Nel reato di omesso versamento di ritenute previdenziali la colpevolezza del sostituto d'imposta non è esclusa dalla crisi di liquidità

Nel reato di omesso versamento di ritenute previdenziali la colpevolezza del sostituto d'imposta non è esclusa dalla crisi di liquidità intervenuta al momento della scadenza del termine, a meno che l'imputato non dimostri che le difficoltà finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse, inoltre, non possano essere altrimenti fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale. In una società di capitali dotata di personalità giuridica e di una propria autonomia, con totale distinzione del suo patrimonio da quello dei soci, delle obbligazioni sociali risponde unicamente la società con il patrimonio sociale ed i creditori, in caso di insolvenza della stessa, non possono escutere i beni personali dei singoli soci.

Corte di Cassazione, Sezione 3 penale, Sentenza 23 settembre 2015, n. 38529



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo - Presidente

Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere

Dott. SAVINO Mariapia - rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 3124/2012 CORTE APPELLO di ANCONA, del 25/11/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/03/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SAVINO MARIAPIA GAETANA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio reato estinto per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza emessa in data 5.4.2012 il Tribunale di Ancona ha dichiarato (OMISSIS) colpevole del reato di cui al Legge n. 638 del 1983, articolo 2, comma 1 bis e successive modifiche per avere, quale legale

rappresentante della (OMISSIS), con sede in (OMISSIS), omesso il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti nei mesi da aprile 2005 a luglio 2006. Condannava la stessa alla pena di mesi 10 di reclusione ed euro 1.000,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.

Proposto appello, la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputata in ordine al reato ascritto limitatamente alle omissioni consumate fino ad aprile 2006 per essere i relativi reati estinti per prescrizione, e, di conseguenza, ha ridotto la pena a mesi due di reclusione ed euro 200,00 di multa.

Avverso detta sentenza il difensore dell'imputata ha proposto ricorso per Cassazione per i seguenti motivi:

1) Erronea applicazione della legge penale, illogicita' della motivazione.

La difesa censura la sentenza impugnata nella parte in cui ritiene che, nel caso di omessa notifica del verbale di accertamento con la richiesta di pagamento da parte dell'INPS, il termine di tre mesi stabilito dalla legge per fruire della causa di non punibilita' viene fatto decorrere della notifica del decreto di citazione a giudizio, atto equipollente al verbale di contestazione della violazione.

Rileva in proposito che, come chiarito dalla giurisprudenza della Suprema Corte, il decreto di citazione a giudizio e' equivalente alla notifica dell'avviso di accertamento solo se, al pari di qualsiasi altro atto processuale indirizzato all'imputato, contenga gli elementi essenziali del predetto avviso, costituiti dall'indicazione del periodo di omesso versamento, dall'entita' delle somme dovute, dall'indicazione della sede dell'ente presso cui effettuare il pagamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge e dall'avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilita'.

Da cio' discende, ad avviso della difesa, che - non essendo stato notificato l'avviso di accertamento della violazione con l'indicazione del termine per provvedere al pagamento e non contenendo il decreto di citazione a giudizio gli elementi essenziali per essere equipollente al suddetto avviso - all'imputata e' stato precluso di fruire della speciale causa di non punibilita' prevista dalla Legge n. 638 del 1983, articolo 2, comma 1 bis.

Censura, inoltre, la ricorrente l'argomentazione, della sentenza impugnata relativa all'accollo del debito da parte dell'imputata, tenuta a farvi fronte con le proprie risorse finanziarie a seguito del fallimento della societa' da lei amministrata, rilevando in proposito che (OMISSIS) ha la forma di una societa' di capitali, dotata di personalita' giuridica e di una propria autonomia, con totale distinzione del suo patrimonio da quello dei soci.

Di conseguenza, delle obbligazioni sociali risponde unicamente la societa' con il patrimonio sociale ed i creditori, in caso di insolvenza della stessa, non possono escutere i beni personali dei singoli soci. 2) Illogicita' della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del dolo del reato contestato. Assume la difesa che il mancato versamento all'INPS delle ritenute sulle retribuzioni dei dipendenti e' stato determinato dalla grave crisi finanziaria che ha colpito l'impresa amministrata dall'imputata, ragione per la quale la stessa non ha potuto fare fronte al pagamento del debito tributario.

Di conseguenza non e' configurabile il dolo richiesto dalla norma incriminatrice, data l'assenza di risorse economiche per provvedere ai versamenti dovuti all'INPS, pur avendo l'imputata adottato tutte le misure necessarie per non lasciare, da un lato, i propri dipendenti privi dello stipendio e dall'altro per evitare il fallimento, che, invece, e' intervenuto a riprova dello stato di grave, inarrestabile crisi finanziaria della societa'.

RITENUTO IN DIRITTO

Il ricorso e' inammissibile in quanto manifestamente infondato. Come precisato nella sentenza di appello, infatti, l'avviso di accertamento con la diffida ad adempiere nel termine di tre mesi dalla notifica e' stato regolarmente notificato.

Peraltro, costituendo un equipollente dell'avviso, il decreto di citazione a giudizio contenente l'indicazione dell'importo da versare e dell'ente beneficiario del pagamento, il termine, in caso di omessa notifica del verbale di contestazione, deve farsi decorrere dalla notifica del decreto stesso. Di conseguenza il difensore poteva chiedere di rinviare l'udienza per provvedere al versamento, cosa che non ha fatto.

Quanto all'asserita illogicita' della motivazione in punto di mancanza dell'elemento soggettivo del reato per la grave crisi finanziaria della societa' e per l'oggetti va impossibilita' di provvedere al pagamento del debito tributario, merita rilevare che nel reato di omesso versamento di ritenute previdenziali, la colpevolezza del sostituto di imposta non e' esclusa dalla crisi di liquidita' intervenuta al momento della scadenza del termine, a meno che l'imputato non dimostri che le difficolta' finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse, inoltre, non possano essere altrimenti fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale (Cass. Sez. 3 n. 5467/2014). Dimostrazione assente nel caso di specie.

Tanto premesso, occorre poi rilevare che la Corte di Appello ha osservato come la circostanza che la (OMISSIS) fosse in crisi risulta inconferente al fine di escludere la punibilita' per il reato in questione poiche' l'imputata, non fallita personalmente, ben poteva pagare la somma dovuta con le sue personali risorse finanziarie (Cass. Sez. 3 n. 29616/2011). Peraltro, conclude la Corte di merito, la Legge n. 638 del 1983, articolo 2, comma 1 bis, subordina la non punibilita' del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali al pagamento delle stesse nell'arco di tre mesi dalla scadenza del termine per adempiere. Orbene, qualora, come avvenuto nel caso di specie, l'imputato non si sia avvalso della facolta' di cui al Legge n. 638 del 1983, articolo 2 comma 1 bis non potra' invocare la causa di non punibilita' ivi prevista. Tanto premesso, pur essendosi il reato prescritto dopo la sentenza di appello in data 16 maggio 2014, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre che della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

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