Il "medico di famiglia" non può essere soggetto ad IRAP

Commissione Tributaria regionale LAZIO Sezione 21, Sentenza del 15 gennaio 2010, n. 13

Gli esercenti arti e professioni che non sono in alcun modo dotati di una autonoma organizzazione sono esclusi dall'ambito di applicazione dell'IRAP, laddove l'art. 3 del D.Lgs. n. 446/97 che alla lettera c) indica quali soggetti passivi gli "esercenti arti e professioni di cui all'articolo 49 c. 1 D.P.R. 917/86" si deve leggere sulla base dell'articolo 2 del citato decreto legislativo, che l'abituabilità dell'esercizio nelle professioni, non può da sola essere sufficiente ad individuare il presupposto dell'imposta se non risulta sia autonomamente organizzata. Per tale ragione il "medico di famiglia" non può essere soggetto ad IRAP.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI ROMA

VENTUNESIMA SEZIONE

riunita con l'intervento dei Signori:

Cappelli Paola - Presidente

Di Maio Raffaele - Relatore

Valentini Rita - Giudice

ha emesso la seguente

SENTENZA

- sull'appello n. 2064/09

depositato il 30/03/2009

- avverso la sentenza n. 75/41/2008

emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma

proposto dall'ufficio: Agenzia Entrate Ufficio Roma 6

controparte:

Ro.Ma.

Via (...) 00141 Roma Rm

difeso da:

Dott. Pa.Vi.

Via (...) 00137 Roma Rm

Atti impugnati:

CARTELLA DI PAGAMENTO n. (...) IRAP 2001

FATTO

L'Agenzia delle entrate - ufficio di Roma 6 ha proposto ricorso in appello avverso la sentenza 75/41/2008, depositata in data 26 febbraio 2008 dalla Commissione tributaria provinciale di Roma sez. 41.

La sentenza impugnata aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente Ma.Ro. avverso la cartella di pagamento (...) emessa dal concessionario del servizio di riscossione per tributo Irap 2001.

L'attuale appellante chiede la riforma della sentenza appellata, per vizi di legittimità, in particolare per violazione degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 446/1997, con l'accoglimento dell'appello, e la condanna alle spese di giudizio dell'appellato, per i seguenti ordini di motivi.

L'ufficio sostiene che nell'anno di imposta 2001 i componenti derivanti dall'attività professionale ammontavano a Lire 66.404.000 e le altre spese documentate erano di Lire 408.000.

Al riguardo l'appellante sostiene che sulla base dei citati dati espressi nel quadro RE il requisito dell'autonoma organizzazione è connaturato all'attività di impresa e dunque nella fattispecie non può in alcun caso essere esclusa dal versamento Irap.

L'appellante eccepisce, che si ha autonomia organizzativa, quando l'attività è esercitata senza il coordinamento ed il controllo di altri soggetti ed il rapporto professionale si attua tra il soggetto stesso che svolge l'attività e, colui il quale ha richiesto la prestazione.

Alla luce di quanto precede, l'ufficio afferma che sono da considerare prive di autonomia solo le attività coordinate e continuative, ribadendo, a proprio avviso, che la sentenza 156 del 21/06/2001 emessa dal Giudice delle leggi, ha carattere interpretativo, e non è venuto meno il presupposto impositivo a cui lo stesso contribuente si era dichiarato soggetto.

In sostanza l'ufficio insiste nel ritenere assoggettabile all'imposta, anche i lavoratori autonomi privi di una autonoma struttura organizzativa, poiché a suo parere, l'efficacia delle sentenze, compresa quella della Corte Costituzionale, dipendono dal dispositivo e non dall'interpretazione che si dà ad alcuni passaggi della loro motivazione.

L'appellato in data 1 aprile 2009 deposita le proprie controdeduzioni contesta le motivazioni addotte nell'appello, ed eccepisce che l'esistenza di autonoma organizzazione non può basarsi sui elementi quali i ricavi conseguiti o sulle irrisorie spese sostenute, ma altri sono gli elementi con cui la stessa Corte Costituzionale ha stabilito l'esistenza dell'autonoma organizzazione rimandando alla nota sentenza 156/2001.

Al riguardo il Sig. Ma.Ro. sostiene che la sua attività rientra esattamente nei canoni stabiliti dagli articoli della citata legge, per cui non è possibile considerarla dotata di autonoma organizzazione.

MOTIVAZIONE

Alla luce delle recenti sentenze nn. 5010 - 07 e 6501 - 07 emesse entrambe in data 8 marzo 2007 e pubblicata il 5 marzo 2007 dalla sezione tributaria della Corte di Cassazione, si evince che l'esistenza di un minimo di organizzazione non basta a giustificare il prelievo.

Infatti se è vero che le censure di incostituzionalità sollevate dalle varie Commissioni tributarie al decreto legislativo 446/97 sono state tutte respinte dalla Corte Costituzionale con sentenza 156 del 21/06/2001, la quale ha sancito la legittimità del tributo, è altrettanto vero che nel chiarire il presupposto dell'imposta la stessa ha indicato nell'autonoma organizzazione il vero discrimine al fine di stabilirne l'imponibilità.

Di conseguenza l'attività svolta in assenza di elementi di organizzazione, risulta mancante del "presupposto stesso dell'imposta sulle attività produttive... omissis... con la conseguente inapplicabilità della stessa imposta".

Pertanto gli esercenti arti e professioni che non sono in alcun modo dotati di una autonoma organizzazione sono esclusi dall'ambito di applicazione dell'IRAP, laddove l'art. 3 del D.Lgs. n. 446/97 che alla lettera c) indica quali soggetti passivi gli "esercenti arti e professioni di cui all'articolo 49 c. 1 D.P.R. 917/86" si deve leggere sulla base dell'articolo 2 del citato decreto legislativo, che l'abituabilità dell'esercizio nelle professioni, non può da sola essere sufficiente ad individuare il presupposto dell'imposta se non risulta sia autonomamente organizzata.

Nel caso di specie come rilevato dai Giudici di prime cure, il ricorrente ha provato che non sussistono elementi tali da far prefigurare l'esistenza di un'autonoma organizzazione, anzi si è in presenza, come accertato dalla dichiarazione dei redditi allegata al ricorso introduttivo, e di un consulente informatico che opera senza l'ausilio di lavoro dipendente, in considerazione delle vicende processuali, e nel merito per la natura del contenzioso, non si ritiene di condannare alle spese di giustizia la parte soccombente.

P.Q.M.

La Commissione respinge l'appello dell'Ufficio, e condanna lo stesso al pagamento delle spese che liquida in Euro 500,00.

Così deciso in Roma, il 1° dicembre 2009.

Depositata in Segreteria il 15 gennaio 2010.

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