Nel giudizio sul rendiconto fallimentare passivamente legittimato resta sempre il curatore in proprio

Nel giudizio L.F., ex articolo 116, comma 4, passivamente legittimato, anche in sede di ricorso per cassazione, resta pur sempre il curatore in proprio, tenuto conto che l'oggetto del giudizio, al di la' della sua strutturazione formale e della fase in cui si trova, attiene comunque al controllo - da parte del giudice delegato, dei creditori ammessi al passivo e del fallito - della gestione, fonte di eventuale responsabilita' personale (cfr. L. Fall., articolo 38), del patrimonio di quest'ultimo effettuata dal curatore (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 3696 del 2000; Cass. sentt. nn. 1132 del 1968, 289 del 1970, 1339 del 1974, 277 del 1985, 10028 del 1997). E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, con la sentenza 9 maggio 2014, n. 10111.

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 9 maggio 2014, n. 10111



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME' Giuseppe - Presidente

Dott. BERNABAI Renato - Consigliere

Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere

Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere

Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6695/2011 proposto da:

(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

FALLIMENTO DI (OMISSIS) E (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), in persona del Curatore dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2087/2010 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 25/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/02/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per il controricorrente, l'Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- Con sentenza del 20.11.2006 il Tribunale di Venezia, provvedendo sulla contestazione del rendiconto L.F., ex articolo 116, sollevata da (OMISSIS) in seno alla procedura fallimentare aperta nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), ha accertato che "il dato inserito dal curatore al punto f) del rendiconto depositato in data 6.4.2005 non e' attualmente corretto", non ha approvato il conto; ha rigettato le altre domande formulate dall'attore; ha disposto la cancellazione di frasi ex articolo 89 c.p.c., e ha condannato (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali in favore della "resistente" curatela fallimentare. Nel corso del giudizio era stata disattesa la richiesta del (OMISSIS) di estendere la domanda nei confronti del curatore in proprio.

Con sentenza del 25.10.2010 la Corte di appello di Venezia ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da (OMISSIS) "perche' diretto nei confronti del Fallimento (OMISSIS) e (OMISSIS)", mentre la curatela era estranea al giudizio di rendiconto, riguardante il curatore in proprio.

Contro la sentenza di appello (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Ha resistito con controricorso la curatela fallimentare intimata.

Con ordinanza del 13 dicembre 2012 la Sesta Sezione ha disposto l'acquisizione dei fascicoli d'ufficio dei gradi di merito (essendo l'accesso agli atti consentito dal vizio processuale denunciato), stante il contrasto sulla individuazione della parte costituitasi in primo grado, rimettendo la causa alla pubblica udienza.

Acquisito il fascicolo e fissata la pubblica udienza, nel termine di cui all'articolo 378 c.p.c., le parti hanno depositato memoria.

2.- Con i motivi di ricorso parte ricorrente denuncia l'omessa pronuncia e la violazione ex articolo 112 c.p.c., in relazione al motivo di appello con il quale aveva lamentato la condanna alle spese e al motivo con il quale aveva censurato la cancellazione delle frasi ex articolo 89 c.p.c..

3.- Il ricorso e' fondato.

E' vero, infatti, che nel giudizio L.F., ex articolo 116, comma 4, passivamente legittimato, anche in sede di ricorso per cassazione, resta pur sempre il curatore in proprio, tenuto conto che l'oggetto del giudizio, al di la' della sua strutturazione formale e della fase in cui si trova, attiene comunque al controllo - da parte del giudice delegato, dei creditori ammessi al passivo e del fallito - della gestione, fonte di eventuale responsabilita' personale (cfr. L. Fall., articolo 38), del patrimonio di quest'ultimo effettuata dal curatore (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 3696 del 2000; Cass. sentt. nn. 1132 del 1968, 289 del 1970, 1339 del 1974, 277 del 1985, 10028 del 1997).

Nondimeno, nella concreta fattispecie il ricorrente era stato condannato dal tribunale al pagamento delle spese processuali in favore della curatela fallimentare e l'appello non poteva che essere notificato alla parte vittoriosa sulle spese, nonostante la mancata approvazione del rendiconto.

Cio' che rileva e' che la curatela fallimentare aveva rivestito la qualita' di parte in primo grado e in tale qualita' era stata vittoriosa in punto spese processuali e in ordine alla richiesta di cancellazione di frasi offensive.

Tanto legittimava la curatela stessa nel giudizio di appello, quanto meno in relazione al capo relativo alle spese di primo grado e alla pronuncia ex articolo 89 c.p.c.. Talche' la Corte di appello non poteva dichiarare inammissibile l'appello e la relativa pronuncia - in accoglimento del ricorso - deve essere cassata. Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte puo' decidere la causa nel merito ai sensi dell'articolo 384 c.p.c..

La frase (contenuta nella comparsa conclusionale del 14.7.2006, pag. 10) di cui e' stata ordinata la cancellazione e' del seguente tenore: "sotto tale profilo, poi, il rendiconto ed i successivi atti integrativi non consentono di escludere che il curatore abbia omesso di riferire della causa pendente per ottenere l'approvazione del rendiconto, la liquidazione del proprio compenso e per procedere alla liquidazione del residuo attivo fallimentare prima della pubblicazione della sentenza n. 540/2006 e, quindi, in violazione del fondamentale dovere di correttezza e buona fede in senso oggettivo in danno, quanto meno, di (OMISSIS)". Tale frase, alla luce della giurisprudenza di legittimita', non integra le condizioni per l'applicazione dell'articolo 89 c.p.c..

Invero, si e' ritenuto che non puo' essere disposta, ai sensi dell'articolo 89 c.p.c., la cancellazione delle parole che non risultino dettate da un passionale e incomposto intento dispregiativo, essendo ben possibile che nell'esercizio del diritto di difesa il giudizio sulla reciproca condotta possa investire anche il profilo della moralita', senza tuttavia eccedere le esigenze difensive o colpire la scarsa attendibilita' delle affermazioni della controparte. Da tale principio e' stata tratta la conseguenza che non possono essere qualificate offensive dell'altrui reputazione le parole (come l'avverbio "subdolamente"), che, rientrando seppure in modo piuttosto graffiante nell'esercizio del diritto di difesa, non si rivelino comunque lesive della dignita' umana e professionale dell'avversario (Sez. 3, Sentenza n. 26195 del 06/12/2011).

Per converso, nella frase di cui e' stata disposta la cancellazione non sono contenute espressioni eccedenti le necessita' difensive del ricorrente, considerato anche l'oggetto della lite (contestazione sull'approvazione di rendiconto, nella concreta fattispecie non approvato). Stante l'esito complessivo della lite, le spese processuali possono essere dichiarate integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex articolo 384 c.p.c., elimina l'ordine di cancellazione di frasi ex articolo 89 c.p.c..

Compensa integralmente fra le parti le spese processuali.
 

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