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Ai fini della sussistenza del reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, e' sufficiente un'imitazione del marchio o del segno distintivo - ancorche' non registrato
Pubblicata il 30/04/2012
Corte di Cassazione, Sezione 3 penale, Sentenza 23 marzo 2012, n. 11406
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido - Presidente
Dott. PETTI Ciro - Consigliere
Dott. MARINI Luigi - Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta - rel. Consigliere
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) (OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 3814/2008 CORTE APPELLO di GENOVA, del 07/02/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/01/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Carmine Stabile, che ha concluso per il rigetto;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) che si riporta ai motivi e ne chiede l'accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Genova, con sentenza emessa il 7 febbraio 2011, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Genova, riqualificato il fatto come violazione degli articoli 56 e 517 c.p., e rideterminata la pena in mesi uno e giorni dieci di reclusione ed euro 600,00 di multa, ha condannato (OMISSIS) perche', in qualita' di titolare della d.i. "Victoria Import Export di (OMISSIS)", aveva presentato al controllo doganale 4.000 zaini con segni mendaci recanti la raffigurazione di personaggi di noti fumetti e relativi loghi. Fatto commesso in (OMISSIS).
Avverso la sentenza l'imputata ha proposto, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione per i seguenti motivi:
1. Erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all'articolo 517 c.p.. A parere della ricorrente, difetterebbe l'elemento oggettivo della fattispecie contestata poiche' le immagini riportate sugli zaini importati non sono state registrate come marchio, ne' sarebbero riferibili all'azienda autorizzata alla distribuzione di prodotti simili. Pertanto, venendo in rilievo una mera riproduzione di immagine insuscettibile di ingenerare confusione da parte dei consumatori quanto all'origine, provenienza e qualita' del prodotto, mancherebbe la rilevanza penale del fatto.
2. Erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 56 e 517 c.p.. La sentenza sarebbe censurabile, altresi', per aver ravvisato la forma tentata del delitto di cui all'articolo 517 c.p.. La fattispecie incriminatrice presupporrebbe la messa in vendita dei prodotti recanti segni mendaci, mentre gli atti posti in essere dalla ricorrente non potrebbero considerarsi ne' idonei ne' univoci ad integrare il delitto di cui all'articolo 517 c.p., in quanto l'operazione di sdoganamento non puo' essere assimilata ad un atto idoneo a mettere in circolazione il prodotti incriminati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e' infondato. L'articolo 517 c.p., (vendita di prodotti industriali con segni mendaci) ha per oggetto la tutela dell'ordine economico, con la conseguenza che colui che mette in circolazione prodotti con segni ingannevoli lede l'interesse generale alla lealta' degli scambi commerciali. Pertanto, secondo la giurisprudenza di legittimita', ai fini della sussistenza del reato de quo, e' sufficiente un'imitazione del marchio o del segno distintivo - ancorche' non registrato - che sia idonea a trarre in inganno l'acquirente sulle caratteristiche essenziali del prodotto. (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 23819 del 30 aprile 2009, Rongzhen, Rv. 244023). Detto in altri termini, la messa in circolazione di prodotti industriali presentati con nomi, marchi o segni distintivi, non necessariamente registrati, che imitano quelli gia' adottati da un altro imprenditore e che, pertanto, risultano idonei ad ingenerare confusione tra i consumatori sulla provenienza dei beni stessi, integra la fattispecie prevista dall'articolo 517 c.p..
Nella vicenda in esame, i Giudici di prime cure hanno fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati, valutando gli elementi probatori acquisiti nel processo, nel rispetto delle norme di legge. Infatti, anche alla luce della consulenza di un esperto del settore, e' stato accertato che, le immagini dei personaggi dei fumetti "Yu - Gi-Ho" e "Jade" presenti sugli zaini sequestrati, anche se non soggette alla tutela dei marchi, erano state riprodotte in modo fedele a quelle di analoghi prodotti distribuiti dall'azienda autorizzata. Inoltre, i Giudici di appello hanno ritenuto che la fedele riproduzione delle immagini dei personaggi, fosse idonea a confondere i consumatori sulla effettiva provenienza degli zaini. Pertanto, correttamente e' stato ravvisato l'elemento oggettivo del reato contestato.
2. Parimenti infondato e' il secondo motivo di ricorso. La fattispecie incriminatrice di vendita di prodotti industriali con segni mendaci si consuma nel momento in cui la merce e' messa in vendita, o comunque quando la stessa e' messa altrimenti in circolazione, quindi, quando la merce esca a qualsiasi titolo dalla sfera di disponibilita' del detentore. Il tentativo e' configurabile quando la merce non sia ancora uscita dalla disponibilita' del detentore, ma questi abbia compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco alla sua messa in circolazione. Si tratta di comprendere se, anche la presentazione della merce per lo sdoganamento costituisca atto idoneo a porre in vendita o a mettere altrimenti in circolazione i prodotti recanti segni mendaci. Sul punto, questa Corte ha affermato che "la condotta concretatasi nella presentazione alla dogana di merci con nomi, marchi o segni distintivi atti ad indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualita' del prodotto, integra il reato di cui all'articolo 517 c.p., a livello di tentativo, atteso che la presentazione della merce per lo sdoganamento costituisce atto idoneo, tenuto conto della qualita' del soggetto che lo effettua, a porre in vendita o mettere altrimenti in circolazione i prodotti in questione" (Sez. 3, n. 28372 del 11 luglio 2006 Ud., Di Matteo, Rv. 234951).
Alla luce dei principi richiamati, i Giudici di merito hanno tenuto conto delle concrete circostanze del caso di specie e correttamente, quindi, hanno ravvisato il tentativo di vendita di merci con segni mendaci. Infatti, non vi e' dubbio che, anche in considerazione dell'attivita' svolta dall'imputata, la presentazione alla dogana di un numero di zaini con segni mendaci pari a ben 4000 unita' costituisca un atto idoneo ed univoco a diffondere nei mercato i prodotti in questione, trattandosi di atto prodromico alla messa in circolazione degli stessi. Di conseguenza, la sentenza non appare censurabile neppure sotto questo aspetto.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato ed al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex articolo 616 c.p.p..
P.Q.M.
rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.