L’indennità per ferie non godute è assoggettabile a contribuzione previdenzial

L’indennità per ferie non godute è assoggettabile a contribuzione previdenziale, poiché, essendo in rapporto di corrispettività con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo, ha un carattere retributivo e gode della garanzia prestata dall’art. 2126 c.c. a favore delle prestazioni effettuate, con violazione di norme poste a tutela del lavoratore. Un eventuale concorrente profilo risarcitorio di detta indennita' non ne escluderebbe la riconducibilita' all'ampia nozione di retribuzione imponibile delineata nella Legge n. 153 del 1969, articolo 12, costituendo comunque un'attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro e non essendo ricompresa nell'elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla retribuzione; non puo' condurre a diverse conclusioni il disposto del Decreto Legislativo n. 66 del 2003, articolo 10, come modificato dal Decreto Legislativo n. 213 del 2004, che, dando attuazione alla direttiva CE n. 931104, ha disposto che il trattamento per ferie non godute non puo' essere piu' sostituito da una indennita', ovvero il rilievo della natura retroattiva della norma, affermata dalla Corte di Giustizia CE con decisione C-124/05 del 6 aprile 2006, posto che il carattere risarcitorio dell'erogazione corrisposta per compensare le ferie non godute dal dipendente non e' di ostacolo all'assoggettamento a contribuzione della predetta erogazione, trattandosi in ogni caso di compenso corrisposto in dipendenza del rapporto di lavoro ed in relazione a una prestazione lavorativa, non dovuta, ma comunque effettuata dal lavoratore, sicche' essa e' comunque riconducibile nell'ambito di applicazione della Legge n. 153 del 1969, articolo 12, che non puo' non rendere "dipendenti" dal rapporto di lavoro le somme erogate a titolo di risarcimento del danno da inadempimento delle obbligazioni derivanti dallo stesso rapporto; - deve quindi ritenersi ormai superato il difforme orientamento (cfr. Cass., nn. 10173/2000; 12850/2000) che, riconoscendo all'indennita' sostitutiva delle ferie non godute natura risarcitoria, ne ha escluso l'assoggettabilita' a contribuzione.

Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 26 marzo 2015, n. 6189



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro - Presidente

Dott. ARIENZO Rosa - Consigliere

Dott. FERNANDES Giulio - Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia - Consigliere

Dott. MAROTTA Caterina - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21030/2012 proposto da:

(OMISSIS) S.P.A. (C.F. e P.IVA (OMISSIS)), in persona del suo Direttore delle Risorse Umane e Consigliere, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE ((OMISSIS)), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della (OMISSIS) I.N.P.S. ( (OMISSIS)) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'AVVOCATURA CENTRALE DELL'ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 3126/2011 della CORTE D'APPELLO di BARI del 19/5/2011, depositata il 19/9/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/2/2015 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;

udito l'Avvocato (OMISSIS) (delega avvocato (OMISSIS)) difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.

FATTO E DIRITTO

1 - Considerato che e' stata depositata relazione del seguente contenuto:

"Con sentenza n. 3126/2011 del 22/7/2011 la Corte di appello di Bari, confermando la sentenza impugnata, rigettava l'opposizione proposta dalla (OMISSIS) S.p.A. avverso il decreto ingiuntivo n. 5561/99 emesso in data 23/4/1999 con il quale era stato intimato alla societa' il pagamento di somme dovute, tra l'altro, a titolo di contributi e somme aggiuntive in relazione a somme corrisposte ai propri dipendenti a titolo di indennita' sostitutiva di ferie non godute e permessi individuali retribuiti per gli anni 1993 - 1994. A tale conclusione la Corte territoriale e' pervenuta richiamando la giurisprudenza secondo cui la corresponsione della indennita' sostitutiva delle ferie ha natura retributiva e, comunque, un eventuale suo concorrente profilo risarcitorio non escluderebbe la sua assoggettabilita' a contribuzione. Quanto ai permessi individuali retribuiti richiamava la trentennale giurisprudenza di legittimita' che aveva previsto il corrispondente obbligo contributivo. In relazione, infine, al computo delle sanzioni, il giudice di appello riteneva che i rilievi della societa' fossero infondati, perche' l'Istituto aveva applicato, correttamente, il regime di cui alla Legge n. 388 del 2000. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la (OMISSIS) S.p.A. affidandosi a sei motivi di ricorso.

L'I.N.P.S. resiste con controricorso.

Il ricorso e' inammissibile per tardivita'.

La sentenza della Corte di appello, pronunciata all'udienza del 19 maggio 2011, e' stata depositata il 22 luglio 2011. Il ricorso per cassazione e' stato notificato il 18 settembre 2012.

E' pur vero che sotto la data di deposito e' indicata una diversa data di pubblicazione (e cioe' la data del 19 settembre 2011), tuttavia di tale secondo termine non si puo' tenere conto ai fini della tempestivita' del ricorso.

Deve, al riguardo, rammentarsi che le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che: "A norma dell'articolo 133 c.p.c., la consegna dell'originale completo del documento-sentenza al cancelliere, nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata, avvia il procedimento di pubblicazione, il quale si compie, senza soluzione di continuita', con la certificazione del deposito mediante l'apposizione, in calce al documento, della firma e della data del cancelliere, che devono essere contemporanee alla data della consegna ufficiale della sentenza, in tal modo resa pubblica per effetto di legge. E', pertanto, da escludere che il cancelliere, preposto, nell'espletamento di tale attivita', alla tutela della fede pubblica (articolo 2699 c.c.), possa attestare che la sentenza, gia' pubblicata, ai sensi dell'articolo 133 c.p.c., alla data del suo deposito, viene pubblicata in data successiva, con la conseguenza che, ove sulla sentenza siano state apposte due date, una di deposito, senza espressa specificazione che il documento contiene soltanto la minuta del provvedimento, e l'altra di pubblicazione, tutti gli effetti giuridici derivanti dalla pubblicazione della sentenza decorrono gia' dalla data del suo deposito" (cfr. Cass., Sez. un., n. 13794 dell'1 agosto 2012).

Le Sezioni Unite, risolvendo il contrasto determinatosi, negli indirizzi di legittimita', con riguardo alla identificazione, al fine della decorrenza dei termini per l'impugnazione, della data di pubblicazione della sentenza, hanno accolto, dunque, l'indirizzo per cui l'attivita' di attestazione supposta dall'articolo133 c.p.c., e' prevista dal comma 2, della norma non come da compiersi una volta avvenuto il deposito, cioe' come attivita' eventualmente successiva e, quindi, non necessariamente contestuale, bensi' come attivita' di attestazione contestuale del deposito: la norma dice, infatti, che "il cancelliere da atto del deposito". Il dare atto si riferisce al deposito (in tal senso si era gia' espressa Cass. n. 8979 del 19 aprile 2011).

La pubblicazione assume, dunque, il significato di effetto giuridico del deposito da parte del cancelliere, senza che nessun atto diverso di questi sia concepibile, nella descritta vicenda finale della preparazione all'esistenza della sentenza: questa esiste in quanto e da quando resa pubblica mediante il suo deposito da parte del cancelliere, che ne riceve l'originale firmato e controllato dal magistrato decidente.

Di conseguenza ogni altra data apposta sulla sentenza successivamente a quella di deposito di essa e' priva di qualsiasi rilevanza per gli effetti giuridici che la legge fa derivare dalla sua pubblicazione (si veda, in tal senso, Cass. 16 gennaio 2013, n. 899; id. 1 febbraio 2013, n. 2435; 23 novembre 2012, n. 20835; 26 novembre 2012, nn. 20868 e 20871).

Ne' puo' sostenersi che con la formula "...consegnata in cancelleria per la pubblicazione" il cancelliere abbia attestato soltanto la consegna della sentenza per la successiva pubblicazione e non il deposito del provvedimento. Nella richiamata pronuncia delle Sez. Un. e' stato, infatti, chiaramente precisato che l'attivita' di attestazione - nei termini definiti dall'articolo 133 c.p.c., comma 2 - non e' attivita' eventualmente successiva al deposito, ma e' necessariamente contestuale ad esso: "il cancelliere da atto del deposito", il dare atto si riferisce al deposito (cosi' Cass. 18 settembre 2013, n. 21262).

Per quanto sopra considerato, si propone la declaratoria di inammissibilita' del ricorso con ordinanza, ai sensi dell'articolo 375 c.p.c., n. 5.

Laddove il collegio ritenesse di non condividere la suddetta soluzione, va comunque segnalato che sulle medesime questioni poste dalla (OMISSIS) S.p.A. con il presente ricorso questa Corte si e' gia' espressa nelle decisioni del 25 gennaio 2011, n. 1057 e del 26 gennaio 2012, nn. 1101 e 1102 e non sussistono ragioni per discostarsi dal suddetto recente orientamento".

2 - La societa' ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., comma 2.

3- Il Collegio ritiene di non condividere la relazione nella parte in cui e' proposta la declaratoria di inammissibilita' per tardivita' del ricorso.

La questione della doppia attestazione sull'originale della sentenza di una data di consegna "per la pubblicazione" e di una data "di pubblicazione" e' stata di recente esaminata dalla Corte costituzionale che nella decisione del 22 gennaio 2015 n. 3 ha affermato: "Per costituire dies a quo del termine per l'impugnazione, la data apposta in calce alla sentenza dal cancelliere deve essere qualificata dalla contestuale adozione delle misure volte a garantirne la conoscibilita' e solo da questo concorso di elementi consegue tale effetto, situazione che, in presenza di una seconda data, deve ritenersi di regola realizzata solo in corrispondenza di quest'ultima. Il ritardato adempimento, attestato dalla diversa data di pubblicazione, rende di fatto inoperante la dichiarazione dell'intervenuto deposito, pur se formalmente rispondente alla prescrizione normativa".

Nel caso in esame, la tempestivita' del ricorso per cassazione va, dunque, valutata non in relazione alla data di consegna della sentenza alla cancelleria "per la pubblicazione" (22/7/2011) ma alla data "di pubblicazione" (19/9/2011).

La tardivita' va, di conseguenza, esclusa.

4- Il ricorso e' manifestamente infondato.

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione della Legge n. 153 del 1969, articolo 12, (nella formulazione precedente all'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 314 del 1997), deduce, la natura risarcitoria dell'indennita' sostitutiva delle ferie e, quindi, la sua esclusione dalla base contributiva, non rientrando nella nozione di retribuzione imponibile ai sensi della norma rubricata.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando ancora violazione della Legge n. 153 del 1969, articolo 12, (nella formulazione precedente all'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 314 del 1997), deduce che la "dipendenza" dal rapporto di lavoro deve essere riferita al regolare svolgimento del rapporto medesimo e non anche alle inosservanze eventualmente compiute dal datore di lavoro, onde le somme dovute in conseguenza di tali inadempienze non possono essere considerate rientranti nell'imponibile contributivo.

Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando vizio di motivazione, deduce che la Corte territoriale ha del tutto omesso di valutare le conseguenze derivanti dall'introduzione del Decreto Legislativo n. 66 del 2003, articolo 10, che ha introdotto il divieto di monetizzazione dell'indennita' sostitutiva per ferie non godute e cosi' indirettamente confermatola tesi della societa' circa la non debenza di somme a titolo di contribuzione per compensi erogati per indennita' sostitutiva per ferie non godute.

Il punto n. 4 del ricorso, con il quale la ricorrente, a fronte dell'orientamento contrario manifestato da numerosi precedenti di questa Corte, auspica un approfondimento della questione alla luce di altre pronunce evidenzianti, con riguardo all'indennita' sostitutiva delle ferie, l'esistenza di un concorrente profilo risarcitorio, non configura un autonomo motivo di doglianza.

Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione della Legge n. 388 del 2000, articolo 116. Si duole della mancata applicazione del regime sanzionatorio piu' favorevole previsto da tale norma.

Con il sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo437 c.p.c., comma 2. Lamenta il fatto che la Corte barese abbia ritenuto tardivamente proposto in appello il rilievo relativo al regime sanzionatorio.

I primi tre motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione della intrinseca connessione, sono manifestamente infondati.

Deve darsi continuita', essendo state le questioni sollevate gia' oggetto di disamina, al prevalente orientamento di questa Corte (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 4839/1998; 6607/2004; 17761/2005; 19023/2006; 11262/2010; 1101/2012; 1102/2012; 1057/2012; 660/2015), secondo cui: - l'indennita' per ferie non godute e' assoggettabile a contribuzione previdenziale a norma della Legge n. 153 del 1969, articolo 12, poiche', essendo in rapporto di corrispettivita' con le prestazioni lavorative effettuate nel periodo di tempo che avrebbe dovuto essere dedicato al riposo, ha un carattere retributivo e gode della garanzia prestata dall'articolo 2126 c.c., a favore delle prestazioni effettuate, con violazione di norme poste a tutela, del lavoratore; un eventuale concorrente profilo risarcitorio di detta indennita' non ne escluderebbe la riconducibilita' all'ampia nozione di retribuzione imponibile delineata nella Legge n. 153 del 1969, articolo 12, costituendo comunque un'attribuzione patrimoniale riconosciuta a favore del lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro e non essendo ricompresa nell'elencazione tassativa delle erogazioni escluse dalla retribuzione; non puo' condurre a diverse conclusioni il disposto del Decreto Legislativo n. 66 del 2003, articolo 10, come modificato dal Decreto Legislativo n. 213 del 2004, che, dando attuazione alla direttiva CE n. 931104, ha disposto che il trattamento per ferie non godute non puo' essere piu' sostituito da una indennita', ovvero il rilievo della natura retroattiva della norma, affermata dalla Corte di Giustizia CE con decisione C-124/05 del 6 aprile 2006, posto che il carattere risarcitorio dell'erogazione corrisposta per compensare le ferie non godute dal dipendente non e' di ostacolo all'assoggettamento a contribuzione della predetta erogazione, trattandosi in ogni caso di compenso corrisposto in dipendenza del rapporto di lavoro ed in relazione a una prestazione lavorativa, non dovuta, ma comunque effettuata dal lavoratore, sicche' essa e' comunque riconducibile nell'ambito di applicazione della Legge n. 153 del 1969, articolo 12, che non puo' non rendere "dipendenti" dal rapporto di lavoro le somme erogate a titolo di risarcimento del danno da inadempimento delle obbligazioni derivanti dallo stesso rapporto; - deve quindi ritenersi ormai superato il difforme orientamento (cfr. Cass., nn. 10173/2000; 12850/2000) che, riconoscendo all'indennita' sostitutiva delle ferie non godute natura risarcitoria, ne ha escluso l'assoggettabilita' a contribuzione.

Correttamente, dunque, la Corte territoriale ha ritenuto assoggettabili a contribuzione le somme corrisposte sia per le ferie che per i permessi individuali non goduti (dovendosi evidenziare, quanto a questi ultimi, che l'accertamento dell'avvenuta retribuzione e' compito riservato al giudice del merito e, nella specie, la Corte territoriale ha dato atto che quelli in discussione erano stati, appunto, permessi individuali non fruiti e retribuiti).

Il quinto motivo di ricorso presenta profili di inammissibilita' ed e' comunque manifestamente infondato (rendendo, cosi', superfluo l'esame del sesto motivo).

La societa' ricorrente non ha riprodotto il contenuto degli atti in relazione ai quali fonda le censure ne' allegato gli stessi al ricorso per cassazione, essendosi limitata ad un mero generico richiamo alla "documentazione depositata all'udienza del 25/11/2004" ed alla circostanza che la societa' aveva pagato all'I.N.P.S. quanto richiesto gia' in data 12/7/1999 e cioe' prima della data (30/9/2000) fissata dalla Legge n. 388 del 2000, articolo 116, comma 8.

Il motivo e' comunque infondato alla stregua dei principi gia' espressi da questa Corte (cfr. Cass. n. 11262 del 10 maggio 2010; nn. 1101 e 1102 del 26 gennaio 2012; n. 1057 del 25 gennaio 2012) secondo cui: "il disposto della Legge n. 388 del 2000, articolo 116, comma 18, non ha efficacia retroattiva e il riferimento ai "crediti in essere e accertati al 30 settembre 2000" esclude che vi sia stata deroga al principio di irretroattivita' quanto all'obbligo di immediato pagamento delle sanzioni, che restano dovute nella misura e secondo le modalita' fissate dalle disposizioni di legge che in precedenza regolavano la materia, limitandosi la norma a prevedere per i suddetti crediti un meccanismo in base al quale la differenza tra quanto dovuto (secondo le leggi previgenti) e quanto calcolato ai sensi dei precedenti commi dell'articolo 116 cit., costituisce un credito contributivo da porre a conguaglio successivamente".

5 - Sussiste con ogni evidenza il presupposto dell'articolo 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo.

6 - Conseguentemente, il ricorso va rigettato.

7 - La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso; condanna la societa' ricorrente al pagamento, in favore dell'I.N.P.S., delle spese del presente giudizio di legittimita' che liquida in euro 100.00 per esborsi ed euro 5.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
 

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