Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo)

 
Con Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), pubblicato in G.U. N. 24 del 30 Gennaio 2007, si è modificato profondamente l’istituto della Carta di soggiorno di cui al d.lgs. 286/98, c.d. Testo Unico Immigrazione e Stranieri, istituto che per l’occasione ha cambiato anche nome, divenendo Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
 
Con Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), pubblicato in G.U. N. 24 del 30 Gennaio 2007, si è modificato profondamente l’istituto della Carta di soggiorno di cui al d.lgs. 286/98, c.d. Testo Unico Immigrazione e Stranieri, istituto che per l’occasione ha cambiato anche nome, divenendo Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
 
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L’art. 9, intitolato ora “Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo”, ha subito un intervento quasi “di maquillage”, ma non sempre (come vedremo subito) ininfluente.
In primo luogo l’ex Carta di Soggiorno è ora concedibile allo straniero che soggiorni regolarmente in Italia da almeno 5 (anziché 6) anni.
Inoltre, non si parla più di straniero regolarmente soggiornante; però non vi è ragione alcuna per ritenere che l’ex Carta di Soggiorno possa essere ottenuta da uno straniero che viva nella clandestinità, anche perché resta il riferimento alla titolarità di un permesso di soggiorno.
Scomparso, invece, il riferimento alla necessità che la titolarità di tale permesso sia legata ad un motivo che ne consenta un numero indeterminato di rinnovi.
 
Viene meglio specificato il reddito di cui lo straniero deve avere la disponibilità: non più semplicemente tale da consentire il sostentamento proprio e dei familiari, ma più precisamente non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (o al doppio o al triplo di tale importo se il Permesso viene richiesto anche per uno o più familiari); si richiede, inoltre, la disponibilità di un alloggio idoneo secondo i parametri dell’edilizia popolare o comunque in possesso dei requisiti igienico-sanitari accertati dall’ASL competente.
Il Permesso, chiesto pur sempre al (e rilasciato pur sempre dal) Questore, è valevole adesso, oltre che per il richiedente ed avente diritto:
1) non più genericamente per il coniuge, ma
precisamente per il coniuge non legalmente separato;
2) non per i figli minori conviventi, ma
per i figli minori a carico, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio;
3) si aggiungono alla platea dei beneficiari:
- i figli maggiorenni a carico, qualora non possano per ragioni oggettive provvedere al proprio sostentamento a causa del loro stato di salute che comporti invalidità totale;
- i genitori parimenti a carico a patto che non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza oppure i genitori ultrasessantacinquenni qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute;
- infine, altri parenti a carico entro il terzo grado, inabili al lavoro secondo la legislazione italiana.
 
Eliminata la possibilità che il titolo di soggiorno sia richiesto anche dallo straniero (coniuge o figlio minore o genitore conviventi) di un cittadino italiano o di cittadino di uno Stato dell’UE residente in Italia.
Il Permesso, a tempo indeterminato come già era la Carta, viene rilasciato entro 90 giorni dalla richiesta. Esso non può essere rilasciato agli stranieri che soggiornano in Italia:
1) per motivi di studio o formazione professionale o
2) a titolo di protezione temporanea o per motivi umanitari ovvero hanno chiesto il permesso di soggiorno a tale titolo e sono in attesa di una decisione su tale richiesta, o
3) per asilo ovvero hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e sono ancora in attesa di una decisione definitiva circa tale richiesta, o
4) sono già titolari di un permesso di soggiorno di breve durata previsto dal Testo Unico e dal suo Regolamento di Attuazione, o
5) godono di uno status giuridico previsto:
- dalla convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche;
- dalla convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari;
- dalla convenzione del 1969 sulle missioni speciali o
- dalla convenzione di Vienna del 1975 sulla rappresentanza degli Stati nelle loro relazioni con organizzazioni internazionali di carattere universale.
 
Il Permesso, come pure già la Carta, non può essere rilasciato allo straniero sottoposto a giudizio per taluno dei delitti di cui agli artt. 380 e 381 del codice di procedura penale, ma non è più prevista l’ulteriore ipotesi ostativa della sentenza di condanna anche non definitiva, mentre si aggiungono come episodi impeditivi al rilascio del titolo la pericolosità dello straniero per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, pericolosità che la norma desume anche (ma non solo) dall’appartenenza dello straniero a taluna delle categorie di “individui sospetti” di cui alle leggi 1423/56 e 575/65.
Non è più contemplata quella parte della norma relativa alla revoca del titolo da parte del Questore in caso di condanna per i reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p., né la parte relativa ai mezzi di impugnazione della revoca (ma le modalità di impugnazione restano pur sempre disciplinate dall’art. 13 del T.U.).
Di nuova concezione invece la previsione secondo cui il Questore deve sufficientemente motivare il suo eventuale provvedimento di diniego del rilascio del Permesso, conclusione a cui si giunge ragionevolmente sulla scorta del fatto che lo stesso deve tener conto della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero.
 
Ai fini del calcolo del periodo di 5 anni necessario per conseguire questo Permesso, non si computano i periodi di soggiorno goduti per permesso di soggiorno di breve durata o per il possesso dello status di cui alle succitate Convenzioni.
Le assenze dello straniero dal territorio nazionale non hanno effetto interruttivo del formarsi del periodo di 5 anni necessario all’acquisto del titolo, purché:
- inferiori a 6 mesi consecutivi e
- complessivamente a 10 mesi in un quinquennio; ma anche in tale caso non vi è alcuna interruzione dei termini se l’assenza è stata motivata dalla necessità di adempiere al servizio di leva, o per gravi e documentati motivi di salute o per altri gravi e comprovati motivi.
 
Il Permesso viene revocato:
- se acquisito con frode o
- se il suo titolare debba essere espulso, o
- manchino/vengano a mancare le condizioni per il suo rilascio, o
- se lo straniero si assenti dal territorio dell’Unione (e non semplicemente dell’Italia) per un periodo consecutivo di 12 mesi, o
- se il permesso di soggiorno di lungo periodo è stato già conferito da altro Stato membro dell'UE (ma questa ipotesi di revoca si verifica solo dopo che si sia data comunicazione del previo rilascio del titolo da altro Paese UE), o
- infine se lo straniero titolare del Permesso si sia poi assentato dall’Italia per più di 6 anni.
 
Nell’ipotesi di revoca del Permesso per assenza dal territori dell’Unione per un periodo consecutivo di 12 mesi o per precedente possesso del Permesso presso altro Stato UE, lo straniero può riacquistare il Permesso per quanto riguarda l’Italia con le modalità già indicate; ma il periodo occorrente a tal fine sarà di 3 anni.
Ad ogni modo, allo straniero cui sia stato revocato il Permesso e purché non risulti destinatario di provvedimento di espulsione si rilascia un “normale” permesso di soggiorno di altro tipo.
 
Anche il titolare del Permesso può essere raggiunto da provvedimento di espulsione, così come in precedenza previsto per il titolare di Carta di Soggiorno, e precisamente:
a) per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato;
b) quando lo straniero appartiene ad una delle categorie indicate all'articolo 1 della L. 1423/56, ovvero all'articolo 1 della L. 575/65, sempre che sia stata applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all'articolo 14 della L. 55/90;
c) ma adesso anche nei casi di cui all'articolo 3, comma 1, del D.L. 144/ 05, conv. con modif. dalla L. 155/05 (ovvero se lo straniero appartiene ad una delle categorie di cui all'articolo 18 della L. 152/75, o nei cui confronti vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali).
L’adozione del provvedimento espulsivo per taluni dei motivi appena accennati avviene comunque tenendo ben presenti alcuni parametri:
- età dell'interessato;
- durata del soggiorno sul territorio nazionale;
- conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari;
- esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale ed assenza di tali vincoli con il Paese di origine.
 
Resta confermato, nel carnet di diritti che discendono dal possesso del Permesso, l’ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto (ma ora è anche possibile circolare liberamente, cosa che peraltro era anche prima assai scontato, a meno di dover ammettere l’ipotesi di poter… liberamente entrare per radicarsi inevitabilmente in una parte del Belpaese !).
Si è ritenuto invece di specificare che è consentito svolgere ogni attività meramente lavorativa (e non semplicemente lecita, quasi che ora non sia possibile svolgere un’attività, ad esempio, meramente ludica o ricreativa, ancorché lecita, del che si dubita fondatamente). È importante osservare che il titolare del Permesso di soggiorno di lungo periodo non ha bisogno di stipulare il Contratto di soggiorno per poter svolgere la propria attività lavorativa, a differenza di quanto si rende ancora necessario per il titolare del permesso di breve periodo.
Sono stati meglio indicati i servizi e le prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione, peraltro a condizione che sia prova l’effettiva residenza dello straniero nel territorio nazionale: si parla di prestazioni di assistenza sociale, previdenza sociale, o relative ad erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, o ancora relative all'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico (compreso l'accesso alla procedura per l'ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica).
Sostanzialmente confermato il diritto di partecipazione alla vita pubblica locale.
 
Per quanto riguarda la riammissione in Italia dello straniero espulso da altro Stato UE titolare del Permesso, è autorizzata a patto che quegli non costituisca un pericolo per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato.
 
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Il Decreto in commento ha poi aggiunto un nuovo articolo, il 9 bis, rubricato “Stranieri in possesso di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro”.
Per questa categoria di possessori del Permesso in parola, è prevista la facoltà di chiedere di soggiornare sul territorio nazionale per un periodo superiore a tre mesi (ottenendosi un corrispondente permesso di soggiorno di breve periodo in applicazione analogia a quanto previsto dal Testo Unico e dal Regolamento di attuazione), al fine di:
a) esercitare un'attività lavorativa o autonoma;
b) frequentare corsi di studio o di formazione professionale;
c) soggiornare per altro scopo lecito, purché sia provato il possesso di mezzi di sussistenza non occasionali (quindi ricollegabili in qualche modo pur sempre ad una attività lavorativa, o al limite a qualche forma di rendita, altrimenti tale ipotesi finirebbe per costituire un inutile doppione di quella precedente), di importo pari a più del doppio dell'importo minimo previsto dalla legge per ottenere l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.
 
Per i familiari dello straniero titolare del Permesso ed in possesso di un valido titolo di soggiorno rilasciato dallo Stato UE di provenienza, è prevista la concessione di un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, in aderenza all’analoga previsione di cui all’art. 30, commi 2, 3 e 6, ma tale concessione è subordinata alla dimostrazione di aver risieduto nella loro qualità appunto di familiari del soggiornante di lungo periodo nel medesimo Stato UE e di essere in possesso dei requisiti di cui all'art. 29, comma 3 del Testo Unico (cioè di un alloggio rientrante nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, nonché dei redditi annui minimi variabili in dipendenza dei familiari facenti parte dell’organismo affettivo riferito al titolare del Permesso.
Anche per questo permesso rilasciato ai familiari dello straniero in possesso del Permesso è contempla la possibilità di rifiutarlo/revocarlo se chi lo ottiene è pericoloso per l’ordine pubblico (sulla base anche di presunzioni semplici discendenti dall’appartenenza dello straniero a talune categorie di soggetti di cui alla legge 1423/56 ed altre simili, nonché dall’aver riportato condanna per i reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p.), ma sempre senza ignorare elementi sia soggettivi sia oggettivi riferiti all’interessato (tra i primi, la sua età; tra i secondi, l’esistenza di legami familiari instauratasi nel territorio italiano.
Ove possibile, allo straniero familiare di altro straniero già in possesso del Permesso ed al quale sia stato rifiutato/revocato il permesso di soggiorno viene comminata l’espulsione e disposto l’allontanamento verso lo Stato UE che ha rilasciato il permesso; ma è ben possibile che l’allontanamento avvenga fuori dal territorio della stessa UE.
Sia come sia, ai familiari di straniero in possesso di Permesso e a loro volta in possesso dei requisiti di cui al novellato art. 9 della Normativa, viene rilasciato il Permesso entro 90 giorni dalla richiesta.
 
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All’art. 30 (“Permesso di soggiorno per motivi familiari”), il quarto comma modifica nel senso che la carta di soggiorno (ma giusta il disposto dell’art. 2 comma 3, “Disposizioni transitorie” del Decreto in commento, che costituisce un effetto automatico di sostituzione dell’espressione Carta di soggiorno con Permesso di soggiorno di lungo periodo, va ritenuto appunto che il nuovo quarto comma dell’art. 30 faccia riferimento al “Permesso”) può essere rilasciata allo straniero che effettui il ricongiungimento con il cittadino italiano o di un altro Stato UE, ma non con straniero titolare della carta di soggiorno (rectius: del permesso di lungo periodo)
 
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Sempre l’art. 2 del Decreto stabilisce che anche gli stranieri già in possesso di carta di soggiorno si applica la nuova disciplina (che svela dunque un suo aspetto di retroattività, per quanto riguarda la platea dei destinatari).
 
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Il Decreto termina con la previsione di cui all’art. 4 di attuare lo stesso nonché di adeguare opportunamente il Regolamento n. 394/99 attuativo del T.U.. Il tutto entro 6 mesi dall’entrata in vigore del Decreto, quindi entro la metà di luglio 2007.
 
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Con Decreto Legislativo 8 gennaio 2007, n. 5 (Attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare), pubblicato in G.U. N. 25 del 31 Gennaio 2007, secondo quanto precisato sin dal suo art. 1, si è cercato di soddisfare la finalità di stabilire le condizioni per
l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare in Italia dei cittadini di Paesi terzi, legalmente soggiornanti sul nostro territorio, in applicazione appunto della direttiva 2003/86/CE del Consiglio del 22 settembre 2003.
 
Anzitutto all’art. 4 d.lgs. 286/98, Testo Unico Immigrazione e Stranieri, in tema di “Ingresso nel territorio dello Stato” e, precisamente al suo comma 3, in coda a talune ipotesi in cui non è consentito appunto l’ingresso sul territorio italiano è aggiunta quella dello straniero che, avendo richiesto il ricongiungimento familiare, secondo la procedura disciplinata dal successivo art. 29, rappresenti una “minaccia concreta e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone”.
 
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All’art. 5, rubricato “Permesso di soggiorno”, il suo comma 5, che contemplava l’ipotesi di rifiuto o revoca del permesso in difetto dei requisiti previsti dalla legge per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, viene completato specificando che, riguardo allo straniero, del quale si debba rifiutare, revocare o negare il rinnovo del permesso di soggiorno e che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, si deve tener conto di particolari elementi che possono influire nel ritenere la sua presenza in Italia particolarmente significativa, ossia:
- la natura e l’effettività dei vincoli familiari dell'interessato;
- l'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine;
- (se già residente in Italia) la durata del suo soggiorno nel nostro Paese.
 
È stato aggiunto di seguito il comma 5 bis, a mente del quale la valutazione sulla pericolosità dello straniero per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato, sia pure ai soli fini dell'adozione del provvedimento di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, non segue automaticamente a seguito di eventuali condanne per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), c.p.p., ovvero per i reati di cui all'articolo 12, commi 1 e 3 del T.U., ma anche in virtù di tali eventuali condanne. Il che significa che non decisive sono tali condanne ma occorrerà comunque esaminare la vicenda concreta dell'istante.
 
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L’art. 13 del T.U. riguardante l’”Espulsione amministrativa” è stato interessato da due interventi legislativi, uno con l’introduzione del nuovo comma 2 bis e l’altro con l’aggiunta di un ulteriore periodo al comma 13.
Con la prima modifica si è voluta delimitare la possibilità di adottare un provvedimento espulsivo nei confronti di quegli stranieri che siano entrati in Italia sottraendosi ai controlli di frontiera o che si siano trattenuti sul territorio nazionale avendo omesso colpevolmente di chiedere in tempo il permesso di soggiorno: ebbene, se tali stranieri abbiano esercitato il diritto al ricongiungimento famigliare o siano essi stessi familiari ai quali talun altro si sia ricongiunto, non si potrà certo procedere alla loro espulsione a cuor di leggero, senza considerare la natura e l’effettività dei vincoli familiari dell'interessato, la durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché l'esistenza (ma sarebbe più corretto dire la persistenza) di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine.
 
Con la seconda modifica si esclude che lo straniero espulso per aver “saltato” i controlli di frontiera o per non aver adempiuto al proprio dovere di richiedere il permesso di soggiorno entro i termini stabiliti si veda impedire il rientro in Italia se prima non si sia munito della speciale autorizzazione del Ministro dell’Interno, ma questo nella sola ipotesi che lo straniero sia stato autorizzato al raggiungimento.
È evidente che una integrazione di tal fatta al comma 13 dell’art. 13 T.U. rappresenta un modo senz’altro molto “umano” di porre rimedio alla sgradevole situazione che potrebbe verificarsi ove uno straniero, pur avendo diritto a stare con la propria famiglia in Italia, si vedrebbe… allontanato dalla stessa fintantoché (o meglio, sempre che) non ottenesse il placet del Ministero, a pena addirittura di finire in carcere e poi nuovamente espulso.
 
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L’art. 28 mostrava, antecedentemente alla modifica del suo comma 1 introdotta con il Decreto in commento, una sorprendente mancanza nonostante trattasse (e tratta tuttora) del “Diritto all’unità familiare”: infatti, non contemplava il diritto a mantenere o a riacquistare l’unità familiare a favore di quegli stranieri che fossero titolari di carta o permesso di soggiorno proprio (e già) per motivi familiari ! Grave contraddizione del tessuto normativo a cui si è posto rimedio.
 
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Riformulato ab imis l’art. 29 sul “Ricongiungimento familiare”. Occorre un esame passo passo della nuova norma.
1) Al comma 1 è ora previsto che lo straniero possa chiedere il ricongiungimento non solo per il coniuge non separato ma anche (stante l’attuale generica dizione) per quello separato; non più solo per i figli minori a carico ma anche per i figli minori emancipati economicamente; non più per i figli minori legalmente separati ma solo per quelli non coniugati; può chiedere il ricongiungimento per i figli maggiorenni a carico se il loro impedimento a badare a sé stessi sia permanente (prima non era richiesto) e se riguardi l’incapacità non tanto (o non solo) di amministrarsi economicamente ma molto più largamente di curare le proprie esigenze di vita (quindi, anche in senso meramente morale, culturale, sociale) e ciò non necessariamente per il loro stato di salute che sia totalmente invalidante ma purchessia; molto più semplicemente può essere chiesto il ricongiungimento per i genitori a carico non aventi a disposizione nel Paese di origine o provenienza un “adeguato sostegno familiare”, con cui in un certo senso si riassume ma anche si abbandona la non facile precedente indagine circa l’assenza di altri figli che potessero prendersi cura dei loro ascendenti o circa l’impossibilità di altrui sostentamento di (peraltro ed immotivamente solo) gli ultrasessantacinquenni.
2) È stato specificato al comma 2 il momento in cui i figli a carico devono essere minori, cioè avere età inferiore ai 18 anni, ai fini del loro rientro fra i beneficiari del ricongiungimento, la qual cosa invece in precedenza non era stata indicata, fonte com’è fin troppo evidente di possibili confusioni e problematiche amministrative: ora i 18 anni non devono essere stati raggiunti al momento in cui l’istanza di ricongiungimento è stata presentata.
3) Fra i requisiti per ottenere l’accoglimento dell’istanza di ricongiungimento, viene meglio specificato quello inerente l’alloggio, che non deve semplicemente rientrare nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ma deve anche essere fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio.
Rispetto al requisito del possesso di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite e variamente comparato all’importo annuo dell’assegno sociale, mentre nell’ipotesi “ordinaria” di ricongiungimento chiesto per quattro o più familiari detto reddito minimo annuo non può essere inferiore al triplo dell’importo annuo dell’assegno sociale, se almeno quattro di questi familiari sono figli del richiedente di età inferiore agli anni 14 il reddito minimo richiesto è pari al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale.
4) È scomparso ogni riferimento all’ipotesi che fosse meramente consentito l’ingresso al seguito di cittadino italiano o comunitario di quei familiari con cui fosse possibile attuare il ricongiungimento. Detta previsione era contenuta nel comma 5.
5) Di nuova creazione è il comma 6, che introduce il permesso di soggiorno per assistenza minore, del quale può beneficiare il familiare autorizzato all'ingresso ovvero alla permanenza sul territorio nazionale, permesso rinnovabile la cui durata è determinata non dalla legge ma (discrezionalmente ?) dal Tribunale per i minorenni. Questo tipo di permesso consente lo svolgimento di una a attività lavorativa ma questo non significa che possa essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
6) Ora la prefettura (comma 7), nell’esaminare l’istanza di ricongiungimento, non si limita più soltanto a verificare con accertamenti disposti, mercè la questura, l’esistenza dei requisiti di cui all’art. 29 ma acquisisce un vero e proprio parere della questura sull’insussistenza di motivi che possano impedire l’ingresso dello straniero in Italia.
7) Molto opportunamente, contro il proliferare delle pratiche di “green-carding” (cioè di creazione di vincoli giuridico-affettivi ai fini di ottenere il permesso di soggiorno, dall’espressione american green card), si prevede ora al comma 9 che la richiesta di ricongiungimento familiare verrà respinta nel caso si accerti che il matrimonio o l'adozione hanno avuto luogo solo per consentire all'interessato di entrare o soggiornare nel territorio dello Stato.
8) Con il comma 10 si stabilisce che la disciplina del ricongiungimento familiare non trova applicazione se il soggiornante chiede il riconoscimento dello status di rifugiato e la sua domanda non è ancora stata oggetto di una decisione definitiva o se è destinatario di una misura di protezione temporanea o se vi sono motivi umanitari per impedirne il rifiuto o la revoca del titolo di soggiorno.
 
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Si è disciplinata in via autonoma l’ipotesi del ricongiungimento familiare dei rifugiati, attraverso l’introduzione del nuovo art. 29 bis. Vediamolo nel dettaglio.
Anzitutto, allo straniero a cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato è estesa la disciplina di cui all’art. 29 sul ricongiungimento familiare, salvo che (appare comunque abbastanza ovvio, stante la particolare delicatezza della posizione di un rifugiato, che consiglia al Legislatore di soprassedere sui possesso dei requisiti alloggiativi-economici.
Il nuovo articolo contiene, poi, un’ipotesi di lavoro di non scarso interesse, data la situazione spesso di assoluta “preistoricità anagrafica” in cui versano determinati Paesi nel mondo: è questa la ragione alla base del fatto che “qualora un rifugiato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli familiari, in ragione del suo status, ovvero della mancanza di un'autorità riconosciuta o della presunta inaffidabilità dei documenti rilasciati dall'autorità locale… le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni, ai sensi dell'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200, sulla base delle verifiche ritenute necessarie, effettuate a spese degli interessati.”; peraltro, può farsi ricorso anche ad altri mezzi di prova attraverso i quali inferire l’esistenza del vincolo familiare, che è pur sempre necessario per chiedere il ricongiungimento familiare; dal che discende come non sia per niente sufficiente a motivare il rigetto della domanda di ricongiungimento l’assenza di documenti probatori, atteso che, come si è visto è possibile giungere alla prova dell’esistenza del vincolo familiare anche con altri mezzi, purché concretamente idonei.
Si aggiunga, per completezza di questo articolo, che ove il rifugiato sia un minore non accompagnato, potrà entrare e soggiornare, ai fini del ricongiungimento, l’ascendente diretto di primo grado dello stesso minore.
 
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In materia di permesso di soggiorno per motivi familiari, all’art. 30 comma 1 bis si dispone ora che viene rigettata la richiesta di permesso di soggiorno o di suo rinnovo nei confronti di quello straniero che, ottenuto il visto per ricongiungimento familiare, o come seguito del proprio familiare o per ricongiungimento al proprio figlio minore, poi effettivamente abbia portato avanti una condotta matrimoniale o di adottante/adottando assolutamente prive di effettività, e ciò al fine di fraudolentemente ottenere il permesso di soggiorno.
 
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Infine, anche l’art. 4 del Decreto prescrive (analogamente alla pari norma del d. lgs. 3/2007) che entro sei mesi dalla sua entrata in vigore si provveda all'emanazione delle norme di sua attuazione ed integrazione, nonché alla revisione ed armonizzazione delle disposizioni contenute nel Regolamento di attuazione del T.U., DPR 394/99.

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