Il concordato preventivo

La possibilità di proporre domanda di concordato preventivo non solo all'imprenditore in stato di insolvenza, ma anche all'imprenditore che si trovi in una situazione di crisi temporanea dei pagamenti, non ancora propriamente qualificabile come insolvenza.

La disciplina dettata in materia di concordato preventivo è stata modificata in maniera piuttosto incisiva dal decreto legge 14 marzo 2005 n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005 n. 80 e dalle successive modifiche del D. Lgs 12/09/2007 n. 169. Pertanto il nuovo art. 160 L. F. , a differenza della precedente normativa, estende la possibilità di proporre domanda di concordato preventivo non solo all’imprenditore in stato di insolvenza, ma anche all’imprenditore che si trovi in una situazione di crisi temporanea dei pagamenti, non ancora propriamente qualificabile come insolvenza.

Inoltre tale disposizione non si limita a prevedere i due tipi di concordato con garanzia e con cessione dei beni del debitore, ma ne ammette una varietà indefinita, stabilendo che la soddisfazione dei creditori possa avvenire in qualunque forma. Vengono comunque mantenute anche le altre forme possibili di concordato, sia pure in gran parte diversamente disciplinate. Ad esempio le garanzie per i creditori possono essere le più diverse e non soltanto quelle reali e personali tipiche, come l’ipoteca e la fideiussione.

Il nuovo testo dell’art. 160 L. F., poi, rispetto al passato, non impone più all’imprenditore che proponga il concordato alcun requisito soggettivo particolare, quale la tenuta di una regolare contabilità e la rituale iscrizione nel registro delle imprese dall’avvio dell’attività.

Una volta presentata la domanda di concordato preventivo, devono essere superate le varie fasi della procedura, sommariamente individuabili nell’ammissione alla procedura stessa, nell’approvazione della proposta concordataria da parte dei creditori e, da ultimo, nell’omologazione con sentenza del Tribunale, immediatamente esecutiva.

In particolare, la domanda di concordato, da presentarsi nella forma del ricorso sottoscritto dal debitore, deve essere inoltrata al Tribunale competente, ossia il Tribunale del luogo in cui si trova la sede principale dell’impresa, il centro direttivo ed amministrativo di essa, risultando irrilevante, a tali fini, un trasferimento di detta sede intervenuto nell’anno antecedente al deposito. Il piano e la documentazione indicati nel ricorso devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67 della legge fallimentare , terzo comma, lettera d), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano

La domanda di concordato preventivo (modificata non solo dal D. L. 14/03/2005 n. 35, ma anche dal D.L. 22/07/12 n. 83 convertito in legge il 7/08/12 n. 134, nonchè il D.L. 21/06/13 n. 69 convertito in legge del 9/8/2013 n. 98)   viene dunque sottoposta ad un vaglio preliminare di ammissibilità che si svolge nelle forme della procedura in camera di consiglio. In primo luogo, deve essere accertata l’astratta assoggettabilità al fallimento del debitore che ha presentato la domanda, quindi viene valutata la completezza e regolarità della documentazione allegata. Secondo la precedente versione della normativa fallimentare, venivano vagliate invece anche l’esistenza dei presupposti soggettivi di ammissione al concordato, ora abrogati, e la convenienza del concordato stesso. In caso di rigetto della domanda di ammissione, gli atti debbono essere trasmessi d’ufficio al Tribunale fallimentare per l’instaurazione di un’autonoma istruttoria prefallimentare, non esistendo più alcuna automaticità tra il rigetto della richiesta di concordato e dichiarazione di fallimento. Se il Tribunale, al contrario, riconosce la sussistenza delle condizioni richieste dall’attuale disciplina, dichiara aperta la procedura di concordato con decreto non reclamabile che segna l’inizio della procedura.

Peraltro, oltre al Tribunale, organi della procedura in commento sono anche il giudice delegato ed il commissario giudiziale, nominati dallo stesso Tribunale. Il giudice delegato è titolare sia di poteri di carattere processuale che di natura amministrativa, presiedendo, ad esempio, l’adunanza dei creditori e promuovendo l’eventuale dichiarazione di fallimento. I poteri del commissario giudiziale, d’altro canto, sono assai più ristretti rispetto a quelli del curatore nel fallimento, spettandogli prevalentemente funzioni di controllo e di consulenza, soprattutto se si tiene conto del fatto che la procedura di concordato preventivo non prevede lo spossessamento dei beni del debitore, il quale conserva pertanto l’amministrazione degli stessi per tutta la durata della procedura.

Quindi, nel periodo intercorrente tra il decreto di ammissione al concordato e l’adunanza dei creditori debbono essere svolte attività e presi provvedimenti di carattere urgente, allo scopo di assumere le informazioni necessarie sulla situazione debitoria del proponente e sulle cause del dissesto e di predisporre tutto quanto occorra per la successiva adunanza. E’ in questa sede, infatti, che i creditori sono chiamati ad esprimere il proprio voto sulla proposta di concordato, arrivando ad approvare il concordato stesso qualora la votazione favorevole sia espressa dalla maggioranza dei creditori ammessi alla votazione. Non è dunque più richiesta una duplice maggioranza, l’una riferita ai creditori votanti e l’altra, pari ai due terzi della totalità dei crediti ammessi.

Quindi, una volta raggiunta la maggioranza, il Tribunale fissa un’udienza in camera di consiglio al fine di omologare il concordato con decreto. Sia l’omologa che l’eventuale provvedimento di rigetto che dichiari il fallimento sono comunque appellabili dinanzi alla Corte di Appello. Peraltro la sentenza di omologazione del concordato preventivo non solo determina la cessazione della procedura, ma libera anche il debitore da ogni vincolo che non sia quello dell’osservanza scrupolosa delle condizioni del concordato stesso e gli fa riacquistare la piena libertà di esercizio della sua impresa. Il concordato, pur omologato, può tuttavia essere risolto o annullato negli stessi casi previsti per il concordato fallimentare.

L'amministrazione controllata

La procedura di amministrazione controllata è stata abrogata completamente dal decreto legislativo 9 gennaio 2006, anche se le procedure pendenti alla data dell’entrata in vigore della riforma sono destinate a continuare fino al loro esaurimento, in base alla precedente disciplina, tuttora vigente in via transitoria.

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