Chi interviene volontariamente in un processo già pendente ha sempre la facoltà di formulare domande nei confronti delle altre parti, quand'anche sia ormai spirato il termine di cui all'articolo 183 del Cpc per la fissazione del thema decidendum

Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 11 luglio 2011, n. 15208

Chi interviene volontariamente in un processo già pendente ha sempre la facoltà di formulare domande nei confronti delle altre parti, quand'anche sia ormai spirato il termine di cui all'articolo 183 del Cpc per la fissazione del thema decidendum; né tale interpretazione dell'articolo 268 del Cpc viola il principio di ragionevole durata del processo o il diritto di difesa delle parti originarie del giudizio; infatti, l'interveniente, dovendo accettare il processo nello stato in cui si trova, non può dedurre, ove sia già intervenuta la relativa preclusione, nuove prove e, di conseguenza, non vi è il rischio di riapertura dell'istruzione, né quello che la causa possa essere decisa sulla base di fonti di prova che le parti originarie non abbiano potuto debitamente contrastare.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - rel. Consigliere

Dott. MANNA Felice - Consigliere

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 5902/2005 proposto da:

CE. TE. OR. SA. DI. SO. AN. in persona del legale rappresentante pro tempore P.IVA (OMESSO), SO. AN. (OMESSO), MI. LU. (deceduta) elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BELSIANA 71, presso lo studio dell'avvocato DELL'ERBA GIUSEPPE, rappresentati e difesi dall'avvocato DE DONNO Oronzo;

- ricorrenti -

contro

NO. SAS (OMESSO) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MERULANA 215A, presso lo studio dell'avvocato MACORI Giorgio, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati LOVATO DASSETTO LIVIO CARLO, PIPAN ALDO;

- controricorrente -

e contro

COND (OMESSO) in persona dell'Amministratore pro tempore;

- intimato -

avverso la sentenza n. 193/2004 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 04/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/05/2011 dal Consigliere Dott. LUCIO MA2ZIOTTI DI CELSO;

udito l'Avvocato LOVATO DASSETTO Livio Carlo, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso, o in via principale inammissibilita' per mancata integrazione del contraddittorio;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.a.s. No. , proprietaria di un immobile nello stabile condominiale di via (OMESSO), impugnava in piu' parti (servizio di portineria, installazione di citofono esterno, fornitura ed installazione di cassette da lettere) la Delib. condominiale 7 marzo 2000 sostenendone l'invalidita' o l'inefficacia.

Il condominio convenuto, costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda dell'attrice e, in via riconvenzionale, l'eliminazione di opere abusive realizzate dalla No. occupando spazi condominiali.

Nel corso del processo, alla prosecuzione dell'udienza ex articolo 183 c.p.c., intervenivano in giudizio i condomini s.a.s. Ce. Te. Or. (C. , So. An. e Mi. Lu. i quali, oltre a riportarsi alle richieste formulate dal condominio in sede di comparsa di risposta, chiedevano la dichiarazione di nullita' di due nuove Delib. condominiali 3 aprile 2001 e Delib. condominiali 20 luglio 2000 con le quali era stato approvato (a maggioranza) l'accordo transattivo per la definizione del giudizio con la No. .

Con sentenza 5/3/2002 l'adito tribunale di Torino dichiarava cessata la materia del contendere tra parte attrice e parte convenuta e, ritenuto ammissibile l'intervento dei tre condomini, dichiarava nei confronti degli stessi la nullita' della delibera condominiale 3/4/2001 e, con seguentemente, dichiarava l'inefficacia nei confronti dei detti condomini dell'accordo transattivo raggiunto dalle parti originarie del giudizio.

Avverso la detta sentenza la societa' No. proponeva appello al quale resistevano i tre condomini, intervenuti nel giudizio di primo grado, spiegando appello incidentale. Il condominio si costituiva svolgendo difese analoghe a quelle della societa' appellante principale.

Con sentenza 4/2/2004 la corte di appello di Torino in parziale riforma della decisione impugnata: a) dichiarava inammissibile la domanda proposta dai condomini in via di intervento principale relativa alla declaratoria di nullita' delle delibere 20/7/2000 e 3/4/2001 concernenti l'approvazione dell'accordo transattivo; b) dichiarava cessata la materia del contendere tra parte appellante e parte appellata in relazione alla domanda proposta in via di intervento litisconsortile quanto al rigetto della domanda attorea ed all'accoglimento di quella riconvenzionale; c) confermava nel resto l'impugnata sentenza; d) condannava gli appellanti principali al pagamento in favore del condominio e della No. della meta' delle spese del doppio grado del giudizio. La corte di appello osservava: che era coperta da giudicato, in quanto non oggetto di impugnazione, la qualificazione data dal tribunale all'intervento come principale, in relazione alla domanda di nullita' della Delib. 3 aprile 2001 e Delib. 20 luglio 2000 con riferimento all'accordo transattivo, ed in parte come litisconsortile quanto al rigetto della domanda della societa' attrice ed all'accoglimento della domanda riconvenzionale; che, in base ad una corretta e razionale interpretazione (nel rispetto anche del principio del giusto processo di cui all'articolo 111 Cost.) di quanto disposto dagli articoli 268 c.p.c., comma 2, anche per gli intervenuti valeva la detta preclusione con conseguente inammissibilita' della domanda proposta in via di intervento principale trattandosi di domanda nuova mai formulata in precedenza nel processo e del tutto priva di riferimento all'oggetto del processo originario; che in conclusione andava dichiarata inammissibile la domanda proposta dalle parti appellate intervenute in via principale concernente la declaratoria di nullita' della Delib. 20 luglio 2000 e Delib. 3 aprile 2001, relative alla transazione deliberata; che restava da considerare l'intervento litisconsortile relativo al rigetto della domanda originaria della societa' attrice ed all'accoglimento di quella riconvenzionale formulata dal condominio; che tale ultima domanda era venuta meno per la raggiunta transazione; che essendo inammissibile la domanda degli intervenuti in via principale circa la transazione ed essendo quindi tale transazione loro opponibile, la materia del contendere circa la domanda proposta in via litisconsortile era del pari cessata in ragione della Delib. 3 aprile 2001 implicante la revoca della Delib. 7 marzo 2000 sul cui fondamento il condominio aveva proposto la domanda riconvenzionale; che pertanto la medesima pronuncia della cessazione della materia del contendere adottata tra le parti originarie valeva pure nei confronti degli appellati intervenuti; che erano assorbite le diverse eccezioni e doglianze; che sussistevano giusti motivi per la parziale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio; che la residua meta' di tali spese andava posta a carico degli appellanti incidentali.

La cassazione della sentenza della corte di appello di Torino e' stata chiesta dalla societa' CT. , da So. An. e da Mi. Lu. con ricorso affidato a sei motivi. La societa' No. ha resistito con controricorso. All'udienza del 9/3/2010 questa Corte ha disposto la rinotifica del ricorso al condominio. A tale ordinanza non e' stata data esecuzione per cui - dopo l'invio degli atti al P.G. il quale ha chiesto la pronuncia di inammissibilita' del ricorso - e' stata disposta la trattazione in Camera di consiglio. I ricorrenti hanno depositato memoria sostenendo l'insussistenza dell'ipotesi prevista dall'articolo 375 c.p.c., e chiedendo la trattazione in pubblica udienza. A seguito dell'ordinanza di questa Corte, pronunciata all'esito dell'udienza camerale del 14 dicembre 2010, e' stata disposta la discussione in pubblica udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Innanzitutto va rilavato che il ricorso e' stato ritualmente e tempestivamente notificato al condominio di via (OMESSO) come risulta dalla relata di notifica depositata unitamente al ricorso. Deve quindi essere revocata l'ordinanza con la quale questa Corte, all'udienza del 9/3/2010, ha disposto la rinotifica al detto condominio.

Cio' posto, sempre in via preliminare, va rilevata l'infondatezza dell'eccezione sollevata dalla societa' resistente relativa alla inammissibilita' del ricorso per irritualita' della procura, rilasciata al difensore in calce all'atto, in quanto priva del requisito della specialita'.

Al riguardo e' appena il caso di osservare che e' ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimita' il principio secondo cui il requisito della specialita' della procura previsto dall'articolo 159 c.p.c., per gli atti processuali. Inoltre a nulla rilevano eventuali riferimenti "al presente procedimento" o alla facolta' concessa al difensore di "transigere, conciliare o transigere", trattandosi di espressioni superflue che non eliminano il collegamento tra procura e ricorso per cassazione, specie quando vi siano elementi favorevoli come l'elezione di domicilio in (OMESSO), ove ha appunto sede la Corte di cassazione.

Con il primo motivo di ricorso la societa' CT. , So. An. e Mi. Lu. denunciano violazione degli articoli 105 e 268 c.p.c., nonche' vizi di motivazione, deducendo che la corte di appello non ha motivato dove e perche' la domanda proposta da essi interventori-ricorrenti non e' connessa e fondata sulla medesima causa pretendi dedotta nel giudizio in primo grado che invece - come rilevato dal tribunale - riguarda proprio il regolamento di condominio e le limitazioni che possono essere imposte ai condomini tramite questo. Al riguardo la corte di merito si e' soffermata solo sulla domanda della societa' attrice senza considerare quelle originariamente proposte dal condominio convenuto ed intrinsecamente legate a quelle oggetto dell'intervento principale.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli articoli 268 c.p.c.. L'istanza di pronuncia di cessazione della materia del contendere e' stata formulata dalle parti originarie dopo l'intervento di essi ricorrenti ritenuto ammissibile dalla stessa corte di appello e qualificato come principale - con riferimento alla richiesta di nullita' della nuova delibera - e adesivo autonomo in relazione al rigetto della domanda della societa' attrice ed all'accoglimento della riconvenzionale del condominio. La corte di merito ha pero' contraddittoriamente ritenuto inammissibile la domanda litisconsortile disgiuntamente da quella principale sul rilievo dell'opponibilita ad essi interventori della transazione approvata pero' con delibera da adottare all'unanimita' e, quindi, inefficace nei confronti di essi dissenzienti interventori.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli articoli 105 e 268 c.p.c., nonche' vizi di motivazione, deducendo che la corte di appello ha vietato ad essi interventori la possibilita' di attivita' istruttoria - in quanto gia' preclusa alle parti originarie - cosi' finendo per escludere la stessa tempestivita' dell'intervento. La corte di merito non ha considerato che l'intervento e' avvenuto in piena udienza di trattazione laddove l'intervento adesivo autonomo e litisconsortile e' da escludere solo dopo la detta udienza e non durante, ossia in una fase nella quale tutte le parti possono chiedere i termini istruttori ed i terzi possono proporre domande fondate sul materiale istruttorio acquisito e/o non precluso. Inoltre, essendo le parti ancora nella fase concernente il tentativo di conciliazione, e' errata l'affermazione della corte di appello circa la decadenza di parte attrice di proporre domande nuove dipendenti dalle difese di parte convenuta. Infine essi ricorrenti, intervenuti quali condomini nel giudizio promosso da altro condomino nei confronti del condominio, ben potevano proporre domande nuove non essendo la loro attivita' processuale legata a quella della parte che aveva iniziato il giudizio stante l'autonomia del diritto fatto valere nei confronti dell'altra parte.

Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione dell'articolo 105 c.p.c. e articoli 1372, 1420, 1423, 1123, 1136, 1138 e 1120 c.c., nonche' vizi di motivazione, sostenendo che - al contrario di quanto affermato dalla corte di appello - la transazione non e' opponibile ad essi interventori posto che la delibera di approvazione della transazione non puo' essere ritenuta vincolante in quanto priva del requisito della unanimita', requisito necessario trattandosi di modifica di tabelle millesimali. La giurisprudenza di legittimita' in proposito ha affermato che nel giudizio instaurato da altri contro il condominio, per l'impugnazione di una delibera contraria al regolamento condominiale contrattuale, ciascun condomino ha un autonomo interesse ad intervenire al fine di ottenere una pronuncia sulla domanda indipendentemente dalla eventuale transazione tra le parti originarie.

Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano violazione dell'articolo 105 c.p.c., nonche' vizi di motivazione, deducendo che - come gia' evidenziato - la decisione della corte di appello di considerare la domanda proposta in via di intervento principale diversa ed autonoma, rispetto alla domanda di parte attrice, e' errata ed affetta da vizio logico oltre che adottata senza considerare le domande di parte convenuta e senza tener conto che la domanda di intervento principale e' per sua natura autonoma in quanto proposta nei confronti di tutte le parti in causa. Del pari errato e' il riferimento alla celerita' del processo al fine di giustificare l'ammissibilita' dell'intervento in quanto in tal modo la corte di appello ha contraddittoriamente rimandato i condomini dissenzienti ad una nuova decisione a seguito di un nuovo giudizio di nullita' della delibera impugnata affetta da nullita'. La corte di merito, inoltre, non ha tenuto presente il principio giurisprudenziale secondo cui il condomino che interviene personalmente nel processo promosso dall'amministratore per far valere diritti della collettivita' condominiale non e' terzo, ma e' una delle parti originarie intenzionata a far valere direttamente le proprie ragioni.

La Corte rileva la fondatezza - nei sensi di seguito precisati - delle dette censure che, per evidenti ragioni di ordine logico, possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando le stesse questioni - sia pur sotto aspetti e profili diversi - o questioni connesse e consequenziali.

Occorre innanzitutto osservare che - come sopra riportato nella parte narrativa che precede e come puntualizzato nella stessa sentenza impugnata le domande proposte dalle parti originarie del processo e dagli interventori sono le seguenti:

- per la parte attrice l'impugnativa della Delib. condominiale 7 marzo 2000 con riferimento al punto 2;

- per il condominio convenuto il rigetto delle domande dell'attrice e l'accoglimento della domanda riconvenzionale volta ad ottenere la rimozione di opere eseguite dalla No. occupando spazi comuni;

- per gli interventori il rigetto della domande dell'attrice, l'accoglimento della domanda riconvenzionale del convenuto e la nullita' del punto 2 della Delib. condominiale 3 aprile 2001 con cui era stato approvato l'accordo transattivo tra la No. ed il condominio per la definizione del giudizio pendente tra le parti.

Va aggiunto che la corte di appello ha ritenuto coperta da giudicato la parte della sentenza di primo grado con la quale l'intervento in causa era stato qualificato come principale in relazione alla domanda di nullita' della Delib. 3 aprile 2001 e Delib. 20 luglio 2000, concernenti l'accordo transattivo e litisconsortile con riferimento alla richiesta di rigetto della domanda principale dell'attrice e di accoglimento della domanda riconvenzionale del convenuto condominio.

La corte di merito ha poi ritenuto inammissibile la domanda proposta degli interventori in via di intervento principale sotto un duplice profilo e, cioe', sia perche' domanda nuova - avente oggetto diverso da quello delle domande originarie di parte attrice avuto riguardo al petitum sostanziale volto per la domanda principale alla eliminazione di delibere assembleari e per la domanda degli interventori alla eliminazione degli effetti della transazione, ossia di un fatto posteriore e diverso - sia perche' proposta dopo la scadenza del termine previsto per parte attrice per la proposizione di domande nuove dipendenti dalle difese di parte convenuta.

La decisione della corte territoriale di ritenere inammissibile la domanda proposta dagli interventori in via principale e' errata sotto entrambi i riportati profili.

Con riferimento al primo dei detti profili, vanno segnalati i seguenti principi che questa Corte ha avuto modo di affermare in tema di intervento di terzo, principi che il Collegio condivide e fa propri:

- il diritto che, a norma dell'articolo sentenze 1/6/2004 n 10530; 22/10/2002 n. 14901);

- ai fini dell'intervento principale o dell'intervento litisconsortile nel processo, anche se l'articolo sentenze 27/6/2007 n. 14844; 12/6/2006 n. 13557; 3/11/2004 n. 21060);

- per l'ammissibilita' dell'intervento di un terzo in un giudizio pendente tra altre parti e' sufficiente che la domanda dell'interveniente presenti una connessione od un collegamento che giustifichi un simultaneus processus (sentenza 15/5/2002 n. 7055).

Alla luce dei detti principi giurisprudenziali risulta evidente che nel caso in esame - al contrario di quanto affermato dalla corte di appello - e' ravvisabile uno stretto collegamento logico e una palese connessione tra le domande inizialmente proposte dalle parti originarie del processo e le domande avanzate dagli interventori in via di intervento principale. Il diritto fatto valere dagli interventori (impugnativa della delibera di approvazione della transazione del giudizio pendente tra condominio e No. ) e' connesso e collegato all'oggetto sostanziale dell'originaria controversia (oggetto da individuare con riferimento al petitum ed alla causa pretendi) e dipendente dal titolo dedotto nel processo dall'attrice e dal convenuto a fondamento delle opposte domande originariamente formulate: la domanda degli interventori presenta un legame con le domande dell'attrice e del convenuto ed ha un oggetto sostanziale tale da giustificare un simultaneus processus. Il diritto fatto valere dagli interventori rientra nella struttura del rapporto giuridico gia' dedotto in causa ed e' generato da detto rapporto oltre ad essere incompatibile con il diritto vantato dalla societa' attrice con l'atto introduttivo del giudizio di primo grado.

Del pari la dichiarazione della corte di appello di inammissibilita' della domanda proposta dagli interventori in via principale, sotto il secondo profilo sopra precisato, e' errata ponendosi in netto ed insanabile contrasto con i seguenti principi affermati nella giurisprudenza di legittimita' e che ormai, dopo alcune lontane pronunzie di segno contrario, possono ritenersi consolidati:

- posto che la formulazione della domanda costituisce l'essenza stessa dell'intervento principale e litisconsortile ai sensi dell'articolo sentenza 3/11/2004 n. 21060);

- la formulazione della domanda costituisce l'essenza stessa dell'intervento principale e litisconsortile, sicche' la preclusione sancita dall'articolo sentenza 28/7/2005 n. 15787);

- la preclusione sancita dall'articolo sentenza 14/2/2006 n. 3186);

- chi interviene volontariamente in un processo gia' pendente ha sempre la facolta' di formulare domande nei confronti delle altre parti, quand'anche sia ormai spirato il termine di cui all'articolo sentenza 16/10/2008 n. 25264).

Nel caso in esame e' pacifico - oltre che risultante dalla lettura della stessa sentenza - che la domanda degli interventori e' stata formulata ben prima della precisazione delle conclusioni.

In definitiva devono essere accolti i primi cinque motivi di ricorso con assorbimento del sesto relativo al governo delle spese posto che di tale questione si dovra' occupare il giudice del rinvio.

La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata ad altra sezione della corte di appello di Torino che procedera' ad un nuovo esame tenendo conto dei rilievi sopra svolti e dei principi sopra enunciati con riferimento in particolare alla ammissibilita' delle domande proposte dagli interventori in via di intervento principale. Il giudice del rinvio dovra' inoltre esaminare tutte le altre eccezioni e doglianze mosse dalla societa' No. nell'atto di appello e ritenute assorbite dalla corte di appello a seguito dell'accoglimento del secondo motivo di gravame concernente l'inammissibilita' delle domande proposte dagli interventori.

Al designato giudice del rinvio va rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

la Corte accoglie i primi cinque motivi di ricorso, assorbito il sesto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della corte di appello di Torino.
 

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