Ammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso il decreto di rigetto all’autorizzazione a coniugi stranieri a rimanere in Italia per tutelare i figli minorenni.

(Cass. Civ., sez. I, sent. n. 396 dell’11/01/06)

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata, con sent. n. 396 dell’11/01/06, sul tema dell’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione contro il decreto, pronunciato in camera di consiglio, con cui la Corte d’appello decide, ex artt. 739-742 bis cpc, in punto di doman-da di autorizzazione ad entrare o a permanere temporaneamente sul territorio nazionale, proposta, nel caso di specie, da due coniugi di nazionalità albanese, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico dei figli minorenni, nati e vissuti in Italia, secondo quanto dispone l’art. 31 comma 3, d.lgs. 286/98, in materia di immigrazione.

I due coniugi, presentata l’istanza davanti al tribunale per i minorenni di Perugia, proponevano re-clamo avverso il decreto sfavorevole, ottenendo però una nuova pronuncia di rigetto dalla Corte d’appello.

Pertanto, hanno proposto ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., ricevendo conforto sulla proponibilità di tale ricorso dalla S.C., che nell’occasione si è discostata dall’orientamento manifestato in precedenza.

La pronuncia è importante perché offre un nuovo strumento ai genitori di bambini stranieri nati e cresciuti in Italia, ma privi del permesso di soggiorno, per opporsi al rifiuto di restare temporanea-mente sul territorio nazionale per garantire gli interessi dei minori.

Con motivazione articolata e puntuale, il Collegio evidenzia come, nel caso considerato dall’art. 31, comma 3 del Testo Unico ricorrano entrambi i requisiti legittimanti il ricorso straordinario, ossia la decisorietà e la definitività del provvedimento avversato: quanto al primo requisito, si è osservato che il decreto di rigetto della corte d’appello non riguarda esclusivamente l’interesse del minore, e quindi non ha un carattere spiccatamente unilaterale, ma è finalizzato a comporre una controversia fra diverse parti, in vista dell’attribuzione di un bene della vita, che in specie è dato dal diritto dei genitori dei due minorenni ad assistere questi ultimi in Italia, anche se privi del permesso di sog-giorno, ove ricorra quella particolare condizione di rischio contemplata dall’articolo in esame; dirit-to che si può sintetizzare nella legittima aspirazione a realizzare l’unità familiare e la reciproca assi-stenza fra i membri della famiglia. Quanto alla “definitività” del provvedimento, è pur vero che detto carattere non sussiste allorché la revoca o la modifica del decreto possa esser fatta dipendere anche da circostanze preesistenti alla sua emanazione, ignorate dal decidente (Cass.civ. 15018/01, 4706/01), non certo quando la revoca dipenda da circostanze verificatesi in corso di esecuzione della decisione, e cioè in epoca successiva ad essa. Insomma, il decreto in esame è suscettibile di passare in giudicato rebus sic stantibus, non diversa-mente dai provvedimenti sull’affidamento ed il mantenimento della prole di genitori divorziati (Cass.civ. 6621/91), modificabili solo “qualora sopravvengano giustificati motivi” (art. 9, L. 898/70) o dai provvedimenti di convalida dell’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, relativa-mente ai quali l’interessato non ha la facoltà – che sarebbe speculare alla mancanza di decisorietà del provvedimento di instare in qualsiasi momento per la modifica o la revoca (Cass.civ. 5462/02). Inoltre, le conseguenze dipendenti dal rigetto dell’istanza sono irreversibili, poiché il provvedimen-to determina, in sè, il divieto d’ingresso o l’immediata espulsione del familiare, in ipotesi sprovvisto del permesso di soggiorno, dal territorio nazionale.
Cassazione – Sezione prima civile – sentenza 13 dicembre 2005-11 gennaio 2006, n. 396
Presidente Luccioli – Relatore Magno Pm Ciccolo – conforme – Ricorrente X.
Svolgimento del processo
1. Con decreto depositato il 30 settembre 2004, il tribunale per i minorenni di Perugia respinse il ricorso, presentato ai sensi dell’articolo 31, comma 3, D.Lgs 286/98, con cui i coniugi S. e F. X. , di nazionalità albanese, dimoranti in Italia senza permesso di soggiorno, avevano chiesto di poter rimanere a tempo determinato nel territorio nazionale, onde evitare che lo sviluppo psico-fisico dei loro figli R., nato il 13 aprile 1995, e L., nato a Castiglion del Lago il 17 giugno 2000, subisse grave nocumento per effetto del traumatico distacco dal paese e dall’ambiente in cui si erano formate le loro abitudini ed erano ormai radicati i loro interessi sociali, scolastici, religiosi e culturali.
2. Il reclamo proposto dai coniugi X. avverso tale decreto fu poi rigettato, su difformi conclusioni del pubblico ministero, dalla corte d’appello di Perugia, sezione minorenni, in base al rilievo che l’unica interpretazione possibile del citato articolo 31, comma 3, sarebbe nel senso che i familiari del minore possono ottenere un permesso d’ingresso o di soggiorno nel territorio nazionale, a tempo determinato, solo se questi abbia “esigenze terapeutiche da soddisfare in Italia” e se, per la tenera età o per altre ragioni di ordine psico-fisico, necessiti inderogabilmente della presenza e dell’assistenza di una persona cara. La Corte d’appello concluse quindi per il rigetto della domanda, poiché essa non corrispondeva ad alcun diritto soggettivo, ma esprimeva soltanto il desiderio, non contemplato dalla legislazione in vigore, di far crescere i figli in un paese dotato di maggiori opportunità rispetto a quello d’origine.
3. Avverso tale decreto, i coniugi X. F. e S. , nella qualità indicata in epigrafe. Propongono ricorso per cassazione, articolato in due motivi, cui non resiste l’intimato procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Perugia.
Motivi della decisione
4. Occorre pregiudizialmente delibare, d’ufficio, la questione relativa all’ammissibilità del ricorso per cassazione avverso il decreto, pronunziato in camera di consiglio ai sensi degli articoli 739-742 bis Cpc., con cui la corte d’appello decide in ordine alla domanda di autorizzazione ad entrare ovvero a permanere temporaneamente sul territorio nazionale, proposta, in deroga alle disposizioni generali sull’immigrazione, dal cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione Europea, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico di un familiare minorenne (articolo 31, comma 3, D.Lgs 286/98, sulla disciplina dell’immigrazione, di seguito indicato come “Tu 1998”, con annotazione eventuale delle successive modifiche legislative).
4.1. Il collegio, infatti, non ignora che, con sentenza 4798/05, di questa suprema corte, è stato deciso in senso contrario all’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione contro il suddetto decreto, sul presupposto che difetterebbe in esso sia il requisito della decisorietà - per impossibilità d’identificare il soggetto portatore di un diritto o di un interesse contrapposti a quelli del minore, e per conseguente inidoneità del provvedimento, emesso in esito ad una procedura non contenziosa, a decidere in ordine all’attribuzione di un “bene della vita” ad uno dei litiganti - sia quello della definitività, essendo tale decreto revocabile e l’istanza riproponibile, in caso di sopravvenienza dei gravi motivi prima ritenuti insussistenti, cosi da non creare alcuna situazione irreparabile. Ritiene, tuttavia, di dovere aderire motivatamente, per le ragioni di seguito esposte, all’orientamento contrario, esplicitamente tracciato in motivazione da Cassazione 11951/03 e 8510 e 8511/02, ma implicitamente suffragato anche da Cassazione 17194/03, 9088/02, 3991/02, 11624/01 (queste ultime citate da Cassazione 4798/05) che, pur non avendo affrontato espressamente la questione, avevano scrutinato la causa nel merito.
4.2. Si osserva, in primo luogo, che l’autorizzazione prevista dall’articolo 29, comma 3, legge 40/1998 (Disciplina dell’ immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), trasfuso poi nell’articolo 31 del Tu 1998 (rimasto inalterato anche dopo l’entrata in vigore della legge 189/02, di modifica della precedente normativa in materia), è concessa dal tribunale per i minorenni con la procedura stabilita dagli articoli 737 e ss., Cpc., applicabile ai sensi del successivo articolo 742bis. Il provvedimento è quindi reclamabile con ricorso alla corte d’appello (articolo 739 Cpc.), non essendo previsto nel Tu 1998 un diverso regime d’impugnazione, a differenza di quanto dispone l’articolo 14, comma 6, stesso Tu, per il provvedimento di convalida o di proroga delle disposizioni del questore - emesso dal tribunale in composizione monocratica (articolo 28, comma 1, legge 189/02) pure con rito camerale (“nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del Cpc”: articolo cit., comma 4) -, contro il quale è esperibile direttamente il ricorso per cassazione. Il suddetto provvedimento della corte d’appello, pronunziato in materia minorile, non è pertanto impugnabile con ricorso ordinario per cassazione, ostandovi la disposizione contenuta nel terzo comma del citato articolo 739 (Cassazione 18514/03, 11/2000).
4.3. Circa l’esperibilità, in generale, del ricorso “straordinario” per cassazione, ex articolo 111 Costituzione, la giurisprudenza di questa suprema corte l’ha esclusa, pur con qualche distinzione (Cassazione 1278/97 e Su 1/2001), nei confronti dei provvedimenti camerali pronunziati dalla corte d’appello su reclamo contro decreti del tribunale per i minorenni, (cfr. Su 911/02, Cassazione 3765/01, 8633/99, 2934/98, 4222/96, 4354 e 4644/93, in tema di esercizio della potestà dei genitori e di affidamento della prole; Cassazione 9657/94, 8455/93, sul diritto di visita; Cassazione 5567/96, 13157/95, 7662/90, sull’idoneità all’adozione internazionale; Cassazione 6147/94, in materia di somministrazione di vaccini; Cassazione 11947/98 - ma, contra, 4035/95 - per la nomina o revoca di curatore speciale). Le ragioni essenziali di tale esclusione contemplano la natura non contenziosa di detti provvedimenti (considerati “unilaterali”, perché fondati sulla valutazione e miranti alla tutela del solo interesse del minore); l’inidoneità ad acquisire efficacia di giudicato (neppure rebus sic stantibus: Su 3387/98; Cassazione 11582/02, 8633/99, 6421/98, 8619/97 ed altre) ed a produrre, sul piano pratico, effetti irreparabili, perché revocabili e modificabili, ai sensi dell’articolo 742 Cpc., per motivi sia sopravvenuti sia preesistenti alla decisione; quindi, per la carenza di decisorietà e definitività che generalmente li distingue.
4.4. La ricorribilità ex articolo 111 Costituzione è stata però generalmente ritenuta in altri casi, pure attinenti alla materia familiare - come ad es. in tema di revisione dell’assegno di divorzio (fra le molte, Cassazione 17895/04, 13860/02, 412/00, 4623/99, 6567/97, 10852/94, 9483/93) o di mantenimento del coniuge separato (Cassazione 9484/02, 11/2000) od anche di affidamento e mantenimento della prole (Cassazione 11042/91, 6621/91, 2050/88, ma, contra, 4988/99, 8046/98, 8495/97) e di adozione (Cassazione 5417/00, 4258/95, 1133/88) -, sul presupposto che il decreto della corte d’appello ha, in questi casi, natura decisoria perché suscettibile di giudicato rebus sic stantibus (Cassazione 21049/04).
4.5. Orbene, nel caso considerato dall’articolo 31, comma 3, Tu 1998, devesi innanzitutto precisare, quanto al requisito di decisorietà, che il provvedimento della corte d’appello non concerne esclusivamente l’interesse del minore, e quindi non ha un carattere spiccatamente unilaterale, ma è finalizzato a comporre una controversia fra diverse parti, in vista dell’attribuzione di un bene della vita.
4.5.1. In tale specifico caso, infatti, la domanda d’ingresso o di permanenza nel territorio nazionale, per assistere il familiare minorenne in grave situazione di rischio psico-fisico, esige un giudizio non limitato alla valutazione dell’interesse del minorenne, dovendo il giudice tenere giusto conto di un delicato e complesso equilibrio di posizioni giuridiche diverse facenti capo bensì, da una parte, al minorenne - titolare del duplice diritto di restare in Italia, non essendone prevista l’espulsione (salvo uno specifico caso, contemplato dall’articolo 19, comma 2, lett. a), Tu cit.), e di essere quivi assistito dal familiare, se sussistono i presupposti dell’ ipotesi normativa in esame - e, dall’ altra, a diritto dei componenti il nucleo di assistere in Italia, anche se privi del permesso di soggiorno, il familiare minorenne, se questo viene qui a trovarsi nella particolare condizione di rischio, rilevante ai sensi della norma in esame. Diritti tutti riconducibili, anche nella particolare ipotesi, allo schema più generale del rispetto, nei limiti di legge, dell’unità familiare e della reciproca assistenza fra i membri, fondativo di legittime pretese in capo ad una molteplicità di titolari, secondo il tipico concetto di diritto “a titolarità multipla”.
4.5.2.- Questo diritto all’unità familiare è ben presente, peraltro, nella vigente disciplina dell’immigrazione (come ampiamente illustrato nella motivazione di Cassazione 9088/02, cit.), manifestandosi principalmente nelle disposizioni sul ricongiungimento, contenute nel Tit. IV del Tu 1998 (non sostanzialmente modificato, in materia, dagli articoli 23, 24 e 25 della legge 189/02); ma si rivela particolarmente significativo, fino ad originare eccezioni a regole di carattere più generale - fra cui, emblematicamente, quella dell’articolo 31, comma 3, stesso Tu ora in esame -, allorché del nucleo familiare facciano parte dei minorenni.
4.5.3. Ciò perché il legislatore, pur riconoscendo la titolarità generica del diritto al ricongiungimento familiare “agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno” (articolo 28, comma 1, Tu 1998), mostra di voler salvaguardare, anche oltre tale limite, lo stretto rapporto esistente fra «unità familiare e tutela dei minori- endiadi che compare nell’ intestazione del Tit. IV fino a disporre che i procedimenti giurisdizionali (oltre che amministrativi) finalizzati ad attuare tale diritto debbono considerare “con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo” (articolo 28 cit., comma 3), in conformità a quanto dispone l’articolo 3, comma 1, della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo» (New York, 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 176/91).
4.5.4. Priorità dell’interesse minorile non significa, tuttavia, esclusività: non potendo compiutamente realizzarsi il diritto del minore, se non concedendo - in determinati, specifici e sia pure eccezionali casi, come quello contemplato dall’articolo 31, comma 3, in esame - anche ad altri soggetti, facenti parte del nucleo, corrispondenti diritti - in ipotesi, quello di entrare o restare nel territorio nazionale anche senza permesso di soggiorno - funzionali alla soddisfazione dell’interesse del minore.
4.5.5. La circostanza che, in un certo numero di casi (sempre accertabili dal giudice di merito), i componenti del nucleo siano animati dalla comune intenzione di entrare o rimanere in Italia in frode alle leggi sull’immigrazione, strumentalizzando o esagerando la situazione di bisogno del minore pur di ottenere tale scopo, denota l’esistenza di una fenomenologia patologica nella prassi applicativa della norma in esame; ma non inficia, sul piano logico-giuridico, l’interpretazione di essa, coinvolgente la posizione giuridica di una pluralità di titolari di diritti, fra i quali è teoricamente possibile anche il conflitto. Fermo restando che controparte processuale è il pubblico ministero, come, d’altronde, è pacificamente ammesso in materia di adozione.
4.5.6. Le argomentazioni fin qui esposte portano ad escludere il carattere unilaterale del provvedimento giudiziale impugnato, e quindi ne legittimano, sotto questo profilo, l’aspetto di decisorietà. Deve essere disattesa, per inciso, anche la validità dell’argomento, per cui il diritto all’unità familiare non sarebbe mai leso dalla decisione di rigetto dell’istanza, potendo il minore seguire all’estero il genitore espulso, secondo la previsione dell’ articolo 19, comma 2, lett. a), Tu 1998. Quest’ultima soluzione, infatti, è soltanto una fra quelle astrattamente possibili e dipende dall’esito dell’operazione di bilanciamento, riservata al giudizio di merito, fra rispetto della regola generale sull’ingresso e soggiorno di stranieri nel territorio nazionale, diritti del minore (prevalenti sugli altri, se conformi al suo interesse) di non essere espulso e di essere assistito in Italia dal familiare (nell’ipotesi prevista dall’articolo 31, comma 3, Tu 1998), e diritto all’unità familiare.
4.5.7. Il provvedimento in esame riveste, inoltre, il carattere di decisorietà anche sotto il connesso profilo della composizione di una controversia per l’attribuzione di un bene della vita, qui rappresentato dalla eccezionale concessione - tutt’altro che trascurabile per gli interessati - di essere assistito dal familiare senza uscire dall’Italia, da una parte, e, dall’altra, di potervi entrare o rimanere senza permesso di soggiorno, sia pure a tempo determinato e sotto precise condizioni. Anche in questo caso, il fatto che la “controversia” non sia normalmente leggibile in termini di contrasto fra le diverse parti interessate (minore ed altri componenti del nucleo) non significa che il termine non conservi alcuna dignità sul piano processual-civilistico, al fine di riconoscere il carattere di decisorietà al provvedimento che la conclude, né che, in astratta ipotesi, non possa talora assumere anche la valenza di vero e proprio conflitto d’interessi.
4.6. Il provvedimento in questione possiede anche il carattere di definitività, perché non è revocabile per qualsiasi motivo (anche precedente alla decisione), secondo la generica disposizione dell’articolo 742 Cpc, ma soltanto in presenza delle specifiche ipotesi, tutte successive ad esso, previste dal citato articolo 31, terzo comma, ossia «quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia».
4.6.1. Occorre precisare, a questo proposito, che il carattere di decisorietà del provvedimento non può essere escluso per il fatto che, nel corso della sua esecuzione, e cioè durante il termine concesso per la permanenza eccezionale del familiare in Italia, potrebbero verificarsi le suddette condizioni ostative, tali da giustificarne la revoca. Invero, la decisorietà è stata costantemente esclusa allorché la revoca o la modifica del provvedimento può esser fatta dipendere anche da circostanze preesistenti alla sua emanazione, ignorate dal decidente (Cassazione 15018/01, 4706/01): ipotesi certamente diversa dal caso in cui la revoca dipenda da circostanze verificatesi in corso di esecuzione della decisione, e cioè in epoca successiva ad essa.
4.6.2. Il decreto è quindi suscettibile di passare in giudicato rebus sic stantibus, non diversamente dal provvedimenti sull’affidamento ed il mantenimento della prole di genitori divorziati (Cassazione 6621/91, già cit.), modificabili solo “qualora sopravvengano giustificati motivi” (articolo 9, legge 898/70, modificato dall’articolo 74/1987) o dai provvedimenti di convalida dell’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, relativamente ai quali non si ritiene che l’interessato abbia la facoltà - speculare alla mancanza di decisorietà del provvedimento - di instare in qualsiasi momento per la modifica o la revoca (Cassazione 5462/02).
4.6.3. Le conseguenze dipendenti dal rigetto dell’istanza sono peraltro irreversibili, poiché il provvedimento determina, ex se, il divieto d’ingresso o l’immediata espulsione del familiare, in ipotesi sprovvisto del permesso di soggiorno, dal territorio nazionale; anche quando, secondo il ricorrente, sussistano i “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico” del minore, in vista dei quali la legge autorizza la deroga alle regole generali sull’immigrazione.
4.7. Infine, non si potrebbe validamente sostenere che il provvedimento di cui si tratta sia insuscettibile di ricorso straordinario per cassazione, perché emesso al termine di una procedura non avente i crismi della giurisdizione, arguendo il carattere discrezionale della concessione del beneficio dal fatto che, secondo l’espressione letterale dell’articolo 31, comma 3, cit., il tribunale per i minorenni “può” (non “deve”) concederlo; e quindi potrebbe anche negarlo, nonostante la concorrenza di gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico del soggetto, tenuto conto dell’età e delle sue condizioni di salute. Ostano, infatti, a tale conclusione - a parte l’osservazione che l’uso del verbo servile, sconsigliato dalla buona tecnica legislativa, non ha valore decisio per l’interprete - sia le ragioni atte a dimostrare il contenuto decisorio del provvedimento, siccome relativo ad una controversia avente ad oggetto la sussistenza di diritti personali facenti capo a diverse persone (par. 4.5.2, 4.5.3), sia la considerazione che, nel particolare contesto normativo, caratterizzato dalle preclusioni dipendenti dalla mancanza del permesso di soggiorno, l’attribuzione al tribunale per i minorenni del “potere” di decidere eccezionalmente in senso contrario, previa verifica delle condizioni di legge, non significa l’intenzione del legislatore di trasformare l’attività di questo organo, da giurisdizionale ad amministrativa, ma piuttosto quella di non lasciare priva delle garanzie della giurisdizione una materia tanto sensibile e delicata.
4.8. Per le ragioni esposte, il presente ricorso deve ritenersi ammissibile, ai sensi dell’articolo 111 Costituzione, nei limiti del controllo formale di legalità del provvedimento impugnato, comprensivo del vizio assoluto di motivazione, che si configura se essa è del tutto omessa ovvero è solo apparente o perplessa (Cassazione 17895/04, 7764/04, 13657/03, 7342/01 e molte altre).
 
5. Il presente ricorso, però, deve essere rigettato, per le ragioni di seguito espresse.
5.1. Col primo motivo i ricorrenti censurano il decreto impugnato per violazione e falsa applicazione dell’articolo 31, comma 3, Tu 1998, per avere “ridotto la portata” dell’ipotesi normativa al solo caso della malattia fisica in atto, escludendo dal novero dei gravi motivi, cui la legge subordina l’autorizzazione all’ingresso od alla permanenza del familiare nel territorio nazionale, il trauma psicologico, certamente verificabile in futuro e dipendente dal repentino cambiamento dell’ambiente di vita, riconosciuto dal minorenne come proprio.
5.2. Col secondo motivo, è denunziata violazione ed omessa applicazione dell’articolo 61 Cpc., non avendo la corte di merito dato adito, senza alcuna motivazione, alla richiesta di nomina di un consulente tecnico d’ufficio, incaricato di accertare e di valutare l’incidenza negativa del provvedimento di espulsione sulla psicologia dei minorenni interessati.
5.3. Il primo motivo di censura è infondato.
5.3.1. Invero, la necessità di un’ interpretazione rigorosa di questa norma eccezionale ne esclude l’applicabilità a situazioni aventi carattere di normalità e stabilità (Cassazione 17194/03, 9088/02, 3991/02, 11624/01), dovendo le esigenze di tutela del minore, in vista delle quali il beneficio è concesso, essere correlate alla sussistenza di circostanze contingenti ed eccezionali, ravvisabili nei gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico, tenuto conto della sua età e delle sue condizioni di salute. Pertanto, pur ammettendo che i “gravi motivi” possano consistere anche in evenienze diverse da quelle “terapeutiche” - sia di ordine fisico sia di ordine psichico, alle quali tutte si riferisce, nel caso concreto, il decreto impugnato -, esse debbono presentare pur sempre un carattere di obbiettiva gravità ed eccezionalità, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito, in connessione con l’esigenza di non disturbare, per quanto possibile, il corretto sviluppo psico-fisico del minore. È dunque condivisibile l’assunto del giudice a quo, per cui l’autorizzazione non può essere concessa in relazione ad una situazione - come quella accampata dagli istanti, riferentesi al compimento del ciclo scolastico o dell’intero processo educativo-formativo dei minori - di indeterminabile o lunghissima durata: situazione esorbitante dalla littera a) e dalla ratio legis, ed elusiva della disciplina dell’immigrazione.
5.3.2. La corte territoriale ha in realtà motivato il rigetto della domanda a seguito di un giudizio incensurabile nei limiti del ricorso straordinario valutativo dell’ insussistenza di gravi motivi, avendo ritenuto che quelli prospettati dalle parti sono riferibili non ad una temporanea ed eccezionale contingenza negativa, bensì ad una situazione durevole, evocata dalla l’speranza di crescita dei bambini in un paese più prospero e pacifico di quello d’origine. In questi termini, la decisione è conforme a legge e pertanto la censura è infondata.
5.4. Il secondo motivo (par. 5.2) è inammissibile.
5.4.1. Invero, sotto il pretesto della violazione dell’articolo 61 Cpc., è realmente censurata l’immotivata omissione di consulenza tecnica d’ufficio per la determinazione del danno psicologico che i minori presumibilmente subirebbero a causa del distacco forzoso dal loro ambiente di vita, in Italia.
5.4.2. Non è tuttavia dimostrato - ed è anzi vero il contrario - che l’espletamento del suddetto mezzo avrebbe potuto influire causalmente sulla pronunzia impugnata (Cassazione 9060/03, 7635/03, 11359/02 ed altre), posto che la decisione di rigetto della domanda non è fatta dipendere dalla mancata prova del trauma da distacco ambientale (che potrebbe ritenersi anche scontato), bensì dal difetto di “gravità” di questo motivo, sotto il profilo legale dell’ eccezionalità e della contingenza temporanea (par. 5.3.1).
Discende da ciò il giudizio d’inammissibilità della censura.
6. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso, come premesso, deve essere rigettato.
Nulla devesi disporre in ordine alle spese di questo giudizio di cassazione, essendo intimato il Pm.
PQM
La Corte di cassazione rigetta il ricorso.

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