L'apposizione del voto numerico nei concorsi pubblici garantisce il rispetto dell'obbligo di motivazione

Nelle procedure concorsuali, l'attribuzione di un voto numerico soddisfa sufficientemente l’ obbligo di motivazione. Né la mancata formulazione di alcun giudizio ovvero l' assenza di segni di correzione sull' elaborato comportano la violazione dell'obbligo di motivazione. Il voto numerico deve ritenersi in ogni caso legittimo ove costituisca applicazione dei criteri preventivamente enunciati.
E’ quanto statuito dal TAR di Pescara che con sentenza n. 77 del 01/02/2007 ha rigettato il ricorso promosso da un architetto contro il provvedimento con il quale la Commissione esaminatrice per gli esami di Stato per l’abilitazione alla professione di architetto non aveva ritenuto soddisfacente l’elaborato tecnico dal medesimo redatto.
Il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 13 del D.M. 9 settembre 1957, dell’art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241 e l’ eccesso di potere per difetto di motivazione, per mancanza dei presupposti, per travisamento dei fatti e per illogicità e per ingiustizia manifeste, lamentando le seguenti circostanze:
a) che era stato violato l’obbligo di motivazione in quanto sul proprio elaborato non vi erano segni
di correzione o un voto o un giudizio;
b) che non gli era stato comunicato il voto attribuito;
c) che non erano stati preventivamente fissati dalla Commissione dei criteri di valutazione, né che i
criteri gli erano mai stati comunicati.
Il TAR, nella sentenza in commento ha ricordato come la giurisprudenza amministrativa, pronunciandosi in ordine a tale problematica, ha da ultimo chiarito che anche successivamente alla entrata in vigore della L. 7 agosto 1990, n. 241, il voto numerico attribuito dalle commissioni alle prove scritte e orali di un concorso pubblico o di un esame di abilitazione esprime e sintetizza il giudizio tecnico e discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la motivazione stessa, senza necessità di ulteriori spiegazioni, e ciò in quanto detto voto numerico, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità dell’attività valutativa dell’Amministrazione, assicura la necessari chiarezza sulle valutazioni di merito compiute dalla commissione e sul potere amministrativo da quest’ultima espletato (così, da ultimo, Cons. St., sez. IV, 5 maggio 2006 n. 2162, 14 aprile 2006 n. 2127, 14 marzo 2006 n. 1284, 4 novembre 2005 n. 5259 e 14 ottobre 2005 n. 5709).
TAR, Pescara,  sez. staccata, 1 febbraio 2007, n. 77
 
S E N T E N Z A
 
sul ricorso n. 787/98, proposto da M. F., rappresentato e difeso dall’avv. Dante Angiolelli,
elettivamente domiciliato presso il proprio difensore in Pescara, via Pisa, 23;
 
contro
 
la Commissione esaminatrice per gli esami di Stato per l’abilitazione alla professione di architetto
presso l’Università degli Studi G. D’Annunzio, in persona del Presidente pro-tempore,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di L’Aquila presso cui domicilia;
per l’annullamento del provvedimento con il quale la predetta Commissione esaminatrice non ha ritenuto soddisfacente, ai fini del superamento della prova scritta, l’elaborato tecnico redatto dal ricorrente; nonché degli atti presupposti e connessi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Commissione esaminatrice per gli esami di Stato per
l’abilitazione alla professione di architetto presso l’Università degli Studi G. D’Annunzio;
Vista l’ordinanza collegiale 19 novembre 1998, n. 548, con la quale è stata respinta la domanda
incidentale di sospensione del provvedimento impugnato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie ragioni;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Udito alla pubblica udienza del 25 gennaio 2007 il relatore consigliere Michele Eliantonio e uditi,
altresì, l’avv. Aldo Moretti - su delega dell’avv. Dante Angiolelli - per la parte ricorrente e l’avv.
dello Stato Maria Grazia Lopardi per l’Amministrazione resistente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
 
F A T T O
 
L’arch. F. M. riferisce di aver partecipato agli esami di Stato per l’abilitazione alla professione di
architetto presso l’Università degli Studi G. D’Annunzio e di aver appreso di non essere stato
ammesso a sostenere la prova orale, in quanto non aveva superato la prova scritta; riferisce, altresì, di aver visionato il proprio elaborato, ma che sullo stesso non vi erano né segni di correzione, né un voto o un giudizio.
Con il ricorso in esame è insorto dinanzi questo Tribunale avverso tale mancata ammissione alla
prova orale, deducendo le censure di violazione dell’art. 13 del D.M. 9 settembre 1957, dell’art. 3
della L. 7 agosto 1990, n. 241 e di eccesso di potere per difetto di motivazione, per mancanza dei
presupposti, per travisamento dei fatti e per illogicità e per ingiustizia manifeste.
Ha in merito rilevato che sul proprio elaborato, in violazione dell’obbligo di motivazione, non vi
erano segni di correzione, né un voto o un giudizio; inoltre, non gli erano stati comunicati il voto
attribuito ed i criteri di valutazione preventivamente fissati dalla Commissione.
Tali censure la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 13 gennaio 2007. La Commissione esaminatrice per gli esami di Stato per l’abilitazione alla professione di architetto presso l’Università degli Studi G. D’Annunzio si è costituita in giudizio e con memoria depositata il 17 novembre 1998 ha confutato il fondamento delle censure dedotte.
Alla pubblica udienza del 25 gennaio 2007 la causa è stata introitata a decisione.
 
D I R I T T O
 
L’attuale ricorrente, che aveva partecipato agli esami di Stato per l’abilitazione alla professione di
architetto presso l’Università degli Studi G. D’Annunzio, con il ricorso in esame è insorto dinanzi
questo Tribunale avverso la sua mancata ammissione a sostenere la prova orale; nella sostanza ha
impugnato il provvedimento con il quale la predetta Commissione esaminatrice non ha ritenuto
soddisfacente, ai fini del superamento della prova scritta, l’elaborato tecnico redatto dal ricorrente.
Con l’unico motivo di gravame - nel dedurre le censure di violazione dell’art. 13 del D.M. 9
settembre 1957, dell’art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241 e di eccesso di potere per difetto di
motivazione, per mancanza dei presupposti, per travisamento dei fatti e per illogicità e per
ingiustizia manifeste - si è lamentato delle seguenti circostanze:
a) che era stato violato l’obbligo di motivazione in quanto sul proprio elaborato non vi erano segni
di correzione o un voto o un giudizio;
b) che non gli era stato comunicato il voto attribuito;
c) che non erano stati preventivamente fissati dalla Commissione dei criteri di valutazione, né che
criteri gli erano mai stati comunicati.
Tali doglianze, deve subito precisarsi sono tutte prive di pregio.
Va, invero, in punto di fatto precisato che – come si rileva dagli atti versati in giudizio dall’Amministrazione resistente – in realtà la Commissione esaminatrice in parola, contrariamente a
quanto ipotizzato con il gravame, aveva preventivamente fissato i criteri di valutazione degli
elaborati (cfr. verbale della seduta del 12 maggio 1998); inoltre dagli atti di giudizio (verbale della
prova scritta del 5 maggio 1998) si rileva che all’elaborato redatto dal ricorrente era stato attribuito
il voto numerico di “quattro”.
Ciò posto, essendo palese che le doglianze sopra indicate alle lettere b) e c) non sono fondate in
punto di fatto, il problema giuridico che nella sostanza il Collegio è chiamato a risolvere è quello
volto ad accertare se con l’attribuzione di un voto numerico sia soddisfatto l’obbligo di
motivazione; con la censura sopra indicata alla lettera a), l’istante, invero, deduce che nella specie
sarebbe violato l’obbligo di motivazione in quanto non era stato formulato alcun giudizio e
sull’elaborato non vi erano segni di correzione.
Ora deve al riguardo ricordarsi che la giurisprudenza amministrativa, pronunciandosi in ordine a
tale problematica, ha da ultimo chiarito che anche successivamente alla entrata in vigore della L. 7
agosto 1990, n. 241, il voto numerico attribuito dalle commissioni alle prove scritte e orali di un
concorso pubblico o di un esame di abilitazione esprime e sintetizza il giudizio tecnico e
discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la motivazione stessa, senza necessità di
ulteriori spiegazioni, e ciò in quanto detto voto numerico, oltre a rispondere ad un evidente
principio di economicità dell’attività valutativa dell’Amministrazione, assicura la necessaria
chiarezza sulle valutazioni di merito compiute dalla commissione e sul potere amministrativo da
quest’ultima espletato (così, da ultimo, Cons. St., sez. IV, 5 maggio 2006 n. 2162, 14 aprile 2006 n. 2127, 14 marzo 2006 n. 1284, 4 novembre 2005 n. 5259 e 14 ottobre 2005 n. 5709) .
In particolare, è stato ulteriormente precisato che tale giu-risprudenza in tema di sufficiente
motivazione del giudizio espresso con voto numerico nei concorsi va interpretata alla luce del
principio enunciato dall’art. 12, comma 1, del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, e tale disposizione, ai
fini di “trasparenza amministrativa nei procedimenti concorsuali” stabilisce che le commissioni
devono fissare i criteri e le modalità di valutazione delle prove di concorso; sicché il voto numerico
deve ritenersi in ogni caso legittimo ove costituisca applicazione dei criteri preventivamente
enunciati.
Con riferimento a tali conclusioni cui la giurisprudenza è da ultimo pervenuta e dalla quale il
Collegio non rinviene motivi per discostarsi, sembra, pertanto, evidente che la doglianza in esame,
così come dedotta, sia priva di pregio. Nè appare rilevante la circostanza che sull’elaborato non
siano stati apposti segni di correzione, in quanto era in merito la votazione numerica attribuita dalla Commissione era da sola idonea a sorreggere con idonea motivazione la non ammissione del
ricorrente alla prova orale.
Peraltro, deve in aggiunta rilevarsi che, successivamente alla proposizione del ricorso in esame, la
Commissione esaminatrice si è nuovamente riunita e con verbale del 30 settembre 1998 ha integrato il predetto giudizio negativo, con la seguente motivazione:
- gli elaborati risultano incompleti dal punto di vista della rappresentazione grafica e insufficienti
sotto il profilo progettuale;
- il tema richiedeva espressamente l’individuazione “dei tipi edilizi e della loro possibile
aggregazione”. Il Candidato ha presentato un solo tipo edilizio senza possibilità di aggregazione;
- la cellula abitativa è rappresentata molto schematicamente con soluzione distributiva inadeguata
e con errori di rappresentazione nel corpo scala.
Nei confronti di tale integrazione dell’atto impugnato, versata in giudizio il 17 novembre 1998, il
ricorrente non ha, però, ritenuto opportuno dedurre motivi aggiunti; di qui, sotto ulteriore aspetto,
l’improcedibilità del gravame, atteso che allo stato nessuna utilità potrebbe al ricorrente derivare dal denunciato difetto di motivazione della non ammissione dello stesso alla prova orale, in quanto tale motivazione è stata integrata in corso di giudizio.
E va sul punto ricordato che - come è noto - la L. 241 è stata sottoposta a sostanziali integrazioni e
modifiche, dapprima con la L. 11 febbraio 2005, n. 15 e poi con il D.L. 14 marzo 2005, n. 35; ora in relazione a tali modifiche normative introdotte ed, in particolare, al disposto dell’art. 21-octies
questo Tribunale (da ultimo, con sentenze 18 novembre 2006, n. 708, e 15 giugno 2006, n. 339) è
giunto alla conclusione che in corso di giudizio sia oggi possibile per l’Amministrazione integrare
la motivazione dell’atto impugnato e, dal momento che non può disporsi l’annullamento di un atto
tutte le volte in cui sia palese che il suo contenuto dispositivo non sarebbe stato diverso da quello in concreto adottato (così, da ultimo anche T.A.R. Lombardia, sede Milano, II, 8 maggio 2006, n.
1173, e T.A.R. Abruzzo, sede Pescara, 3 maggio 2006, n. 275), il ricorrente, ove ritenga di
contestare la legittimità anche di tale integrazione della motivazione, deve proporre motivi aggiunti.
Nella specie, però, il ricorrente non è insorto avverso tale integrazione della motivazione.
Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere
respinto.
Sussistono, tuttavia, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e
degli onorari di giudizio.
P. Q. M.
Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, respinge il ricorso
specificato in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 

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