Il curatore fallimentare ha legittimazione attiva all'esercizio di qualsiasi azione di responsabilità

Il curatore fallimentare ha legittimazione attiva unitaria, in sede penale come in sede civile, all'esercizio di qualsiasi azione di responsabilità sia ammessa contro gli amministratori di qualsiasi società, anche per i fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti in violazione del pari concorso dei creditori. (Nel caso di specie, il fallimento di una società di capitali proponeva domanda di risarcimento danni avverso due persone che rivestivano la carica di amministratore, al contempo, in capo alla medesima fallita e in una s.r.l., in favore della quale erano stati erogati finanziamenti ritenuti ingiustificati, nonché eseguiti pagamenti contestati come preferenziali nel procedimento penale per bancarotta definito con patteggiamento. La Corte di merito territoriale escludeva la legittimazione attiva in capo al curatore del fallimento a proporre l'azione di responsabilità degli amministratori della società fallita per pagamenti preferenziali di crediti della s.r.l., eseguiti in violazione del principio di par condicio creditorum, mentre le Sezioni Unite investite della questione dissentivano da tale posizione osservando che il pagamento preferenziale in una situazione di dissesto può comportare una riduzione del patrimonio sociale in misura anche di molto superiore a quella che si determinerebbe nel rispetto del principio del pari concorso dei creditori, perciò la destinazione del patrimonio sociale alla garanzia dei creditori va considerata nella prospettiva della supponibile procedura concorsuale, la quale espone i creditori alla falcidia fallimentare.).

Corte di Cassazione, Sezione U civile, Sentenza 23 gennaio 2017, n. 164



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore - Primo Presidente f.f.

Dott. AMOROSO Giovanni - Presidente di Sezione

Dott. DIDONE Antonio - Presidente di Sezione

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Presidente di Sezione

Dott. NAPPI Aniello - rel. Consigliere

Dott. CRISTIANO Magda - Consigliere

Dott. CHINDEMI Domenico - Consigliere

Dott. MANNA Felice - Consigliere

Dott. BERRINO Umberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in persona del Curatore pro tempore, domiciliato in (OMISSIS), presso l'avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avv. (OMISSIS), come da mandato in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avv. (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) per procure speciali, in atti;

- resistenti -

contro

(OMISSIS) s.r.l.;

- intimata -

avverso la sentenza n. 4213/2013 della Corte d'appello di Milano, depositata il 18 novembre 2013;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;

uditi i difensori avv. (OMISSIS) - per il fallimento ricorrente, avv. (OMISSIS) per i (OMISSIS);

Udite le conclusioni del P.M. Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Milano si e' pronunciata sulle domande di risarcimento dei danni proposte dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l. nei confronti degli amministratori della societa' fallita, (OMISSIS) e (OMISSIS), e della (OMISSIS) s.r.l., societa' in favore della quale erano stati erogati finanziamenti qualificati come ingiustificati ed eseguiti pagamenti contestati come preferenziali nel procedimento penale per bancarotta definito con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

I giudici di appello hanno ribadito l'esclusione della legittimazione del curatore del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. a proporre l'azione di responsabilita' degli amministratori della societa' fallita per pagamenti preferenziali di crediti della (OMISSIS) s.r.l., eseguiti in violazione della par condicio creditorum. Hanno ritenuto che l'azione di responsabilita' non possa essere esercitata dal curatore ne' ai sensi dell'articolo 2393 c.c., ne' ai sensi dell'articolo 2394 c.c., in mancanza di una lesione del patrimonio sociale, di cui il pregiudizio subito dai creditori costituisca un mero riflesso. Infatti, hanno precisato, la lesione della par condicio creditorum conseguente al pagamento preferenziale della (OMISSIS) S.r.l. "puo' al limite generare una contesa tra le posizioni soggettive individuali dei singoli creditori ma non anche un pregiudizio per la massa creditoria considerata nel suo complesso, la quale mantiene, comunque, la medesima consistenza anche in caso di pagamento preferenziale qualunque sia il creditore beneficiato dal pagamento lesivo della par condicio tra quelli aventi diritto a partecipare al concorso". Del resto, hanno aggiunto, "il pregiudizio subito individualmente da ciascun creditore per effetto dei pagamenti preferenziali eseguiti dalla societa' prima della dichiarazione di fallimento si delinea compiutamente e definitivamente solo con l'esecuzione del riparto finale nonche' all'esito dell'esperimento infruttuoso o insufficiente di eventuali azioni revocatorie". Hanno altresi' ribadito i giudici d'appello il rigetto della domanda di risarcimento dei danni che il curatore assumeva provocati mediante i finanziamenti alla (OMISSIS) s.r.l., ritenendo che mancasse la prova della estraneita' di tali erogazioni al rapporto di affitto di azienda intercorso tra le due societa'.

In parziale riforma della decisione di primo grado, la corte d'appello ha invece accolto la domanda di risarcimento dei danni per l'indebita protrazione dell'attivita' aziendale anche dopo il manifestarsi dell'insolvenza.

Contro la sentenza d'appello il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi d'impugnazione, illustrati anche da memoria; mentre non hanno proposto controricorso gli intimati.

La terza sezione civile di questa corte, cui il ricorso era stato assegnato, ne ha chiesto la rimes-sione alle Sezioni unite, ritenendo che sia di particolare importanza la questione di massima della legittimazione del curatore fallimentare a esercitare l'azione di responsabilita' nei confronti degli amministratori della societa' fallita che abbiano eseguito pagamenti preferenziali.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il fallimento ricorrente si duole del disconoscimento della sua legittimazione all'azione di responsabilita' per i pagamenti preferenziali eseguiti dagli amministratori.

Con il secondo motivo il ricorrente censura la liquidazione del danno da aggravamento del dissesto derivante dalla protrazione dell'attivita' aziendale dopo il manifestarsi dell'insolvenza.

Con il terzo e il quarto motivo il ricorrente si duole del rigetto della domanda di risarcimento dei danni derivanti dalle erogazioni effettuate in favore della (OMISSIS) s.r.l., benche' qualificate come ingiustificate nel procedimento penale definito con sentenza di patteggiamento.

Con il quinto, il sesto e il settimo motivo il ricorrente si duole del rigetto della domanda di risarcimento dei danni proposta contro la (OMISSIS) s.r.l. e censura l'omessa pronuncia sull'eccezione di tardivita' dell'eccezione di prescrizione proposta dalla (OMISSIS) s.r.l..

2.1- E' il primo motivo d'impugnazione che ha determinato la rimessione del ricorso alle Sezioni unite, in quanto vi si deduce la violazione della L. Fall., articoli 216 e 240, nella parte in cui riconoscono al curatore la legittimazione esclusiva a costituirsi parte civile nel procedimento penale, anche contro il fallito, per i reati previsti nel titolo VI della legge fallimentare, inclusa dunque la bancarotta preferenziale (L. Fall., articolo 216, comma 3), che lede l'interesse della massa al pari trattamento dei creditori.

Il fallimento ricorrente rileva infatti che, pur essendo stata ammessa la sua costituzione di parte civile nel processo penale a carico degli amministratori della societa' fallita, (OMISSIS) e (OMISSIS), era tuttavia rimasto escluso dal procedimento penale in seguito all'ammissione degli imputati al procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, perche' l'articolo 444 c.p.p., comma 2, prevede che in tal caso, "se vi e' costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda".

Ha pertanto proposto nella sede propria l'azione civile sia per i danni cagionati dal reato (articolo 185 c.p.) sia facendo valere, a norma della L. Fall., articolo 146, la responsabilita' degli amministratori.

2.2- La questione posta dal fallimento ricorrente, e sulla quale le Sezioni unite sono chiamate a pronunciarsi, attiene alla possibilita' di ricondurre a una "azione di massa" la domanda proposta dal curatore fallimentare per ottenere il risarcimento dei danni cagionati dal fallito che, "prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti" (L. Fall., articolo 216, comma 3).

Secondo la giurisprudenza di questa corte, "nel sistema della legge fallimentare, difatti, la legittimazione del curatore ad agire in rappresentanza dei creditori e' limitata alle azioni c. d. di massa - finalizzate, cioe', alla ricostituzione del patrimonio del debitore nella sua funzione di garanzia generica ed aventi carattere indistinto quanto ai possibili beneficiari del loro esito positivo" (Cass., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7029, m. 590934).

Nel caso in esame si pone tuttavia l'esigenza di affrontare innanzitutto due questioni preliminari.

2.3- Come s'e' detto, il fallimento ricorrente, escluso di diritto dal processo penale nel quale s'era costituito parte civile, ha dedotto in questo giudizio un doppio titolo di legittimazione, perche' ha inteso far valere sia la generale azione aquiliana da fatto illecito (articolo 185 c.p., e articolo 2043 c.c.) sia le specifiche azioni di responsabilita' contro gli amministratori L. Fall., ex articolo 146, in relazione agli articoli 2393 e 2394 c.c.. La corte d'appello si e' pronunciata invece solo sulla legittimazione del curatore a far valere la responsabilita' degli amministratori a norma degli articoli 2393 e 2394 c.c.; sicche' potrebbe ipotizzarsi che l'esclusione di questo titolo di legittimazione non valga a escludere anche il titolo di legittimazione ex articolo 185 c.p., in quanto concorrente.

Si pone allora il problema di verificare quale possa essere il rapporto tra i due concorrenti titoli di legittimazione dedotti in giudizio, atteso che nella giurisprudenza penale e' controverso se vi sia una piena "sovrapponibilita'" tra esercizio dell'azione civile nel processo penale ed esercizio dell'azione di responsabilita' ex articoli 2393 e 2394 c.c., come talora si e' ritenuto (Cass., sez. 5, 16 dicembre 2004, Capozzi, m. 231415), ovvero questa sovrapposizione resti esclusa "gia' dal rilievo che la prima investe anche il danno non patrimoniale risarcibile, a norma dell'articolo 2059 c.c., quando, tra l'altro, il fatto illecito sia appunto astrattamente configurabile come reato" (Cass., sez. 5, 17 marzo 2016, Lande, m. 267404).

In realta', come questa corte ha avuto gia' modo di chiarire, le stesse azioni di responsabilita' degli amministratori, benche' esperibili cumulativamente dal curatore fallimentare, hanno e mantengono titoli distinti e autonomi; ma il curatore "non potrebbe pretendere di esercitare separatamente tali azioni al fine di conseguire due volte il ripristino del patrimonio della societa' fallita, cui dette azioni concorrono" (Cass., sez. 1, 12 giugno 2007, n. 13765, m. 601317, Cass., sez. 1, 4 dicembre 2015, n. 24715, m. 638140).

Nondimeno l'azione di responsabilita' sociale ex articolo 2393 c.c., ha natura contrattuale e presuppone un danno prodotto alla societa' da ogni illecito doloso o colposo degli amministratori per violazione di doveri imposti dalla legge e dall'atto costitutivo; l'azione di responsabilita' verso i creditori sociali ex articolo 2394 c.c., ha natura extracontrattuale e presuppone l'insufficienza patrimoniale cagionata dall'inosservanza di obblighi di conservazione del patrimonio sociale (Cass., sez. 1, 22 ottobre 1998, n. 10488, m. 519978, Cass., sez. 1, 20 settembre 2012, n. 15955, m. 623922). Sicche' il curatore fallimentare, quando agisce postulando indistintamente la responsabilita' degli amministratori, fa valere sia l'azione che spetterebbe alla societa', in quanto gestore del patrimonio dell'imprenditore fallito, sia le azioni che spetterebbero ai singoli creditori, considerate pero' quali "azioni di massa" in ragione della L. Fall., articolo 146 (Cass., sez. 1, 3 giugno 2010, n. 13465, m. 613663). E il titolo di responsabilita' extracontrattuale ex articolo 2394 c.c., puo' certamente risultare riferibile anche al danno da reato ex articolo 185 c.p..

D'altro canto, secondo la giurisprudenza di questa corte, "la fattispecie astratta di reato e' configurabile anche nei casi in cui la colpa sia addebitata per non aver fornito la prova liberatoria richiesta dall'articolo 1218 c.c.", sicche' anche alla responsabilita' contrattuale puo' cumularsi la responsabilita' per danno morale (Cass., sez. L, 3 febbraio 2015, n. 1918, m. 634611, Cass., sez. L, 24 febbraio 2006, n. 4184, m. 587299).

Ne consegue che anche per la responsabilita' da reato puo' aversi una responsabilita' concorrente, sia contrattuale sia extracontrattuale, degli amministratori della societa' fallita, perche' a entrambe puo' essere ricondotto anche il danno lamentato ex articolo 185 c.p., e articolo 2043 c.c.. E a questa concorrenza di titoli di responsabilita' corrisponde una legittimazioni unitaria del curatore fallimentare sia in sede penale sia in sede civile per tutte le azioni esercitabili nei confronti degli amministratori.

2.4- La seconda questione preliminare si pone perche' viene qui in discussione la responsabilita' degli amministratori di una societa' a responsabilita' limitata, tale essendo la forma della societa' fallita.

Infatti, prima della riforma del diritto delle societa' varata nel 2003, le azioni di responsabilita' contro gli amministratori di societa' a responsabilita' limitata erano disciplinate dall'articolo 2487 c.c., con un richiamo alle norme sulle societa' per azioni. Sicche' non si dubitava della legittimazione del curatore del fallimento di una s.r.l. all'esercizio delle azioni di responsabilita', benche' il testo originario della L. Fall., articolo 146, richiamasse solo gli articoli 2393 e 2394 c.c., relativi agli amministratori di societa' per azioni.

Il Decreto Legislativo n. 6 del 2003, ha poi disciplinato autonomamente la responsabilita' degli amministratori di s.r.l., eliminando ogni richiamo alla disciplina delle s.p.a.. Si discute pertanto se il curatore fallimentare sia ancora legittimato all'esercizio delle azioni di responsabilita' nei confronti degli amministratori di s.r.l..

La questione deve ritenersi tuttavia superata dalla considerazione che la L. Fall., articolo 146, nel suo testo originario, era destinato solo a riconoscere la legittimazione del curatore all'esercizio delle azioni di responsabilita' comunque esercitabili dai soci o dai creditori nei confronti degli amministratori, indipendentemente dallo specifico riferimento agli articoli 2393 e 2394 c.c.. E questa interpretazione risulta ora confermata dallo stesso legislatore, perche' il nuovo testo della L. Fall., articolo 146, come sostituito dal Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, articolo 130, prevede semplicemente che il curatore e' legittimato a esercitare "le azioni di responsabilita' contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori" della societa' fallita.

Sicche' deve concludersi che il curatore puo' esercitare qualsiasi azione di responsabilita' sia ammessa contro gli amministratori di qualsiasi societa' (Cass., sez. 1, 21 luglio 2010, n. 17121, m. 614347).

2.5- Venendo dunque alla questione prospettata dalla terza sezione civile, si rileva che in definitiva il disconoscimento della legittimazione attiva del curatore fallimentare da parte dei giudici del merito si fonda sull'assunto che il pagamento preferenziale possa arrecare un danno solo ai singoli creditori rimasti insoddisfatti, ma non alla societa', perche' si tratta di operazione neutra per il patrimonio sociale, che vede diminuire l'attivo in misura esattamente pari alla diminuzione del passivo conseguente all'estinzione del debito.

Si tratta tuttavia di assunto palesemente erroneo, perche' il pagamento preferenziale in una situazione di dissesto puo' comportare una riduzione del patrimonio sociale in misura anche di molto superiore a quella che si determinerebbe nel rispetto del principio del pari concorso dei creditori. Infatti la destinazione del patrimonio sociale alla garanzia dei creditori va considerata nella prospettiva della prevedibile procedura concorsuale, che espone i creditori alla falcidia fallimentare. Tanto che, secondo la giurisprudenza di questa corte, "in tema di revocatoria fallimentare, la legge in nessun caso richiede l'accertamento di un'effettiva incidenza dell'atto che ne e' oggetto sulla "par condicio creditorum", sicche' e' evidente che la funzione dell'azione revocatoria fallimentare e' esclusivamente quella di ricondurre al concorso chi se ne sia sottratto, e cio' esclude anche che un'effettiva lesione della "par condicio creditorum" possa assumere rilevanza sotto il profilo dell'interesse ad agire (articolo 100 c.p.c.), essendo evidente che l'interesse del curatore ad agire ha natura procedimentale, in quanto inteso ad attuare il pari concorso dei creditori, e va accertato con riferimento al momento della proposizione della domanda, perche' si fonda sul gia' dichiarato stato di insolvenza del debitore, non sui prevedibili esiti della procedura concorsuale, mentre potrebbe assumere rilevanza solo l'eventuale impossibilita' di qualificare come "bene" la cosa oggetto dell'azione" (Cass., sez. 1, l settembre 2004, n. 17524, m. 576574, Cass., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7028, m. 591009, Cass., sez. 1, 19 dicembre 2012, n. 23430, m. 624800).

Del resto, anche dal punto di vista strettamente contabile, il pagamento di un creditore in misura superiore a quella che otterrebbe in sede concorsuale comporta per la massa dei creditori una minore disponibilita' patrimoniale cagionata appunto dall'inosservanza degli obblighi di conservazione del patrimonio sociale in funzione di garanzia dei creditori.

Vero e' che, secondo la giurisprudenza penale, "nel caso in cui il fallito provveda al pagamento di crediti privilegiati, la configurabilita' del reato di bancarotta preferenziale presuppone il concorso di altri crediti con privilegio di grado prevalente o eguale rimasti insoddisfatti per effetto dei pagamenti "de quibus" e non gia' di qualsiasi altro credito" (Cass., sez. 5, 12 marzo 2014, Consol, m. 260221, Cass., sez. 5, 28 maggio 1991, Martelli, m. 187698). Ma ancora una volta la legittimazione del curatore a costituirsi parte civile va accertata "con riferimento al momento della proposizione della domanda", attenendo alla sua ammissibilita', non al suo fondamento. Come ha chiarito la giurisprudenza penale, infatti, "ai fini dell'ammissibilita' della costituzione di parte civile rileva esclusivamente la "legitimatio ad causam" e non anche la persistenza di un danno tuttora risarcibile, la cui valutazione attiene al merito dell'azione risarcitoria e non alla legittimazione a stare in giudizio" (Cass., sez. 4, 27 settembre 2007, Pasqualetti, m. 237888).

Si puo' dunque concludere con l'accoglimento del primo motivo del ricorso, enunciando il seguente principio di diritto:

"Il curatore fallimentare ha legittimazione attiva unitaria, in sede penale come in sede civile, all'esercizio di qualsiasi azione di responsabilita' sia ammessa contro gli amministratori di qualsiasi societa', anche per i fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti in violazione del pari concorso dei creditori".

3. Il secondo motivo del ricorso e' inammissibile, perche' propone censure attinenti al giudizio di fatto relativo alla liquidazione del danno da indebita protrazione dell'attivita' aziendale dopo la manifestazione dell'insolvenza.

Il ricorrente si duole che l'importo del danno liquidato sia stato decurtato dell'intero debito erariale risalente al 1996 e non vi sia stata computata la perdita dell'avviamento. Ma la motivazione esibita in proposito dai giudici del merito, integrandosi le sentenze di primo grado e d'appello (Cass., sez. L, 22 maggio 2012, n. 8053, m. 623010, Cass., sez. L, 11 febbraio 2011, n. 3367, m. 616039), risulta incensurabile, perche' appartiene appunto al giudizio di fatto l'individuazione dell'effettiva incidenza dell'indebito differimento della liquidazione della societa'.

4. Sono fondati il terzo e il quarto motivo del ricorso, con i quali il ricorrente censura il rigetto della domanda di risarcimento dei danni derivanti dagli investimenti effettuati in favore della (OMISSIS) s.r.l., amministrata dallo stesso (OMISSIS).

La corte d'appello ha riconosciuto che la richiesta di applicazione della pena a norma dell'articolo 444 c.p.p., implichi un'ammissione di responsabilita' (Cass., sez. L, 29 febbraio 2016, n. 3980, m. 638849), ma ha ritenuto nondimeno carente la prova, incombente al curatore fallimentare, di un effettivo depauperamento del patrimonio sociale.

Tuttavia, come risulta dall'imputazione riportata nel ricorso, l'addebito mosso a (OMISSIS) e (OMISSIS) con riferimento agli investimenti nella (OMISSIS) s.r.l. era riferito all'effettiva capacita' della (OMISSIS) s.r.l. di sostenerli e al conseguente aggravamento del dissesto. Sicche', essendo evidentemente il depauperamento del patrimonio sociale conseguenza necessaria del riconosciuto aggravamento del dissesto, la sentenza d'appello e' palesemente contraddittoria. Infatti l'aggravamento del dissesto, per cui i (OMISSIS) hanno ammesso la propria responsabilita', non puo' esservi senza il depauperamento del patrimonio sociale, di cui la corte d'appello assume carente la prova.

5. Sono infondati il quinto e il sesto motivo del ricorso.

Benche' il ricorrente si dolga di omessa o immotivata pronuncia, i due motivi pongono in realta' la questione della tardivita' dell'eccezione di prescrizione proposta dalla (OMISSIS) s.r.l., perche', essendo dedotta una decadenza, spetta a questa corte accertare direttamente l'inammissibilita' dell'eccezione, quale error in procedendo, indipendentemente dalla pronuncia e dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass., sez. 1, 30 luglio 2015, n. 16164, m. 636503, Cass., sez. L, 21 aprile 2016, n. 8069, m. 639483). Infatti "l'inammissibilita' e' una invalidita' specifica delle domande e delle eccezioni delle parti ed e' pronunciata nel caso in cui manchino dei requisiti necessari a renderle ritualmente acquisite al tema del dibattito processuale; pertanto, se il giudice di merito omette di pronunciarsi su un'eccezione di inammissibilita', la sentenza di merito non e' impugnabile per l'omessa pronuncia o per la carenza di motivazione, ma unicamente per l'invalidita' gia' vanamente eccepita, in quanto cio' che rileva non e' il tenore della pronuncia impugnata, bensi' l'eventuale esistenza appunto di tale invalidita'" (Cass., sez. 1, 28 luglio 2015, n. 15843, m. 636550).

Cio' posto, deve rilevarsi che, come ben argomentato dal tribunale gia' in primo grado, non sussiste la dedotta decadenza dall'eccezione di prescrizione formulata dalla (OMISSIS) s.r.l. con la memoria Decreto Legislativo n. 5 del 2003, ex articolo 7, applicabile ratione temporis.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, nel rito societario, le eccezioni sono proponibili sino alla seconda memoria difensiva depositata Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, ex articolo 7, comma 1, "in quanto, ai sensi dell'articolo 4 del menzionato decreto, le eccezioni non rilevabili d'ufficio non rientrano tra le attivita' che la parte deve compiere tassativamente con la comparsa di risposta" (Cass., sez. 6, 18 aprile 2014, n. 9028, m. 631158), come si desume anche dal Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 10, comma 2, che prevede quale effetto solo dell'avvenuta notificazione dell'istanza di fissazione dell'udienza la decadenza dalle iniziative relative alla definizione del "thema decidendum" e del "thema probandum" (Cass., sez. 1, 6 maggio 2016, n. 9135, m. 639598).

6. Con il settimo motivo il ricorrente deduce che comunque l'eccezione di prescrizione proposta dalla (OMISSIS) s.r.l. e' infondata, perche' vi si applica il termine lungo previsto dall'articolo 2947 c.c., comma 3, per la responsabilita' da reato, in quanto (OMISSIS) era amministratore anche della (OMISSIS) s.r.l..

Il motivo e' fondato.

Vero e' che, secondo la giurisprudenza citata dallo stesso ricorrente, "in tema di obbligazioni solidali derivanti da atti illeciti, qualora solo il fatto di uno dei coobbligati costituisca anche reato, mentre quelli degli altri costituiscono unicamente illecito civile, la possibilita' di invocare utilmente il piu' lungo termine di prescrizione stabilito dall'articolo 2947 c.c., u.c., per le azioni di risarcimento del danno se il fatto e' previsto dalla legge come reato, e' limitata alla sola obbligazione del primo dei predetti debitori (quella collegata ad un reato)" (Cass., sez. 3, 16 dicembre 2005, n. 27713, m. 587381). Sicche' e' necessario che vi sia una responsabilita' almeno indiretta per il fatto costituente reato, perche' possa applicarsi l'articolo 2947 c.c., comma 3 (Cass., sez. 3, 6 febbraio 1989, n. 729, m. 461769, Cass., sez. 6, 14 novembre 2014, n. 24347, m. 633307, con esplicito riferimento all'articolo 2049 c.c.; sez. 3, 25 luglio 2008, n. 20437, m. 604274, con generico riferimento alla responsabilita' indiretta); non e' sufficiente che si risponda solidalmente per l'obbligazione risarcitoria conseguente a un fatto cui il coobbligato e' estraneo (Cass., sez. 1, 7 novembre 2014, n. 23872, m. 633174).

Tuttavia nel caso in esame e' indiscusso che (OMISSIS) opero' come amministratore non solo della societa' fallita ma anche della (OMISSIS) s.r.l.. Sicche' la (OMISSIS) s.r.l. risponde civilmente per l'illecito penale commesso dal suo amministratore, appunto a norma dell'articolo 2049 c.c. (Cass., sez. 1, 5 dicembre 1992, n. 12951, m. 479917, Cass., sez. 3, 10 febbraio 1999, n. 1135, m. 523112, Cass., sez. 6, 28 dicembre 2011, n. 29260, m. 620731). E a tale obbligazione si applica il termine di prescrizione previsto dall'articolo 2947 c.c., comma 3, trattandosi di responsabilita' indiretta per il medesimo fatto (Cass., sez. 3, 19 dicembre 2013, n. 28464, m. 629131).

7. In conclusione, dunque, sono accolti il primo, il terzo, il quarto e il settimo motivo del ricorso, inammissibile il secondo, infondati il quinto e il sesto motivo. La sentenza impugnata e' cassata in relazione ai motivi accolti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il terzo, il quarto e il settimo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il secondo motivo, rigetta il quinto e il sesto motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione.

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