La declaratoria di esecutivita' della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullita' del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di uno solo dei coniugi, di uno dei bona matrimonii, postula che la divergenza unilaterale tra volonta' e dichiarazione sia stata manifestata all'altro coniuge

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 5 marzo 2012, n. 3378

La declaratoria di esecutivita' della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullita' del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di uno solo dei coniugi, di uno dei bona matrimonii, postula che la divergenza unilaterale tra volonta' e dichiarazione sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero che sia stata da questo in effetti conosciuta, o che non gli sia stata nota esclusivamente a causa della sua negligenza, atteso che, qualora le menzionate situazioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo nella contrarieta' all'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole. In quest'ambito, se, da un lato, il giudice italiano e' tenuto ad accertare la conoscenza o l'oggettiva conoscibilita' dell'esclusione anzidetta da parte dell'altro coniuge con piena autonomia, trattandosi di profilo estraneo, in quanto irrilevante, al processo canonico, senza limitarsi al controllo di legittimita' della pronuncia ecclesiastica di nullita', dall'altro, la relativa indagine deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronuncia da delibare ed agli atti del processo medesimo eventualmente acquisiti, opportunamente riesaminati e valutati, non essendovi luogo, in fase di delibazione, ad alcuna integrazione di attivita' istruttoria; inoltre, il convincimento espresso dal giudice di merito sulla conoscenza o conoscibilita' da parte del coniuge della riserva mentale unilaterale dell'altro costituisce, se motivato secondo un logico e corretto iter argomentativo, statuizione insindacabile in sede di legittimita'.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente

Dott. DI PALMA Salvatore - Consigliere

Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere

Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere

Dott. BISOGNI Giacinto - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avv.to (OMISSIS) che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS), domiciliato in Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall'avv. (OMISSIS), giusta mandato a margine del controricorso;

- controricorrente -

e nei confronti di:

Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bari; Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione;

avverso la sentenza della Corte di appello di Bari n. 311/08, emessa il 4 marzo 2008, depositata il 28 marzo 2008, nella procedura iscritta al n. 1970/06 R.G.;

udita la relazione della causa svolta all'udienza del 4 novembre 2011 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito l'Avvocato (OMISSIS) per la ricorrente;

udito l'Avvocato (OMISSIS) per il controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS) chiedeva alla Corte di appello di Bari di dichiarare l'efficacia nella Repubblica Italiana della sentenza del Tribunale ecclesiastico regionale pugliese (confermata in appello e resa esecutiva dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica in data 27 agosto 2004) con la quale era stata dichiarata la nullita' del matrimonio concordatario celebrato a (OMISSIS) il (OMISSIS) fra (OMISSIS) e (OMISSIS) per esclusione dell'indissolubilita' del vincolo da parte del marito.

Si costituiva (OMISSIS) che chiedeva il rigetto della domanda con condanna del richiedente al risarcimento dei danni e, subordinatamente alla pronuncia di riconoscimento della sentenza ecclesiastica, la condanna di (OMISSIS) al pagamento di una congrua indennita' ex articolo 129 bis c.c..

La Corte di appello di Bari ha dichiarato l'efficacia in Italia della sentenza di nullita' del matrimonio fra (OMISSIS) e (OMISSIS) e ha respinto le domande riconvenzionali proposte da quest'ultima.

Ricorre per cassazione (OMISSIS) affidandosi a due motivi di ricorso.

Si difende con controricorso (OMISSIS).

Le parti depositano memorie difensive.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 8 comma 2, lettera b) e c) dell'accordo di revisione del Concordato Lateranense del 1929, ratificato con Legge n. 121 del 1985 nonche' dell'articolo 797 c.p.c., comma 6, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3 e assoluto difetto di motivazione circa un fatto decisivo della controversia, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5.

La ricorrente pone alla Corte i seguenti quesiti di diritto:

1) "se l'evidente contrasto con l'ordinamento interno impedisce la delibazione di una sentenza il cui portato sia inconciliabile con le regole processuali e sostanziali vigenti in Italia".

2) "se, in riferimento al dettato normativo dell'articolo 8, comma 2 lettera b), dell'accordo di revisione del Concordato Lateranense del 1929, ratificato con Legge n. 121 del 1985, la Corte di appello, chiamata a delibare nell'ordinamento italiano una sentenza ecclesiastica di nullita' del matrimonio concordatario, debba limitarsi a verificare il rispetto formale ed apparente del principio del contraddittorio e del diritto di difesa o debba effettuare un esame concreto e dettagliato delle risultanze del processo ecclesiastico, al fine di stabilire se le parti hanno usufruito di un processo giusto ed equo, alla luce dei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione italiana".

3) "quali sono i criteri che la Corte di appello deve utilizzare per valutare il rispetto del diritto di agire e resistere nel processo ecclesiastico nonche' quali elementi della fattispecie concreta puo' utilizzare per la suddetta valutazione e se per la suddetta valutazione assume rilevanza il difetto e/o l'incongruita' della motivazione della sentenza ecclesiastica da delibare".

Il primo quesito e' inammissibile per la sua evidente genericita'.

Nondimeno e' opportuno ribadire (in conformita' a quanto affermato da Cass. civ. n. 3339 del 6 marzo 2003 e da Cass. civ. n. 814 del 15 maggio 2009) che il riconoscimento degli effetti civili della sentenza di nullita' del matrimonio concordatario, pronunciata dai Tribunali Ecclesiastici, non e' precluso dalla preventiva instaurazione di un giudizio di separazione personale tra gli stessi coniugi dinanzi al giudice dello Stato Italiano, giacche' il giudizio e la sentenza di separazione personale hanno petitum, causa petendi e conseguenze giuridiche del tutto diversi da quelli del giudizio e della sentenza che dichiara la nullita' del matrimonio (cfr. in tale senso; Cass. A. civile n. 3339 del 2003).

Al secondo quesito deve rispondersi ribadendo il principio secondo cui la norma della Legge 25 marzo 1985, n. 121, articolo 8, comma 2, lettera b), che indica le condizioni alle quali possono essere dichiarate efficaci in Italia le sentenze di nullita' dei matrimoni concordatari emanate dai tribunali ecclesiastici, va interpretata nel senso che sussiste una violazione del diritto delle parti di agire e resistere in giudizio solo in presenza di una compressione della difesa negli aspetti e requisiti essenziali garantiti dall'ordinamento dello Stato (cfr. Cass. civ. n. 6686 del 19 marzo 2010 secondo cui in tema di delibazione della sentenza del tribunale ecclesiastico dichiarativa della nullita' del matrimonio concordatario, la violazione, nel corso del procedimento, del diritto delle parti di agire e resistere in giudizio, quale situazione ostativa alla delibazione, e' riscontrabile soltanto in presenza di una compromissione del diritto alla difesa negli aspetti e requisiti essenziali garantiti dall'ordinamento dello Stato, mentre resta irrilevante una mera diversita' di regolamentazione processuale del diritto stesso). La Corte di appello ha accertato la regolarita' della citazione in giudizio dell'odierna ricorrente. Le altre deduzioni difensive della (OMISSIS) attengono a rilievi che di certo non pongono in essere alcuna lesione del suo diritto di difesa.

Anche il terzo quesito appare manifestamente generico. Nel testo illustrativo del ricorso e nella memoria difensiva la ricorrente lamenta di non aver fruito di un processo giusto e imparziale e rileva che tale affermazione sarebbe stata facilmente riscontrabile da un esame della motivazione della sentenza del tribunale ecclesiastico in merito alle prove relative alle sue condizioni di salute e alle sue caratteristiche personali e comportamentali. Correttamente sul punto la Corte di appello ha affermato che il tema delle condizioni di salute e della personalita' della (OMISSIS) esulano dal giudizio di delibazione. Si tratta infatti di considerazioni che non hanno alcuna rilevanza nel nostro ordinamento e che si palesano del tutto ininfluenti al fine di accertare la rilevanza della dedotta riserva mentale dell'odierno controricorrente all'epoca della celebrazione del matrimonio.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., articolo 132 c.p.c., n. 4, articolo 797 c.p.c., comma 7, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3 e la insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5.

La ricorrente pone alla Corte i seguenti quesiti di diritto:

1) nel caso in cui la Corte di appello sia chiamata a delibare una sentenza ecclesiastica di nullita' del matrimonio concordatario per esclusione da parte di un coniuge dell'indissolubilita' del vincolo, quali siano gli elementi obiettivi che possono essere considerati rivelatori della riserva mentale del coniuge, in assenza di una ammissione diretta all'altro coniuge.

2) quali sono i criteri e le regole ermeneutiche che il giudice della delibazione deve utilizzare per valutare la concreta presenza degli indici rivelatori della riserva mentale di un coniuge, ai fini della identificazione di un parametro univoco per la determinazione dell'obiettiva conoscibilita' della il riserva mentale da parte dell'altro coniuge.

3) se la confessione della riserva implichi di per se' un efficiente grado di responsabilita' nei confronti dell'ignaro coniuge.

Esclusa la rilevanza del terzo quesito, se rapportato al presente procedimento in cui e' data per pacifica la non comunicazione della riserva mentale in epoca antecedente al matrimonio, si deve rilevare la consolidata giurisprudenza di questa Corte (si veda in particolare Cass. civ., 1 sezione n. 24047 del 10 novembre 2006) che afferma come la declaratoria di esecutivita' della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullita' del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di uno solo dei coniugi, di uno dei bona matrimonii, postula che la divergenza unilaterale tra volonta' e dichiarazione sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero che sia stata da questo in effetti conosciuta, o che non gli sia stata nota esclusivamente a causa della sua negligenza, atteso che, qualora le menzionate situazioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo nella contrarieta' all'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole. In quest'ambito, se, da un lato, il giudice italiano e' tenuto ad accertare la conoscenza o l'oggettiva conoscibilita' dell'esclusione anzidetta da parte dell'altro coniuge con piena autonomia, trattandosi di profilo estraneo, in quanto irrilevante, al processo canonico, senza limitarsi al controllo di legittimita' della pronuncia ecclesiastica di nullita', dall'altro, la relativa indagine deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronuncia da delibare ed agli atti del processo medesimo eventualmente acquisiti, opportunamente riesaminati e valutati, non essendovi luogo, in fase di delibazione, ad alcuna integrazione di attivita' istruttoria; inoltre, il convincimento espresso dal giudice di merito sulla conoscenza o conoscibilita' da parte del coniuge della riserva mentale unilaterale dell'altro costituisce, se motivato secondo un logico e corretto iter argomentativo, statuizione insindacabile in sede di legittimita'.

Per quanto riguarda i requisiti della prova che il giudice della delibazione deve riscontrare al fine di accertare che la riserva mentale non sia stata nota all'altro coniuge esclusivamente a causa della sua negligenza si deve ritenere che il rispetto di un principio fondamentale quale quello della tutela della buona fede e dell'affidamento trova una particolare ragion d'essere con riferimento all'istituto del matrimonio che presuppone, per definizione e nella generalita' dei casi, una concorde volonta' dei coniugi nell'assunzione di un vincolo di particolare rilevanza e con incisive conseguenze sulla loro vita personale sicche' la prova della mancanza di negligenza deve essere particolarmente rigorosa e basarsi su circostanze oggettive e univocamente interpretabili che attestino la consapevole accettazione dello stato soggettivo dell'altro coniuge. La Corte di appello di Bari non si e' attenuta a questo criterio in quanto ha reso sul punto una motivazione meramente assertiva e/o insuscettibile di controllo da parte del giudice di legittimita'.

Il ricorso va pertanto accolto relativamente al secondo motivo per le ragioni illustrate, con rinvio alla Corte di appello di Bari anche per le spese di questo giudizio, e cio' determina l'assorbimento del terzo motivo con il quale la ricorrente ha dedotto che il giudice della delibazione deve poter valutare il diritto alla corresponsione degli emolumenti economici previsti dall'articolo 129 bis c.c., in favore del coniuge in buona fede, sulla base delle risultanze del processo canonico e dei documenti allegati dalle parti senza necessita' di una precipua deduzione del periculum in mora da parte dell'istante.

La richiesta di cancellazione di frasi offensive del decoro e della dignita' della magistratura contenute nel ricorso non puo' essere accolta in quanto le espressioni citate nel controricorso, se pure ispirate a un tono espositivo iperbolico che (puo' non, essere apprezzato, sono comunque riconducibili a un diritto di critica dei provvedimenti giurisdizionali che deve essere garantito alla difesa.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Bari che, in diversa composizione, decidera' anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione.

 

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