legittimo l'accertamento induttivo se il contribuente non ha fornito le scritture contabili e i documenti fiscali richiesti dall'ufficio

La Corte di cassazione, con la sentenza 15 gennaio 2014 n. 668 ha stabilito che è legittimo l'accertamento induttivo se il contribuente non ha fornito le scritture contabili e i documenti fiscali richiesti dall'ufficio, tramite invito o questionario, e ciò anche qualora la mancata esibizione sia dipesa da causa di forza maggiore. La sentenza concerne un avviso di accertamento induttivo emesso dall'Agenzia delle entrate a seguito della mancata esibizione, da parte del curatore fallimentare di una Sas, della documentazione contabile richiesta dall'ufficio.

Sentenza n. 668 del 15 gennaio 2014 (ud 3 dicembre 2013) - della Cassazione Civile, Sez.



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Sentenza n. 668 del 15 gennaio 2014 (ud 3 dicembre 2013) - della Cassazione Civile, Sez.

V - Pres. CIRILLO Ettore - Est. CONTI Roberto Giovanni - Pm. APICE Umberto

Svolgimento del processo

1.L'Ufficio di Aversa disponeva, per quel che qui rileva, la ripresa a tassazione di IVA,

ritenendo non dovuta la detrazione dell'imposta sugli acquisti operata dalla contribuente A.

D. di T. U. e C. s.a.s., non avendo la contribuente documentato con fatture e libri il relativo

presupposto.

2.Con sentenza n.30/41/06, depositata il 3.3.2006, la CTR della Campania, in parziale

accoglimento dell'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate, riformava parzialmente la

sentenza resa dalla CTP di Napoli che aveva accolto il ricorso proposto dalla curatela del

fallimento della società A. D. di T. U. e c.sas avverso l'avviso di accertamento.

2.1 Osserva il giudice di appello che aveva errato il primo giudice nel richiamare, a

sostegno della legittimità della pretesa fiscale, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28, in quanto

la fattispecie era regolata dal D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 51 ss.. Se, dunque, doveva

convenirsi con l'Ufficio che il mancato riconoscimento delle detrazioni può derivare dalla

"mancata motivazione delle fatture passive degli acquisti e del relativo registro" in virtù

dell'art. 51, u.c. del D.P.R. n. 633 che rinviava al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, nel caso

di specie era pacifico che la mancata esibizione successiva alla richiesta dell'ufficio era

stata motivata dal curatore dalla gran mole dei documenti contabili della ditta fallita e dalla

possibilità per l'Ufficio di consultare gli stessi presso la cancelleria del tribunale

fallimentare di S.Maria Capua Vetere. Il risultato della cognizione dei documenti da parte

dell'ufficio sarebbe stato dunque possibile senza rischio per la genuinità dell'indagine,

stante la conservazione degli atti presso un ufficio pubblico, potendo la procedura di

esibizione prevista dall'art. 51, comma 2, n. 2 essere sostituita dal compimento di ispezioni

presso la cancelleria ai sensi della D.P.R. n. 633 del 72, art. 51, comma 2, n. 1 e art. 52,

u.c.. La CTR confermava, per contro, la decisione di primo grado quanto agli acquisti in

evasione ed i ricavi in evasione.

3.L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, al quale

ha resistito la curatela della società contribuente con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.Con il primo motivo l'Agenzia prospetta la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51

e della L. n. 28 del 1999, art. 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La

motivazione della sentenza impugnata non era in grado di scalfire la portata delle

disposizioni richiamate a sostegno della censura che confermavano la crescente rilevanza

attribuita dal legislatore alla mancata consegna della documentazione richiesta dall'Ufficio

fiscale. Formula il seguente quesito di diritto: Se costituisce inottemperanza all'invito di

esibizione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 il diniego addotto dal curatore

giustificato dalla mole dei documenti fiscali depositati nella cancelleria del tribunale

fallimentare e se, quindi, sia legittimo l'accertamento induttivo che ne segua.

5.Con il secondo motivo l'Agenzia deduce la violazione dell'art. 2697 c.c., in relazione

all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La CTR aveva stravolto le regole di riparto sull'onere

della prova, addossando sull'Ufficio la prova circa la detraibilità dell'imposta operata dal

contribuente, addossando ingiustificatamente sull'Ufficio il compimento di un'ispezione

acquisitiva presso l'Ufficio fallimentare.

Formula il seguente quesito: Se gravi sull'Ufficio a fronte dell'inottemperanza all'invito di

esibire le fatture richieste giustificata dalla quantità di documenti fiscali depositati dal

curatore fallimentare presso il tribunale fallimentare, l'onere di provare l'esistenza di

quanto richiesto attraverso l'ispezione acquisitiva.

6.Con il terzo motivo l'Agenzia ha dedotto il vizio di insufficiente ed illogica motivazione,

in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La CTR, rispetto al fatto controverso relativo

alla notevole difficoltà che aveva impedito l'esibizione degli atti richiesti, aveva adottato

una motivazione illogica ed insufficiente. Era stato, infatti, omesso di considerare che

nell'esperienza comune la difficoltà di estrazione di copie non ne aveva mai impedito

l'acquisizione. Peraltro, era pacifico che l'onere di provare la legittimità e correttezza della

detrazione incombeva sul contribuente; senza dire che la notevole difficoltà di portare una

gran mole di documenti alla quale aveva fatto riferimento la CTR non era di per sè idonea

a giustificare la prova dei fatti controversi se priva della precisa indicazione delle singole

fatture, del loro contenuto specifico.

7.La curatela del fallimento della società contribuente, costituitasi, ha chiesto il rigetto del

ricorso evidenziando, sotto forma di motivi, che il curatore non era destinatario degli

obblighi di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51; che "nella sostanza" l'invito rivolto

dall'Ufficio era da sussumere nell'ambito della previsione di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 51,

comma 2 sicchè non poteva derivare alcuna conseguenza diretta ai fini dell'inottemperanza

all'invito, a differenza di quanto previsto dall'art. 51, comma 2, n. 2.

7.1 Aggiungeva, infine, che il R.D. n. 267 del 1942, art. 16 i documenti contabili del

fallimento erano depositato nella cancelleria del tribunale fallimentare senza possibilità di

essere rimossi.

Precisava che rispetto a tali documenti, richiesti in originale dall'Ufficio, il curatore aveva

relazionato al giudice delegato il quale non aveva adottato alcun provvedimento

autorizzativo.

8. I tre motivi esposti dall'Agenzia meritano un esame congiunto.

8.1 Giova rammentare che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, nn. 3 e 4 dispone,

rispettivamente, che gli Uffici possono"... 3) inviare ai soggetti che esercitano imprese, arti

e professioni, con invito a restituirli compilati e firmati, questionari relativi a dati e notizie

di carattere specifico rilevanti ai fini dell'accertamento, anche ne confronti di loro clienti e

fornitori; 4) invitare qualsiasi soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica,

documenti e fatture relativi a determinate cessioni di beni o prestazioni di servizi ricevute

ed a fornire ogni informazione relative alle operazioni stesse;

8.2 La L. 18 febbraio 1999, n. 28, art. 25 ha poi previsto, al comma 4, che "... Al D.P.R. 26

ottobre 1972, n. 633, art. 51, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente

comma: "Per l'inottemperanza agli inviti di cui al comma 2, nn. 3) e 4), si applicano le

disposizioni di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, commi 3 e 4, e successive

modificazioni". Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, comma 2, n. 2 aggiunge che l'Ufficio

può procedere all'accertamento induttivo anche... 2) quando dal verbale di ispezione risulta

che il contribuente non ha emesso le fatture per una parte rilevante delle operazioni ovvero

non ha conservato ha rifiuta di esibire o ha comunque sottratto all'ispezione, totalmente o

per una parte rilevante, le fatture emesse".

8.3 Va ancora ricordato che l'art. 51, comma 2 n. 1 D.P.R. ult.cit.

da all'Ufficio la possibilità di compiere ispezioni, accessi e verifiche ai sensi dell'art. 52 il

quale, all'ultimo comma, espressamente prevede come "... Gli uffici della imposta sul

valore aggiunto hanno facoltà di disporre l'accesso di propri impiegati muniti di apposita

autorizzazione presso le pubbliche amministrazioni e gli enti indicati al n. 5) dell'art. 51

allo scopo di rilevare direttamente i dati e le notizie ivi previste e, presso le aziende e

istituti di credito e l'Amministrazione postale allo scopo di rilevare direttamente i dati e le

notizie relativi ai conti la cui copia sia stata richiesta a norma del n. 7) dello stesso art. 51 e

non trasmessa entro il termine previsto nell'ultimo comma di tale articolo o allo scopo di

rilevare direttamente la completezza o la esattezza dei dati e notizie, allorchè l'ufficio abbia

fondati sospetti che le pongano in dubbio, contenuti nella copia dei conti trasmessa,

rispetto a tutti i rapporti intrattenuti dal contribuente con le aziende e istituti di credito e

l'Amministrazione postale.

8.4 Orbene, secondo la Ctr l'Ufficio, per verificare l'esistenza o meno delle fatture passive

per le quali la contribuente aveva esercitato il diritto a detrazione invece disconosciuto in

ragione dell'accertamento induttivo operato dall'amministrazione, avrebbe potuto avvalersi

del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2 e art. 52,

u.c., così consultando la documentazione presso il tribunale fallimentare ove la stessa si

trovava senza che tale modalità potesse pregiudicare la genuinità dell'acquisizione dei

documenti tutti conservati all'interno di un ufficio pubblico.

8.5 Reputa il Collegio che ad onta di quanto ritenuto dalla CTR l'avviso emesso nei

confronti della contribuente per mancata ottemperanza all'obbligo di consegna della

documentazione attestante il diritto a detrazione era stato correttamente emesso, non

potendo farsi derivare dalla mancata consegna della documentazione per essere questa

depositata nella cancelleria del tribunale fallimentare l'illegittimità dell'avviso emesso nel

pieno rispetto della disciplina normativa.

8.6 Ed invero, in materia di IVA il potere di procedere all'accertamento induttivo D.P.R. n.

633 del 1972, ex art. 55, non assume carattere sanzionatorio del comportamento del

contribuente, che costituisce il semplice presupposto fattuale dell'accertamento (v. Cass. n.

24424 del 2008).

8.7 In sostanza, il ricorso a tale forma di accertamento è consentito in tutte le ipotesi

previste dalla citata disposizione, tutte fondate assenza, indisponibilità, mancata esibizione,

inattendibilità della contabilità, che autorizza l'Ufficio ad una forma di accertamento che

prescinde, in tutto od in parte, dalle scritture contabili - cfr.Cass.20025/2010-.

8.8 Ciò esclude di potere dare rilievo ad ipotesi di forza maggiore o caso fortuito.

8.9 Ed infatti, anche nei casi di fortuito o forza maggiore rimane il nesso di causalità

materiale tra la condotta dell'agente e l'effetto sicchè, in assenza di causa di non

imputabilità, l'agente stesso sarebbe responsabile dell'evento.

8.10 Da ciò consegue che la mancata consegna della documentazione da parte del curatore

- subentrato nel dovere imposto al contribuente- ai sensi dell'art. 55 cit., comma 2, n. 2 -

costituisce il presupposto dell'accertamento sul piano fattuale.

8.11 Resta, quindi, indifferente, in quanto non richiesto dalla norma, che la omissione di

conservazione da parte dell'onerato sia conseguenza di una azione dello stesso cosciente e

volontaria, prima ancora che colposa o dolosa, nel senso quindi che l'evento non fosse da

lui evitabile anche con la massima diligenza. Ed infatti, ciò che rileva ai fini della

ricorrenza del requisito è quindi il fatto materiale della mancata consegna, a prescindere

dalla sussistenza di una responsabilità a qualunque titolo dell'obbligato in ordine al

verificarsi dell'evento - cfr. argomentando da Cass. n. 20025/2010-.

8.12 D'altra parte, va subito sgombrato il campo dalla prospettata inapplicabilità alla

fattispecie del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2 e dalla rilevanza, dedotta

dalla curatela fallimentare controricorrente, dei commi nn. 3 e 4 dello stesso art. 51.

8.13 E ciò sia per ragioni in rito, non risultando che tale questione sia stata mai agitata nel

corso del procedimento nel quale, per converso, la curatela stessa ha incentrato le sue

difese sulla circostanza che proprio in forza delle disposizioni di cui agli artt. 51 e 52

l'Ufficio avrebbe potuto acquisire i documenti richiesti, ma anche di merito.

8.14 Non può, infatti, disconoscersi che la curatela del fallimento subentra in tutti gli

obblighi che incombono sul contribuente fallito rispetto alle vicende di natura fiscale,

perdendo il soggetto fallito ogni capacità di compiere atti incidenti sul proprio patrimonio.

8.15 Il curatore, infatti, quale pubblico ufficiale - L. Fall., art. 30 - opera sia nell'interesse

della massa sia quale rappresentante (anche processuale) del fallito, essendo legittimato ad

impugnare, come è avvenuto nel caso di specie, gli avvisi di accertamento emessi dal fisco

incidenti sul patrimonio del debitore.

8.16 Sul punto, questa Corte ha avuto modo di chiarire che in caso di fallimento, le

obbligazioni tributarie continuano a far capo all'impresa, mentre il Curatore fallimentare è

tenuto a tutti gli adempimenti, compreso quello di fornire informazioni

all'Amministrazione Finanziaria. Ragion per cui correttamente l'Amministrazione indirizza

al Curatore una richiesta di dati e chiarimenti (Cass. n. 16793/2002 e Cass. n. 15095/2003).

8.17 Patimenti inammissibile, in questa sede, è la deduzione difensiva secondo la quale

l'Ufficio non avrebbe potuto avvalersi degli effetti connessi alla mancata risposta alla

richiesta di acquisizione prevista dall'art. 51, comma 2, n. 2 D.P.R. cit. e non dai commi n.

3 e n. 4 dello stesso articolo, nei quali la richiesta dell'ufficio andava a collocarsi.

8.18 E ciò, ancora una volta, per evidenti profili di novità della questione, mai agitata dalla

curatela nelle fasi pregresse - ciò non risultando dalla sentenza nè da altro elemento

contenuto nel ricorso - e peraltro fondata su elementi fattuali ancora una volta per la prima

volta esposti in questa sede e, dunque, non esaminabili dalla Corte di legittimità.

8.19 Tale assunto appare peraltro giuridicamente erroneo e gravemente carente dal punto

di vista logico.

8.20 In definitiva, la CTR ha errato nel far derivare l'illegittimità dell'accertamento dalla

possibilità dell'Ufficio di compiere eventuali ispezioni o accertamenti presso gli Uffici

pubblici.

8.21 D'altra parte, la decisione della CTR ha determinato, parimenti, lo stravolgimento ad

opera della CTR del sistema in tema di onere della prova, essendo pacifica e consolidata la

giurisprudenza di questa Corte circa la spettanza in via esclusiva sul contribuente dell'onere

di provare i presupposti tutti del diritto alla detrazione dell'IVA assolta sulle operazioni

passive - cfr., per tutte, Cass. n. 2362 del 31/01/2013.

8.22 E' poi evidente che l'errore del giudice di appello sta nell'avere confuso i poteri che la

legge riconosce all'Ufficio nell'attività di accertamento del maggior imponibile fiscale

secondo modalità varie, come declinate dall'art. 52 e dal precedente art. 51 citt.,

dall'obbligo incombente sul contribuente di dimostrare i presupposti giustificativi della

detrazione operata, non assolvendo il quale l'Ufficio ha legittimamente adottato

l'accertamento induttivo con le forme già esposte.

8.23 Nè, d'altra parte, la curatela fallimentare si è in alcun modo attivata, nel corso del

giudizio, per dimostrare l'esistenza dei presupposti giustificativi della detrazione,

deducendo e dimostrando l'esistenza di un impedimento tale che avrebbe potuto

giustificare l'esame, nel corso del giudizio, della documentazione non potuta produrre nella

fase anteriore.

8.24 Ed infatti, la curatela non ha nemmeno documentato di avere prodotto nel corso del

giudizio la richiesta di deposito della documentazione fiscale richiesta dall'ufficio e

l'eventuale provvedimento di diniego da parte del Giudice delegato al fallimento.

8.25 In conclusione, il curatore fallimentare, alla stregua della L. Fall., art. 86, nella

versione ratione temporis vigente prima della riforma introdottane nell'anno 2006, avendo

la possibilità di chiedere al giudice delegato l'autorizzazione per disporre delle scritture

contabili del soggetto fallito ed essendo legittimo destinatario passivo delle richieste del

fisco, avrebbe dovuto avanzare prima al Giudice Delegato e poi documentare, nel corso del

giudizio, l'istanza di autorizzazione al giudice delegato e opporre al fisco il diniego o il

silenzio dell'AG quale causa a lui non imputabile. Del che non vi è traccia nella sentenza

impugnata, nè la curatela ha documentato di avere svolto tali attività nel corso del giudizio

di merito.

8.26 Sulla base di tali argomenti le censure esposte colgono nel segno, avendo la CTR fatto

mal governo delle disposizioni sopra ricordate e, per altro verso, incongruamente motivato

la decisione di dichiarare illegittima la pretesa fiscale.

9. La sentenza va pertanto cassata e la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c.

con il rigetto del ricorso della curatela fallimentare.

10. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese dei due gradi di giudizio di merito,

mentre le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della curatela nella misura

liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso della curatela della

parte contribuente.

Compensa le spese del giudizio di merito fra le parti e condanna la curatela

controricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità che liquida

in favore dell'Agenzia in Euro 4500,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.

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