Casa:
Sentenza di appello - Motivazione - Richiamo a motivazione
Corte di Cassazione Sentenza n. 21203 del 5 novembre 2004
Fatto
L'ing. G. C., nel 1998, versava il primo acconto IRAP, pari a L. 5.279.000
su un imponibile di L.124.574.000. Successivamente, in data 12-1-2001,
presentava istanza di rimborso di detta somma, diretta al Centro Servizio
delle II.DD. di Torino, deducendo vari profili di illegittimita'
costituzionale del D.Lgs. 15-12-97, n.446, istitutiva dell'IRAP.
Formatesi il silenzio-rifiuto, il contribuente proponeva opposizione, sia
assumendo che le norme istitutive dell'IRAP si ponevano in contrasto con i
principi costituzionali enunciati dagli artt. 3, 23, 53 e 76 Cost., sia
comprovando documentalmente di esercitare la professione in assenza di una
struttura organizzativa e di dipendenti o collaboratori e senza l'impiego di
capitali avuti a mutuo. L'Ufficio controdeduceva.
La Commissione Tributaria provinciale di Torino, con la sentenza n.
113/09/2001, accoglieva il ricorso, motivando che il tributo de quo era
inoperante nel confronti di quei contribuenti, come l'attuale ricorrente, i
quali non siano in alcun modo dotati di una autonoma organizzazione.
Avverso questa decisione l'Agenzia delle Entrate di Rivarolo proponeva
gravame; in via pregiudiziale, eccepiva il vizio di ultrapetizione,
rilevando che i primi giudici si erano pronunciati su elementi non dedotti
nel ricorso originario, incentrato solo sulla illegittimita' costituzionale
delle norme di riferimento, nel merito, controdeduceva con argomentazioni
tratte dall'ammontare dei compensi precepiti dal contribuente, dal valore
dei beni strumentali e dalla corresponsione di compensi a terzi.
L'appellato resisteva, ribadendo le proprie tesi e richiamando un indirizzo
giurisprudenziale favorevole.
La Commissione Tributaria Regionale, con la sentenza in epigrafe, rigettava
l'appello. Veniva cosi' motivato: l'impugnata decisione si era uniformata ai
principi affermati dalla Corte Costituzionale; la questione di fatto era
stata risolta in senso favorevole al contribuente alla stregua delle prove
documentali che consentivano di escludere sia l'esistenza di una struttura
organizzativa stabile, aia l'impiego di capitali; non era stato violato il
principio sancito dall'art. 112 c.p.c. poiche' il ricorso introduttivo, nel
denunciare l'illegittimita' costituzionale delle norme di riferimento, si
era fatta anche carico di postulare la concreta inapplicabilita' del
tributo, comprovando la reale consistenza dei mezzi di cui il professionista
si serviva abitualmente nell'esercizio della sua attivita' di ingegnere.
Per la cassazione di questa decisione l'Amministrazione Finanziaria ha
proposto ricorso, notificato il 12-5-2003, con l'articolazione di tre mezzi.
Il contribuente non si e' costituito.
Diritto
-1- Con il primo motivo e' stata eccepita la violazione e falsa applicazione
dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c., rilevandosi che
la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l'appello, confermando
la decisione della Commissione Tributaria Provinciale in ordine
all'accoglimento dell'istanza di rimborso, sulla scorta di un motivo mai
dedotto dal contribuente. Si specifica, in particolare, che questi aveva
svolto solo rilievi circa l'incostituzionalita' della disciplina dell'IRAP,
senza alcuna deduzione relativa all'assenza di una autonoma organizzazione
quale ragione della non debenza dell'imposta.
Con il secondo mezzo e' stata dedotta l'omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai
sensi dell'art. 360 n.5 c.p.c. Si assume, in modo specifico, che, a fronte
dei particolari rilievi svolti in atto di appello in ordine agli elementi
delle struttura organizzativa (valore dei beni strumentali, corresponsione
di compensi a due soggetti), la Commissione di secondo grado si era limitata
ad affermazioni apodittiche, senza una qualsivoglia motivazione.
Con la terza doglianza e' stata censurata la violazione e falsa applicazione
degli artt. 2 e 3 D.Lgs. n. 446/1997, in relazione all'art. 360 n.3 c.p.c..
Viene, particolarmente, evidenziato che il senso letterale della normativa
era tale da escludere la necessita' della verifica dell'esistenza di una
organizzazione, che abbia caratteristiche ulteriori rispetto a quelle della
abitualita' e dalla autonomia dell'attivita' esercitata.
-2- il ricorso va disatteso.
La prima doglianza - con cui si censura l'accoglimento di un motivo mai
dedotto dal contribuente - e' destituita di fondamento.
In sede di gravame l'Ing. G. ribadiva le tesi prospettate con il ricorso
introduttivo del giudizio.
Orbene, le tesi difensive erano due; la prima concerneva i denunziati
contrasti della disciplina istitutiva dell'IRAP con molteplici principi
costituzionali; la seconda atteneva all'asserita insussistenza di struttura
organizzativa, alla mancanza di dipendenti o collaboratori ed alla mancanza
di capitali conseguiti a seguito di mutuo. Ed, a sostegno di queste
argomentazioni, venivano richiamate le risultanze della documentazione
prodotta.
La violazione dell'art.112 c.p.c. era stata dedotta anche in secondo grado e
la Commissione Regionale l'aveva puntualmente disattesa, sottolineando che
il contribuente si era fatto carico - oltre ad eccepire la
incostituzionalita' anzidetta - di postulare anche la concreta
inapplicabilita' del tributo, comprovando la reale consistenza dei mezzi di
cui si serviva abitualmente nell''esercizio dell'attivita' professionale di
ingegnere.
-3- Infondato e' anche il vizio motivazionale, dedotto con il secondo mezzo.
I giudici di secondo grado non si sono affatto limitati ad enunciare
affermazioni apodittiche.
In realta', nell'impugnata decisione, attraverso una compiuta analisi della
sentenza della Corte Costituzionale ed una analitica rassegna della
giurisprudenza di merito, si delineavano i principi applicativi della
disciplina normativa dell'IRAP.
Quindi, si recuperava a piena validita' la decisione di primo grado" non
richiamandola semplicemente per relationem, bensi' espressamente
rivalutandone l'iter argomentativo. Si sottolineava, in particolare, che la
soluzione favorevole si radicava alla stregua delle prove documentali che,
in presenza di beni strumentali e di occasionali compensi a terzi,
escludevano, nell'esercizio della professione del contribuente, sia
l'esistenza di una struttura organizzativa stabile, con lavoratori
subordinati o con collaboratori parasubordinati, sia l'impiego di capitali
provenienti da mutui esterni".
-4- Va disatteso, infine, il terzo motivo di ricorso, con cui si censura la
violazione ed errata applicazione delle norme fondamentali: gli artt. 2 e 3
D.Lgs. n. 446/1997, nel senso che non era necessaria la verifica della
esistenza di una organizzazione, avente caratteri ulteriori rispetto alla
abitualita' ed autonomia dell'attivita' esercitata.
Trattasi, all'evidenza, dell'inammissibile introduzione di una questione di
fatto, che i giudici di secondo grado hanno analiticamente delibato e
congruamente motivato come si evince dalla disamina dei due mezzi, innanzi
svolta.
-5- in definitiva, per le svolte argomentazioni, il ricorso deve essere
respinto.
Nessuna pronuncia va adottata in ordine alle spese, non avendo il
contribuente svolto alcuna attivita' difensiva nella presente fase.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso.
Cosi' deciso in Roma, il 7-10-2004, nella camera di consiglio della Sezione
Tributaria della Suprema Corte di Cassazione.