. 27 novembre 1976, n. 787.

 

Art. 502

- Serrata e sciopero per fini contrattuali -

Il datore di lavoro che, col solo scopo di imporre ai suoi dipendenti modificazioni ai patti stabiliti, o di opporsi a modificazioni di tali patti, ovvero di ottenere o impedire una diversa applicazione dei patti o usi esistenti, sospende in tutto o in parte il lavoro nei suoi stabilimenti, aziende o uffici, è punito con la multa non inferiore a lire due milioni (1).

I lavoratori addetti a stabilimenti, aziende o uffici, che, in numero di tre o più, abbandonano collettivamente il lavoro, ovvero lo prestano in modo da turbarne la continuità o la regolarità, col solo scopo di imporre ai datori di lavoro patti diversi da quelli stabiliti, ovvero di opporsi a modificazioni di tali patti o, comunque, di ottenere o impedire una diversa applicazione dei patti o usi esistenti, sono puniti con la multa fino a lire duecentomila (1).

(1) Con sentenza n. 29 del 4 maggio 1960 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità del primo e del secondo comma di questo articolo, in riferimento agli artt. 39 e 40 Cost.

 

Art. 503

- Serrata e sciopero per fini non contrattuali -

Il datore di lavoro o i lavoratori, che per fine politico commettono, rispettivamente, alcuno dei fatti preveduti dall'articolo precedente, sono puniti con la reclusione fino a un anno e con la multa non inferiore a lire due milioni, se si tratta di un datore di lavoro, ovvero con la reclusione fino a sei mesi e con la multa fino a lire duecentomila, se si tratta di lavoratori (1).

(1) Con sentenza n. 290 del 27 dicembre 1974 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo nella parte in cui punisce anche lo sciopero politico che non sia diretto a sovvertire l'ordinamento costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranità popolare.

 

Art. 504

- Coazione alla pubblica Autorità mediante serrata o sciopero -

Quando alcuno dei fatti preveduti dall'articolo 502 è commesso con lo scopo di costringere l'Autorità a dare o ad omettere un provvedimento, ovvero con lo scopo di influire sulle deliberazioni di essa, si applica la pena della reclusione fino a due anni (1).

(1) Con sentenza n. 165 del 13 giugno 1983 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo nella parte in cui punisce lo sciopero il quale ha lo scopo di costringere l'autorità a dare o ad omettere un provvedimento o lo scopo di influire sulle deliberazioni di essa, a meno che non sia diretto a sovvertire l'ordinamento costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranità popolare.

 

Art. 505

- Serrata o sciopero a scopo di solidarietà o di protesta -

Il datore di lavoro o i lavoratori, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commettono uno dei fatti preveduti dall'articolo 502 soltanto per solidarietà con altri datori di lavoro o con altri lavoratori ovvero soltanto per protesta, soggiacciono alle pene ivi stabilite.

 

Art. 506

- Serrata di esercenti di piccole industrie o commerci -

Gli esercenti di aziende industriali o commerciali, i quali, non avendo lavoratori alla loro dipendenza, in numero di tre o più sospendono collettivamente il lavoro per uno degli scopi indicati nei tre articoli precedenti, soggiacciono alle pene ivi rispettivamente stabilite per i datori di lavoro, ridotte alla metà (1).

(1) Con sentenza n. 222 del 17 luglio 1975 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo in relazione all'art. 505, nella parte in cui punisce la sospensione del lavoro effettuata per protesta dagli esercenti di piccole aziende industriali o commerciali che non hanno lavoratori alla loro dipendenza.

 

Art. 507

- Boicottaggio -

Chiunque, per uno degli scopi indicati negli articoli 502, 503, 504 e 505, mediante propaganda o valendosi della forza e autorità di partiti, leghe o associazioni, induce una o più persone a non stipulare patti di lavoro o a non somministrare materie o strumenti necessari al lavoro, ovvero a non acquistare gli altrui prodotti agricoli o industriali, è punito con la reclusione fino a tre anni.

Se concorrono fatti di violenza o minaccia, si applica la reclusione da due a sei anni (1).

(1) Con sentenza n. 84 del 17 aprile 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo per la parte relativa all'ipotesi della propaganda qualora questa non assuma dimensioni tali nè raggiunga un grado tale di intensità e di efficacia da risultare veramente notevole.

 

Art. 508

- Arbitraria invasione e occupazione di aziende agricole o industriali. Sabotaggio -

Chiunque, col solo scopo di impedire o turbare il normale svolgimento del lavoro, invade od occupa l'altrui azienda agricola o industriale, ovvero dispone di altrui macchine, scorte, apparecchi o strumenti destinati alla produzione agricola o industriale, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore a lire duecentomila.

Soggiace alla reclusione da sei mesi a quattro anni e alla multa non inferiore a lire un milione, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, chi danneggia gli edifici adibiti ad azienda agricola o industriale, ovvero un'altra delle cose indicate nella disposizione precedente.

 

Art. 509

- Inosservanza delle norme disciplinanti i rapporti di lavoro - (1)

Il datore di lavoro o il lavoratore, il quale non adempie gli obblighi che gli derivano da un contratto collettivo o dalle norme emanate dagli organi corporativi, è punito con la sanzione amministrativa da lire duecentomila a lire un milione (2) .

Il datore di lavoro o il lavoratore, il quale rifiuta o, comunque, omette di eseguire una decisione del magistrato del lavoro, pronunciata su una controversia relativa alla disciplina dei rapporti collettivi di lavoro, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni (3) .

(1) Rubrica così modificata dall'art. 1, lett. a) , D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 a decorrere dal 26 aprile 1995.

Testo della rubrica prima della modifica apportata dall'art. 1, lett. a), D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758

(Inosservanza delle norme disciplinanti i rapporti di lavoro e delle decisioni del magistrato del lavoro)

(2) Comma così modificato dall'art. 1, lett. b), D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 a decorrere dal 26 aprile 1995.

Testo del comma 1 prima della modificata apportata dall'art. 1, lett. b), D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758

Il datore di lavoro o il lavoratore, il quale non adempie gli obblighi che gli derivano da un contratto collettivo o dalle norme emanate dagli organi corporativi, è punito con la multa fino a lire un milione.

(3) Comma abrogato dall'art. 1, lett. c), D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 a decorrere dal 26 aprile 1995.

 

Art. 510

- Circostanze aggravanti -

Quando i fatti preveduti dagli articoli 502 e seguenti sono commessi in tempo di guerra, ovvero hanno determinato dimostrazioni, tumulti o sommosse popolari, le pene stabilite negli articoli stessi sono aumentate.

 

Art. 511

- Pena per i capi, promotori e organizzatori -

Le pene stabilite per i delitti preveduti dagli articoli 502 e seguenti sono raddoppiate per i capi, promotori od organizzatori; e, se sia stabilita dalla legge la sola pena pecuniaria, è aggiunta la reclusione da sei mesi a due anni.

 

Art. 512

- Pena accessoria -

La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 502 e seguenti importa l'interdizione da ogni ufficio sindacale per la durata di anni cinque.

 

Capo II: DEI DELITTI CONTRO L'INDUSTRIA E IL COMMERCIO

Art. 513

- Turbata libertà dell'industria o del commercio -

Chiunque adopera violenza sulle cose ovvero mezzi fraudolenti per impedire o turbare l'esercizio di un'industria o di un commercio è punito, a querela della persona offesa, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a due anni e con la multa da lire duecentomila a due milioni.

 

Art. 513 bis

- Illecita concorrenza con minaccia o violenza -

Chiunque nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale o comunque produttiva, compie atti di concorrenza con violenza o minaccia, è punito con la reclusione da due a sei anni.

La pena è aumentata se gli atti di concorrenza riguardano un'attività finanziata in tutto o in parte ed in qualsiasi modo dallo Stato o da altri enti pubblici (1).

(1)Articolo aggiunto dalla L. 13 settembre 1982, n. 646.

 

Art. 514

- Frodi contro le industrie nazionali -

Chiunque, ponendo in vendita o mettendo altrimenti in circolazione, sui mercati nazionali o esteri, prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi contraffatti o alterati, cagiona un nocumento all'industria nazionale, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a lire un milione.

Se per i marchi o segni distintivi sono state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà industriale, la pena è aumentata e non si applicano le disposizioni degli articoli 473 e 474.

 

Art. 515

- Frode nell'esercizio del commercio -

Chiunque, nell'esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire quattro milioni.

Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a lire duecentomila.

 

Art. 516

- Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine -

Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire due milioni.

 

Art. 517

- Vendita di prodotti industriali con segni mendaci -

Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni.

 

Capo III: DISPOSIZIONE COMUNE AI CAPI PRECEDENTI

Art. 518

- Pubblicazione della sentenza -

La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli artt. 501, 514, 515, 516 e 517 importa la pubblicazione della sentenza.

 

Titolo IX: DEI DELITTI CONTRO LA MORALITÀ PUBBLICA E IL BUON COSTUME

Capo I: DEI DELITTI CONTRO LA LIBERTÀ SESSUALE

Art. 519

- Della violenza carnale -

Chiunque, con violenza o minaccia, costringe taluno a congiunzione carnale è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Alla stessa pena soggiace chi si congiunge carnalmente con persona la quale al momento del fatto:

1) non ha compiuto gli anni quattordici;

2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole ne è l'ascendente o il tutore, ovvero è un'altra persona a cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, d'istruzione, di vigilanza o di custodia;

3) è malata di mente, ovvero non è in grado di resistergli a cagione delle proprie condizioni d'inferiorità psichica o fisica, anche se questa è indipendente dal fatto del colpevole;

4) è stata tratta in inganno, per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66

 

Art. 520

- Congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale -

Il pubblico ufficiale, che, fuori dei casi preveduti nell'articolo precedente, si congiunge carnalmente con una persona arrestata o detenuta, di cui ha la custodia per ragione del suo ufficio, ovvero con persona che è a lui affidata in esecuzione di un provvedimento dell'Autorità competente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

La stessa pena si applica se il fatto è commesso da un altro pubblico ufficiale, rivestito, per ragione del suo ufficio, di qualsiasi autorità sopra taluna delle persone suddette.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

Art. 521

- Atti di libidine violenti -

Chiunque, usando dei mezzi o valendosi delle condizioni indicate nei due articoli precedenti, commette su taluno atti di libidine diversi dalla congiunzione carnale soggiace alle pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.

Alle stesse pene soggiace chi, usando dei mezzi o valendosi delle condizioni indicate nei due articoli precedenti, costringe o induce taluno a commettere gli atti di libidine su se stesso, sulla persona del colpevole o su altri.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

Art. 522

- Ratto a fine di matrimonio -

Chiunque, con violenza, minaccia o inganno, sottrae o ritiene, per fine di matrimonio, una donna non coniugata, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Se il fatto è commesso in danno di una persona dell'uno o dell'altro sesso, non coniugata, maggiore degli anni quattordici e minore degli anni diciotto, la pena è della reclusione da due a cinque anni.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

Art. 523

- Ratto a fine di libidine -

Chiunque, con violenza, minaccia o inganno, sottrae o ritiene, per fine di libidine, un minore, ovvero una donna maggiore di età, è punito con la reclusione da tre a cinque anni.

La pena è aumentata se il fatto è commesso a danno di persona che non ha ancora compiuto gli anni diciotto ovvero di una donna coniugata.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

Art. 524

- Ratto di persona minore degli anni quattordici o inferma, a fine di libidine o di matrimonio -

Le pene stabilite nei capoversi dei due articoli precedenti si applicano anche a chi commette il fatto ivi preveduto, senza violenza, minaccia o inganno, in danno di persona minore degli anni quattordici o malata di mente, o che non sia, comunque, in grado di resistergli, a cagione delle proprie condizioni d'infermità psichica o fisica, anche se questa è indipendente dal fatto del colpevole.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

Art. 525

- Circostanze attenuanti -

Le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono diminuite se il colpevole, prima della condanna, senza avere commesso alcun atto di libidine in danno della persona rapita, la restituisce spontaneamente in libertà, riconducendola alla casa donde la tolse o a quella della famiglia di lei, o collocandola in un altro luogo sicuro, a disposizione della famiglia stessa.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

Art. 526

- Seduzione con promessa di matrimonio commessa da persona coniugata -

Chiunque, con promessa di matrimonio, seduce una donna minore di età, inducendola in errore sul proprio stato di persona coniugata, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni.

Vi è seduzione quando vi è stata congiunzione carnale.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

Capo II: DELLE OFFESE AL PUDORE E ALL'ONORE SESSUALE

Art. 527

- Atti osceni -

Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è punito con la reclusione da tre mesi a due anni.

Se il fatto avviene per colpa, la pena è della multa da lire sessantamila a seicentomila.

 

Art. 528

- Pubblicazioni e spettacoli osceni -

Chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri atti osceni di qualsiasi specie, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire duecentomila.

Alla stessa pena soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli oggetti indicati nella disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente.

Tale pena si applica inoltre a chi:

1) adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte di questo articolo;

2) dà pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenità.

Nel caso preveduto dal n. 2, la pena è aumentata se il fatto è commesso nonostante il divieto dell'Autorità.

 

Art. 529

- Atti e oggetti osceni: nozione -

Agli effetti della legge penale, si considerano "osceni" gli atti e gli oggetti, che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore.

Non si considera oscena l'opera d'arte o l'opera di scienza, salvo, che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto.

 

Art. 530

- Corruzione di minorenni -

Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli 519, 520 e 521, commette atti di libidine su persona o in presenza di persona minore degli anni sedici, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Alla stessa pena soggiace chi induce persona minore degli anni sedici a commettere atti di libidine su se stesso, sulla persona del colpevole, o su altri.

La punibilità è esclusa se il minore è persona già moralmente corrotta.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66

 

Art. 531

Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

 

Art. 532

Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

 

Art. 533

Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

 

Art. 534

Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

 

Art. 535

Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

 

Art. 536

Abrogato dalla L. 20 febbraio 1958, n. 75, che ne ha sostituito le disposizioni.

 

Art. 537

- Tratta di donne e di minori commessa all'estero -

I delitti preveduti dai due articoli precedenti sono punibili anche se commessi da un cittadino in territorio estero (1).

(1) In quanto le convenzioni internazionali lo prevedano (art. 3, L. 20 febbraio 1958, n. 75).

 

Art. 538

- Misure di sicurezza -

Alla condanna per il delitto preveduto dall'articolo 531 può essere aggiunta una misura di sicurezza detentiva. La misura di sicurezza detentiva è sempre aggiunta nei casi preveduti dagli articoli 532, 533, 534, 535 e 536.

 

Capo III: DISPOSIZIONI COMUNI AI CAPI PRECEDENTI

Art. 539

- Età della persona offesa -

Quando i delitti preveduti in questo titolo sono commessi in danno di un minore degli anni quattordici, il colpevole non può invocare a propria scusa l'ignoranza dell'età dell'offeso.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

Art. 540

- Rapporto di parentela -

Agli effetti della legge penale, quando il rapporto di parentela è considerato come elemento costitutivo o come circostanza aggravante o attenuante o come causa di non punibilità, la filiazione illegittima è equiparata alla filiazione legittima.

Il rapporto di filiazione illegittima è stabilito osservando i limiti di prova indicati dalla legge civile, anche se per effetti diversi dall'accertamento dello stato delle persone.

 

Art. 541

- Pene accessorie ed altri effetti penali -

La condanna per alcuno dei delitti preveduti in questo titolo importa la perdita della potestà dei genitori o della autorità maritale o l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla cura, quando la qualità di genitore, di marito, di tutore o di curatore è elemento costitutivo o circostanza aggravante.

La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 519, 521, 530, 531, 532, 533, 534, 535, 536 e 537 importa la perdita del diritto agli alimenti e dei diritti successori verso la persona offesa.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

Art. 542

- Querela dell'offeso -

I delitti preveduti dal capo primo e dall'articolo 530 sono punibili a querela della persona offesa.

La querela proposta è irrevocabile.

Si procede tuttavia d'ufficio:

1) se il fatto è commesso dal genitore o dal tutore, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio;

2) se il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

Art. 543

- Diritto di querela -

Quando la persona offesa muore prima che la querela sia proposta da lei o da coloro che ne hanno la rappresentanza a norma degli articoli 120 e 121, il diritto di querela spetta ai genitori e al coniuge.

Tale disposizione non si applica se la persona offesa ha rinunciato, espressamente o tacitamente, al diritto di querelarsi.

Articolo abrogato dall’art. 1 della L. 15 febbraio 1996, n. 66.

 

Art. 544

Abrogato dalla L. 5 agosto 1981, n. 442.

 

Titolo X: DEI DELITTI CONTRO LA INTEGRITÀ E LA SANITÀ DELLA STIRPE

Art. 545

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 546

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 547

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 548

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 549

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 550

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 551

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 552

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 553

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 554

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Art. 555

Abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 194.

 

Titolo XI: DEI DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA

Capo I: DEI DELITTI CONTRO IL MATRIMONIO

Art. 556

- Bigamia -

Chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili.

La pena è aumentata se il colpevole ha indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla libertà dello stato proprio o di lei.

Se il matrimonio, contratto precedentemente dal bigamo, è dichiarato nullo, ovvero è annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia, il reato è estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.

 

Art. 557

- Prescrizione del reato -

Il termine della prescrizione per il delitto preveduto dall'articolo precedente decorre dal giorno in cui è sciolto uno dei due matrimoni o è dichiarato nullo il secondo per bigamia.

 

Art. 558

- Induzione al matrimonio mediante inganno -

Chiunque, nel contrarre matrimonio avente effetti civili, con mezzi fraudolenti occulta all'altro coniuge l'esistenza di un impedimento che non sia quello derivante da un precedente matrimonio è punito, se il matrimonio è annullato a causa dell'impedimento occultato, con la reclusione fino a un anno ovvero con la multa da lire quattrocentomila a due milioni.

 

Art. 559

- Adulterio -

La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno (1).

Con la stessa pena è punito il correo dell'adultera (1).

La pena è della reclusione fino a due anni nel caso di relazione adulterina (2).

Il delitto è punibile a querela del marito (2).

(1) Con sentenza n. 126 del 19 dicembre 1968 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità del primo e del secondo comma.

(2) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità del terzo e del quarto comma.

 

Art. 560

- Concubinato -

Il marito che tiene una concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove, è punito con la reclusione fino a due anni.

La concubina è punita con la stessa pena.

Il delitto è punibile a querela della moglie (1).

(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo.

 

Art. 561

- Casi di non punibilità. Circostanza attenuante -

Nel caso preveduto dall'articolo 559, non è punibile la moglie quando il marito l'abbia indotta o eccitata alla prostituzione ovvero abbia comunque tratto vantaggio dalla prostituzione di lei.

Nei casi preveduti dai due articoli precedenti non è punibile il coniuge legalmente separato per colpa dell'altro coniuge, ovvero da questo ingiustamente abbandonato.

Se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato per colpa propria o per colpa propria e dell'altro coniuge o per mutuo consenso, la pena è diminuita (1).

(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo.

 

Art. 562

- Pena accessoria e sanzione civile -

La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 556 e 560 importa la perdita dell'autorità maritale (1).

Con la sentenza di condanna per adulterio o per concubinato il giudice può, sull'istanza del coniuge offeso, ordinare i provvedimenti temporanei di indole civile, che ritenga urgenti nell'interesse del coniuge offeso e della prole (2).

Tali provvedimenti sono immediatamente eseguibili, ma cessano di aver effetto se, entro tre mesi dalla sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, non è presentata dinanzi al giudice civile domanda di separazione personale (2).

(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità del primo comma nella parte relativa alla perdita dell'autorità maritale per effetto della condanna per il delitto di concubinato.

(2) Con la sentenza di cui alla nota precedente la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità del secondo e del terzo comma.

 

Art. 563

- Estinzione del reato -

Nei casi preveduti dagli articoli 559 e 560 la remissione della querela, anche se intervenuta dopo la condanna, estingue il reato.

Estinguono altresì il reato:

1) la morte del coniuge offeso;

2) l'annullamento del matrimonio del colpevole adulterino o di concubinato.

L'estinzione del reato ha effetto anche riguardo al correo e alla concubina e ad ogni persona che sia concorsa nel reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali (1).

(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità di questo articolo.

 

Capo II: DEI DELITTI CONTRO LA MORALE FAMILIARE

Art. 564

- Incesto -

Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

La pena è della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa.

Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l'incesto è commesso da persona maggiore di età, con persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata per la persona maggiorenne.

La condanna pronunciata contro il genitore importa la perdita della potestà dei genitori o della tutela legale.

 

Art. 565

- Attentati alla morale familiare commessi col mezzo della stampa periodica -

Chiunque nella cronaca dei giornali o di altri scritti periodici, nei disegni che ad essa si riferiscono, ovvero nelle inserzioni fatte a scopo di pubblicità sugli stessi giornali o scritti, espone o mette in rilievo circostanze tali da offendere la morale familiare, è punito con la multa da lire duecentomila a un milione.

 

Capo III: DEI DELITTI CONTRO LO STATO DI FAMIGLIA

Art. 566

- Supposizione o soppressione di stato -

Chiunque fa figurare nei registri dello stato civile una nascita inesistente è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Alla stessa pena soggiace chi, mediante l'occultamento di un neonato, ne sopprime lo stato civile.

 

Art. 567

- Alterazione di stato -

Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità.

 

Art. 568

- Occultamento di stato di un fanciullo legittimo o naturale riconosciuto -

Chiunque depone o presenta un fanciullo, già iscritto nei registri dello stato civile come figlio legittimo o naturale riconosciuto, in un ospizio di trovatelli o in altro luogo di beneficenza, occultandone lo stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

 

Art. 569

- Pena accessoria -

La condanna pronunciata contro il genitore per alcuno dei delitti preveduti da questo capo importa la perdita della potestà dei genitori o della tutela legale.

 

Capo IV: DEI DELITTI CONTRO L'ASSISTENZA FAMILIARE

Art. 570

- Violazione degli obblighi di assistenza familiare -

Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, alla tutela legale, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.

Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:

1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge;

2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma (1) .

Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.

(1) Comma aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

 

Art. 571

- Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina -

Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi.

Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni.

 

Art. 572

- Maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli -

Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni.

 

Art. 573

- Sottrazione consensuale di minorenni -

Chiunque sottrae un minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso, al genitore esercente la potestà dei genitori, o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volontà del medesimo genitore o tutore, è punito, a querela di questo, con la reclusione fino a due anni.

La pena è diminuita, se il fatto è commesso per fine di matrimonio; è aumentata, se è commesso per fine di libidine.

Si applicano le disposizioni degli artt. 525 e 544.

 

Art. 574

- Sottrazione di persone incapaci -

Chiunque sottrae un minore degli anni quattordici, o un infermo di mente, al genitore esercente la patria potestà, al tutore, o al curatore, o chi ne abbia la vigilanza o la custodia, ovvero lo ritiene contro la volontà dei medesimi, è punito, a querela del genitore esercente la potestà dei genitori, del tutore o curatore, con la reclusione da uno a tre anni.

Alla stessa pena soggiace, a querela delle stesse persone, chi sottrae o ritiene un minore che abbia compiuto gli anni quattordici, senza il consenso di esso, per fine diverso da quello di libidine o di matrimonio.

Si applicano le disposizioni degli artt. 525 e 544.

 

Titolo XII: DEI DELITTI CONTRO LA PERSONA

Capo I: DEI DELITTI CONTRO LA VITA E L'INCOLUMITÀ INDIVIDUALE

Art. 575

- Omicidio -

Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.

 

Art. 576

- Circostanza aggravanti. Pena di morte -

. Si applica la pena di morte (1) se il fatto preveduto dall'articolo precedente è commesso:

1) col concorso di taluna delle circostanze indicate nel n. 2 dell'articolo 61;

2) contro l'ascendente o il discendente, quando occorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso ovvero quando vi è premeditazione;

3) dal latitante, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza;

4) dall'associato per delinquere, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione;

5) nell'atto di commettere taluno dei delitti preveduti dagli articoli 519, 520 e 521.

È latitante, agli effetti della legge penale, chi si trova nelle condizioni indicate nel n. 6 dell'articolo 61.

(1) La pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo.

 

Art. 577

- Altre circostanze aggravanti. Ergastolo -

Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto preveduto dall'articolo 575 è commesso:

1) contro l'ascendente o il discendente;

2) col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso;

3) con premeditazione;

4) con concorso di talune delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61.

La pena è della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto è commesso contro il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo o contro un affine in linea retta.

 

Art. 578

- Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale -

La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni.

A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.

Non si applicano le aggravanti stabilite dall'articolo 61 del codice penale (1).

(1)Articolo così sostituito dalla L. 5 agosto 1981, n. 442.

 

Art. 579

- Omicidio del consenziente -

Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui è punito con la reclusione da sei a quindici anni.

Non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61.

Si applicano le disposizioni relative all'omicidio se il fatto è commesso:

1) contro una persona minore degli anni diciotto;

2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizione di deficienza psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;

3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.

 

Art. 580

- Istigazione o aiuto al suicidio -

Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.

Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio.

 

Art. 581

- Percosse -

Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila.

Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.

 

Art. 582

- Lesione personale -

Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.

Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli artt. 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel n. 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa (1).

(1)Articolo così modificato dalla L. 26 gennaio 1963, n. 24. Il secondo comma è stato successivamente così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

 

Art. 583

- Circostanze aggravanti -

La lesione personale è grave, e si applica la reclusione da tre a sette anni:

1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;

2) se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo;

3) se la persona offesa è una donna incinta e dal fatto deriva l'acceleramento del parto (1).

La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:

1) una malattia certamente o probabilmente insanabile;

2) la perdita di un senso;

3) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;

4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso;

5) l'aborto della persona offesa (1).

(1) Numero abrogato dalla L. 22 maggio 1978, n. 124.

 

Art. 584

- Omicidio preterintenzionale -

Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni.

 

Art. 585

- Circostanze aggravanti -

Nei casi preveduti dagli artt. 582, 583 e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 576; ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti prevedute dall'articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive.

Agli effetti della legge penale, per "armi" s'intendono:

1) quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona;

2) tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo.

Sono assimilate alle armi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.

 

Art. 586

- Morti o lesioni come conseguenza di altro delitto -

Quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell'articolo 83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate.

 

Art. 587

Abrogato dalla L. 5 agosto 1981, n. 442.

 

Art. 588

- Rissa -

Chiunque partecipa a una rissa è punito con la multa fino a lire seicentomila.

Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se l'uccisione, o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa.

 

Art. 589

- Omicidio colposo -

Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da uno a cinque anni.

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni dodici (1).

(1) Articolo così modificato dalla L. 11 maggio 1966, n. 296.

 

Art. 590

- Lesioni personali colpose -

Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila.

Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da lire duecentoquarantamila a un milione duecentomila; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da lire seicentomila a due milioni quattrocentomila.

Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da due a sei mesi o della multa da lire quattrocentottantamila a un milione duecentomila; e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da sei mesi a due anni o della multa da lire un milione duecentomila a due milioni quattrocentomila (1).

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale (2).

(1) Comma aggiunto dalla L. 11 maggio 1966, n. 296.

(2) Comma così sostituito dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

 

Art. 591

- Abbandono di persone minori o incapaci -

Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere la cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Alla stessa pena soggiace chi abbandona all'estero un cittadino italiano minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro.

La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte.

Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall'adottante o dall'adottato.

 

Art. 592

Abrogato dalla L. 5 agosto 1981, n. 442.

 

Art. 593

- Omissione di soccorso -

Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un'altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente e di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all'Autorità, è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire seicentomila.

Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso all'Autorità.

Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale, la pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata.

 

Capo II: DEI DELITTI CONTRO L'ONORE

Art. 594

- Ingiuria -

Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire un milione.

Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.

La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a lire due milioni, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.

Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone.

 

Art. 595

- Diffamazione -

Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni.

Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a lire quattro milioni.

Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire un milione.

Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

 

Art. 596

- Esclusione della prova liberatoria -

Il colpevole dei delitti preveduti dai due articoli precedenti non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa.

Tuttavia, quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la persona offesa e l'offensore possono, d'accordo prima che sia pronunciata sentenza irrevocabile, deferire ad un giurì d'onore il giudizio sulla verità del fatto medesimo.

Quando l'offesa consiste nella attribuzione di un fatto determinato, la prova della verità del fatto medesimo è però sempre ammessa nel procedimento penale:

1) se la persona offesa è un pubblico ufficiale ed il fatto ad esso attribuito si riferisce all'esercizio delle sue funzioni;

2) se per il fatto attribuito alla persona offesa è tuttora aperto o si inizia contro di essa un procedimento penale;

3) se il querelante domanda formalmente che il giudizio si estenda ad accertare la verità o la falsità del fatto ad esso attribuito.

Se la verità del fatto è provata o se per esso la persona, a cui il fatto è attribuito è, per esso condannata dopo l'attribuzione del fatto medesimo, l'autore della imputazione non è punibile, salvo che i modi usati non rendano per sè stessi applicabili le disposizioni dell'articolo 594, comma primo, ovvero dell'articolo 595 comma primo (1).

(1) Articolo così modificato dal D.Lgs.Lgt. 14 novembre 1944, n. 288.

 

Art. 596 bis

- Diffamazione co

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