Notizie flash in tema di pensione di reversibilità

Il diritto alla pensione in caso di divorzio, di soggetti non vedenti, la prescrizione del diritto alla pensione di reversibilità e la totalizzazione pensionistica.

Reversibilità ai coniugi divorziati.

Ai sensi della Legge n.74/87, che regolamenta il diritto alla pensione in caso di divorzio, il coniuge divorziato che alla morte dell’altro coniuge abbia i requisiti per ottenere la reversibilità, ha diritto di richiedere la pensione di reversibilità, ciò sebbene sia stata pronunciata una sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio. A tal fine occorre che:

  • il coniuge divorziato superstite sia titolare del diritto a percepire l’assegno di mantenimento e non abbia contratto nuovo matrimonio;
  • il coniuge dante causa sia deceduto dopo il 12.03.1987 (ciò giustificato dal principio della non retroattività della legge);
  • il requisito contributivo dal quale trae origine il diritto alla reversibilità sia anteriore alla data di emissione della sentenza di scioglimento.



Prescrizione del diritto alla pensione di reversibilità.

Il diritto di richiedere prestazioni pensionistiche può essere esercitato in qualsiasi momento e, quindi, non è soggetto ad alcun tipo di prescrizione. Ben diverso è il problema riguardante il pagamento delle somme arretrate. Tali somme possono essere riconosciute, e riscosse, con decorrenza fino ad un massimo di dieci anni. La prescrizione decennale, detta ordinaria, riguarda, però, solo le rate di pensione che non sono state mai liquidate, come per esempio nel caso in cui l’avente diritto ha presentato la domanda solo dopo molti anni. Mentre, nel caso in cui le rate di pensione che sono state poste regolarmente messe in liquidazione, non vengono riscosse dal beneficiario, la prescrizione è da considerarsi quinquennale.

 

Nuovo decreto legislativo in tema di totalizzazione pensionistica.

Il decreto legislativo n.42/06 non è altro che la continuazione logica dei principi introdotti con la legge n.388/00. Il primo fine della totalizzazione è garantire al lavoratore l’accesso alla pensione di vecchiaia anche in caso di assenza dei presupposti ordinari : almeno 20 anni di contributi e un’età non inferiore a 65 anni. Attraverso il meccanismo della totalizzazione, i contributi versati nei vari fondi pensionistici si sommano in modo virtuale ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione. Il calcolo dell’importo dovrà essere effettuato sulla scorta del metodo pro-quota, ed infatti, ogni ente dovrà liquidare la quota che risulta di sua competenza. Il problema della totalizzazione non è, però, così semplice, in quanto non sempre risulta conveniente. Senz’altro per chi resterebbe altrimenti senza pensione, altra via non rimane che esercitare il cumulo, senza il quale in nessun fondo riuscirebbe a raggiungere il requisito minimo essenziale. Il problema sorge nel caso di un soggetto che, pur avendo maturato il diritto in un determinato fondo, si vedrà totalizzata la pensione con il sistema contributivo. In questo caso, spesso, con la rinuncia alla totalizzazione, si può ottenere un trattamento economico più vantaggioso, in quanto si verrebbe a sommare alla pensione retributiva, un insieme di rendite ottenute grazie ai periodi contributivi.


 

La pensione anticipata ai soggetti non vedenti.

Ai sensi della L.113/85 veniva riconosciuta ai non vedenti una maggiorazione dell’anzianità contributiva pari a quattro mesi relativa ad ogni anno di lavoro. Con la legge 120/91 tale diritto è stato esteso a tutti i dipendenti che risultino ciechi assoluti o parziali con capacità visiva ridotta a più di un decimo per entrambi gli occhi. Tale maggiorazione oltre non tutti i periodi lavorativi ma solo quelli relativi alla patologia riscontrata, viene applicata solo se l’interessato presenta una domanda all’Ufficio pubblico competente, allegando apposita documentazione medica da cui risulti il grado di cecità. Oltre alla maggiorazione, si non vedenti può essere riconosciuto un anticipo sul requisito dell’età per la pensione di vecchiaia. Infatti possono andare in pensione, coloro che sono cechi dalla nascita, a 55 anni gli uomini e a 50 anno le donne, con soli dieci anni di contributi. I lavoratori autonomi, invece, possono andare in pensione coloro che hanno raggiunto i 60 anni, per gli uomini, e 55 per le donne.


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