Il decreto di espulsione è nullo se non viene tradotto a meno che vi siano delle legittime ragioni per le quali non può essere tradotto

In tema di espulsione amministrativa dello straniero, l'obbligo dell'autorita' procedente di tradurre la copia del relativo decreto nelle lingua conosciuta dallo straniero stesso e' derogabile tutte le volte in cui detta autorita' attesti e specifichi le ragioni per le quali tale operazione sia impossibile e si imponga la traduzione nelle lingue predeterminate dalla norma di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 13, comma 7, (francese, inglese, spagnolo), atteso che tale attestazione e', nel contempo, condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente a che il decreto di espulsione risulti immune da vizi di nullita'. (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Ordinanza del 7 ottobre 2009, n. 21357)
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME' Giuseppe - Presidente

Dott. ZANICHELLI Vittorio - Consigliere

Dott. SCHIRO' Stefano - Consigliere

Dott. FITTIPALDI Onofrio - Consigliere

Dott. SALVATO Luigi - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

PREFETTURA - UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI SAVONA, rappresentata e difesa, per legge, dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, e presso gli Uffici di questa domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

- ricorrente -

contro

SO. CO. AD. PA. ;

- intimata -

per la cassazione del decreto del Giudice di pace di Savona in data 28 marzo 2008.

Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 maggio 2009 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti.

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il relatore designato, nella relazione depositata il 13 febbraio 2009, ha formulato la seguente proposta di definizione:

"L'Ufficio territoriale del Governo di Savona, in persona del Prefetto pro tempore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza in data 26 febbraio 2007 con cui il Giudice di pace di Savona, in accoglimento dell'opposizione proposta dalla cittadina (OMESSO) So. Co. Ad. Pa. , ha annullato il provvedimento di espulsione emesso, nei suoi confronti, dal Prefetto di Savona il 10 maggio 2006.

Il ricorso dell'Ufficio territoriale e' affidato a quattro motivi di censura.

L'intimata non ha svolto attivita' difensiva in questa sede.

Il primo ed il quarto motivo sono manifestamente fondati. Per un verso, non rileva la circostanza, valorizzata invece dal giudice a qua, che la straniera, durante la sua breve permanenza in Italia, abbia espletato una attivita' lavorativa e condotto una vita dignitosa: secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, 25 febbraio 2004, n. 3746), nell'ipotesi di espulsione dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato senza avere chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, il decreto di espulsione costituisce un atto a carattere vincolato, la cui adozione non richiede dunque l'accertamento e la valutazione da parte del prefetto della ricorrenza di ulteriori ragioni giustificative dell'adozione della misura. Per l'altro verso, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, all'omessa consegna al cittadino straniero, al momento del suo ingresso in territorio italiano, della nota scritta illustrativa dei suoi diritti e dei suoi doveri relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia, prevista dal Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 4, comma 2, non e' espressamente collegato alcun effetto sanzionatorio e deve escludersi che da tale violazione possa inferirsi l'efficacia sanante della condizione d'irregolarita' del soggiorno in Italia dello straniero privo di regolare permesso, giacche' la scelta dello straniero di fare ingresso in Italia per motivi di turismo comporta l'insorgenza, a carico del medesimo, dell'onere di assumere informazioni circa la normativa vigente in Italia (cfr. Cass., Sez. 1, 16 marzo 2006, n. 5825).

Il secondo motivo di ricorso e' manifestamente fondato. Il Giudice di pace ha annullato il provvedimento prefettizio - tradotto in spagnolo - per mancata traduzione nella lingua madre (il portoghese) dell'espulsa. Il Giudice di pace non ha preso in considerazione l'attestazione dell'Amministrazione circa l'impossibilita' di reperire in tempi brevi un interprete di lingua conosciuta dalla persona straniera. Il Giudice di pace si e' cosi' allontanato dal principio di diritto - costante nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, 29 novembre 2006, n. 25362) - secondo cui, in tema di espulsione amministrativa dello straniero, l'obbligo dell'autorita' procedente di tradurre la copia del relativo decreto nelle lingua conosciuta dallo straniero stesso e' derogabile tutte le volte in cui detta autorita' attesti e specifichi le ragioni per le quali tale operazione sia impossibile e si imponga la traduzione nelle lingue predeterminate dalla norma di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 13, comma 7, (francese, inglese, spagnolo), atteso che tale attestazione e', nel contempo, condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente a che il decreto di espulsione risulti immune da vizi di nullita', senza che il giudice di merito possa ritenersi autorizzato a sindacare le scelte della F.A. in termini di concrete possibilita' di effettuare immediate traduzioni nella lingua dell'espellendo. In particolare, come chiarito dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 334 del 2004, articolo 3, che detta norme regolamentari e di attuazione del citato Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 13, comma 7, sempre che il giudice non accerti la sufficiente conoscenza da parte dello straniero della lingua italiana, l'attestazione da parte dell'autorita' procedente della indisponibilita' di personale idoneo alla traduzione nella lingua conosciuta dallo straniero della sintesi del contenuto del decreto di espulsione e' condizione sufficiente per la validita' della traduzione in una delle predette tre lingue, per le quali l'interessato abbia indicato preferenza.

Anche il terzo motivo appare manifestamente fondato, perche' il provvedimento del questore di intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni non e' soggetto a convalida da parte del giudice ordinario. E' costante nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. Un., 18 ottobre 2005, n. 20121) il principio secondo cui il provvedimento con il quale il questore, ai sensi del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, articolo 14, comma 5 bis, ordina allo straniero colpito da provvedimento prefettizio di espulsione di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni, non e' suscettibile di autonoma impugnazione davanti all'autorita' giudiziaria ordinaria con il procedimento previsto per l'opposizione all'espulsione dall'articolo 13 del medesimo Decreto Legislativo, non essendo ammissibile una indeterminata espansione dei mezzi di tutela tassativamente indicati dalla legge. Ne' cio' comporta una carenza di tutela giurisdizionale, in quanto, da un lato, la predetta intimazione non incide sulla liberta' personale dell'espulso (non ristretto presso un centro di permanenza temporanea, ne' sottoposto all'accompagnamento coattivo alla frontiera) e, pertanto, non comporta l'adozione degli strumenti giurisdizionali di controllo espressamente previsti per le convalide delle misure restrittive; dall'altro, il controllo sulla sussistenza dei presupposti per adottare l'intimazione e' demandato al giudice penale nell'ambito del giudizio sull'imputazione ascritta al soggetto e-spulso che si sia trattenuto senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore, potendo, in quella sede, l'autorita' giudiziaria disapplicare, ai sensi della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, articolo 5, all. E, l'atto presupposto che sia stato assunto illegittimamente".

Considerato che il Collegio non condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione depositata;

che, in particolare, con riferimento alla questione della mancata traduzione, articolata con il secondo motivo, il Giudice di pace ha rilevato che il decreto prefettizio e' stato redatto in lingua italiana e spagnola, sulla presunzione che l'espellanda conoscesse tali idiomi, mentre la lingua conosciuta dalla stessa risulta essere quella portoghese, lingua ufficiale del (OMESSO);

che la questione della presenza, nella relata di notifica del decreto di espulsione, di una attestazione della Amministrazione nel senso della impossibilita' della immediata disponibilita' di un traduttore ed interprete ufficiale nella lingua madre della cittadina straniera, e della sufficienza di essa a rendere valido il decreto, e' proposta per la prima volta in cassazione, non risultando che di essa si sia discusso nel giudizio di merito;

che, quindi, il motivo che veicola detta censura e' inammissibile;

che, pertanto, poiche' nell'ordinanza del Giudice di pace la mancata traduzione del decreto di espulsione e' ragione sufficiente della invalidita' dello stesso e, in questa parte, la pronuncia impugnata si sottrae alla censura dell'Amministrazione, il ricorso, nel suo complesso, va respinto, restando assorbito l'esame delle altre doglianze;

che nessuna pronuncia sulle spese deve essere emessa, non avendo l'intimata svolto attivita' difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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