il consenso alla pubblicazione della rappresentazione fotografica della propria immagine resta efficace fino a revoca, se prestato senza limitazioni.

Il consenso alla pubblicazione della rappresentazione fotografica della propria immagine resta efficace fino a revoca, se prestato senza limitazioni. (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 19 novembre 2008, n. 27506)
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISCUOLO Alessandro - Presidente

Dott. CECCHERINI Aldo - rel. Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere

Dott. TAVASSI Marina - Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6172/2004 proposto da:

SA. CR., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APRICALE, 31, presso l'avvocato VITOLO Massimo, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato BISSI ALDO, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

PI. IT. S.P.A., in persona dell'Amministratore Delegato pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso lo STUDIO TOFFOLETTO & SOCI (QUATTROCCHI PAOLO), rappresentata e difesa dagli avvocati CHERUBINI Elio, TOFFOLETTO FRANCO, BOTTINI ALDO, giusta procura in calce al controricorso;

RE. S.R.L., gia' G.C.A. S.R.L. IN LIQ., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. BISSOLATI 54, presso l'avvocato ESPOSITO FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati RIVA SIMONE, RIVA FELICE, giusta procura in calce al controricorso;

AC. PR. PH. AG. S.N.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA BAINSIZZA 10, presso l'avvocato MORRONE PIETRO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato TERRACCIANO SILVIA, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrenti -

contro

CU. PA.;

- intimato -

sul ricorso 9235/2004 proposto da:

CU. PA., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 366, presso l'avvocato D'ALESSANDRO MARIA CRISTINA, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato MASSA GIANNI, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

SA. CR., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APRICALE 31, presso l'avvocato VITOLO MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato BISSI ALDO, giusta procura a margine del ricorso principale;

- controricorrente al ricorso incidentale -

contro

PI. EL. S.P.A., AC. PR. PH. AG. S.N.C., LI. S.R.L. IN LIQ.;

- intimati -

avverso la sentenza n, 2343/2003 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 25/07/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 24/09/2008 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito, per la ricorrente, l'Avvocato VITOLO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale e dei controricorsi;

uditi, per le Societa' controricorrenti, rispettivamente l'Avv. CHERUBINI, l'Avv. ESPOSITO e l'Avv. MORRONE che hanno chiesto il rigetto del ricorso principale;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l'Avvocato D'ALESSANDRO che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, rigetto del primo motivo del ricorso incidentale ed assorbimento del secondo motivo del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione 13 febbraio 1995, la signora Sa.Cr. chiese al Tribunale di Milano la condanna della Pi. El. It. s.p.a. (nel seguito: Pi.) al risarcimento dei danni morali e materiali cagionati dalla pubblicazione non autorizzata di una sua fotografia - nella quale appariva di profilo, a torso nudo, in ambiente marino - nel contesto di una campagna pubblicitaria proposta dalla Pi. nel (OMESSO) per mezzo d'affissioni murali di cartelloni di grandi dimensioni. Secondo l'esposizione dell'attrice, la fotografia era stata scattata da un professionista nell'estate del (OMESSO) in (OMESSO), e faceva parte del suo "book" personale da utilizzare presso le agenzie di moda e i committenti pubblicitari per promuovere, all'epoca, la sua professione di modella, poi abbandonata nel (OMESSO). L'attrice chiedeva il risarcimento dei danni in qualita' di persona riconoscibilmente ritratta, che non aveva consentito, nell'attualita', alla specifica utilizzazione pubblicitaria.

La Pi. sostenne la legittimita' della sua condotta, e chiamo' in causa Li. s.r.l. (nelle more del giudizio divenuta prima G.G.A. s.r.l. in liquidazione, poi Re. s.r.l.), che aveva organizzato la campagna pubblicitaria, e l' Ac. Pr. Ph. Ag. s.n.c. (nel seguito: agenzia), che aveva messo a disposizione la fotografia, avendola acquistata dal fotografo, Cu.Pa.. La Li. si difese dichiarando di aver utilizzato la fotografia messa a sua disposizione dalla societa' committente, e l'agenzia documento' di aver acquistato i diritti sulla fotografia. Nel giudizio intervenne anche il signor Cu.Pa., che produsse l'atto di cessione dei diritti sulla fotografia, sottoscritto dall'attrice il (OMESSO), e chiese l'accertamento del suo diritto patrimoniale d'autore.

Con sentenza n. 10603 del 2001, il Tribunale respinse le domande proposte in causa dall'attrice, dichiaro' inammissibile la domanda proposta dall'intervenuto Cu., e dichiaro' compensate le spese tra le parti. La signora Sa. propose appello, deducendo che il suo generico, iniziale consenso alla diffusione della sua immagine, della quale ribadiva la riconoscibilita', valeva soggettivamente solo a favore del fotografo destinatario, e non si estendeva, oggettivamente, all'imprevedibile ipotesi di un cosi' massiccio sfruttamento pubblicitario a fini di lucro da parte di terzi; il consenso medesimo, inoltre, non era piu' attuale dopo cinque anni, e quando l'appellante aveva abbandonato l'attivita' di modella. Nel giudizio di gravame davanti alla Corte d'appello di Milano si costituirono tutti gli appellanti, proponendo appello incidentale sul regolamento delle spese del primo grado. Il signor Cu., inoltre, lamento' la dichiarata inammissibilita' della sua domanda.

Con sentenza 25 luglio 2003, la Corte d'Appello di Milano respinse tutti i gravami e regolo' le spese, in particolare compensandole nel rapporto tra l'appellante principale e il Cu..

La corte, dopo aver richiamato i principi di diritto applicabili alla fattispecie, premise che i diritti sulla fotografia, scattata in (OMESSO) nell'estate del (OMESSO), erano stati ceduti in quello stesso anno dall'appellante al fotografo con atto scritto, e senza espresse limitazioni; che tale cessione costituiva il corrispettivo dell'opera professionale del fotografo e delle spese di viaggio, da lui interamente sostenute; che nello stesso anno il fotografo aveva consegnato, per l'eventuale commercializzazione, il materiale all'agenzia; che l'occasione di utilizzarlo si era presentata nel (OMESSO), allorche' l'agenzia acquisto' dal fotografo i diritti sulla foto in questione, e cedette a sua volta alla Pi. l'utilizzo del "fotocolor per affissione nazionale 6 mesi". La corte accerto' quindi che la persona ritrattata era riconoscibile, ma giudico' la cessione univoca e valida nel riferimento ad ogni prevedibile utilizzazione del ritratto. Poiche' il Cu., autore della fotografia, era gia' titolare dei diritti morali su di essa, la cessione in suo favore dei connessi diritti d'utilizzazione economica non poteva significare se non consenso all'esposizione, riproduzione e messa in commercio, di cui all'articolo 96 della Legge sul diritto d'autore. Quanto ai limiti del consenso medesimo, che dovevano essere provati da chi lo aveva espresso per iscritto, l'utilizzazione pubblicitaria non poteva ritenersi oggettivamente imprevedibile, essendo un impiego ordinario e sperato delle fotografie di modelli professionisti o aspiranti. Cio' era stato in qualche modo ammesso dalla stessa appellante, che avrebbe voluto limitarlo alla sua attivita' di fotomodella; non si comprendeva pero', in quest'impostazione, l'utilita' del fotografo di acquistare a titolo oneroso dei diritti ad un'esibizione promozionale a vantaggio solo della stessa modella, alla quale peraltro erano state consegnate copie delle fotografie. Quanto ai limiti soggettivi, il consenso era collegato alla controprestazione, e dunque, in mancanza d'ulteriori limiti, andava non solo a favore del primo destinatario, ma anche dei suoi legittimi aventi causa, tanto piu' che la Sa. non aveva mai allegato un qualche intuitus personae o un rapporto fiduciario che potesse limitare il suo consenso a favore del Cu., con il quale si era messa in contatto attraverso un'agenzia. Il tempo trascorso, se valorizzato in relazione alla richiesta attualita' del consenso, non poteva tradursi se non in una peraltro problematica revocabilita'; nel qual caso il mancato esercizio della revoca, prima della compiuta realizzazione della campagna pubblicitaria, era dirimente nella controversia. Altri profili di danno in relazione ad ipotizzabili illeciti erano stati abbandonati dall'appellante, e in ogni caso dovevano essere esclusi nel merito. Quanto alle spese processuali richieste dal Cu., la corte qualifico' il suo intervento in causa come diretto ad adiuvandum, adesivo alla posizione dell'agenzia cessionaria delle foto, ma tale da non legittimare la proposizione d'autonome domande d'accertamento di suoi diritti patrimoniali in ordine alla fotografia, peraltro da lui ceduta all'agenzia; la soccombenza del Cu. in appello giustificava poi la compensazione delle spese, nel rapporto processuale con l'appellante principale.

Per la cassazione della sentenza, notificata il 5 gennaio 2004, la signora Sa. ricorre con atto notificato il 27 febbraio 2004, articolato in due mezzi d'impugnazione.

La Pi. It. s.p.a. resiste con controricorso notificato il 31 marzo 2004; la Re. s.r.l., gia' G.G.A. s.r.l. in liquidazione, con controricorso notificato il 6 aprile 2004; l' Ac. Pr. Ph. Ag. s.n.c. con controricorso notificato il 6 aprile 2004.

Il signor Cu.Pa. resiste con controricorso e ricorso incidentale, articolato in due motivi, uno dei quali condizionato, notificato il 6 aprile 2004; ad esso la ricorrente principale resiste con controricorso notificato il 14 maggio 2004.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'eccezione d'inammissibilita' del ricorso per difetto di procura speciale, a causa della genericita' di quella rilasciata in margine al ricorso, e' infondata. La procura in questione, quantunque formulata in termini generici, deve intendersi riferita al ricorso in margine al quale e' rilasciata, mentre alla mancanza di data della procura sopperisce la sua presenza nella copia notificata, la quale dimostra che essa era stata conferita prima della consegna del plico all'ufficiale giudiziario.

Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione di norme di diritto (e precisamente della Legge 22 aprile 1941, n. 633, articoli 12, 88, 96 e 97), e l'esistenza di vizi di motivazione in relazione al punto della decisione costituito dall'individuazione di limiti soggettivi ed oggettivi del consenso prestato alla utilizzazione dell'immagine della ricorrente. Si sostiene che la mera circostanza dell'avvenuta prestazione del consenso non era sufficiente a risolvere il problema di causa, e a ritenere scriminata qualsiasi utilizzazione dell'immagine. La corte territoriale avrebbe attribuito alla dichiarazione liberatoria sottoscritta dalla Sa. un significato ampio, non normativamente previsto. Il semplice consenso rilasciato dalla Sa., tuttavia, non aveva valenza illimitata nello spazio e nel tempo e sul punto la motivazione sarebbe insufficiente. Nella fattispecie la pubblicazione dell'immagine - prosegue la ricorrente - era lesiva del suo onore e del suo decoro, perche' la ritraeva a seno nudo. Sarebbe stato pertanto "prevedibile e forse piu' ragionevole" ritenere che la liberatoria in questione valesse ad offrire un generico consenso alla promozione della propria immagine e dovesse operare in un ambito comunque ristretto. Le fotografie, inoltre, erano state commissionate per un "book" di proprieta' della modella e non per qualsiasi divulgazione. La ricorrente infine argomenta dalla pur riconosciuta revocabilita' del consenso la dimostrazione del suo carattere non assoluto: cio' postulava, a distanza di cinque anni dal suo rilascio, un'esplicita autorizzazione che il soggetto intenzionato ad avvalersi dell'immagine avrebbe dovuto richiedere alla ricorrente; e tale autorizzazione, avente ad oggetto l'uso per la pubblicita' commerciale, doveva essere specifica.

Il motivo e' infondato. Il giudice di merito ha rilevato che, nella fattispecie di causa, l'odierna ricorrente aveva espresso per iscritto la sua volonta' di cedere i diritti patrimoniali sulla fotografia, senza indicare dei limiti a tali diritti, e questo accertamento di fatto non e' messo in discussione dal mezzo d'impugnazione. La ricorrente sostiene peraltro che la cessione sarebbe stata subordinata a limiti soggettivi ed oggettivi, non rispettati nella vicenda sottoposta al giudizio. Nonostante la genericita' dell'allegazione, che sembra volersi avvalere qui (vale a dire, in una fattispecie di manifestazione scritta di volonta' negoziale) di una giurisprudenza elaborata a proposito dell'interpretazione del consenso tacito all'utilizzazione del ritratto, il giudice di merito si e' dato carico dell'indagine sulla sussistenza di limiti desumibili dalle circostanze di fatto nelle quali il fotografo esegui' il ritratto, e la persona ritratta sottoscrisse l'atto di cessione, esponendo compiutamente le ragioni che inducevano ad escludere che quei limiti fossero stati sia pur tacitamente posti dalla disponente. In particolare, il giudice di merito ha accertato che la cessione aveva la funzione di remunerazione del fotografo professionale per le spese da lui anticipate e per il servizio fotografico realizzato a favore della committente; ha quindi osservato che la limitazione soggettiva della cessione a favore del cessionario, escludendo la commercializzazione delle fotografie avrebbe svuotato di contenuto economico l'attribuzione; e che la limitazione oggettiva in funzione della promozione della fotomodella avrebbe soddisfatto un interesse della sola committente, e non anche del fotografo (argomenti che non sono stati fatti oggetto di censure specifiche). Ora, la questione dei limiti al consenso prestato si traduce in un'indagine sull'interpretazione del negozio giuridico, e dunque della volonta' espressa dalla parte, nella fattispecie, in forma scritta; indagine da svolgere nel rispetto degli articoli 1362 e 1371 c.c., dei quali non si deduce, con il mezzo in questione, la violazione. A questo riguardo, infatti, la ricorrente si limita ad indicare una diversa interpretazione, a suo giudizio "forse piu' ragionevole", sollecitando cosi' una valutazione tipicamente di merito, preclusa alla corte di legittimita'; mentre omette di individuare vizi logici della motivazione, o di indicare punti precisi sui quali la valutazione del giudice di merito, pur sollecitata, sarebbe mancata; sicche', ancor meno di tali punti puo' illustrare il carattere decisivo, pur richiesto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Anche l'incidenza sulla validita' del consenso del tempo trascorso, di cinque anni, peraltro prospettata in termini generici, e senza l'allegazione di un limite temporale preciso e piu' breve di validita' della manifestazione della volonta', concerne in ogni caso un profilo esclusivamente di merito, non sindacabile in questa sede.

Infondata e' pure la censura sul punto della revocabilita' del consenso, dalla quale si vorrebbe arbitrariamente dedurre la necessita', per il lecito uso della fotografia, di un rinnovato consenso. Una tale necessita', invero, piu' che dedursi dalla revocabilita' del consenso, la contraddice, giacche', sebbene il consenso sia stato prestato senza limiti temporali, ne limita il valore all'attualita' del momento del suo rilascio, rendendo superflua ogni revoca. E' certamente vero, a questo riguardo, che il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio unilaterale, avente ad oggetto non il diritto, personalissimo ed inalienabile, all'immagine, ma soltanto il suo esercizio; e che il consenso, sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto (come sarebbe avvenuto nella fattispecie), da esso resta tuttavia distinto ed autonomo: con la conseguenza che esso e' revocabile in ogni tempo, e anche in difformita' di quanto pattuito contrattualmente, salvo, in questo caso, il diritto dell'altra parte al risarcimento del danno (Cass. 17 febbraio 2004 n. 3014). Ma, se revoca (tempestiva, e cioe' anteriore all'utilizzazione) non vi sia stata, il consenso precedentemente prestato resta efficace, e legittima l'uso che ne sia stato fatto in conformita' alle previsioni contrattuali, accertabili con gli ordinari mezzi processuali; e tale accertamento, riservato al giudice di merito, e' insindacabile in cassazione, se sostenuto da motivazione congrua ed esente da vizi logici e giuridici.

Con il secondo motivo di ricorso si denunzia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2043, 2059 e 1226 c.c., per avere la corte territoriale escluso il diritto al risarcimento del danno, negando l'esistenza di lesioni all'onore e al decoro della appellante, nonche' vizi di motivazione della sentenza impugnata. Si sostiene che la campagna pubblicitaria aveva recato pregiudizio alla reputazione della Sa., e che "l'illecito, in questo caso, non puo' non avere natura diffamatoria", con la conseguenza che al risarcimento del danno economico deve aggiungersi quello dei danni non patrimoniali, la cui sussistenza deve ritenersi "in re ipsa". Da ultimo si svolgono delle considerazioni in relazione ad una violazione della legge sulla tutela delle persone rispetto al trattamento dei dati personali (Legge n. 675 del 1996). L'ultimo riferimento alla Legge n. 675 del 1996 e' inammissibile, perche' vertente su questioni che la ricorrente non riferisce di aver sottoposto al giudice di merito (nella sentenza, infatti, la questione non risulta essere stata sollevata).

Nel resto il mezzo, sebbene posto sotto la rubrica della violazione di norma di diritto (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), e' apertamente diretto a sollecitare dalla corte una valutazione di merito degli elementi della fattispecie. La violazione denunciata, infatti, sarebbe stata commessa, dalla corte territoriale, affermando che nella fattispecie la fotografia pubblicata non era lesiva dell'onore e del decoro della persona ritratta. Si tratta di un tipico giudizio di merito, sindacabile in sede di legittimita' negli stretti limiti di congruenza e logicita' della motivazione, indicati dall'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e in nessun caso con il mezzo d'impugnazione prescelto, che deve di conseguenza essere dichiarato inammissibile.

Con il ricorso incidentale, il signor Cu. censura il regolamento delle spese processuali nei due gradi di merito. Egli sostiene che, sebbene non fosse stato citato in causa, il suo intervento nel giudizio intrapreso dalla Sa. si era reso necessario per dimostrare la circostanza dell'avvenuto rilascio del consenso all'utilizzazione della fotografia, contestata dall'attrice; e che in appello era stato citato dalla Sa., sicche' aveva dovuto costituirsi per difendersi.

Il mezzo e' infondato. Il ricorrente, infatti, e' intervenuto nel giudizio, nel quale non era stato citato (e contro di lui non erano state proposte domande), senza limitarsi ad aderire alle difese della convenuta e delle altre parti chiamate in causa, ma proponendo una propria domanda d'accertamento di diritti patrimoniali, che e' stata giudicata inammissibile, determinando la sua formale soccombenza. Per tale ragione non vi erano i presupposti perche' la signora Sa. dovesse essere condannata al pagamento delle spese in suo favore. La correttezza del regolamento delle spese nel primo grado, accertata dalla corte di merito, ha comportato il rigetto del suo appello, e il conseguente regolamento delle spese del giudizio di gravame.

Il rigetto dell'impugnazione principale assorbe il secondo motivo del ricorso incidentale proposto dal signor Cu., e condizionato all'accoglimento del ricorso principale, in punto di riconoscibilita' della modella nella fotografia.

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