Il gestore della piscina è responsabile ex art. 2043 c.c. per i danni subiti in conseguenza di un tuffo se ha omesso di segnalare la bassa profondità della piscina

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 2 marzo 2011, n. 5086

Ai fini dell'individuazione della responsabilita' per danni, ex articolo 2043 c.c., derivanti da un tuffo in piscina dove la profondita' dell'acqua e' bassa, posto che, secondo le comuni regole di prudenza, il gestore deve predisporre mezzi idonei a segnalarne la profondita' e un esplicito cartello per vietare i tuffi, dove la profondita' non li consente in sicurezza, qualora tale condotta risulti omessa, come nella specie, andra' valutata l'incidenza causale di tale omissione rispetto all'evento, non apparendo inverosimile - alla luce del criterio della cosiddetta causalita' adeguata - che idonei segnali di pericolo possano svolgere un effetto dissuasivo sul comportamento dell'uomo medio, e, tanto piu' su quello di un'adolescente. Inoltre, ai fini di stabilire la misura della concorrenza del comportamento colposo della vittima e della omessa apposizione di segnaletica, rilevera' se il tuffo e' avvenuto dal lato corto della piscina, dove l'acqua era senz'altro bassa, o dal lato lungo, dove la profondita' non era omogenea, nonche' la valutazione della giovane eta' della vittima rispetto alla maturita' psicologica ipotizzabile
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo - Presidente

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro - Consigliere

Dott. CARLUCCIO Giuseppa - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5016/2009 proposto da:

BR. CH. (OMESSO), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo studio dell'avvocato FIORILLI PAOLO, rappresentata e difesa dagli avvocati MICCINESI Marco, MENCHINI SERGIO, SCARPELLI LORENZO giusta delega in calce al ricorso;

- ricorrenti -

e contro

SE. BA. SP. CL. SCARL (OMESSO);

- intimato -

nonche' da:

SE. BA. SP. CL. SCARL (OMESSO), in persona del Presidente pro tempore e legale rappresentante Ve. Gi. , elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell'avvocato ANGELINI MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati BONAFEDE EUGENIO, BUIANI ERMANNO giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale subordinato;

- ricorrente incidentale -

contro

BR. CH. (OMESSO), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO N. 180, presso lo studio dell'avvocato FIORILLI PAOLO, rappresentato e difeso dagli avvocati MENCHINI SERGIO, MICCINESI MARCO, SCARPELLI LORENZO giusta delega in calce al controricorso;

- controricorrente all'incidentale -

avverso la sentenza n. 1160/2008 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, Sezione Seconda Civile, emessa il 03/07/2008, depositata il 22/07/2008; R.G.N. 2985/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 03/02/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito l'Avvocato LORENZO SCARPELLI;

udito l'Avvocato ERMANNO BUIANI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorse principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

1. Br.Ch. , che, all'eta' di quindici anni, aveva riportato gravissimi danni in esito ad un tuffo in una piscina, nella parte in cui l'acqua era alta novanta cm, conveniva in giudizio la societa' ( Se. Ba. Sp. cl. soc. coop. r.l.) che gestiva la piscina, chiedendo il risarcimento ex articolo 2043 c.c..

Nel contraddittorio con la societa' e della Ll. Ad. Spa, chiamata in giudizio dalla societa' in manleva, il Tribunale, esclusa la responsabilita' ex articolo 2043 c.c., riconoscendo il concorso di colpa della danneggiata nella misura del 30%, e un risarcimento pari a circa euro 1.100.000,00, oltre accessori; dichiarando l'assicurazione tenuta a tenere indenne l'assicurata nei limiti del massimale.

2. L'appello proposto dalla societa', nel contraddittorio anche con l'assicurazione che aveva chiesto l'estromissione dal giudizio avendo transatto la lite con la societa', veniva deciso (sentenza 22 luglio 2008) con il rigetto della domanda della Br. e la dichiarazione di assorbimento della domanda di garanzia proposta dalla societa' nei confronti dell'assicurazione.

3. Avverso la suddetta sentenza la Br. ha proposto ricorso per cassazione con nove motivi, corredati da quesiti.

Ha resistito la societa', proponendo ricorso incidentale subordinato, cui ha resistito con controricorso la Br. . Entrambe le parti hanno presentato memorie.

4. La sentenza impugnata ha rigettato la domanda sulla base delle seguenti argomentazioni:

a) l'esclusione della responsabilita', ex articolo 2050 c.c., della societa' che gestiva la piscina, affermata dal primo giudice, e' coperta da giudicato interno;

b) e' contraddittoria la sentenza di primo grado in cui riconosce l'insidia o trabocchetto e la corresponsabilita' della parte lesa, oltre a non essere pertinente il richiamo all'insidia o trabocchetto, riferibile alla responsabilita' della PA;

c) il nesso eziologico tra evento lesivo e colpa del gestore della piscina e' escluso dalle modalita' del sinistro: l'essersi la ragazza tuffata dal bordo dove l'acqua era bassa; la non allegazione, e la non emersione, di anomalie su colorazione e trasparenza dell'acqua; la ordinaria frequentazione e la conoscenza della piscina, dove nello steso giorno aveva giocato con la sorella nella parte bassa;

d) la mancanza di cartello segnaletico dell'altezza dell'acqua e del divieto di tuffarsi (cartelli, peraltro non obbligatori) non ha rilevanza causale, attese le modalita' del tuffo, a capofitto (secondo c.t.u.), le condizioni soggettive della vittima (esperta nuotatrice e frequentatrice piscina) e il principio di autoresponsabilita' valevole per i frequentatori (senza che possa rilevare l'eta', non potendosi dire immatura a 15 anni.;

e) non risulta provato che la vittima avesse eseguito prima altri tuffi del genere senza che il bagnino la ammonisse, ne' che il tuffo dai bordi fosse normalmente tollerate dai bagnini, stanti le risultanze opposte delle testimonianze;

f) l'evento e' attribuibile solo all'azzardo della vittima.

5. Il motivi di ricorso primo, secondo, sesto settimo e ottavo sono inammissibili, risolvendosi in enunciazioni di carattere generale e astratto, prive di specifiche indicazioni in relazione alla fattispecie concreta; inidonee a chiarire l'errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie; ne' potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione dell'articolo 366 c.p.c. (Cass. s.u. n. 6420 del 2008).

6. Con il nono motivo la ricorrente sostiene prospettando la violazione dell'articolo 112, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 4 - che la corte di merito ha errato nell'omettere di qualificare diversamente la domanda, avanzata delle parti ai sensi dell'articolo 2051 c.c..

Il motivo va rigettato. L'impossibilita' di configurare la violazione dell'articolo 112 c.p.c..

Nell'esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice di merito ha il potere-dovere di accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile dal tenore letterale degli atti, dalla natura delle vicende rappresentate dalla parte e dalle precisazioni dalla medesima fornite nel corso del giudizio, nonche' dal provvedimento concreto dalla stessa richiesto, proprio con il limite della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e di non sostituire d'ufficio un'azione diversa da quella esercitata (Cass. n. 15802 del 2005). D'altra parte, la possibilita' di far valere la violazione dell'articolo 112 c.p.c., per la pronuncia su una domanda non proposta o per omesso esame di una domanda proposta, e' proprio a presidio del principio dispositivo che fonda il processo civile.

7. I motivi terzo, quarto e quinto, possono essere trattati congiuntamente per la loro stretta connessione e vanno accolti.

La ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto non obbligatoria la segnaletica di pericolo nella piscina e, comunque, ha escluso qualunque rilevanza causale di tale mancanza (articolo 2043 c.c., comma 3, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 3), attribuendo la totale responsabilita' dell'evento lesivo solo all'azzardo della vittima, senza motivare sufficientemente in ordine al punto esatto del tuffo (quarto) e alla maturita' della quindicenne (quinto).

7.1. Effettivamente, il giudice di merito ha erroneamente ritenuto che la mancanza di una normativa specifica, che imponesse al gestore della piscina la collocazione di cartelli (indicatori della diversa profondita' e del divieto di tuffi dove l'acqua era bassa), escludesse la configurabilita' di un comportamento colposo in capo al gestore.

Infatti, l'apposizione di mezzi idonei a segnalare la profondita' della - cascina e di un esplicito cartello per vietare i tuffi, dove la profondita' non li consente in sicurezza, risponde alle comuni regole diprudenza, specificate nei confronti del gestore della piscina, volte ad impedire il superamento dei limiti del rischio connaturato allo svolgimento dell'attivita' sportiva.

Nessun rilievo puo' avere, quindi, la mancata elencazione di tali obblighi in norme primarie o secondarie, o in norme elaborate dagli organismi sportivi di riferimento. La loro eventuale esistenza non farebbe altro che codificare generali norme di prudenza rispetto a chi, per la natura dell'attivita' svolta, e' tenuto a garantire l'incolumita' fisica degli utenti nell'organizzazione della propria attivita' economica.

7.2. Inoltre, il giudice da un lato, non ha, erroneamente, attribuite alcuna valenza causale a tale omissione rispetto all'evento, dall'altro non ha motivato adeguatamente la ritenuta totale riconducibilita' dell'evento alla vittima.

Invero, alla luce del consolidato criterio della cosiddetta causalita' adeguata, sulla base della quale, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiono - ad una valutazione ex ante - del tutto inverosimili, non puo' negarsi che non e' inverosimile l'ipotesi che, in presenza di idonei segnali di pericolo, il comportamento dell'uomo medio, e, tanto piu' quello di un'adolescente, avrebbe potuto essere piu' accorto sino ad arrivare ad escludere il compimento del comportamento vietato.

Inoltre, la decisione censurata difetta di completa e adeguata motivazione laddove attribuisce l'evento al solo comportamento azzardato della vittima, senza spiegare se il tuffo e' avvenuto dal lato corto o lungo della piscina. Dato di non poco rilievo, se si considera che dal primo l'acqua della piscina era senz'altro bassa, mentre dal secondo la profondita' dell'acqua non era omogenea, con conseguenti ripercussioni sulla valutazione del comportamento colposo della vittima e della mancata presenza di segnali. Pure incompleta risulta la motivazione, laddove attribuisce valore assoluto alla perfetta conoscenza della piscina da parte delle vittima e alla sua esperienza come nuotatrice, sostenendo, quanto al profilo di maturita' psicologica della vittima, che "non si puo' dire che l'eta' della ragazza fosse immatura al punto tale da non consentirle di comprendere l'azzardo", laddove propria la giovanissima eta' avrebbe consigliato, secondo l'id quod plerumque accidit, una maggiore prudenza nella valutazione.

8. La societa' ha proposto ricorso incidentale subordinato, prospettando la violazione dell'articolo 112, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 4, rispetto alle critiche svolte in appello relative alla dinamica del fatto e alla ritenuta, assenza della segnaletica ai bordi della piscina.

Sulla base del principio pacifico, secondo cui "La parte totalmente vittoriosa in appello (o nell'unico grado di merito) e' legittimata a proporre ricorso incidentale solo nella ipotesi in cui intenda riproporre in cassazione l'eccezione del giudicato interno, mentre in tutti gli altri casi e' priva di interesse processuale al ricorso. Essa puo', peraltro, con riferimento alle domande od eccezioni espressamente non accolte dal giudice di merito, proporre ricorso incidentale condizionato all'accoglimento, almeno parziale, del ricorso principale, giacche' in tale ipotesi, per effetto della cassazione della sentenza impugnata, viene meno la sua posizione di parte del tutto vittoriosa, sorgendo, in tal modo, l'interesse all'impugnazione. Invece, per le domande o eccezioni non esaminate, o ritenute assorbite dal giudice di merito, non e' ammissibile neppure il ricorso incidentale condizionato, in quanto sul punto non e' stata pronunciata alcuna decisione, sicche' l'eventuale accoglimento del ricorso principale comporta pur sempre la possibilita' di riesame nel giudizio di rinvio di dette domande o eccezioni" (da ultimo rg. 4541 del 2009, ud. 24 gennaio 2011), il ricorso sarebbe stato inammissibile dando rilievo alla prospettazione della parte, che lamenta formalmente un'omessa pronuncia. Ma, il collegio ritiene che, al di la' della formale prospettazione, la ricorrente lamenti, come emerge meglio dal quesito, un vizio di motivazione della sentenza laddove non avrebbe dato conto delle eccezioni critiche svolte in appello alla sentenza di primo grado, in ordine alla ricostruzione della dinamica del fatto e alla assenza della segnaletica ai bordi della piscina. Trattandosi, allora, di censura su mancato accoglimento di eccezioni, il ricorso e' ammissibile, ma va rigettato.

Infatti, la Corte ha adeguatamente motivato, con coerenza, sia rispetto alla dinamica, dando conto del tuffo e delle modalita' sulla base della consulenza (anche se, come si e' visto, non ha specificato da quale punto della piscina), sia rispetto all'assenza della segnaletica.

9. In conclusione, il giudice di rinvio decidera' in conformita' del seguente principio di diritto: "Ai fini dell'individuazione della responsabilita' per danni, ex articolo 2043 c.c., derivanti da un tuffo in piscina dove la profondita' dell'acqua e' bassa, posto che, secondo le comuni regole di prudenza, il gestore deve predisporre mezzi idonei a segnalarne la profondita' e un esplicito cartello per vietare i tuffi, dove la profondita' non li consente in sicurezza, qualora tale condotta risulti omessa, come nella specie, andra' valutata l'incidenza causale di tale omissione rispetto all'evento, non apparendo inverosimile - alla luce del criterio della cosiddetta causalita' adeguata - che idonei segnali di pericolo possano svolgere un effetto dissuasivo sul comportamento dell'uomo medio, e, tanto piu' su quello di un'adolescente. Inoltre, ai fini di stabilire la misura della concorrenza del comportamento colposo della vittima e della omessa apposizione di segnaletica, rilevera' se il tuffo e' avvenuto dal lato corto della piscina, dove l'acqua era senz'altro bassa, o dal lato lungo, dove la profondita' non era omogenea, nonche' la valutazione della giovane eta' della vittima rispetto alla maturita' psicologica ipotizzabile".

Lo stesso giudice liquidera' le spese anche del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

Accoglie i motivi terzo, quarto e quinto, dichiara inammissibili i motivi primo, secondo, sesto; settimo e ottavo, nonche' rigetta il nono motivo del ricorso principale. Rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Firenze, in diversa, composizione.
 

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