La pubblica amministrazione non può negare il rinnovo del permesso di soggiorno anche se sono stati presentati documenti relativi ad un rapporto di lavoro risultato poi fittizio.

La pubblica amministrazione non può negare il rinnovo del permesso di soggiorno anche se sono stati presentati documenti relativi ad un rapporto di lavoro risultato poi fittizio. E' quanto stabilito dal TAR del veneto con sentenza n. 1253/2008 in quanto la norma che stabilisce che la presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a supporto della domanda di visto comporta l'inammissibilità della domanda è una norma di carattere speciale e si applica soltanto al visto e non può essere estesa alla richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:

Angelo De Zotti Presidente

Angelo Gabbricci Consigliere

Stefano Mielli Referendario, relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. /2006, proposto da A, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Ferrero e Zeno Baldo, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell'art. 35 R.D. 26 giugno 1924, n. 1054;

contro

l'Amministrazione dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge;

per l’annullamento del provvedimento prot. Cat. A.11/2006/Uff.Imm. nr. 42/06 Div. P.A.S. emesso in data 21.4.2006, notificato il 24.5.2006, con il quale il Questore della Provincia di Venezia ha revocato il permesso di soggiorno n. SVE239479 rilasciato a favore della ricorrente per motivi di lavoro subordinato.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione dell'Interno depositato il 24 agosto 2006;

visti gli atti tutti di causa;

udito nella pubblica udienza del 28 febbraio 2008 - relatore il referendario Stefano Mielli - l’avv. dello Stato Cardin, nessuno comparso per la parte ricorrente;

ritenuto in fatto e considerato in diritto:

FATTO E DIRITTO

La ricorrente è titolare di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro rilasciato il 17 maggio 2003 a seguito della regolarizzazione di cui al decreto legge 9 settembre 2002, n. 195, convertito, con modificazioni, in legge 9 ottobre 2002, n. 222, successivamente rinnovato fino al 19 maggio 2006.

Con provvedimento del 21 aprile 2006 il permesso di soggiorno è stato revocato, per la ritenuta pericolosità sociale della ricorrente, desunta dalla circostanza che alla domanda di rinnovo presentata nel 2004 aveva allegato la sussistenza di un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio.

La Questura con il provvedimento impugnato afferma che la ricorrente rientrerebbe nella previsione normativa della legge 27 dicembre 1956, n. 1423[1], per l'attività illegale posta in essere che prevedrebbe necessariamente collegamenti in ambito sociale con ambienti e soggetti dediti ad attività illecite, e precisa di non dar luogo alla comunicazione di avvio del procedimento di revoca perché reputa che il provvedimento non possa essere diverso da quello in concreto adottato invocando quanto previsto dall'art. 21 octies, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Con ricorso notificato il 20 luglio 2006 e depositato il 24 agosto 2006, il provvedimento di revoca è impugnato con un unico ed articolato motivo, concernente la violazione degli artt. 7, 8 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché per carenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione.

Si è costituita in giudizio l'Amministrazione dell'Interno chiedendo che il ricorso sia respinto perché infondato.

Con ordinanza n. 690 del 5 settembre 2006 è stata accolta la domanda cautelare.

Alla pubblica udienza del 28 febbraio 2008, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato e merita di essere accolto sotto entrambi i profili sollevati dalle censure proposte.

Nei confronti della ricorrente non risulta emessa alcuna sentenza di condanna e, come è già stato affermato dalla giurisprudenza anche di questa Sezione (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 5 ottobre 2007, n. 3177; id 24 luglio 2007, n. 2588) la produzione di documentazione relativa a rapporti di lavoro rivelatisi fittizi ed utilizzata per la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, non comporta, per ciò stesso, il diniego del provvedimento richiesto, in quanto la disposizione di cui all’art. 4, comma 2, del D.Lg. 286/98 (che dispone che "la presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l'inammissibilità della domanda") è una norma di carattere speciale (a fattispecie esclusiva) riferita soltanto al visto.

La conseguenza derivante dalla produzione della predetta documentazione è che la stessa risulta inutilizzabile, ma tuttavia lo straniero è ammesso a provare di possedere sufficienti mezzi di sostentamento, anche sopravvenuti successivamente alla presentazione della domanda di rinnovo, in quanto la valutazione della sussistenza dei requisiti, ai sensi dell'art. 5, comma 5,del D. lgs. 25 luglio 1998, n. 286 [2], va rapportata non solo al momento in cui lo straniero ha presentato la domanda, ma anche a quello in cui l'Autorità amministrativa si pronuncia effettivamente su di essa, occorrendo fare riferimento alle condizioni attuali dello straniero (cfr. Cass., Sez. I, 3 febbraio 2006 , n. 2417).

Per quanto concerne il giudizio di pericolosità sociale, la giurisprudenza ha osservato che costituisce tipica espressione del potere discrezionale dell'Amministrazione a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e necessita di un accertamento degli elementi che lo giustificano in relazione all'attualità della pericolosità e alla necessità di un esame globale della personalità del soggetto.

In questo contesto, contrariamente a quanto afferma il provvedimento impugnato, manca da parte della Questura la dimostrazione che il contenuto del provvedimento di revoca, disposto per l'utilizzo, nella domanda di rinnovo, di documentazione attestante un rapporto di lavoro rivelatosi fittizio, non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato.

Infatti un corretto contraddittorio procedimentale avrebbe permesso all'interessata di fornire ogni utile elemento circa la sua attuale situazione reddituale e il suo inserimento sociale.

Pertanto l'omessa comunicazione di avvio del procedimento e la mancata acquisizione dell'apporto dell'interessato comportano l'illegittimità del provvedimento impugnato.

Parimenti risulta non ragionevolmente e logicamente motivata l'espressione, in mancanza del concorso di altre circostanze, di un giudizio di pericolosità sociale riferito, in modo generico e non circostanziato, all'elevato allarme sociale determinato dalla condotta per il suo porsi "in contrasto con i fini ispiratori del Dlgs. n. 286 del 1998" e idoneo a determinare "turbative al normale assetto della collettività".

Infatti il comportamento contestato, risalente a due anni prima e di carattere episodico, secondo l'id quod plerumque accidit, non può essere considerato immediatamente sintomatico della pericolosità sociale in quanto, non evidenziando di per sé l'appartenenza alla categoria di soggetti dediti abitualmente a traffici delittuosi o che vivono abitualmente con proventi di attività delittuose, non risulta isolatamente sussumibile in alcuna delle fattispecie contemplate dall'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423.

In definitiva pertanto il ricorso deve essere accolto con annullamento del provvedimento impugnato.

In considerazione della peculiarità delle vicende oggetto del giudizio, le spese possono tuttavia essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento prot. Cat. A.11/2006/Uff. Imm. nr. 42/06 Div. P.A.S. del Questore della Provincia di Venezia.

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio del 28 febbraio 2008.

Il Presidente l’Estensore

Il Segretario



Depositata in Segreteria il 9 maggio 2008

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