E' valido il patto di demansionamento se finalizzato ad evitare un licenziamento,

E' valido il patto di demansionamento che, ai soli fini di evitare un licenziamento, attribuisca al lavoratore mansioni, e conseguente retribuzione, inferiori a quelle per le quali era stato assunto o che aveva successivamente acquisito, prevalendo in tal caso l'interesse del lavoratore a mantenere il posto di lavoro su quello tutelato dall'articolo 2103 c.c.; tale patto e' valido non solo ove sia promosso dalla richiesta del lavoratore - il quale deve manifestare il suo consenso non affetto da vizi della volonta' - ma anche allorquando l'iniziativa sia stata presa dal datore di lavoro, purche' vi sia il consenso del lavoratore e sussistano le condizioni che avrebbero legittimato il licenziamento in mancanza dell'accordo (cfh, ex aliis, Cass. n. 11395/14; Cass. n. 25074/13; Cass. n. 2375/05).

Corte di Cassazione, Sezione L civile, Sentenza 28 ottobre 2015, n. 22029



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STILE Paolo - Presidente

Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere

Dott. MANNA Antonio - rel. Consigliere

Dott. BERRINO Umberto - Consigliere

Dott. DORONZO Adriana - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso 17310-2010 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 852/2009 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 22/12/2009 r.g.n. 96/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/09/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l'Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);

udito l'Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 22.12.09 la Corte d'appello di Genova, in totale riforma della sentenza n. 2249/08 del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda di (OMISSIS) e (OMISSIS) intesa ad ottenere la condanna di (OMISSIS) S.p.A. a reintegrarli nelle precedenti mansioni tecniche di addetti alla manutenzione dei macchinali del Centro di Meccanizzazione Postale (CMP) di Genova e Aeroporto - che erano state esternalizzate - o ad assegnare loro altre mansioni tecniche di contenuto equivalente, e a risarcire il danno derivante dal demansionamento consistito nell'essere stati adibiti a mansioni di sportello o comunque ad altre gestionali (anziche' tecniche) dell'area operativa in cui erano inquadrati in base al CCL di (OMISSIS).

Per la cassazione della sentenza ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS) affidandosi ad un solo articolato motivo.

(OMISSIS) S.p.A. resiste con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria ex articolo378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1- Con unico articolato motivo di ricorso si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2103 e 1362 e ss. c.c. in connessione con gli articoli 43 e 46 CCL 26.11.94 per i dipendenti di (OMISSIS) S.p.A. recanti la clausola di frangibilita' di mansioni equivalenti e degli accordi 23.5.95 e 20.3.98 sull'alternanza delle predette mansioni equivalenti e della Legge n. 604 del 1966, articolo 5 oltre che vizio di motivazione: lamentano i ricorrenti che la sentenza impugnata, malamente interpretando un precedente di questa Corte (Cass. n. 8596/07), ha trascurato che, se e' vero che e' legittima una clausola di ed. fungibilita' funzionale tra mansioni diverse, e' tuttavia necessario che fra di esse permanga un nucleo di omogeneita' e affinita'; inoltre - prosegue il ricorso - e' vero che un patto di demansionamento puo' essere legittimo se costituisce l'unica alternativa al licenziamento (in caso di impossibilita' di allocare diversamente la professionalita' del lavoratore), ma il relativo onere probatorio incombe sul datore di lavoro e non sul lavoratore, mentre la sentenza impugnata ha affermato che i ricorrenti non avrebbero dedotto alcunche' in ordine alla possibilita' di essere adibiti, dopo l'esternalizzazione, a mansioni di carattere tecnico equivalenti a quelle precedentemente espletate.

2- Il ricorso e' infondato.

E' noto che e' valido il patto di demansionamento che, ai soli fini di evitare un licenziamento, attribuisca al lavoratore mansioni, e conseguente retribuzione, inferiori a quelle per le quali era stato assunto o che aveva successivamente acquisito, prevalendo in tal caso l'interesse del lavoratore a mantenere il posto di lavoro su quello tutelato dall'articolo 2103 c.c.; tale patto e' valido non solo ove sia promosso dalla richiesta del lavoratore - il quale deve manifestare il suo consenso non affetto da vizi della volonta' - ma anche allorquando l'iniziativa sia stata presa dal datore di lavoro, purche' vi sia il consenso del lavoratore e sussistano le condizioni che avrebbero legittimato il licenziamento in mancanza dell'accordo (cfh, ex aliis, Cass. n. 11395/14; Cass. n. 25074/13; Cass. n. 2375/05).

Nel caso di specie la Corte territoriale, lungi dal decidere la controversia in base alla mera ripartizione dell'onere probatorio, ha - invece - positivamente accertato che tale demansionamento ha costituito l'unica alternativa praticabile ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo (v. pag. 9 della sentenza impugnata), anche perche' la societa' convenuta si e' trovata di fronte alla necessita' di ricollocare ben 513 unita' adibite all'esercizio tecnico di manutenzione, di guisa che il rilievo della mancata allegazione - da parte degli odierni ricorrenti - di altre collocazioni lavorative con mansioni di carattere tecnico equivalenti a quelle svolte in precedenza si risolve in un'argomentazione meramente rafforzativa, non gia' in una autonoma ratio decidendi basata su un'errata inversione dell'onere della prova.

Si tratta, in altre parole, d'una motivazione in punto di fatto esposta senza illogicita' o contraddittorieta' di sorta (in quanto tale incensurabile in sede di legittimita') e sull'esatto presupposto giuridico della possibilita' di demansionare il lavoratore ove cio' costituisca l'unica alternativa praticabile ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo e cio' anche al di la' dell'esistenza di apposite clausole di fungibilita' funzionale.

3- In conclusione il ricorso e' da rigettarsi. La natura della controversia suggerisce di compensare per intero fra le parti le spese del giudizio di legittimita'.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimita'.

 

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