La condizione di extracomunitario è una attenuante per l’omicidio ? Non è proprio così (Corte di Cassazione, Prima Sezione Penale, sent. n. 1478/2006)

La sentenza in commento può essere annoverata fra quelle che, per un non nuovo ma tuttavia recentemente incrementato malvezzo, vengono sintetizzate in modo grossolano e capzioso dalla stampa (sia quella tradizionale che quella telematica) per estrapolarne ad arte titoli ad effetto che richiamino l’attenzione del lettore, il quale poi difficilmente avrà la pazienza di leggersi l’intera decisione giudiziaria (e quindi scoprire che in realtà le cose stanno in modo diverso da come gliele ha infidamente proposte il giornalista).
In questo caso, si è detto (e letto) che, se l’autore di un omicidio è un extracomunitario, allora ciò vale come attenuante.
 
In realtà, la Suprema Corte nulla ha detto in tal senso.
Esaminando il caso di un cittadino rumeno, il quale aveva torturato fino alla morte il suo compagno (fra vittima e aguzzino, infatti, era in corso una relazione omosessuale), assistendo indifferente alle atroci sofferenze che le ferite da lui inferte procuravano all’altro, e per tale motivo era stato condannato in primo grado alla pena prevista per l’omicidio aggravato dalla crudeltà, salvo poi beneficiare di una riduzione della pena in appello, in quanto gli erano state riconosciute le attenuanti generiche, tali da bilanciare l’aggravante imputatagli nel primo processo, gli ermellini giungono a ritenere che il giudizio di equivalenza fra circostanze cui il secondo grado giudiziario era pervenuto sia stato motivato in modo congruo e adeguato.
 
Si rilevava, infatti, che nell’ambito del notoriamente ampio calderone delle attenuanti generiche venivano fatte rientrare la giovane età dell’imputato, la sua arretratezza culturale e la sua situazione di emarginazione sociale conseguente allo stato di immigrato clandestino, senza uno stabile lavoro e senza uno stabile riferimento in Italia.
Ciò che peraltro era la base giuridica, non contestante dal ricorrente, Procuratore Generale, della valutazione di fatto dell’episodio criminoso, quest’ultima valutazione che è sottratta ope legis all’esame del grado di legittimità.
 
La Prima Sezione Penale della Corte, quindi, ha dichiarato inammissibile il ricorso, senza pronunciarsi sull’esattezza dell’aver considerato le indicate attenuanti equivalenti con l’aggravante della crudeltà ma semplicemente giudicando che il processo logico che ha portato il Giudice d’appello ad esprimere tale equivalenza è stato congruamente e adeguatamente motivato.
 
Nessun nuovo e rivoluzionario principio penalistico, dunque, introdotto nel nostro ordinamento, anche se altri giudici di merito potranno seguire il ragionamento del Collegio di secondo grado di questo caso, forti di un pur solo formale avallo della Suprema Corte a tale ragionamento: uccidere un uomo non può essere meno grave se a farlo è un extracomunitario.
* * *
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
UDIENZA PUBBLICA
DEL 13/12/2006
SENTENZA
N. 1478/06
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Gemelli Torquato Presidente
1. Dott. Vancheri Angelo Consigliere
2. Dott. Vecchio Massimo “
3. Dott. Siotto Maria Cristina “
4. Dott. Urban Giancarlo “
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO
CORTE ASSISE APPELLO di MILANO
 
Nei confronti di:
1) NEAGU MARIAN N. il 18/05/1982
avverso SENTENZA del 02/03/2006
CORTE ASSISE APPELLO di MILANO
 
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA         la relazione fatta dal Consigliere
URBAN GIANCARLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Cons. Luigi Ciampoli
Che ha concluso per l’annullamento con rinvio.
Udito il difensore Avv. Cesare Del Maso.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 2 marzo 2006 la Corte d’Assise d’Appello di Milano in parziale accoglimento dell’appello proposto da NEAGU Marian, imputato per omicidio e rapina ai danni di Ferrua Carlo riduceva la pena inflitta (riconosciute le attenuanti generiche ritenute equivalenti all’aggravante della crudeltà) ad anni 17 e mesi 4 di reclusione e confermava nel resto la sentenza di primo grado.
In fatto, risulta dalla confessione dello stesso imputato che nella notte tra il 18 e il 19 novembre 2003 il Neagu uccise il Ferrua presso l’abitazione di quest’ultimo e quindi si impossessò di denaro, del cellulare, di alcuni oggetti prelevati presso la stessa casa del Ferrua. L’omicidio era avvenuto nel quadro di una relazione omosessuale che da qualche giorno era iniziata tra i due. L’aggravante di aver agito con crudeltà sarebbe conseguente alla particolare efferatezza dell’omicidio, eseguito con numerosi colpi inferti sul cranio con un corpo contundente: il volto era devastato, con le regioni orbitali tumefatte, la regione nasale assai gonfia, fuoriuscita di sostanza ematica dalle narici; mani e piedi erano legati.
Propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Milano sul punto delle attenuanti generiche, concesse in sede di appello. Il ricorso dà atto che in primo grado le attenuanti generiche erano state escluse in considerazione della brutalità dell’aggressione e dell’indifferenza dimostrata per l’agonia della vittima in quanto l’imputato, dopo aver ripetutamente colpito il Ferrua e dopo averlo legato mani e piedi, si era trattenuto nell’abitazione dello stesso per oltre un’ora mentre la vittima agonizzava. La Corte d’Assise d’Appello era invece venuta meno all’obbligo di indicare le ragioni per le quali si era ritenuto di riconoscere le attenuanti generiche, concesse per la giovane età dell’imputato, la sua condizione personale, caratterizzata da uno stato di emarginazione sociale e di arretratezza culturale, tralasciando di considerare che nell’eseguire il delitto, il Neagu aveva inutilmente infierito in modo brutale sul corpo della vittima, ormai ridotta del tutto all’impotenza.
Motivi della decisione
Il ricorso è manifestamente infondato.
La questione sollevata dal Procuratore Generale ricorrente, sulla compatibilità delle attenuanti generiche riconosciute in appello, con la estrema efferatezza del delitto, si risolve sostanzialmente in una valutazione del fatto, in ordine alla quale non è consentito alcun sindacato, nella presente sede di legittimità, in presenza di una congrua ed adeguata motivazione. Si rileva, a tale proposito, che la Corte d’Assise d’Appello ha dato conto, sia pure in modo sintetico, ma certo non illogico, delle ragioni per le quali è stata ritenuta l’attenuante di cui all’art. 62 bis c.p.: si è avuto riguardo al comportamento processuale, alla giovane età dell’imputato, nonché alla sua arretratezza culturale e alla sua situazione di emarginazione sociale conseguente allo stato di immigrato clandestino, senza uno stabile lavoro e senza uno stabile riferimento in Italia. Si è quindi proceduto ad un attento esame del giudizio di comparazione rispetto all’aggravante di cui all’art. 61 n. 4 c.p., riconosciuta proprio in conseguenza alla ferocia dell’azione lesiva, pervenendo quindi alla valutazione di equivalenza.
Il ricorso, incentrato esclusivamente su tale aspetto, deve essere quindi dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Prima Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2006.
Il Consigliere estensore                                                                                              Il Presidente
Depositata in cancelleria il 16 gennaio 2007


(2) La condanna per un reato contro la libertà sessuale costituisce di per sé motivo ostativo assoluto al rinnovo del permesso di soggiorno (TRGA Trentino-Alto Adige, sezione di Trento, sent. n. 375/2006)
 
Anche il TAR Puglia, Sezione di Lecce, con sentenza 32/2007 dell’11 gennaio 2007 si adegua alla giurisprudenza amministrativa che ha individuato nell’art. 26 comma 7 bis del T.U. sull’Immigrazione, D. lgs. 286/98, il grimaldello legislativo che consente alle Questure di tutta Italia per revocare o negare il rinnovo del permesso di soggiorno automaticamente (cioè senza esaminare caso per caso se il soggetto richiedente sia realmente pericoloso per la società) a tutti quei cittadini extracomunitari che abbiano riportato condanne penali per determinati reati, in specie quelli di cui all’art. 171 comma 1 lett. c della L. 633/1941, c.d. Legge sul Diritto d’Autore.
 
Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, ma meritano di essere segnalati alcuni obiter dicta di questa decisione:
- il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno non può essere considerato una pena accessoria, quindi non è sospendibile ex art. 166 c.p. per effetto della sospensione condizionale della pena, ma una misura di sicurezza amministrativa riservata alla autorità di pubblica sicurezza;
- il legislatore (come appare abbastanza ovvio) ha ampia discrezionalità nel regolamentare la disciplina dei reati e, quindi, non è illogico che la commissione di taluni di essi, previo il collegamento fra normative, determini conseguenze come, appunto, quello di automaticamente far discendere dalla condanna penale il sintomo di una condotta riprovevole tale da non giustificare la permanenza nel Paese.
* * *
 
REPUBBLICA  ITALIANA 
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA PUGLIA
LECCE  
TERZA SEZIONE  
Registro Decisioni:   32/2007
Registro Generale: 1905/2006  
 
nelle persone dei Signori:
MARCELLA COLOMBATI Presidente, relatore  
LUIGI COSTANTINI Cons.
SILVIO LOMAZZI Ref.  
ha pronunciato la seguente  
SENTENZA 
nella Camera di Consiglio del 11 Gennaio 2007  
Visto il ricorso 1905/2006 proposto da:
SALL ALIOUNE BADARA  
rappresentato e difeso da:
GARRISI LETIZIA
con domicilio eletto in LECCE
VIA F.A.PICCINNI 6
presso
GARRISI LETIZIA  
 contro 
PREFETTO DI LECCE
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO
con domicilio eletto in LECCE
VIA F.RUBICHI 23
presso la sua sede 
 
QUESTORE DI LECCE
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO
con domicilio eletto in LECCE
VIA F.RUBICHI 23
presso la sua sede
per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,
del provvedimento n. 87-06 emesso in data 03.11.2006, e notificato il 03/11/2006 con il quale il Questore di Lecce ha decretato il rigetto dell’istanza presentata dal Sig. Sall Alioune Badara per il rinnovo di permesso di soggiorno, nonché di tutti gli atti e provvedimenti comunque presupposti, connessi e consequenziali a quello impugnato. 
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del:
PREFETTO DI LECCE
QUESTORE DI LECCE  
Visti gli atti tutti della causa;
Udito il relatore Pres. Marcella Colombati e uditi, altresì, per la parte ricorrente l’Avv.to Garrisi e per l’Amministrazione resistente l’Avv.to dello Stato Invitto; 
Rilevato in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
 
Avvertite le parti, come da verbale, della possibilità per il Collegio di adottare una sentenza breve per decidere il ricorso nel merito e ritenuta la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria ai sensi dell’art. 9 della legge n. 205/2000;
 Ritenuto che il provvedimento di rigetto impugnato si fonda sul presupposto di una condanna irrevocabile per la violazione delle norme sul diritto d’autore (art. 171 ter, comma 1, lett. C della legge n. 633 del 1941) per un reato commesso il 26.7.2004 e cioè nella vigenza della nuova disposizione introdotta dal comma 7 bis dell’art. 26 del t.u. sull’immigrazione n. 286 del 1998 e succ. modifiche ( L. n. 189/2002);
Considerato che detta nuova disposizione comporta l’automatico rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo;
-  che il primo motivo di ricorso è addirittura inammissibile, rivolgendosi avverso l’ “espulsione” dello straniero che, com’è noto, appartiene alla cognizione del giudice ordinario, con la conseguenza che le argomentazioni relative all’applicabilità della  legge n. 1423 del 1956 sulle “persone pericolose” sono del tutto ininfluenti nel presente giudizio;
-  che non può essere accolto il secondo motivo, nel quale si sostiene la carenza assoluta di potere del Questore per avere emesso il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno in assenza di richiesta da parte del pubblico ministero e senza avere tenuto conto della sospensione condizionale della pena che estende i suoi effetti alle pene accessorie ex art. 166 c.p.;
-  che, difatti,  il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno non è una pena accessoria, bensì una misura di sicurezza amministrativa riservata dal t.u. sull’immigrazione alla autorità di pubblica sicurezza, da non confondere con il provvedimento espulsivo di cui all’art. 13, commi 2 e seg., del medesimo testo unico la cui cognizione è del giudice ordinario;
-  che, quanto al terzo motivo, l’automatismo introdotto dall’art. 26, comma 7 bis, del t.u. e che – secondo una lettura costituzionalmente corretta - deve intendersi come valevole per i fatti commessi “dopo” l’entrata in vigore della nuova disciplina, non appare in contrasto con nessun parametro costituzionale poiché il soggetto era perfettamente consapevole, all’epoca della commissione del reato, delle conseguenze della sua condotta e nessuna previa valutazione della sua pericolosità sociale è nella specie affidata alla p.a.;
-  che in proposito appaiono del tutto ininfluenti  le argomentazioni a sostegno della “netta distinzione tra il primo ingresso di un c.d. migrante economico”, per il quale il “rigoroso divieto non appare irragionevole”, e l’ipotesi di uno straniero che “sia già stabilmente e regolarmente soggiornante in Italia” per il quale dovrebbe invece valutarsi la pericolosità sociale per rimuovere il detto automatismo;
-  che, difatti, deve riconoscersi l’ampia discrezionalità del legislatore in materia di regolamentazione dell’immigrazione e di disciplina dei reati e non è illogico che la commissione di un reato, cui la legge ricollega determinate conseguenze, sia di per sé sintomo di una condotta riprovevole e tale da non giustificare la permanenza nel paese;
- che in conclusione il ricorso non può essere accolto, ma le spese possono essere compensate in relazione alla qualità del ricorrente. 
P.Q.M. 
Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia – Lecce, sezione terza, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in epigrafe. 
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio dell’ 11 gennaio 2007.
Marcella COLOMBATI       Presidente-Estensore

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