Per persecuzione deve intendersi una forma di lotta radicale contro una minoranza che può anche essere attuata sul piano giuridico e specificamente con la semplice previsione del comportamento che si intende contrastare come reato punibile con la reclusione

Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 20 settembre 2012, n. 15981

Per persecuzione deve intendersi una forma di lotta radicale contro una minoranza che può anche essere attuata sul piano giuridico e specificamente con la semplice previsione del comportamento che si intende contrastare come reato punibile con la reclusione. Nel caso di specie, vista la disposizione del codice penale senegalese - secondo cui: "Sans préjudice des peines plus graves prévues par les a1inéas qui précédent ou par les articles 320 et 321 du présent Code, sera puni d'un emprisonnement d'un à cinq ans et d'une amende de 100.000 a 1.500.000 francs, quiconque aura commis un acte impudique ou contre nature avec un individu de son sexe. Si l'acte a été commis avec un mineur de 21 ans, le maximum de la peine sera toujours prononcé" - per conseguenza le persone di orientamento omosessuale sono costrette a violare la legge penale del Senegal e a esporsi a gravi sanzioni per poter vivere liberamente la propria sessualità. Ciò costituisce una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini senegalesi omosessuali che compromette grandemente la loro libertà personale.
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME' Giuseppe - Presidente

Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere

Dott. BERNABAI Renato - Consigliere

Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere

Dott. BISOGNI Giacinto - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), elett.te dom.to in (OMISSIS), c/o studio dell'avv.to (OMISSIS) (comunicazioni richieste al fax (OMISSIS)) che lo rappresenta e difende, con l'avv.to (OMISSIS) (fax (OMISSIS)) per mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

Ministero Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e domiciliato presso i suoi uffici in Roma, via 2012 dei portoghesi 12;

- intimato -

avverso la sentenza della Corte d'appello di Trieste emessa il 14 giugno 2011 e depositata il 25 agosto 2011, R.G. n. 69/2011;

sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI Pasquale;

rilevato che la Corte ha deliberato di adottare la motivazione semplificata della decisione.

RILEVATO

che:

1. Con ricorso del 15 aprile 2010 (OMISSIS), cittadino (OMISSIS), ha chiesto al Tribunale di Trieste il riconoscimento dello status di rifugiato politico o, in subordine, la concessione della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno. Ha affermato di essere omosessuale e di non poter vivere liberamente tale condizione nel proprio paese di origine - che punisce come reato l'omosessualita' - anche a causa dell'ostilita' dell'ambiente familiare e sociale;

2. Il Tribunale di Trieste con sentenza del 25 ottobre 2010 - 9 febbraio 2011 ha respinto il ricorso e la Corte di appello di Trieste ha respinto il reclamo avverso la sentenza di primo grado.

3. Nella motivazione della sentenza la Corte di appello ha affermato che la circostanza per cui l'omosessualita' e' considerata un reato dall'ordinamento giuridico del Senegal e' irrilevante ai fini del riconoscimento della protezione perche' non e' possibile "inferire la situazione individuale di perseguitato da quella generale di un paese (Cass. civ. 26822/2007)". Ha affermato inoltre la Corte territoriale che quand'anche risultasse provata l'omosessualita' del ricorrente non potrebbe comunque ritenersi, sulla base delle circostanze riferite nel ricorso, che egli sia stato oggetto di specifici e concreti atti di violenza e minacce ad opera delle autorita' dello Stato del Senegal tali da costringerlo ad allontanarsi dal suo paese. Ne' potrebbe ritenersi - secondo la sentenza impugnata - che simili atti persecutori siano stati perpetrati da gruppi di potere che trovino legittimazione da parte dello Stato o siano comunque in grado di influenzarne la condotta sul piano dell'ordine pubblico e della sicurezza. Secondo la Corte, quello che, in base alle deduzioni del ricorrente, puo' ritenersi e' "che lo stesso sia stato maltrattato dai propri familiari i quali non accettavano che egli fosse omosessuale" ma cio' non e' sicuramente sufficiente, a giudizio della Corte di appello, per la concessione della protezione richiesta;

4. Ricorre per cassazione (OMISSIS) con due motivi di impugnazione con i quali deduce violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo 19 novembre 2007, n. 251, articolo 3 e del Decreto Legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, articolo 8 (articolo 360 c.p.c., n. 3) e omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa fatti e/o questioni controverse e decisive ai fini del giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5).

Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver valutato adeguatamente le prove richieste che avrebbero condotto a confermare gli assunti del ricorrente e per non aver attivato i poteri officiosi necessari a una adeguata conoscenza della situazione legislativa e sociale del paese di provenienza del ricorrente, con cio' violando il criterio direttivo della legislazione comunitaria e italiana in materia di istruzione ed esame delle domande di protezione internazionale.

Con il secondo motivo il ricorrente rileva che la Corte di appello ha errato nel ritenere, con un argomento palesemente e insanabilmente illogico, non desumibile la condizione individuale di perseguitato dalla condizione generale del paese di provenienza, dato che la repressione penale della omosessualita' comporta necessariamente l'impedimento a tutti i cittadini omosessuali di vivere liberamente la propria vita sessuale e affettiva e quindi integra la privazione di un diritto fondamentale.

RITENUTO

che:

5. Entrambi i motivi di ricorso sono fondati. Quanto al secondo, che appare logicamente pregiudiziale all'esame del primo, va riconosciuto, contrariamente a quanto ha fatto la Corte di appello, che la sanzione penale degli atti omosessuali di cui all'articolo319 c.p. senegalese costituisce di per se' una condizione generale di privazione del diritto fondamentale di vivere liberamente la propria vita sessuale ed affettiva. Sul punto questa Corte si e' gia' espressa con la sentenza n. 16417/2007, pronunciata su analoga richiesta di protezione internazionale di un cittadino (OMISSIS), laddove si e' chiarito che per persecuzione deve intendersi una forma di lotta radicale contro una minoranza che puo' anche essere attuata sul piano giuridico e specificamente con la semplice previsione del comportamento che si intende contrastare come reato punibile con la reclusione. Dispone la citata disposizione del codice penale senegalese che: "Sans prejudice des peines plus graves prevues par les alineas qui precedent ou par les articles 320 et 321 du present Code, sera puni' d'un emprisonnement d'un a' cinq ans et d'une amende de 100.000 a' 1.500.000 francs, quiconque aura commis un acte impudique ou contre nature avec un individu de son sexe. Si l'acte a ete' commis avec un mineur de 21 ans, le maximum de la peine sera toujours prononce". Per conseguenza le persone di orientamento omosessuale sono costrette a violare la legge penale del Senegal e a esporsi a gravi sanzioni per poter vivere liberamente la propria sessualita'. Cio' costituisce una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini senegalesi omosessuali che compromette grandemente la loro liberta' personale.

Tale violazione di un diritto fondamentale, sancito dalla nostra Costituzione, dalla C.E.D.U. e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, vincolante in questa materia, si riflette, automaticamente, sulla condizione individuale delle persone omosessuali ponendole in una situazione oggettiva di persecuzione tale da giustificare la concessione della protezione richiesta;

6. Quanto al secondo motivo deve rilevarsi che la Corte di appello ha espresso un convincimento sulla reale condizione di omosessualita' del ricorrente non basato su un compiuto svolgimento dell'istruttoria, dato che questi aveva chiesto di provare, attraverso la deposizione del suo compagno, di essere omosessuale, al fine di escludere qualsiasi strumentalita' o abusivita' della sua richiesta di protezione internazionale. La Corte di appello ha pero' ritenuto irrilevante tale prova in conseguenza dell'erronea valutazione delle conseguenze della sanzione penale contenuta nel codice senegalese. Inoltre la Corte di appello ha ignorato completamente la situazione sociale del paese, per cio' che concerne l'omofobia e i gravi atti discriminatori e persecutori contro gli omosessuali denunciati dai mezzi di informazione e da siti istituzionali e di organizzazioni non governative;

7. Il ricorso va pertanto accolto e la causa rimessa alla Corte di appello di Trieste perche' acquisisca le prove necessarie al fine di acclarare o meno la condizione di omosessualita' del ricorrente e di accertare quale sia l'attuale situazione legislativa e la condizione degli omosessuali nella societa' senegalese, nel rispetto del criterio direttivo della legislazione comunitaria e italiana in materia di istruzione ed esame delle domande di protezione internazionale (Cass. civ. S.U. n. 27310 del 17 novembre 2008).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Trieste in diversa composizione.

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